Cass. civ., sez. II, ord., 22 febbraio 2024 n. 4744


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere

Dott. ROLFI Federico Vincenzo A. – Consigliere

Dott. CHIECA Danilo – Consigliere Relatore

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24146/2021 R.G. proposto da

Avv. A.A., difensore di sè medesimo ex art. 86 c.p.c., e B.B., rappresentata e difesa dallo stesso avv. A.A. (indirizzo p.e.c. indicato nel ricorso: omissis)                                                                                                                                                              – ricorrenti –

contro

Prefettura di Lecco, in persona del Prefetto pro tempore                                                                                                      – intimata –

avverso la Sentenza del Tribunale di Lecco n. 2/2021 depositata il 5 febbraio 2021

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 28 novembre dal Consigliere Danilo Chieca

Svolgimento del processo

Con ordinanza-ingiunzione n. omissis del 18 dicembre 2018 il Prefetto di Lecco irrogava a B.B. una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione del codice della strada, consistita nell’aver lasciato in sosta un veicolo di sua proprietà, oltre il tempo consentito, all’interno di un’area a pagamento.

Tale provvedimento veniva opposto dalla B.B., ai sensi degli artt. 22 L. n. 689 del 1981 e 6 D.Lgs. n. 150 del 2011, davanti al Giudice di pace di Lecco.

Insieme a lei proponeva opposizione anche l’avv. A.A., nell’allegata qualità di conducente del veicolo contravvenzionato.

All’esito del giudizio, con sentenza n. 227/2019 del 31 maggio 2019, depositata il 3 agosto 2019, il giudice adìto così definitivamente statuiva: (a)dichiarava inammissibile per difetto di “legittimazione passiva” l’opposizione proposta dal A.A.; (b) convalidava il provvedimento opposto, ai sensi dell’art. 6, comma 10, lettera b), D.Lgs. cit., nei confronti della B.B.; (c) condannava in solido entrambi gli opponenti alla rifusione delle spese processuali.

I soccombenti proponevano appello davanti al Tribunale di Lecco, il quale, con sentenza n. 2/2021 del 14 gennaio 2021/5 febbraio 2021, respingeva l’esperito gravame e poneva a carico degli impugnanti le ulteriori spese del grado.

Contro tale sentenza il A.A. e la B.B. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, con i quali vengono lamentati:

(1) la violazione dell’art. 429 c.p.c., per avere il Tribunale ingiustamente respinto il motivo di gravame con cui si contestava al giudice di prime cure di essersi limitato, al termine dell’udienza di discussione orale, a dare lettura del solo dispositivo della sentenza, e non anche della contestuale motivazione, nonostante la semplicità della controversia;

(2) la violazione dell’art. 6, commi 8 e 9, D.Lgs. n. 150 del 2011, per avere il Tribunale a torto rigettato il motivo di appello con cui si denunciava l’irregolare costituzione della Prefettura di Lecco nel giudizio di primo grado a mezzo di un agente della Polizia Municipale di D privo di apposita delega scritta;

(3) la violazione dell’art. 91 c.p.c., per avere il giudice d’appello erroneamente disatteso il motivo di impugnazione con cui si censurava la liquidazione delle spese di primo grado operata dal Giudice di pace in favore dell’amministrazione opposta;

(4) la violazione dell’art. 196 D.Lgs. n. 285 del 1992 (codice della strada), per avere il Tribunale dichiarato il A.A. carente di legittimazione a proporre opposizione ex artt. 22 L. n. 689 del 1981 e 6 D.Lgs. n. 150 del 2011, tralasciando di considerare che questi risultava essere il conducente del veicolo contravvenzionato, in quanto tale obbligato in solido con la proprietaria al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata con l’ordinanza-ingiunzione opposta;

(5) la violazione dell’art. 6 D.Lgs. n. 150 del 2011, per avere il Tribunale confermato la decisione assunta dal primo giudice nei confronti della B.B., pur emergendo ex actis che alla prefata opponente non era stato notificato il decreto di fissazione dell’udienza di discussione della causa, né assegnato un termine per il rilascio della procura ad litem all’avv. A.A., comparso alla detta udienza;

(6) la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., per avere il giudice di secondo grado omesso di pronunciare nel merito dell’appello, adottando una decisione “secondo criteri che non appartengono al diritto”.

La Prefettura di Lecco, alla quale il ricorso è stato notificato in via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, è rimasta intimata.

In data 8 maggio 2023 è stata formulata da parte del Presidente della Sezione proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380-bis, comma 1, c.p.c., ritualmente comunicata ai ricorrenti. A sèguito di tale comunicazione il solo avv. A.A. ha chiesto la decisione della causa.

È stata, quindi, fissata per la trattazione del ricorso l’odierna

adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Non sono state depositate memorie.

Motivi della decisione

  1. Va anzitutto posto in risalto che gli impugnanti sono incorsi in un grave errore procedurale, avendo irritualmente notificato il ricorso per cassazione alla Prefettura di Lecco presso l’ufficio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, anziché presso quello dell’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, come invece sarebbe stato necessario fare in base al combinato disposto degli artt. 11, comma 1, e 18, comma 4, del Testo Unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato (R.D. n. 1611 del 1933) e 1, comma 1, del relativo regolamento di esecuzione (R.D. n. 1612 del 1933: vedasi, sull’argomento, Cass. n. 14273/2023).
  2. Il vizio riscontrato dà luogo a una nullità dell’atto, sanabile mediante la fissazione di un termine perentorio per la rinnovazione della notificazione ex art. 291, comma 1, c.p.c. (cfr. Cass. n. 20890/2018Cass. Sez. Un. n. 608/2015, Cass. n. 22079/2014, Cass. n. 9411/2011, Cass. Sez. Un. n. 17207/2003).
  3. Un siffatto adempimento si appalesa, tuttavia, ultroneo e inutilmente dispendioso, anche in ossequio al principio costituzionale della ragionevole durata del processo, stante l’esito al quale il ricorso è destinato per le ragioni che ci si accinge ad esporre (cfr., Cass. n. 29578/2023, Cass. n. 7338/2022, Cass. n. 15106/2013, Cass. Sez. Un. n. 6826/2010).
  4. Fatta tale premessa, giova, a questo punto, riportare qui di sèguito il contenuto della proposta di definizione accelerata del giudizio formulata dal Presidente della Sezione in data 8 maggio 2023:

“Rilevato che il ricorso è affidato a se/ motivi, ora rivolti avverso la pronuncia di primo grado, ora indirizzati contro quella d’appello, ma consistenti nella mera riproduzione delle censure poste a base del gravame, per di più gli uni e gli altri trattati promiscuamente; che tale ricorso è manifestamente inammissibile; che, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, sicché sono inammissibili le censure rivolte contro la sentenza di primo grado anziché contro quella di appello, oggetto dell’impugnazione (cfr. Sez. 1, sentenza n. 15952 del 17/07/2007); che l’onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., qualunque sia il tipo di errore per cui è proposto (“in procedendo o in judicando”), non può essere assolto per “relationem” con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto. Il requisito della specificità, completezza e riferibilità dei motivi alla decisione impugnata, pertanto, non è rispettato quando il ricorso per cassazione è basato sul richiamo di motivi di appello, procedimento che non risponde al concetto stesso di motivo di impugnazione, particolarmente con riferimento ad un’impugnazione di ambito limitato, e che comporta la non chiara indicazione della critica che si intende muovere ad una parte ben identificabile del giudizio espresso in sentenza (v. Sez. 3, sentenza n. 14075 del 01/10/2002; conforme, ex multis, n. 1479/18); che, ancora, nessuno dei motivi vale a contrastare la parte della sentenza d’appello che ha ritenuto rettamente convalidata detta ordinanza, emessa nei confronti di B.B., per mancata comparizione all’udienza, non essendo stata quest’ultima rappresentata, nel giudizio di primo grado, né dal citato avvocato né da altri (v. pagg. 4 e 5 sentenza impugnata); che, infine, neppure è adeguatamente confutata la parte della sentenza d’appello che ha ritenuto l’avv. A.A. non legittimato all’opposizione, per non essere stato questi destinatario dell’ordinanza di ingiunzione; che, infatti, legittimato passivo nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione emanata ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, è – anche in caso di eventuale responsabilità sanzionatoria con vincolo di solidarietà-esclusivamente il destinatario dell’ingiunzione al quale viene addebitata la violazione amministrativa, in quanto tale giudizio, sebbene abbia ad oggetto un rapporto giuridico avente fonte in un’obbligazione di tipo sanzionatorio, è formalmente strutturato quale impugnazione di un atto amministrativo, sicché non è consentita in esso la partecipazione di soggetti diversi dall’amministrazione ingiungente e dall’ingiunto, trovando la legittimazione a ricorrere fondamento nell’esistenza di un interesse giuridico alla rimozione di un atto del quale il ricorrente sia destinatario, mentre il fatto di essere esposto ad una eventuale azione di regresso integra un semplice interesse di fatto (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito con la quale era stata dichiarata l’improcedibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva dell’opponente, comodatario del veicolo in relazione al quale era stata accertata la violazione ed obbligato contrattualmente nei confronti della proprietaria a pagare le eventuali sanzioni amministrative attinenti alla circolazione del veicolo stesso) (Sez. 1, sentenza n. 325 del 11/01/2007); propone la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.”.

  1. A sèguito della comunicazione della proposta che precede, il solo avv. A.A. ha chiesto la decisione della causa (come chiaramente si ricava dall’intestazione dell’atto: “istanza per la trattazione del processo da parte di uno dei ricorrenti (A.A., in proprio ex art. 86c.p.c.)”).
  2. In un simile contesto, alla luce del disposto dell’art. 380-bis, comma 2, c.p.c., il ricorso deve intendersi rinunciato dalla B.B., la quale, oltretutto, ove interessata ad ottenerne la decisione, avrebbe dovuto rilasciare una nuova procura speciale al proprio difensore; procura di cui però non è fatta menzione nell’istanza presentata dall’avv. A.A., né si rinviene traccia negli atti interni al presente giudizio di legittimità.
  3. Con riferimento alla posizione del ricorrente A.A. – rispetto alla quale, ovviamente, non si prospetta il problema del rilascio di una nuova procura speciale, essendosi egli costituito in giudizio di persona, ai sensi dell’art. 86c.p.c. – , ritiene il Collegio che la proposta di definizione del giudizio sopra trascritta sia pienamente condivisibile, sì da dover condurre a una declaratoria di inammissibilità dell’esperito gravame.
  4. Al riguardo, non può che ribadirsi quanto già è stato rimarcato nella suddetta proposta, ovvero che le argomentazioni svolte nel ricorso appaiono inidonee a contrastare la fondamentale ratio decidendi della sentenza gravata, individuabile nel rilievo che il A.A. non è legittimato a impugnare l’ordinanza-ingiunzione per cui è causa, emessa dal Prefetto di Lecco nei confronti della sola B.B..
  5. Sul punto, la pronuncia del giudice lombardo risulta pienamente conforme alla giurisprudenza di questa Corte, la quale è costante nell’affermare che, anche in caso di eventuale responsabilità sanzionatoria con vincolo di solidarietà, legittimato a proporre opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione emanata ai sensi della L. n. 689 del 1981è esclusivamente il destinatario dell’ingiunzione al quale viene addebitata la violazione amministrativa.

Invero, tale giudizio, pur inerendo a un rapporto giuridico avente la sua fonte in un’obbligazione di tipo sanzionatorio, è formalmente strutturato come impugnazione di un atto amministrativo, con la conseguenza che non può ritenersi consentita la partecipazione ad esso di soggetti diversi dall’amministrazione ingiungente e dall’ingiunto, giacchè la legittimazione a ricorrere trova fondamento nell’esistenza di un interesse giuridico alla rimozione di un atto di cui il ricorrente sia destinatario, mentre la circostanza di essere esposto a un’eventuale azione di regresso integra un semplice interesse di fatto (cfr. Cass. n. 9286/2018, Cass. n. 325/2007, Cass. n. 14098/2006, nonché, con specifico riguardo all’argomento qui in discussione, Cass. n. 6359/2006, secondo cui, “in tema di violazioni al codice della strada, il conducente del veicolo con il quale sia stata commessa l’infrazione è privo di legittimazione a proporre opposizione all’ordinanza-ingiunzione emessa soltanto a carico del proprietario del veicolo, responsabile in solido della violazione”).

  1. Alla cennata questione è dedicato il quarto motivo di ricorso, il quale, non offrendo elementi che possano indurre a mutare l’orientamento surriferito, va incontro a una declaratoria di inammissibilità ex art. 360-bisn. 2) c.p.c..
  2. Per effetto dell’esito sfavorevole del motivo scrutinato, restano travolti e superati tutti i mezzi di gravame (segnatamente il primo, il secondo e il sesto) che presuppongono il riconoscimento dell’ammissibilità dell’opposizione introdotta dal A.A..
  3. Il quinto motivo attiene all’opposizione proposta dalla B.B., onde la sua disamina è preclusa dalla rinuncia al ricorso dalla stessa operata.
  4. Rimane esaminabile il terzo motivo, relativo alla liquidazione delle spese di primo grado in favore dell’amministrazione opposta.
  5. Anche rispetto ad esso non può che confermarsi quanto rilevato nella proposta di definizione del giudizio, ovvero che tale motivo, oltre a risolversi nella mera riproposizione della censura già formulata in appello, appare privo di specificità, non individuando con precisione i pretesi errori contenuti nella sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 1479/2018).

In particolare, non risultano indicate le “attività stravaganti e non previste dal tariffario”, asseritamente esposte nella nota specifica depositata in primo grado dalla Prefettura di Lecco, in relazione alle quali sarebbe stato illegittimamente riconosciuto a quest’ultima il diritto al compenso

  1. Per le ragioni illustrate, il ricorso proposto dal A.A. va dichiarato inammissibile.
  2. Nulla va statuito in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo rimasta intimata la parte pubblica contro la quale l’impugnazione è stata rivolta.
  3. Poiché nei confronti del A.A. il giudizio è stato definito in conformità alla proposta ex art. 380-bisc.p.c., viene in rilievo la previsione del comma 3 dello stesso articolo, in virtù della quale, ove ricorra una simile evenienza, la Corte “applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96”.

Non avendo, peraltro, l’amministrazione intimata svolto attività difensiva nel presente grado di giudizio, non può in concreto trovare applicazione la norma di cui all’art. 96, comma 3, c.p.c., la quale presuppone la condanna della parte soccombente al rimborso delle spese di lite a favore dell’altra parte (come si ricava dall’inciso “quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91”, ivi contenuto).

Cionondimeno, a carico del sunnominato ricorrente deve comunque emettersi, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., statuizione di condanna al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, nell’ammontare stabilito in dispositivo nell’osservanza dei limiti di legge, trattandosi di misura avente una funzione deterrente e al tempo stesso sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori (cfr. Cass. Sez. Un. n. 27195/2023).

  1. In considerazione dell’esito del giudizio, va infine emessa nei confronti del A.A. l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002(Testo Unico delle spese di giustizia), prevista per i casi di rigetto integrale, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.
  2. Analoga attestazione non deve essere resa nei riguardi della rinunciante B.B., dal momento che la disposizione normativa testè citata, per il suo carattere eccezionale e lato sensu sanzionatorio, è insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica (cfr. Cass. n. 25228/2022Cass. Sez. Un. n. 16768/2022, Cass. n. 23408/2021).

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il presente giudizio di legittimità, limitatamente al ricorso proposto dalla B.B., per intervenuta rinuncia ex art. 380-bis, comma 2, secondo periodo, c.p.c.; dichiara inammissibile il ricorso proposto dal A.A.; condanna il A.A., ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento della pena pecuniaria di 3.000 Euro in favore della cassa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del A.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 28 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2024.


COMMENTO REDAZIONALE – La pronuncia in commento conferma il principio secondo cui, anche in caso di eventuale responsabilità sanzionatoria con vincolo di solidarietà, legittimato a proporre opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione emanata ai sensi della Legge 24 novembre 1981 n. 689 è esclusivamente il destinatario dell’ingiunzione al quale viene addebitata la violazione amministrativa.

Il giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione è infatti formalmente strutturato come impugnazione di un atto amministrativo: di conseguenza, non può ritenersi consentita la partecipazione ad esso di soggetti diversi dall’Amministrazione ingiungente e dall’ingiunto, poiché la legittimazione a ricorrere trova fondamento nell’esistenza di un interesse giuridico alla rimozione di un atto di cui il ricorrente sia destinatario.

Assume invece valore di interesse di mero fatto, come tale giuridicamente non rilevante, la circostanza di poter essere esposto a un’eventuale azione di regresso.

Sulla base di tale principio, viene quindi esclusa la legittimazione del conducente ad impugnare l’ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto nei soli confronti della società proprietaria del veicolo.