Commissione Tributaria Regionale Lombardia, sez. III, 15 giugno 2021 n. 2253


Svolgimento del processo- Motivi della decisione

Con tempestivo appello, l’ufficio, AGENZIA delle ENTRATE RISCOSSIONE, impugnava la sentenza sopra citata.

Il primo giudice accoglieva il ricorso e condannava l’ente della riscossione al pagamento delle spese. La materia del contendere si riferiva alla definitività della sentenza della CTR Toscana, relativa al giudizio di cui erano parti il Consorzio di B.M.V. e varie aziende agricole, tra le quali l’attuale società, in relazione ai contributi di bonifica 2012 sempre richiesti dal medesimo consorzio sopra citato. In base alla sentenza della CTR n. 1244/02/2017, la mancanza di un Piano generale di bonifica faceva venir meno i principi enunciati in punto di onere probatorio a carico del soggetto consorziato. Con riferimento anche alle annualità 2013 e 2014, oggetto del presente giudizio, alla luce del contenuto della parte motiva della cartella, non emergeva l’avvenuta approvazione di un Piano generale di bonifica, né dalla motivazione della cartella impugnata emergeva la prova in ordine alla effettività delle opere di bonifica eseguite e al vantaggio derivato da tali opere al fondo del consorziato. La cartella impugnata in punto di determinazione del presente contributo, non specificava quali opere di bonifica fossero state svolte o spese effettivamente sostenute od allegate nel bilancio consuntivo del Consorzio. La mancata costituzione in giudizio dell’Agenzia delle entrate riscossione non ha consentito del resto di acquisire indicazioni probatorie ulteriori sul punto.

Il fatto consisteva che con ricorso del 16 luglio 2018, F.P.S. S.r.l. – Società Agricola – chiedeva alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano di dichiarare l’invalidità della cartella n. (…). A fondamento delle proprie pretese, la ricorrente in via preliminare eccepiva nel primo grado di giudizio, la natura di giudicato esterno relativamente all’annualità 2012, di cui sopra già illustrato e, nel merito, contestava:

  1. a) violazione dell’art. 7 L. n. 212 del 2000 e dell’art. 3 L. n. 241 del 1990;
  2. b) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 4 R.D. n. 215 del 1933 e artt. 8, 9 e 10 L.R. Toscana n. 34 del 1994;
  3. c) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 10 e 58 R.D. n. 215 del 1933 e artt. 15 e 29 L.R. Toscana n. 34 del 1994; d) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22, 23 e 26 1 L.R. Toscana n. 79 del 2012; e) violazione e/o falsa applicazione delle norme statali e regionali in materia di qualificazione e quantificazione del beneficio in funzione della esigibilità del contributo di bonifica. L’Agente della Riscossione non si costituiva in giudizio, mentre il Consorzio non veniva chiamato in causa. Con sentenza n. 3265/19, la Commissione Tributaria Provinciale adita accoglieva le domande della società contribuente, condannando l’amministrazione convenuta alle spese di giudizio.

Tutto ciò premesso, Agenzia delle Entrate – Riscossione ha proposto appello, con i seguenti motivi:

Violazione e/o falsa applicazione delle norme in materia di integrazione del contraddittorio e litisconsorzio.

La Società contribuente ha impugnato la cartella di pagamento n. (…) contestando in via pressoché esclusiva l’attività dell’Ente Impositore Consorzio di B.M.V. – che avrebbe illegittimamente provveduto all’iscrizione a ruolo delle somme portate dal titolo – senza però estendere il giudizio all’Amministrazione responsabile dell’accaduto. L’Agenzia delle Entrate Riscossione ha affermato che la stessa era del tutto carente di legittimazione passiva, per essere estranea ai fatti lamentati ed oggetto di causa. E’ infatti circostanza pacifica che l’esponente si occupi della sola attività di riscossione, mentre il ruolo viene formato e reso esecutivo dall’ente impositore, cui peraltro dovranno essere rivolte le doglianze inerenti il merito della pretesa.

Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 L. n. 212 del 2000.

Per altro verso, la sentenza de qua risulta fortemente viziata anche con riferimento al capo in cui si afferma che “la cartella impugnata in punto di determinazione del preteso contributo, non specifica quali opere di bonifica siano state realizzate e in base a quali atti amministrativi, né indica alcun intervento di bonifica o spese effettivamente sostenute od allegate nel bilancio consuntivo del Consorzio”. L’ente della riscossione ha osservato infatti che la cartella altro non era che la riproduzione del ruolo e ha indicato in maniera molto sintetica le ragioni della pretesa, facendo riferimento a tutti gli atti prodromici già emessi e verosimilmente notificati dall’Ente titolare del credito. Nessuna possibilità di integrazione o modifica era consentita ad Agenzia delle Entrate Riscossione rispetto a quanto telematicamente trasmesso dall’Amministrazione impositrice.

Sulla possibilità di Agenzia Entrate della Riscossione di essere rappresentata da difensori di libero foro

L’ente della riscossione ha ritenuto che la questione sia definitivamente superata dall’entrata in vigore della L. n. 58 del 2019 che, in sede di conversione del D.L. n. 34 del 2019 (Decreto crescita) ha visto l’introduzione dell’art. 4 – novies che, fornendo interpretazione autentica al D.L. n. 193 del 2016, ha formalizzato la possibilità per l’Agente della Riscossione di essere rappresentata da legali esterni, se iscritti in un elenco formato in coerenza con il codice dei contratti pubblici.

L’Agenzia delle entrate riscossione ha chiesto nell’atto di appello a) l’integrazione del contraddittorio, con la chiamata in giudizio del Consorzio di B.M.V., in qualità di ente titolare del credito ed unico soggetto destinatario delle censure sollevate dalla Società contribuente; b) il riconoscimento della regolarità formale della cartella per essere completa di tutte le informazioni necessarie per comprendere natura ed entità della pretesa; c) la revoca della condanna al pagamento delle spese di lite. L’Agenzia della riscossione concludeva il proprio appello chiedendo in via preliminare di ordinare il contraddittorio, con la chiamata in giudizio del Consorzio di B.M.V., in qualità di ente titolare del credito ed unico soggetto destinatario delle censure sollevate dalla società contribuente. In via principale la riforma della sentenza impugnata. Con vittoria di spese.

Con atto di intervento ex-art. 14 D.Lgs. n. 546 del 1992 si costituiva in giudizio il Consorzio di B.M.V., che a suo tempo non veniva né informato dall’Agenzia delle entrate Riscossione, né dell’esistenza del giudizio, né tantomeno chiamato in causa.

Nel proprio atto difensivo, il Consorzio ha affermato che la cartella di pagamento impugnata conteneva tutti gli elementi individuati dall’art. 25 D.P.R. n. 602 del 1973. Sulla asserita inesistenza del piano generale bonifica e del piano delle attività, il Consorzio ha precisato che questo non è più previsto dalla L.R.T. n. 79 del 2012 che ha abrogato la L.R. T. n. 34 del 1994 e che, all’art. 26, prevede invece il Piano delle attività di bonifica che, a differenza del Piano generale di bonifica, deve essere approvato annualmente e che, per l’anno 2014, lo stesso era stato regolarmente approvato dal Consorzio. Pertanto, la contestazione concernente la presunta mancata approvazione del Piano generale di bonifica, in ogni caso riguardava esclusivamente l’esercizio 2013, mentre per l’anno 2014 il piano era stato approvato.

Sosteneva che il proprio operato risultava essere corretto e quindi chiedeva l’integrale riforma della sentenza qui gravata. Con vittoria di spese.

La società appellata si costituiva in giudizio con appello incidentale. La propria difesa era circoscritta dal fatto che la pronuncia della CTR della Toscana, n. 1244/2017, sul giudicato esterno, fissava la regola del caso concreto. Aveva pure ribadito che la predetta ripresa era già stata risolta con la pronuncia sopra citata, divenuta inoppugnabile e che ne aveva statuito l’inesigibilità, rendendo quindi incontrovertibile tale verifica con conseguente infondatezza di quanto reclamato dall’ente impositore. Come secondo punto di doglianza, contestava l’importo delle spese di lite, che il giudice di primo grado aveva liquidato per importo inferiore ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014. La somma liquidata risultava alquanto bassa, tenuto conto che la società era stata costretta a difendersi dall’operato dell’agenzia delle entrate riscossione. Chiedeva infatti il rigetto dell’appello principale, con vittoria di spese.

L’udienza si è svolta telematicamente con le parti interessate.

Il Collegio giudicante così decide. Accoglie parzialmente l’appello principale, riformando la sentenza impugnata, alla stregua delle seguenti motivazioni ed argomentazioni.

Sul contraddittorio

Le lagnanze della società contribuente, sull’argomento, non possono essere accolte. La contestazione, in via esclusiva, riguardava l’attività dell’ente impositore Consorzio di B.M.V. che avrebbe illegittimamente provveduto all’iscrizione a ruolo delle somme portate dal titolo, senza però estendere il giudizio all’amministrazione responsabile dell’accaduto.

Questo Giudice considera l’Agenzia delle entrate Riscossione del tutto carente di legittimazione passiva, per essere estranea ai fatti lamentati ed oggetto di causa. E’ infatti circostanza pacifica che l’ente della riscossione si deve occupare della sola attività di riscossione, mentre il ruolo viene formato e reso esecutivo dall’ente impositore. Trattandosi di cartella esattoriale, non era richiesta la fase del contraddittorio vera e propria, così come preteso.

Sulla possibilità dell’Agenzia della riscossione di essere rappresentata da difensori di libero foro

Per questo Giudice la questione è definitivamente superata dall’entrata in vigore della L. n. 58 del 2019 che, in sede di conversione del D.L. n. 34 del 2019 (Decreto crescita) ha visto l’introduzione dell’art. 4 – novies che, fornendo interpretazione autentica al D.L. n. 193 del 2016, ha formalizzato la possibilità per l’Agente della Riscossione di essere rappresentata da legali esterni, se iscritti in un elenco formato in coerenza con il codice dei contratti pubblici.

A questo punto è doveroso il richiamo alla sentenza n. 30008/2019 Sezioni Unite della Corte di cassazione la quale ha sancito che la rappresentanza e la difesa in giudizio dell’Agenzia delle entrate riscossione, tramite il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, risulta facoltativa, e non obbligatoria, rispetto al patrocinio degli avvocati del libero foro. In assenza di convenzione tra AdER e Avvocatura dello Stato è ammesso il patrocinio degli avvocati senza bisogno di allegazioni o produzioni specifiche.

Nel merito del contributo consortile

Il contributo consortile si basa sull’esistenza di un beneficio conseguente alle attività svolte dal consorzio che si fonda su un complesso sistema normativo, statale e regionale, tuttora vigente (artt. 860 e 864 codice civile). Stando alla legge, vi è l’obbligo dei proprietari dei beni situati nei comprensori dei consorzi di bonifica al pagamento dei contributi della spesa per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere pubbliche di bonifica in ragione del beneficio che essi ne traggono e la loro esigibilità con le norme e i privilegi stabiliti per l’imposta fondiaria. Affinché si possa parlare di contributo, il consorzio deve aver redatto gli atti di legge e deve svolgere un’attività che generi benefici al contribuente stesso. Nel calcolo del beneficio si tiene conto dei parametri tecnici che qualificano l’attività da svolgere per la sicurezza del bene, ed economici che stimano il valore del bene. Ecco dunque, che a parità di condizioni tecniche, un bene di valore elevato sarà soggetto ad un contributo più alto rispetto ad un bene di minor valore. Ebbene, il contributo viene imposto annualmente a ogni consorziato secondo l’entità del beneficio che il suo immobile riceve dall’attività del consorzio. Questo è imposto dalla legge e il contributo viene versato al Consorzio che a sua volta tutela i consorziati. Se ci confrontiamo con la pronuncia della suprema Corte di cassazione, n. 8080/2020, la stessa stabilisce che i contributi di bonifica vengono riscossi tramite ruolo secondo le regole stabilite per l’esazione delle imposte dirette, e quindi, dopo alcune modifiche di legge, è legittimo che i consorzi di bonifica si avvalgano degli agenti della riscossione. Fatta tale precisazione, questo Giudice entrando nel merito, non può che affermare che l’atto impugnato è corredato di tutti gli elementi di fatto e di diritto posti alla base della pretesa tributaria ed in particolare con riferimenti specifici all’indicazione del piano di classifica, della limitazione del perimetro di contribuenza, e di altri elementi, per poi elencare dettagliatamente gli immobili soggetti a contribuzione, con i rispettivi dati catastali. Il Piano Generale di Bonifica non è più previsto dalla L.R.T. n. 79 del 2012 che a sua volta ha abrogato la L.R.T. n. 34 del 1994.

L’art. 26 della nuova legge prevede la redazione del Piano delle attività di bonifica, da approvarsi annualmente e che, nel caso de quo, risulta da documentazione agli atti, essere stato regolarmente approvato per la sola annualità 2014 dal Consorzio nei suoi lavori, e tutto avveniva a’ sensi della legge regionale testé citata. Nulla risulta approvato per l’annualità 2013. Ne segue che il Consorzio ha richiamato i criteri di riparto dell’onere della prova in materia di sussistenza del potere impositivo del Consorzio di bonifica. Ricade sul Consorzio l’onere di dimostrare di aver approvato il Piano di classifica e che gli immobili del contribuente rientrino nel perimetro consortile di cui al Piano di classifica. Risulta a carico del contribuente, invece, la prova contraria di insussistenza di tale beneficio, che si deve estrinsecare con contestazioni specifiche e concrete. (Cassazione, sent. n. 6839/20). Quindi, nel rispetto di quanto sopra detto, l’operato del Consorzio risulta essere corretto in quanto documentato, con specifico richiamo al fatto che gli immobili della società contribuente, odierna appellante incidentale, ricadevano nel perimetro consortile. L’ente impositore, seppure sia intervenuto volontariamente, ha prodotto documenti validi per la decisione, mentre le doglianze della società risultano essere vaghe. Dopo le ultime modifiche la Corte Costituzionale, con sent. n. 188/2018, ha previsto che il contributo è dovuto “indipendentemente dal beneficio fondiario” invece che “in presenza del beneficio fondiario” e ha chiarito cosa si debba intendere per “beneficio fondiario”. Ebbene, il contributo consortile di bonifica ha natura tributaria ed è destinato ad alimentare la provvista del Consorzio onde realizzare le opere di bonifica. Non è un rapporto di corrispettività con l’attività di bonifica, ma consiste non solo nella fruizione ma anche nella fruibilità dell’attività di bonifica, che in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, questo assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria. Entrando più nello specifico risulta che il Consorzio ha effettuato opere di manutenzione ordinaria e di sorveglianza di corsi d’acqua, e di tutto questo, ne ha tratto vantaggio anche l’odierna società.

Le opere svolte dall’ente hanno evitato danni e, quindi, gli incrementi e le migliorie svolte hanno permesso di conservare il valore economico degli immobili circoscritti nel perimetro consortile, evitando il deterioramento. Leggendo gli atti del processo, a questo Collegio giudicante risultano infondate le doglianze della società S.P. srl, tenuto conto che i criteri di calcolo adottati per la determinazione del contributo risultano corretti. Nei conteggi vi sono elementi di riferimento alla rendita catastale degli immobili, al reddito agrario e dominicale e ad altri elementi di indici, più specifici, quali ad esempio, densità ed esercizio delle canalizzazioni, dei corsi d’acqua, degli impianti di sollevamento, della sofferenza idraulica ed altro ancora. Da questo lavoro e dalla combinazione di detti indici, scaturisce per ogni zona, avente caratteristiche uniformi e omogeneo, l’indice di beneficio unitario e alla fine, si arriva al calcolo finale e da tali combinazioni scaturisce il tributo unitario dovuto. La suprema Corte di cassazione ha infatti chiarito che la trascrizione non ha rilievo ai fini della sussistenza dell’obbligo di versamento del contributo consortile, assolvendo solo una funzione di pubblicità dichiarativa o pubblicità-notizia e, quindi, di opponibilità ai terzi (Cassazione, sent. n. 16524/2019).

Prive di pregio sono anche le contestazioni di parte privata riguardanti il perimetro di contribuenza. L’espressione “nell’ambito” va interpretata nel senso che lo stesso deve essere delimitato entro i limiti del comprensorio, senza escludere che possa coincidere con il comprensorio consortile. La legittimità della coincidenza è stata infatti sancita, sia dalle Linee Guida Regionali per l’adozione dei Piani di Classifica (Delibera Consiglio regionale Toscana n. 25 del 24 marzo 2015) sia dalla Cassazione, sent. n. 9511/18.

Sulla cartella esattoriale oggetto dell’attuale contendere

Ebbene, tirando le fila, questo Giudice afferma che, contrariamente a quanto scritto nella sentenza della CTP, la cartella di pagamento impugnata è stata correttamente motivata, contenendo, fra le altre notizie ed indicazioni, il riferimento al Piano di Classifica vigente al momento dell’imposizione, al Perimetro di Contribuenza e alle relative delibere di approvazione, le modalità di calcolo del tributo e la elencazione dettagliata degli immobili soggetti a contribuzione con relativi dati catastali e, pertanto, la società-contribuente è stata posta in condizione di conoscere perfettamente i presupposti dell’imposizione contributiva.

Ebbene la cartella esattoriale qui impugnata, ad eccezione della normale cartella che il contribuente è abituato a maneggiare, è formata da una ventina di pagine con tutti i richiami sopra riportati che permettono di comprendere l’iter logico giuridico che l’ente ha seguito per la determinazione di quanto dovuto dal contribuente stesso. La cartella impugnata contiene tutti gli elementi individuati dall’art. 1 del D.Dirig. 28 giugno 1999 (poi modificato ed integrato da successivi Decreti Ministeriali) e dall’art. 25 D.P.R. n. 602 del 1973, modificato dall’art. 11 del D.Lgs. n. 46 del 1999. Si ricorda inoltre, che la Suprema Corte, a Sezioni Unite, nelle sentenze nn. 26009/08, 26010/08, 26011/08 e 26012/08 del 30/10/2008, ha chiarito che nel caso in cui la cartella di pagamento, come nella fattispecie, sia motivata con riferimento ad un Piano di Classifica approvato dal competente Organo di controllo, è onere del contribuente contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto “in difetto nessun onere probatorio deve addossarsi al Consorzio, ferma restando, ovviamente, la possibilità da parte del giudice tributario, di avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dall’art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992, ove egli ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo”.

In particolare, questo Collegio di seconde cure, per quanto concerne la motivazione della cartella di pagamento relativa a contributi di bonifica, si riporta alle seguenti sentenze della suprema Corte di cassazione: n. 13166/2014; n. 24064/2014; n. 25080/2014 e n. 2241/2015.

Nel caso de quo, come si evince dall’esame del ricorso introduttivo del giudizio, parte privata aveva ampiamente svolto le proprie contestazioni riguardanti anche il merito della pretesa impositiva, in quanto era perfettamente a conoscenza del presupposto dell’imposizione rappresentato dal Piano di classifica e, in ogni caso, non aveva in alcun modo fornito la prova del concreto pregiudizio che l’asserito vizio della motivazione della cartella impugnata avrebbe determinato al suo diritto alla difesa. Pertanto, contrariamente a quanto ha affermato la CTP di Milano, la cartella di pagamento impugnata è stata correttamente motivata.

Sull’appello incidentale promosso da parte privata

Sul primo punto, vale a dire sul giudicato esterno di cui alla sentenza della C.T.R. della Toscana, n. 1244/2017, questo Giudice di secondo grado, non può accogliere le doglianze della società quale appellata e appellante incidentale. Ciò perché le fattispecie prese a confronto per gli anni 2012 e per gli anni 2013 e 2014, non sono equiparabili. Non vi è comunanza di profili, tenuto conto che per l’annualità relativa all’anno 2012 il Piano generale di bonifica non era stato approvato, mentre per le annualità 2014, il Piano generale di bonifica era stato approvato e, quindi vi era un riconoscimento effettivo delle opere di bonifica eseguite. Per l’anno 2013, nulla era stato approvato, ma l’ente sosteneva che le opere erano state eseguite.

Sulle spese di lite, le doglianze di parte privata vengono rigettate. Infatti il primo giudice preso atto dell’esiguo importo del debito riportato nella cartella esattoriale, ha ritenuto corretto liquidare le spese di cui all’art. 15 D.Lgs. n. 546 del 1992, nella somma di complessivi Euro 800,00. Il ristoro espresso con tale cifra è in perfetta sintonia con l’ammontare del tributo preteso dall’Ente di bonifica, iscritto a ruolo. Pertanto, l’appello incidentale viene rigettato.

Tenuto conto di quanto sopra espresso e appurato che il Piano generale di bonifica per l’annualità 2013, non era stato approvato dal Consorzio, il tributo iscritto a ruolo per detta annualità viene annullato, mentre per l’annualità 2014, il tributo deve essere corrisposto da parte privata, perché in presenza di Piano approvato.

Sono queste le ragioni per le quali l’appello principale viene parzialmente accolto e riformata in parte la sentenza di primo grado.

Spese del giudizio

Tenuto conto del parziale accoglimento, le spese del giudizio vengono compensate fra le parti.

Il Collegio giudicante

P.Q.M.

accoglie parzialmente l’appello principale e conferma dovuto da parte privata il tributo per l’annualità 2014 e annulla il tributo per l’annualità 2013. Spese compensate.

Milano, il 19 aprile 2021.


COMMENTO – La sentenza in commento, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto dall’Agente della riscossione, conferma come dovuto il contributo consortile per l’annualità 2014, mentre annulla quello relativo all’annualità 2013.

Il contributo consortile si basa sull’esistenza di un beneficio, che deriva dalle attività svolte dal Consorzio, e si fonda su un complesso sistema normativo, sia statale che regionale, tuttora vigente (artt. 860 e 864 c.c.). 

In base a quest’ultimo, sussiste l’obbligo dei proprietari dei beni situati nei comprensori dei consorzi di bonifica al pagamento dei contributi della spesa per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere pubbliche di bonifica, in ragione del beneficio che essi ne traggono. 

Affinché si possa parlare di contributo, il Consorzio deve aver redatto gli atti di legge (tra i quali, in primis, il Piano delle attività di bonifica) e deve svolgere un’attività che generi benefici per il contribuente. 

Nel calcolo del beneficio si tiene conto di parametri sia tecnici che economici: in particolare, i primi qualificano l’attività da svolgere per la sicurezza del bene, mentre i secondi stimano il valore del bene. Pertanto, a parità di condizioni tecniche, un bene di valore più elevato sarà soggetto ad un contributo più alto rispetto ad un bene di valore inferiore. 

Il contributo viene imposto annualmente dalla legge ad ogni consorziato, secondo l’entità del beneficio che il suo immobile riceve dall’attività del Consorzio, al quale il contributo stesso è versato. 

Come ribadito dalla Suprema Corte, i contributi di bonifica vengono riscossi tramite ruolo secondo le regole stabilite per l’esazione delle imposte dirette: pertanto, i Consorzi di bonifica sono legittimati ad avvalersi degli agenti della riscossione (Cass. civ., sez. V, 23 aprile 2020 n. 8080). 

Nel caso di specie, l’atto impugnato viene ritenuto completo di tutti gli elementi di fatto e di diritto posti alla base della pretesa tributaria, ed in particolare di riferimenti specifici all’indicazione del piano di classifica, della limitazione del perimetro di contribuenza, e di altri elementi, inclusa l’indicazione dettagliata degli immobili soggetti a contribuzione, con i rispettivi dati catastali. 

Il contributo consortile di bonifica ha natura tributaria ed è destinato ad alimentare la provvista del Consorzio, al fine di realizzare le opere di bonifica. Esso non si pone quindi in un rapporto di corrispettività con l’attività di bonifica; al contrario, consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità dell’attività di bonifica.

In altri termini, il miglioramento, che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva e, dunque, giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria. 

Per quanto riguarda il riparto dell’onere della prova, grava sul Consorzio l’onere di dimostrare di aver approvato il Piano di classifica e che gli immobili del contribuente rientrino nel perimetro consortile di cui al predetto Piano. Risulta invece a carico del contribuente la prova contraria di insussistenza del beneficio, che si deve estrinsecare con contestazioni specifiche e concrete. 

Nel caso di specie, risultava che il Consorzio avesse effettuato opere di manutenzione ordinaria e di sorveglianza di corsi d’acqua, dalle quali aveva tratto vantaggio anche la società contribuente, evitando danni e deterioramenti e conservando così il valore economico degli immobili circoscritti nel perimetro consortile.

Prive di pregio vengono ritenute anche le contestazioni della società contribuente sulla mancata trascrizione e sull’ambito del perimetro di contribuenza.

Sotto il primo aspetto, viene ribadito il principio secondo cui, poiché nel sistema delineato dall’art. 10 R.D. 13 febbraio 1933 n. 215 gli effetti dell’inopponibilità degli atti ai terzi derivano direttamente dalla legge, che prevede la costituzione dell’onere reale e la connessa prestazione patrimoniale vincolata all’utilità fondiaria, la trascrizione del perimetro di contribuenza assolve esclusivamente ad una funzione di mera pubblicità-notizia, con la conseguenza che l’omissione della stessa non comporta “ex se” l’insussistenza dell’obbligazione di versamento del contributo consortile (Cass. civ., sez. VI-5, ord., 20 giugno 2019 n. 16524). 

Sotto il secondo profilo, l’espressione “nell’ambito” deve essere interpretata nel senso che il perimetro di contribuenza deve essere delimitato entro i limiti del comprensorio, senza escludere che possa coincidere con l’intero comprensorio consortile. La legittimità della coincidenza è stata infatti sancita sia dalle Linee Guida Regionali per l’adozione dei Piani di Classifica, sia dalla giurisprudenza di legittimità (si veda, in tal senso, Cass. civ., sez. V, ord., 18 aprile 2018 n. 9511).

Il Piano delle attività di bonifica, che ha sostituito il precedente Piano Generale di Bonifica, risultava essere stato regolarmente approvato per la sola annualità 2014, e non invece per l’annualità 2013. 

Pertanto, in conclusione, viene ritenuto come dovuto il contributo consortile relativo all’annualità per la quale era stato approvato il Piano delle attività di bonifica, mentre viene esclusa la sua debenza per l’annualità in cui tale approvazione non vi era stata.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma