Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Puglia, sez. I, 17 ottobre 2024 n. 3438
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in appello pervenuto in Segreteria in data 21.06.2021, X X adiva la Corte di Giustizia Tributaria di II grado per la Puglia, Sede di Bari, impugnando la sentenza n. 1374/2020, emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bari, Sezione IX, e pubblicata il 25.11.2020.
L’appello veniva proposto avverso la sentenza che si era pronunciata sull’avviso di accertamento n. TVSX/2019, anno d’imposta 2014, emesso a carico dell’Associazione Sportiva X sulla base di un processo verbale di constatazione della SIAE e della Guardia di Finanza, il quale veniva notificato:
- in data 6.12.2019 a X X, quale responsabile delle violazioni e coobbligato ex art. 38 c.c., in quanto, nel periodo d’imposta accertato, il X ricopriva la carica di legale rappresentante della succitata ASD e, in quanto tale, era firmatario del mod. EAS trasmesso dall’ASD X in data 25.2.2013 per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali da parte degli Enti associativi;
- in data 10.12.2019 alla A.S.D. X;
- in data 17.12.2019 a X., nella qualità di attuale rappresentante legale, responsabile delle violazioni e coobbligato ex art. 38 c.c.
Con l’atto impositivo in parola, l’Agenzia delle Entrate disconosceva i benefici del regime contabile agevolativo di cui alla legge n. 398 del 16 dicembre 1991 in generale previsti per le associazioni sportive dilettantistiche, in assenza di documentazione contabile che veniva richiesta e che non era prodotta.
Nello specifico l’Ufficio, disconoscendo il regime fiscale ex lege n. 398/1991 per violazione dell’art. 148 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22.12.1986 e dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26.10.1972 procedeva alla ricostruzione dei ricavi in euro 198.245,00, come dichiarati al rigo RG 2 nel mod. Unico ENC 2015, per l’anno d’imposta 2014, determinando, sugli stessi, una percentuale di redditività del 25% e quindi un reddito d’impresa di euro 49.561,25, un valore della produzione netta di pari importo, un’Iva dovuta per euro 43.613,90.
A tale circostanza si aggiungeva il fatto che, “l’Associazione, non risulta(va) aver effettuato alcun versamento di imposte relativo ad IVA/IRAP/IRES”, né aveva compilato il modello Iva della dichiarazione.
Nessuna impugnazione veniva proposta dall’ASD in questione.
In data 4.2.2020 X X proponeva tempestivo ricorso, nella qualità di coobbligato, impugnando l’avviso di accertamento suindicato sulla base dei seguenti motivi: 1) violazione del diritto di difesa; mancata notifica del PVC sia della SIAE che della GDF; violazione del contraddittorio, in violazione dell’art. 12 c. 2 della legge n. 212/2000; 2) inapplicabilità dell’art. 38 c.c. nei confronti del contribuente; veniva altresì promossa istanza di sospensione dell’avviso di accertamento.
Con sentenza n. 1374/9/2020 la Commissione Tributaria Provinciale di Bari rigettava il ricorso con condanna alle spese del ricorrente, anche in forza del mancato assolvimento dell’onere probatorio e in coerenza con orientamenti giurisprudenziali in essa citati.
Avverso tale pronuncia il X proponeva appello per i seguenti motivi: 1) errata valutazione relativa alla violazione del principio di difesa e del principio di corretto contraddittorio; errata valutazione dell’art. 6 dello Statuto del Contribuente e dell’ art. 12, comma 7 dello Statuto del contribuente; violazione del diritto di difesa del sig. X X; mancata notifica del Processo Verbale di Constatazione redatto dalla SIAE del 27.11.2017 e del Processo Verbale di Constatazione redatto dalla Guardia di Finanza del 07.08.2019 prodromici all’avviso di accertamento n. TVSX/2019 nei confronti del ricorrente e mancata contestazione di alcuna violazione nei confronti dello stesso sig. X, non imputabilità del sig. X; 2) errata valutazione della CTP di Bari in merito alla inammissibilità ed inefficacia dell’avviso di accertamento n. TVSX/2019 nei confronti del sig. X per inapplicabilità dell’art. 38 c.c.; mancata imputabilità al sig. X delle violazioni contestate; inespletato onere della prova in capo all’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di X; errata valutazione della documentazione prodotta in sede di giudizio di primo grado ed errata applicabilità delle sentenze citate della Suprema Corte (9919/2008, 1650/2010 e 11908/2018) al caso di specie.
In data 12.07.2021 si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di X, con analitiche controdeduzioni.
All’udienza pubblica del 3.10.2024, la Corte di Giustizia Tributaria di II grado per la Puglia, Sede di Bari, tratteneva definitivamente il ricorso in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Tutto ciò premesso, il ricorso è infondato nel merito e, pertanto, non può essere accolto.
La sentenza impugnata ha correttamente inquadrato il caso in esame, fornendo una motivazione chiara e conforme alla normativa e alla giurisprudenza consolidata.
Più nel dettaglio, il primo motivo di appello, come sopra epitomato, non ha fondamento giuridico, dato che la valutazione della CTP di Bari sugli atti preliminari all’avviso di accertamento contestato è in sé conforme alla legge.
Il X, nella qualità di rappresentante legale dell’ASD X nel periodo d’imposta 2014, è stato giustamente ritenuto responsabile delle obbligazioni associative in base all’art. 38 c.c., nonostante dal 5 novembre 2014 l’incarico sia passato al X.
Il giudice in prime cure ha correttamente osservato che gli atti devono essere notificati al rappresentante legale in carica al momento della notifica e l’Amministrazione resistente ha operato in conformità a questa regola, notificando gli atti al X senza escludere la responsabilità di X per le violazioni commesse nel 2014.
In particolare, la procedura di accertamento e il rispetto del diritto di difesa sono stati regolarmente osservati, dato che i PVC della SIAE e della Guardia di Finanza sono stati correttamente notificati al nuovo rappresentante legale, che ha potuto presentare osservazioni, poi respinte.
La contestazione circa la presunta violazione del termine di 60 giorni è infondata, poiché il rappresentante legale ha potuto esercitare il diritto al contraddittorio entro i tempi previsti. La mancata notifica degli atti prodromici all’avviso di accertamento a X non inficia la validità dell’accertamento, né la sua responsabilità, come confermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che esclude l’obbligo di notifica di tali atti al coobbligato se non per l’avviso di mora o la cartella di pagamento.
A tal riguardo, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 19982/2019, ha confermato che la notifica della cartella esattoriale al rappresentante legale è legittima anche in assenza di un avviso di accertamento autonomo. Il diritto di difesa del contribuente è stato garantito, e l’Ufficio ha rispettato tutte le disposizioni normative, offrendo all’ASD l’opportunità di difendersi tramite il nuovo rappresentante legale.
Si consideri poi che l’ASD X, inoltre, non ha ottemperato a numerosi obblighi fiscali e amministrativi, tra cui la mancata redazione del rendiconto economico-finanziario per il 2014 e l’omessa istituzione del Libro dei Verbali delle Assemblee dei Soci.
Di conseguenza, l’Ufficio ha legittimamente disconosciuto il regime agevolativo previsto dalla Legge 398/1991 e ha ricostruito induttivamente i ricavi dell’associazione.
Per quel che qui più stringentemente rileva, la responsabilità del X è comprovata, non solo per la gestione diretta dei contratti di sponsorizzazione nel 2014, ma anche per la mancata produzione della documentazione giustificativa, che egli era tenuto a fornire secondo l’art. 2697 c.c.
Ne consegue l’infondatezza nel merito del primo ordine di doglianze.
Il secondo motivo dell’appello presentato dal contribuente si fonda, invece, su una presunta errata valutazione da parte della Commissione Tributaria Provinciale di Bari circa l’inammissibilità e l’inefficacia dell’avviso di accertamento n. TVSX/2019 emesso nei confronti del X. Il contribuente lamenta, in particolare, l’inapplicabilità dell’art. 38 c.c., l’assenza di imputabilità delle violazioni al X, il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’Agenzia delle Entrate, nonché un’errata valutazione della documentazione prodotta e delle sentenze della Corte di Cassazione citate.
Anche rispetto a tali censure, l’appello è privo di fondamento.
Il X ha agito in nome e per conto della ASD X, avendo sottoscritto i contratti di sponsorizzazione, ponendo in essere attività economica rilevante ai fini fiscali. Questa circostanza di fatto fonda e conferma la sua corresponsabilità tributaria. Inoltre, nel 2014, egli rivestiva il ruolo di legale rappresentante dell’associazione, essendo quindi gravato dall’onere di provvedere agli adempimenti fiscali, tra cui l’istituzione e la tenuta dei libri obbligatori. La sua responsabilità per l’obbligazione tributaria è dunque confermata ai sensi dell’art. 38 c.c.
A sostegno di tanto, può richiamarsi ad es. l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 5174 del 25 febbraio 2021, la quale stabilisce che la responsabilità personale e solidale del legale rappresentante di un’associazione non riconosciuta si fonda sia sull’ingerenza nell’attività gestionale, sia sul corretto adempimento degli obblighi tributari. Anche in assenza di un intervento diretto nella gestione negoziale, il rappresentante legale resta responsabile, a meno che non dimostri di aver adempiuto agli obblighi fiscali.
Nello stesso senso di cui sopra, la Suprema Corte, oltre ad avere affermato il principio che «Il legale rappresentante di un’associazione non riconosciuta è coobbligato delle imposte da questa dovute anche senza la prova della attività negoziale svolta, se il debito tributario è riferito al periodo in cui lo stesso ha ricoperto la carica di rappresentante» (Cass., 28 febbraio 2024, n. 5269), ha anche statuito il principio che « In tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 c.c., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto che abbia dato luogo alla creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi. Peraltro, l’operatività di tale principio in materia tributaria non esclude che per i debiti d’imposta, che sorgono non su base negoziale ma derivano ex lege dal verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la gestione complessiva dell’associazione nel periodo di relativa investitura» (Cass., 17 marzo 2023, n. 7906; Cass., 3 marzo 2022, n. 7107).
Anche a voler prescindere da quanto sin qui evidenziato, nel caso in esame il X non può sottrarsi alle sue responsabilità limitandosi a dichiarare la consegna della documentazione o sostenendo che tale documentazione è andata perduta a causa di furti. È infatti suo onere ricostruire le fatture e i rendiconti, come stabilito dalla giurisprudenza in materia (Cass. n. 20580/2011). La denuncia di furto, inoltre, non è di per sé sufficiente a esonerare il contribuente dall’onere della prova, in quanto, in caso di perdita incolpevole della documentazione, la normativa permette solo di ricorrere a prove testimoniali o presuntive, senza trasferire l’onere probatorio all’Amministrazione finanziaria.
Infine, emerge che il X è stato rappresentante legale anche della “ASD X” nel periodo 2013-2015 e, in relazione a tale associazione, sono stati accertati analoghi inadempimenti fiscali. Questo modus operandi comune e reiterato conferma la responsabilità del contribuente e la correttezza della decisione impugnata, pienamente conforme alla disciplina dell’art. 38 c.c., che tutela i creditori sociali in caso di associazioni non riconosciute, affidandosi alla responsabilità ed alla solvibilità dei soggetti che agiscono per conto dell’Ente.
In conclusione, l’appello non può trovare accoglimento, poiché la pronuncia impugnata è pienamente conforme alla normativa di settore ed alla giurisprudenza di legittimità.
Da ultimo, le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte di Giustizia Tributaria di II grado per la Puglia, Sede di Bari, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna X X al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale X, determinandole in euro 2.000,00 (duemila,00), oltre accessori come per legge.
Così deciso in Bari, in data 3.10.2024
L’Estensore Il Presidente
COMMENTO – La pronuncia in commento conferma il principio secondo cui il legale rappresentante di un’associazione non riconosciuta (nella specie, un’Associazione sportiva dilettantistica) è obbligato in via solidale per il pagamento delle imposte e delle relative sanzioni pecuniarie, maturate a carico dell’associazione nel periodo in cui egli rivestiva la predetta qualità di legale rappresentante.
A ciò non è di ostacolo il disposto dell’art. 38 c.c.
La predetta norma stabilisce che “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.
Essa, pertanto, collega la responsabilità personale e solidale non già alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per conto di quest’ultima, che dia luogo alla nascita di rapporti obbligatori tra l’associazione non riconosciuta ed i terzi.
Tuttavia, per quanto riguarda le obbligazioni tributarie, che per propria natura sorgono non già da un’attività negoziale, bensì direttamente ex lege al verificarsi del relativo presupposto, è chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo di legale rappresentante rivestito, abbia diretto la gestione complessiva dell’associazione nel periodo di relativa investitura (si veda, in senso conforme, Cass. civ., sez. V, 03 marzo 2022 n. 7107).
In altri termini, per i debiti sorti su base negoziale non assume alcun rilievo la posizione astrattamente rivestita dal soggetto nella compagine sociale, poiché la responsabilità personale e solidale ex art. 38 c.c. corrisponde all’esigenza di garantire i creditori in assenza di una forma di pubblicità legale del patrimonio dell’ente. Diversamente, per i debiti di imposta, sorti ex lege, risponde solidalmente, sia per il pagamento del tributo principale omesso, sia per quello delle sanzioni pecuniarie, colui che, nel periodo di riferimento, ha effettivamente gestito l’ente, ossia, appunto, il legale rappresentante dello stesso (si vedano, in senso conforme, Cass. civ., sez. VI-5, ord., 24 febbraio 2020 n. 4747; Cass. civ., sez. V, ord., 28 febbraio 2024 n. 5269 e Cass. civ., sez. V, sent., 02 maggio 2024 n. 11869, nonché, nella giurisprudenza di merito, Tribunale di Padova, sez. II, sent., 07 marzo 2024 n. 568).
Pertanto, l’applicazione dell’art. 38 c.c. all’obbligazione tributaria deve necessariamente tenere conto della particolare natura di quest’ultima: in particolare, il riferimento, contenuto nella predetta norma, all’avere “agito in nome e per conto dell’associazione” vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa investitura.
Tale peculiarità delle obbligazioni tributarie rispetto a quelle negoziali comporta rilevanti conseguenze anche sul piano probatorio. Per le obbligazioni negoziali, chi invoca la responsabilità personale e solidale di cui all’art. 38 c.c. è gravato dall’onere di provare la concreta attività di chi agisce in nome e nell’interesse dell’associazione; diversamente, nelle obbligazioni ex lege, quali quelle tributarie, grava su colui che invoca la responsabilità personale e solidale (i.e.: l’Amministrazione finanziaria) l’onere della prova degli elementi da cui desumere la qualità di legale rappresentante e/o di gestore di tutta o parte dell’attività dell’associazione, mentre grava su chi viene chiamato a rispondere dell’obbligazione ex lege fornire la prova della propria estraneità alla gestione dell’ente. Quest’ultima deve essere intesa non solo come diretta partecipazione all’attività dell’ente, ma anche come corretto adempimento degli obblighi tributari incombenti sul medesimo. Pertanto, nell’ipotesi di avvicendamento nella carica sociale di un’associazione non riconosciuta, anche per evitare strumentalizzazioni elusive, il rappresentante legale subentrante non può andare esente dalla responsabilità solidale con l’associazione, ai fini fiscali, soltanto per la mancata ingerenza nella pregressa gestione dell’ente, in quanto egli è obbligato a redigere ed a presentare la dichiarazione dei redditi ed a operare, se necessario, le rettifiche della stessa (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, ord., 09 marzo 2021 n. 3093 e Cass. civ., sez. V, ord., 17 marzo 2023 n. 7906).
In applicazione dei principi sopra illustrati, viene respinto l’appello del contribuente e confermata la legittimità dell’avviso di accertamento per tributi relativi all’annualità 2014 emesso nei confronti di un soggetto, che aveva rivestito la qualità di legale rappresentante di un’Associazione sportiva dilettantistica negli anni compresi tra il 2013 ed il 2015.