Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Toscana, sez. I,04 maggio 2023 n. 425
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La C. C. S. A. Srl impugnava l’avviso di accertamento per l’anno 2014 dell’Agenzia per le Entrate di Prato che aveva rilevato la mancata contabilizzazione dell’IVA per E. 55.550 sulle fatture di vendita emesse nei confronti di E. S. SRL sulla base di lettere d’intento soggettivamente inesistenti e per E. 5.610 in relazione alle fatture di acquisto soggettivamente inesistenti emesse dalla ditta individuale P. E.
La Commissione Provinciale Tributaria di Prato respingeva il ricorso.
Tra la data di pronunciamento e quella di deposito di suddetta decisione, la ricorrente già in stato di liquidazione, veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Prato con Sentenza n. XX/2020 del 06.03.2020.
Il liquidatore della società proponeva in data 16.12.2020 appello, sottolineando l’inerzia della curatela, sostenendo che le operazioni che avevano determinato l’accertamento non erano collegate a quelle fraudolente segnalate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Reggio Emilia riguardando esclusivamente la cessione di mezzi agricoli ed escavatori usati.
L’agenzia delle Entrate eccepiva l’inammissibilità dell’appello poiché la legittimazione spettava al curatore fallimentare mentre il fallito conserva una capacità processuale ad agire, per la tutela dei suoi diritti patrimoniali nel solo caso in cui l’amministrazione fallimentare rimanga inerte.
All’udienza del 28 marzo 2023 la Corte consentiva il deposito di un documento da parte dell’appellante che dimostrerebbe la sua legittimazione attiva ed il processo veniva rinviato alla successiva udienza del 17 aprile 2023 per consentire alla controparte di dedurre in merito.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’eccezione preliminare di inammissibilità è fondata.
La Pec inviata dal curatore fallimentare al liquidatore dimostra che una valutazione dell’opportunità di appellare la sentenza era stata compiuta dalla curatela che all’esito aveva concluso per la mancanza di interesse per la massa dei creditori all’esercizio dell’azione, autorizzando il liquidatore a procedere.
Non si tratta, quindi, di un’inerzia della curatela ma di una precisa valutazione circa la non rilevanza rispetto agli interessi che è chiamato a tutelare del contenzioso in essere.
Il fatto che poi dichiari che nulla osta alla presentazione dell’appello da parte del liquidatore è irrilevante, in quanto il curatore fallimentare è legittimato a ricorrere in proprio ma non può legittimare altri a presentare appello in virtù della sua indifferenza a coltivare il contenzioso.
La legittimazione di altro soggetto interessato a qualunque titolo alla società fallita dispone di un’eccezionale legittimazione laddove vi sia un’inerzia della curatela non quando l’assenza di iniziativa è frutto di una ponderata valutazione sulla sua utilità.
Si veda in merito la Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 29462/2022, “il fallito conserva, in via eccezionale, la legittimazione ad agire per la tutela dei suoi diritti patrimoniali, sempre che l’inerzia del curatore sia stata determinata da un totale disinteresse degli organi fallimentari e non anche quando essa consegua ad una negativa valutazione di questi ultimi circa la convenienza della controversia”.
La natura in rito della decisione autorizza la compensazione delle spese del presente grado.
P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Toscana, definitivamente decidendo, dichiara l’appello inammissibile. Spese compensate.
COMMENTO REDAZIONALE- In accoglimento dell’eccezione preliminare proposta dall’Agenzia delle Entrate, la sentenza in commento dichiara inammissibile l’appello proposto dal liquidatore della società contribuente, fallita nelle more tra il pronunciamento e il deposito della pronuncia di primo grado.
La legittimazione ad agire di tale organo deve infatti intendersi come assolutamente eccezionale, ossia limitata alle fattispecie nelle quali gli organi della procedura concorsuale (i.e.: curatore fallimentare) manifestino il proprio assoluto disinteresse.
Tale fattispecie non ricorreva nel caso de quo in cui, al contrario, il curatore fallimentare comunicava via p.e.c. al liquidatore che nulla ostava alla proposizione dell’appello da parte di quest’ultimo, così manifestando di avere valutato l’opportunità di impugnare la sentenza, ma di avere ritenuto tale azione non conveniente nell’interesse della massa dei creditori.
La mancata proposizione dell’appello da parte del curatore fallimentare non era quindi frutto di mera inerzia e/o disinteresse, ma di una precisa valutazione circa la non convenienza dell’azione per la massa dei creditori.
Irrilevante risulta poi che il curatore fallimentare abbia significato al liquidatore, con comunicazione pec, che nulla ostava alla proposizione dell’appello da parte del liquidatore medesimo, posto che il curatore fallimentare è legittimato ad impugnare la sentenza (laddove lo ritenga utile per la massa dei creditori), ma non può legittimare altri soggetti a farlo.
Viene di conseguenza ribadito il principio secondo cui il fallito conserva la legittimazione ad agire per la tutela dei propri diritti patrimoniali solo in via eccezionale, nel caso in cui l’inerzia del curatore sia motivata da un totale disinteresse, e non anche quando consegua ad una valutazione ponderata circa la mancata convenienza dell’azione (si veda, nello stesso senso, Cass. civ., sez. I, 10 ottobre 2022 n. 29462, richiamata in motivazione).