Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez. IV, 08.10.2020 n. 2887


Svolgimento del processo

  1. A.P. impugnava presso la Commissione tributaria per la Provincia di Roma la comunicazione di iscrizione ipotecaria chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
  2. mancata notifica della comunicazione preventiva prevista dall’art. 77, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973;
  3. illegittimità dell’iscrizione di ipoteca su immobili conferiti ad un fondo patrimoniale, opponibile anche al fisco, e che all’epoca aveva consolidato i suoi effetti nei confronti dei creditori.
  4. Con sentenza n. 27459, depositata il 30 novembre 2016, la Commissione accoglieva il ricorso, ritenendo fondato il primo motivo, cioè l’omessa comunicazione preventiva, di iscrizione ipotecaria prevista dall’articolo 77 ritenendo assorbite le altre censure.
  5. Equitalia Servizi ha presentato appello avverso la predetta sentenza.

Osserva il Concessionario della riscossione che la pretesa impositiva e la conseguente iscrizione ipotecaria derivava da due avvisi di accertamento correttamente notificati al contribuente; a quest’ultimo, inoltre, risultava anche notificato il previsto preavviso di iscrizione.

Osserva ancora l’appellante che gli avvisi di accertamento erano stati oggetto di due separate impugnazioni, e quindi ben conosciuti dal P..

Il ricorso presentato dal contribuente, pertanto, risultava non solo infondato nel merito ma anche lesivo del principio del ne bis in idem.

Essendo stati notificati regolarmente i predetti avvisi di accertamento, e il preavviso di iscrizione inoltre, il merito della pretesa tributaria era divenuto inoppugnabile.

  1. Il Signor P. con controdeduzioni chiarisce che l’atto asseritamente qualificato dall’Ufficio come comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, risulta in realtà privo dei requisiti minimi previsti dalla legge ed inidoneo al raggiungimento delle previste finalità,

La predetta comunicazione, infatti, va considerata nulla se non addirittura inesistente, non identificavano in alcun modo i cespiti di proprietà del debitore, la loro consistenza catastale, ed il valore ad essi attribuito. Ove l’asserito preavviso di iscrizione, del resto, avesse indicato i predetti riferimenti, il ricorrente ben avrebbe potuto anticipare le proprie difese, eccependo anticipatamente il vincolo esistente sugli immobili aggrediti.

Ribadisce inoltre il P. che gli immobili ipotecati risultano conferiti a far data dal 15/12/2010 ad un fondo patrimoniale costituito dal ricorrente e dal coniuge con annotazione a margine dell’atto di matrimonio. Ne deriva che le ipoteche sarebbero state illegittimamente disposte su beni non suscettibili di essere espropriati per il credito in questione.

Il presunto debito tributario da cui originano le iscrizioni ipotecarie non è, infatti, in alcun modo riconducibile al soddisfacimento delle esigenze “primarie” della famiglia, presupposto indispensabile per poter aggredire i beni sottoposti al predetto vincolo.

Nel caso di specie, la rideterminazione del reddito e il calcolo della conseguente imposta da pagare, è stata effettuata dall’Ufficio secondo il metodo cosiddetto “sintetico”, in relazione ad intervenuti acquisti nell’anno 2008 di alcune unità immobiliari effettuati nell’ambito di due procedure esecutive, e conclusi, considerato il prezzo pagato, per evidenti scopi meramente speculativi.

Il contribuente ritiene l’appello presentato da Equitalia privo di fondamento, in particolare con riferimento all’asserita violazione del ne bis in idem. Con il ricorso avverso l’iscrizione ipotecaria, infatti, il P. non intendeva e non intende contestare il merito della pretesa tributaria contenuta negli avvisi di accertamento -per la quale, peraltro, pende ancora il giudizio sui ricorsi presentati dal contribuente- ma esclusivamente dimostrare che il debito tributario, non rientra fra quelli derivanti da operazioni effettuate per far fronte ai bisogni della famiglia, con conseguente illegittimità dell’iscrizione della garanzia

Per poter iscrivere l’ipoteca, era necessario che l’Ufficio intestasse una azione revocatoria nei confronti di un fondo istituito, peraltro, nel 2010, e che ha consolidato i suoi effetti giuridici nei confronti dei creditori.

L’appellato chiede, conclusivamente, la condanna di Equitalia Servizi al risarcimento dei danni derivanti da lite temeraria in quanto l’Ufficio avrebbe resistito con colpa grave ad un ricorso palesemente fondato.

  1. Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Entrate, chiedendo di essere estromessa dalla causa per difetto di legittimazione passiva, essendo l’iscrizione ipotecaria di esclusiva competenza del Concessionario della riscossione.

Ribadisce l’Ufficio in ogni caso che, nel merito, il P. nel ricorso aveva chiesto non solo l’annullamento dell’iscrizione ipotecaria, ma anche degli avvisi di accertamento, atti che erano stati già impugnati con ricorsi, uno deciso con esito favorevole all’Ufficio e l’altro in attesa di sentenza.

  1. Con successiva memoria il contribuente ribadisce quanto in precedenza dedotto. La notifica dell’atto previsto dall’art. 77, comma 2 bis, del D.P.R. n. 602 del 1973, è atto indispensabile per garantire un effettivo contraddittorio con l’Amministrazione, in una fase antecedente l’emanazione di provvedimenti particolarmente lesivi della sua sfera patrimoniale come, appunto, l’iscrizione di una ipoteca, mentre il provvedimento che l’Ufficio insite a qualificare come preavviso di iscrizione in realtà va considerato come radicalmente nullo per mancata indicazione dettagliata dei beni che l’Ufficio intende sottoporre a vincolo.

Si tratta di un atto autonomamente impugnabile, che, se non notificato, vizia e rende nulla la successiva attività dell’Ufficio.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato nei limiti di seguito indicati.

  1. La sentenza di primo grado ha accolto il ricorso del contribuente ritenendo mai notificato il preavviso di iscrizione ipotecaria previsto dall’articolo 77, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973;

L’Ufficio in realtà ha dimostrato di aver notificato al P. un atto riconducibile fin dalla intestazione alla predetta fattispecie legale.

Il contribuente ritiene tale atto radicalmente nullo quindi, non produttivo degli effetti giuridici previsti dalla normativa in quanto privo della indicazione concreta e dettagliata dei beni che l’Ufficio si riserva di aggredire.

Tale assunto non è fondato.

Per giurisprudenza costante il preavviso ha il solo scopo di informare il contribuente dell’imminente avvio di una procedura esecutiva, consentendo al contribuente di adempiere alla propria obbligazione evitando le conseguenze della iscrizione ipotecaria e le spese relative.

In questa fase l’Ufficio non è tenuto ad indicare i singoli beni che saranno oggetto di iscrizione ipotecaria e successivamente di pignoramento.

  1. Va viceversa accolto il secondo motivo di ricorso, ritenuto assorbito dalla pronuncia di primo grado e riproposto dal contribuente all’attenzione di questo collegio.

L’Ufficio infatti ha iscritto ipoteca su beni da tempo conferiti in un fondo patrimoniale ai sensi dell’articolo 170 del codice civile che espressamente esclude la possibilità di un’aggressione degli stessi qualora il debito sia stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni familiari.

Per giurisprudenza costante l’iscrizione al predetto fondo patrimoniale è opponibile anche all’amministrazione finanziaria che procede per la riscossione di crediti aventi natura tributaria.

La Corte di Cassazione, da ultimo, con sentenza n. 31590 del 6 dicembre 2018, ha ritenuto che il criterio per identificare i crediti che possono essere realizzati esecutivamente espropriando i beni conferiti al fondo, va ricercato nella relazione esistente fra il fatto generatore delle obbligazioni, ed i bisogni della famiglia, sicché non assume rilievo la natura pubblicistica del credito derivante da un accertamento tributario.

La Corte, nella citata pronuncia, ha altresì affermato che spetta al giudice di merito accertare in concreto l’esistenza del predetto requisito, sottolineando che qualora il debito tributario sia sorto in relazione al reddito derivante dall’esercizio dell’impresa, tale circostanza da sola non è idonea né ad affermare né ad escludere che si tratti di debito riconducibile alla soddisfazione dei bisogni familiari, da intendere questi ultimi in senso ampio e da rapportare al concreto tenore di vita dei coniugi.

Pur considerando tali aperture ritiene il Collegio che nel caso di specie non sussistano i requisiti per poter iscrivere l’ipoteca prevista dall’articolo 77.

La complessa vicenda relativa all’accertamento tributario dal quale deriva l’iscrizione ipotecaria trae origine infatti non già da un’asserita evasione del reddito di impresa, ma da un accertamento effettuato con metodo sintetico avente origine da una compravendita immobiliare contratta per finalità meramente speculative.

Su tale specifico punto, del resto, né il Concessionario della Riscossione né l’Agenzia delle Entrate hanno formulato specifiche deduzioni, confermando anzi più di una volta la natura dell’operazione effettuata dal ricorrente ritenuta poco trasparente e quindi effettuata in presumibile evasione di imposta, mai affermando né tantomeno provando anche mediante presunzioni, che la stessa era da riconnettere al soddisfacimento dei bisogni primari della famiglia del contribuente.

  1. In relazione alla complessità della fattispecie, al consolidarsi solo di recente della citata giurisprudenza favorevole al contribuente, il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per l’accoglimento della richiesta di risarcimento per lite temeraria e che, anzi, debbano essere compensate le spese del giudizio.

P.Q.M.

Respinge l’appello dell’Ufficio. Spese compensate.

Roma, il 8 ottobre 2019.


COMMENTO – La sentenza in commento respinge l’appello dell’Agente della Riscossione e conferma l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, già dichiarata in primo grado. Viene tuttavia corretta la motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma.

Quest’ultima, infatti, aveva accolto il ricorso del contribuente per mancata notifica del preavviso (o comunicazione preventiva) di iscrizione ipotecaria, di cui all’art. 77, comma 2-bis, D.P.R. 602/1973.

La sentenza in commento rileva invece come l’Agente della Riscossione abbia notificato un atto pienamente riconducibile a tale fattispecie legale.

Il preavviso di iscrizione ipotecaria ha infatti il solo scopo di informare il contribuente dell’imminente avvio di una procedura esecutiva (i.e.: cautelare), consentendogli di adempiere alla propria obbligazione e di evitare così le conseguenze dell’iscrizione ipotecaria e delle relative spese.

Nella predetta comunicazione, l’Ufficio non è invece tenuto ad indicare i singoli beni che saranno oggetto di iscrizione ipotecaria e, successivamente, di pignoramento.

Viene invece ritenuto fondato l’ulteriore motivo di censura sollevato dal contribuente, relativo all’inclusione del bene immobile, oggetto dell’iscrizione ipotecaria, in un fondo patrimoniale destinato al soddisfacimento dei bisogni della famiglia ex art. 170 c.c.

L’inclusione di determinati beni in un fondo patrimoniale esclude la possibilità di esecuzione sugli stessi, qualora il debito sia stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni familiari, ed è opponibile anche all’Amministrazione finanziaria che procede per la riscossione di crediti di natura tributaria.

Pertanto, secondo costante giurisprudenza di legittimità, l’Agente della riscossione può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, che siano stati conferiti nel fondo patrimoniale, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari oppure, nell’ipotesi contraria, purché il titolare del credito, per il quale si  procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità; viceversa, l’Agente della riscossione non può iscrivere l’ipoteca su detti beni e l’eventuale iscrizione è illegittima, se il creditore conosceva tale estraneità (in tal senso, tra le altre, Cass. civ., sez. V, 06.12.2018 n. 31590; Cass. civ., sez. I, ord., 15.03.2019 n. 7497; Cass. civ., sez. V, 07.06.2019 n. 15459 e Cass. civ., sez. V, ord., 12.06.2020 n. 11335).

Il criterio per identificare i crediti, che possono essere realizzati esecutivamente espropriando anche i beni conferiti al fondo patrimoniale, va ricercato nella relazione esistente tra il fatto generatore delle obbligazioni ed i bisogni della famiglia: di conseguenza, non assume rilievo la natura pubblicistica del credito derivante da un accertamento tributario. 

La circostanza che il debito tributario sia sorto in relazione al reddito derivante dall’esercizio dell’impresa non è di per sé sola idonea né per affermare, né per escludere che si tratti di debito riconducibile alla soddisfazione dei bisogni familiari, da intendersi in senso ampio, non limitato alle sole esigenze primarie, ma anzi esteso a tutte le necessità volte al pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia, da rapportare al concreto tenore di vita dei coniugi.

Pur considerando tali aperture, nel caso di specie non vengono tuttavia ritenuti sussistenti i requisiti per poter iscrivere l’ipoteca esattoriale.

Infatti, l’iscrizione ipotecaria era avvenuta a seguito di un avviso di accertamento tributario, che scaturiva non già da un’asserita evasione del reddito di impresa, ma da una compravendita immobiliare contratta per finalità meramente speculative.

Né il Concessionario della Riscossione, né l’Agenzia delle Entrate avevano offerto prova, neppure mediante presunzioni, che tale compravendita immobiliare fosse riconducibile ad un’esigenza di soddisfazione dei bisogni familiari del contribuente.

Pertanto, il bene immobile incluso in un fondo patrimoniale non può essere né aggredito in sede esecutiva, né assoggettato ad ipoteca esattoriale a tutela di un credito estraneo all’esigenza di soddisfare i bisogni familiari, pur intesi nel senso ampio sopra prospettato.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma