Cass. civ., Sez. V, Sent., 09 agosto 2024, n. 22601


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta da:

Dott. PAOLITTO Liberato – Presidente

Dott. CANDIA Ugo – Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere-Relatore

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere

Dott. PENTA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 6541/2022 R.G. proposto da:

…, elettivamente domiciliato in …, presso lo studio dell’avvocato … rappresentato e difeso dagli avvocati … (Omissis), …     -ricorrente-

contro

COMUNE DI …, domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato … (Omissis)                                                                                       -controricorrente-

avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 6282/2021 depositata il 29/07/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/05/2024 dal Consigliere FABIO DI PISA;

sentito il P.G. il quale ha concluso, come da memoria in atti, per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

  1. La C.T.P. di Avellino, con sentenza n. 233/3/2020, pronunziando in controversia avente oggetto l’impugnazione da parte del Consorzio per l’ Area di sviluppo industriale di Avellino dell’avviso di accertamento IMU 2015 emesso dal Comune di Lacedonia, relativo a quattro lotti, così statuiva: “in parziale accoglimento del ricorso dichiara non dovuta l’Imu relativa all’immobile di cui lotto 6 a partire dal 19/05/2016 e fino al 31/12/2017; rigetta nel resto il ricorso confermando la debenza d’imposta accertata relativa ai lotti 1, 9 e 10. Compensa le spese.”
  1. A seguito di appello proposto dal Consorzio contribuente la C.T.R. della Campania lo rigettava con la pronunzia n. 6282/2/2021, disponendo la compensazione delle spese di lite.

2.1. Secondo quanto è dato desumere dalla sentenza impugnata i giudici di appello ritenevano che parte contribuente non aveva diritto alla chiesta esenzione ai sensi dell’art.7, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 504/1992 posto che del Consorzio aveva fatto parte anche lo I.A.C.P. che non aveva alcun diritto all’esenzione IMU e considerato che non era emersa la prova che gli immobili in discussione fossero destinati in modo esclusivo ai fini istituzionali dell’ente, tant’è che lo stesso Consorzio, al fine di sottrarsi al pagamento dell’imposta, aveva ammesso di essere un’impresa costruttrice, di avere costruito e/o acquistato degli opifici e di averli regolarmente denunziati come beni-merce, infine precisando che parte contribuente non aveva, comunque, diritto ad alcuna esenzione in quanto non era stata effettuata la prevista denuncia obbligatoria.

2.2. La C.T.R. precisava, ancora, che le assegnazioni relative ai lotti n. 1 (ex Omissis), n. 6 (ex Omissis), n. 9 (ex Omissis) e 10 (ex Omissis) erano state revocate con provvedimenti ministeriali in data 4 agosto 1993, 13 giugno 1997, 28 febbraio 1991 e 25 novembre 1994, e quindi trasferiti con decreto in data 2 luglio 1999 a parte contribuente e che non risultava intervenuta alcuna riassegnazione provvisoria per detti lotti. Osservava, altresì, che quanto alla debenza del tributo relativamente ai lotti 9 e 10 la pronunzia sfavorevole al Consorzio non era stata “specificamente censurata”, che quanto al lotto 1) il contratto preliminare di vendita con riserva di proprietà registrato in data 3 giugno 2014 era stato oggetto di risoluzione consensuale nel luglio del 2017 – sicché l’attribuzione della mera detenzione ad un terzo era irrilevante ai fini dell’ assoggettamento del tributo – e che, infine, la proprietà dell’immobile di cui al lotto 6) era stata trasferita solamente con atto di compravendita registrato in data 3 giugno 2016.

  1. Contro detta sentenza il Consorzio per l’Area di sviluppo industriale di Avellino, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
  1. Il Comune di Lacedonia ha resistito con controricorso, depositando successiva memoria illustrativa.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo il Consorzio ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’ art. 7, comma 1, lett. a) D.Lgs. 504/1992, dell’art. 9, comma 8, del D.Lgs. 23/2011 nonché dell’art. 36 del D.Lgs. 546/1992 lamentando che la C.T.R., erroneamente, non aveva considerato che era stata fornita la prova del possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi dell’esenzione IMU ex art. 7 cit. in quanto lo stesso, con riferimento all’ anno in contestazione (2015) era costituito esclusivamente da Pubbliche Amministrazioni esenti da IMU ed, ancora, che aveva provato di avere sempre agito per fini istituzionali, vale a dire per promuovere, nell’ambito degli agglomerati industriali, le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività industriali e per favorire lo sviluppo delle aree ex art. 32 legge n. 219/1981.
  1. Con il secondo motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1 D.Lgs. 504/1992, dell’art. 8 del D.Lgs. 23/2011 nonché dell’art. 36 del D.Lgs. 546/1992 lamentando che la C.T.R. non aveva considerato che vi era prova che nel periodo in esame: il lotto n. 1) risultava assegnato alla società Conditalia Srl; il lotto 6) risultava assegnato alla società A.A.Macchine Srl; la proprietà dei lotti 9 e 10 era stata trasferita da parte ricorrente ad altre società giusta delibere di assegnazione depositate in primo grado.
  1. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
  1. Il primo motivo è infondato.

4.1. Questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n. 14293 del 2010; Cass. n. 12797 del 2016) ha chiarito i limiti entro i quali i Consorzi ASI assolvono finalità di natura pubblicistica, restando per il resto detti enti soggetti alla normativa generale riguardante gli enti aventi finalità lucrativa; in particolare, si è precisato che per sottrarsi all’obbligo del pagamento dell’ICI, sono necessari due requisiti: che gli immobili posseduti dai consorzi siano destinati esclusivamente all’espletamento di compiti istituzionali e che gli enti consorziati siano individualmente esenti dall’imposta. L’ articolo 31, comma 18, della legge 289/2002, norma di natura interpretativa, stabilisce testualmente che “l’esenzione degli immobili destinati ai compiti istituzionali posseduti dai consorzi tra enti territoriali, prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. a) ai fini dell’imposta comunale sugli immobili, deve intendersi applicabile anche ai consorzi tra enti territoriali e tra enti che siano individualmente esenti ai sensi della stessa disposizione”. È pacifico in giurisprudenza il principio per cui è onere del Consorzio dimostrare tali circostanze e, soprattutto, dimostrare se gli immobili oggetto di imposizione siano esclusivamente destinati all’espletamento di compiti istituzionali o se, invece, rientrino nell’esercizio dell’ordinaria attività industriale e commerciale e, quindi, soggetti a ICI (o ad IMU) al pari di qualsiasi operatore commerciale (cfr. Cass. n. 26575/2018).

4.2. In termini generali, – e sempre con riferimento all’esenzione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. a), il cui contenuto è stato però riproposto dal D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 8 (“Sono esenti dall’imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonchè gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”) – la Corte ha statuito che l’esenzione in discorso non può essere riferita allo svolgimento di attività imprenditoriale in quanto non si può identificare il concetto di “finalità istituzionali”, che sono proprie dell’ente locale e che costituiscono la ragione d’essere dello stesso, con quello di “servizi pubblici”, che, invece, non rientrano tra i compiti istituzionali e possono essere svolti anche tramite altri soggetti, come le aziende municipalizzate od altri enti o società, ne consegue che detti soggetti, svolgendo attività commerciali, non hanno ragione di godere dell’esenzione (Cass., 7 dicembre 2022, n. 36028; Cass., 25 febbraio 2020, n. 4997; Cass., 3 dicembre 2010, n. 24593). Secondo la giurisprudenza di questa Corte la locuzione “compiti istituzionali” contenuta nell’art. 7, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 504 del 1992, al fine di fruire dell’esenzione dall’ICI, è destinata ad essere riferita solo a funzioni pubbliche e ad attività di servizio pubblico dell’ente locale, con esclusione delle attività meramente economiche, come ad esempio la locazione di beni a terzi, rispetto alle quali gli enti non si pongono in veste di istituzione ma operano come ordinari soggetti dell’ordinamento (Cass. n. 10809 del 2016). Il concetto di finalità istituzionali, che sono proprie dell’ente locale e che costituiscono la ragione di essere dello stesso, non deve confondersi con quello di interesse pubblico, che può essere svolto anche per tramite di altri soggetti di natura privata. Per cui non ogni iniziativa solo perché intrapresa dall’ente locale fa conseguire l’esenzione, dovendosi tenere conto se la stessa integri funzioni pubbliche o una attività puramente economica. L’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 504 del 1992 si applica per gli immobili posseduti da enti “destinati esclusivamente a compiti istituzionali”, e spetta soltanto se l’immobile è direttamente e immediatamente destinato allo svolgimento di tali compiti: ipotesi che non si configura quando il bene venga utilizzato per attività esse stesse di carattere privato, come avviene laddove il godimento del bene stesso sia concesso a terzi verso il pagamento di un canone o, comunque di un corrispettivo (Cass. n. 14094 del 2010).

4.3. Parte ricorrente si duole che la C.T.R. non avrebbe considerato, in sintesi, che circa la composizione soggettiva, non poteva farsi riferimento alla potenziale partecipazione di soggetti privati al Consorzio, o alla partecipazione dello IACP (in diverso periodo di imposta), perché detta partecipazione deve essere effettiva e che per il periodo di imposta in contestazione partecipavano al Consorzio solo soggetti pubblici esenti (provincia e Comuni). Assume, poi, che quanto all’elemento oggettivo, tutte le attività, anche a contenuto economico (come locazioni o assegnazioni) andavano correlate alle finalità istituzionali perseguite dal Consorzio, e gli stessi proventi delle attività andavano reimpiegati in dette attività.

4.4. Invero seppure, in ordine al requisito soggettivo deve ritenersi erroneo il riferimento dei giudici di merito alla potenziale composizione del Consorzio, con partecipazione di soggetti privati non esenti, rimane il dato, oggetto di congrue ed adeguate argomentazioni, del difetto del requisito oggettivo costituito dallo svolgimento di attività economica che non può identificarsi con le mere finalità istituzionali del Consorzio, ricostruzione questa non adeguatamente censurata dal Consorzio per l’ Area di sviluppo industriale di Avellino il quale ha, peraltro, omesso totalmente di confrontarsi con questione relativa ai beni-merce nella disponibilità dello stesso, elemento questo valorizzato dalla C.T.R per sostenere la natura economica dell’attività imprenditoriale del detto Consorzio svolta nel periodo oggetto di imposizione. 5. Il secondo motivo è inammissibile.

5.1. Appare di tutta evidenza che il Consorzio ricorrente, sebbene deduca una violazione di legge, censura accertamenti in fatto compiuti dal giudice di appello.

In particolare la C.T.R., nel confermare che per l’anno 2015 il tributo era comunque dovuto, ha ritenuto che assegnazioni relative ai lotti n. 1 (ex Omissis), n. 6 (ex Omissis), n. 9 (ex Omissis) e 10 (ex Omissis) erano state revocate con provvedimenti ministeriali in data 4 agosto 1993, 13 giugno 1997, 28 febbraio 1991 e 25 novembre 1994, e, quindi, trasferiti con decreto in data 2 luglio 1999 a parte contribuente e che non risultava intervenuta alcuna riassegnazione provvisoria per detti lotti. Ha precisato, altresì, quanto al lotto 1) il contratto preliminare di vendita con riserva di proprietà registrato in data 3 giugno 2014 era stato oggetto di risoluzione consensuale nel luglio del 2017 – sicché l’attribuzione della mera detenzione ad un terzo era irrilevante ai fini dell’ assoggettamento del tributo – e che, infine, la proprietà dell’immobile di cui al lotto 6) era stata trasferita solamente con atto di compravendita registrato in data 3 giugno 2016, rilevando, infine, che quanto alla debenza del tributo relativamente ai lotti 9 e 10 la pronunzia sfavorevole al Consorzio non era stata “specificamente censurata”, sicché doveva ritenersi passata in giudicato.

5.2. Orbene il Consorzio, con tale secondo motivo, censura tale ricostruzione in fatto facendo riferimento a circostanze (altre assegnazioni) che non risultano, peraltro, adeguatamente allegate in violazione del c.d. principio di autosufficienza (si parla, infatti, in ricorso, genericamente, di atti depositati in primo grado). Per altro verso, quanto al lotto n. 1, va osservato i giudici di merito hanno operato l’interpretazione di un preliminare di vendita che avrebbe trasmesso la mera detenzione e che, poi, sarebbe stato consensualmente risolto dalle parti laddove la prospettazione di parte ricorrente, in termini astratti, del diritto di superficie quale effetto di un’assegnazione va qui a scontrarsi con la detta interpretazione contrattuale (di un preliminare di vendita), interpretazione che non viene censurata (art. 1362 e ss. cod. civ.). Occorre, invero, ricordare che in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c. Ne consegue che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (Cass., 9 settembre 2022, n. 26557; Cass., 9 aprile 2021, n. 9461; Cass., 25 novembre 2019, n. 30686; Cass., 16 gennaio 2019, n. 873; Cass., 15 novembre 2017, n. 27136). Non è stata, infine, adeguatamente censurata la affermazione della C.T.R. circa la ritenuta aspecificità delle censure relative ai lotti 9 e 10 posto sarebbe stato onere di parte ricorrente comprovare l’erroneità di un detto assunto richiamando, ai fini dell’autosufficienza, gli specifici motivi di censura.

5.3 Alla luce di tali considerazioni si appalesano privi di concreto rilievo i principi giurisprudenziali, richiamati da parte ricorrente nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. secondo cui soggetto tenuto al pagamento dell’imposta in questione è l’assegnatario, anche provvisorio, di un lotto di proprietà del Consorzio per l’ Aria di Sviluppo Industriale, nonostante non sia stato ancora stipulato l’atto notarile di trasferimento della proprietà in suo favore in quanto l’assegnazione determina il riconoscimento del diritto di superficie e la soggettività passiva ai fini ICI in capo a queste ultime, a fronte degli accertamenti in punto di fatto di cui si è fatta menzione compiuti dai giudici di appello.

  1. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, stante la infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato. 6.1. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna il Consorzio ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del comune controricorrente, liquidandole nella misura di Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; visto l’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.

Conclusione

Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data 30 maggio 2024.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2024.


MASSIMA: In materia Imu, l’esenzione prevista per gli immobili posseduti da enti destinati esclusivamente a compiti istituzionali spetta soltanto se l’immobile è direttamente e immediatamente destinato allo svolgimento di tali compiti. Di conseguenza laddove il bene venga utilizzato per attività di carattere privato dietro corrispettivo, viene meno il presupposto stesso dell’esenzione.