Cass. civ. Sez. V, ord., 17 marzo 2023, n. 7769

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21792/2021 R.G. proposto da:

Comune di Pollica, rappresentato e difeso dall’Avv. …, con domicilio eletto in …, presso lo studio dell’Avv. …             – ricorrente –

contro

A.A., rappresentata e difesa dall’Avv. …, con domicilio eletto in …, presso lo studio dell’Avv. ….                                 – controricorrente –

avverso la sentenza n. 359 della Commissione tributaria regionale della Campania Sezione Staccata di Salerno di depositata il 14/1/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 marzo 2023 dal Consigliere Oronzo De Masi.

Svolgimento del processo

CHE:

  1. A.A., titolare di una concessione demaniale marittima nel Comune di Pollica, gestiva l’attività di noleggio di ombrelloni, sdraio e lettini sulla spiaggia, nonché di somministrazione alimenti e bevande, mediante apposita struttura in legno, ed impugnò, davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, l’avviso di accertamento n. (Omissis) del 14/12/2017, per il mancato pagamento dell’IMU per l’anno 2012.
  2. 2.L’adita CTP accolse il ricorso sul rilievo dell’intervenuta decadenza dell’Ente impositore essendo il Comune decaduto dal potere impositivo.
  3. La sentenza venne impugnata e la Commissione tributaria regionale della Campania – Sezione Staccata di Salerno rigettò l’appello del Comune osservando: che l’atto accertativo era stato notificato alla contribuente nel luglio 2018, per un tributo relativo all’anno 2012, oltre il previsto termine quinquennale e in violazione dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161; che assumeva valore decisivo il giudicato esterno formatosi per l’anno 2005, non risultando intervenuti mutamenti dello stato di fatto sino al 2012; che neppure era priva di rilievo l’accertata amovibilità e precarietà dei manufatti costituenti lo stabilimento balneare, in quanto non stabilmente infissi al suolo e quindi non accatastabili, nonché l’uso “temporaneo e stagionale” dello stesso, strettamente legato alla scadenza o alla possibile revoca della concessione demaniale.
  4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Comune Pollica affidandosi a quattro motivi, cui ha resistito depositando controricorso la A.A..

Motivi della decisione

CHE:

Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 12-ter, come modificato dal D.L. n. 35 del 2013, art. 10, comma 4, lett. a), conv. con modific. nella L. n. 63 del 2013, in relazione al D.M. 30 ottobre 2012, art. 1, comma 161, L. n. 296 del 2006, per non avere la CTR considerato che l’impugnato accertamento d’ufficio riguarda l’omessa denuncia IMU, anno 2012, e che, essendo l’obbligo dichiarativo sorto sin dal 1 gennaio 2012, la relativa dichiarazione andava presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo, cioè il 2013, ed ancora che l’avviso era stato notificato alla contribuente, dapprima, a mezzo posta, in data 19/12/2017, in (Omissis), ed una seconda volta, in data 11/7/2018, in Acciaroli di Pollica, alla Via (Omissis), quindi, entro il 31 dicembre del quinto anno.

Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c., D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 1, e dalla L. n. 388 del 2000, art. 18, per avere la CTR ritenuto fondata erroneamente l’eccezione di giudicato esterno, avuto riguardo alla sentenza n. 379/2013 della CTR campana, che aveva accertato la precarietà della struttura del lido balneare, decisione in fattispecie relativa all’ICI 2005, confermata all’esito della sentenza n. 263/2016 della Corte di Cassazione. Si deduce la sussistenza di altro giudicato, di segno diverso, rappresentato dalla sentenza n. 25132/2016 della Corte di Cassazione, pronunciata in fattispecie relativa all’ICI 2004, e che l’effetto preclusivo del giudicato è stato espressamente escluso dalla medesima Corte con la sentenza n. 9429/2019.

Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 1, e dalla L. n. 388 del 2000, art. 18, per avere la CTR dato erroneamente rilievo, ai fini della assoggettabilità ad imposta, alla non accatastabilità della struttura balneare, accertamento reso superfluo dalla L. n. 388 del 2000, art. 18, comma 3, che ha esteso la soggettività passiva ai concessionari.

Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 1, e dalla L. n. 388 del 2000, art. 18, comma 3, per non avere la CTR tenuto conto della giurisprudenza di legittimità che ha eliminato ogni residuo dubbio sulla legittimazione passiva del concessionario di beni demaniali e sulla superfluità di qualsivoglia verifica sugli effetti reali o obbligatori della concessione.

I motivi di ricorso sono fondati e meritano accoglimento.

Erra il giudice di appello nel ritenere fondata l’eccezione di decadenza del Comune dal potere accertativo sul presupposto che non fosse stato rispettato il termine utile per la notifica dell’avviso di accertamento, scadente il 31 dicembre del quinto anno successivo alla data in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.

Va richiamato il principio, affermato da questa Corte, secondo cui, “In tema di ICI, ai fini dell’individuazione del dies a quo del termine quinquennale di decadenza del potere di accertamento da parte degli enti locali, previsto dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, occorre distinguere l’ipotesi di omesso versamento dell’imposta (in relazione alla quale deve farsi riferimento al termine entro cui il tributo avrebbe dovuto essere pagato) da quella di omessa dichiarazione (in ordine alla quale deve farsi riferimento al termine entro cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione omessa); pertanto, mentre nella prima ipotesi il primo dei cinque anni previsti dalla norma richiamata è quello successivo all’anno oggetto di accertamento e nel corso del quale il maggior tributo avrebbe dovuto essere pagato, nella seconda ipotesi esso coincide, invece, con il secondo anno successivo a quello oggetto di accertamento, atteso che il termine di presentazione della dichiarazione scade l’anno successivo a quello di chiusura del periodo di imposta” (Cass. n. 352/2021).

Nel caso di specie, quanto alla prima censura, poichè la stessa CTR della Campania ha accertato che la notifica dell’avviso impugnato intervenne nel “luglio 2018 per una debenza del 2012”, non v’è ragione per dubitare del rispetto del termine di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161.

Fondata è anche la seconda censura con la quale il Comune ricorrente si duole della decisione di secondo grado che ha ritenuto di accogliere, ritenendola fondata, l’eccezione di giudicato esterno formulata dalla A.A..

Secondo la CTR un giudicato favorevole alla contribuente si sarebbe formato a seguito dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 263/2016, resa nel giudizio con le medesime parti ed avente ad oggetto il medesimo tributo sia pure riferito ad una diversa annualità (2005).

Orbene, nella suindicata pronuncia, la Corte di Cassazione, dopo aver affermato il principio di diritto secondo il quale nel caso di uno stabilimento balneare che incide su area demaniale si deve distinguere fra la concessione della mera disponibilità dell’area da quella che comporta la collocazione di opere stabili e, nel secondo caso, la posizione del concessionario è assimilabile ad un diritto di proprietà con conseguente applicazione dell’ICI, ed ha escluso la tassazione dell’area avendo ” il giudice di merito accertato l’inesistenza di strutture idonee a consentire l’applicazione dell’ICI”.

Va, al riguardo, richiamato quanto questa Corte (Cass. n. 9429/2019) ha successivamente affermato, in altro giudizio iter partes, e segnatamente che “l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche (come l’imposta comunale sugli immobili), è limitato ai soli casi nei quali vengono in esame fatti aventi per legge efficacia permanente o pluriennale, fatti cioè, che pur essendo unici producono, per previsioni legislative effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta e rispetto ai quali l’elemento della pluriennalità caratterizza la fattispecie normativa, che unifica più annualità di imposta in una sorta di “maxiperiodo”, gli esempi tipici sono quelli delle esenzioni o agevolazioni pluriennali o della ” Spa lmatura” in più anni dell’ammortamento di un bene o, in generale della deducibilità di un spesa”.

Ha proseguito la Corte che, con riferimento all’anno d’imposta 2006, “non vi è prova che l’imposizione fiscale fatta valere dal Comune di Pollica nel giudizio conclusosi con l’ordinanza della Corte sia stata applicata agli stessi manufatti dell’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio. E’ infatti pacifico che la concessionaria installava i manufatti sul suolo demaniale e li teneva dal mese di aprile al mese di ottobre di ogni anni con espresso obbligo di sgombrare l’area alla scadenza del periodo” ed ancora che “la sentenza della CTR confermata dall’ordinanza della Corte di Cassazione sopra indicata (…) fa riferimento solo ad un manufatto ligneo mentre l’accertamento ICI relativo alla diversa annualità del 2006 oggetto del presente giudizio riguarda una più complessa struttura comprensiva di bar spogliatoio servizi igienici gazebo e locale spogliatoio”.

A ciò si aggiunga che la Corte di legittimità, pronunciando nella controversia concernente l’ICI 2004, non ha trascurato di osservare, in merito alla denunciata mancanza di correlazione tra avviso di accertamento impugnato dalla A.A. e iscrizione catastale, che la relativa censura va disattesa “in quanto la CTR ha correttamente individuato in motivazione il presupposto della tassazione (diritto reale di superficie in capo al soggetto concessionario di un’area demaniale sulla quale insiste una costruzione) e il meccanismo di calcolo della base imponibile (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4, per i fabbricati non iscritti in catasto sulla base di un calcolo matematico che consente di individuare la base imponibile e che si risolve nella moltiplicazione della rendita catastale per un coefficiente che varia secondo la categoria dell’immobile”)”.

Nello stesso senso la Corte (Cass. n. 18101/2019) si è espressa nella controversia relativa all’annualità ICI 2008, avuto riguardo al palese allargamento della platea dei soggetti passivi mercè l’inserimento del concessionario di area demaniale che precedentemente (2001) “non era soggetto ad imposta”.

Non è superfluo ricordare, con riguardo alla censura veicolata dal quarto motivo di ricorso, che sempre questa Corte (Cass. n. 10006/2019) ha avuto modo di osservare, in tema di ICI, come la L. n. 388 del 2000, art. 18 modificando del D.Lgs. n. 504 del 1992, l’art. 3, comma 2, avendo esteso espressamente la soggettività passiva dell’imposta ai concessionari di aree demaniali, abbia reso irrilevante la questione afferente gli effetti reali o obbligatori della concessione, non essendo più necessario accertare se la concessione che attribuiva il diritto di costruire immobili sul demanio avesse effetti reali (con la conseguenza della tassabilità degli immobili ai fini ICI in capo al concessionario) o obbligatori (con la diversa conseguenza della intassabilità).

Ne discende un ulteriore profilo di erroneità della impugnata sentenza della CTR della Campania, la quale inutilmente si intrattiene sulla “qualificazione di fabbricato”, sulla sua “amovibilità”, sulla circostanza che la struttura balneare “non (sarebbe) accatastabile proprio a cagione della sua precarietà” anche dal punto di vista “temporale” senza considerare, appunto, l’ininfluenza di simili argomenti ai fini della decisione della causa.

La già richiamata ordinanza n. 9429/2019 ha chiarito, per quanto concerne la questione dell’amovibilità e precarietà dei manufatti, che ” le strutture realizzate dalla contribuente per offrire servizi balneari, locale bar cabine gazebo pur se accertate come precarie ed amovibili perché costruite con materiale di legno oltre ad avere rilevanza dal punto di vista urbanistico tanto che è stato chiesto il permesso di costruire (circostanza di cui si dà atto nella sentenza) hanno comunque una capacità reddituale che è ciò che rileva ai fini dell’imposizione fiscale (vedi D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40). Tale nozione di unità accatastabile trova conferma nel D.M. de(l) Ministero delle Finanze 2 gennaio 1998 (Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale). L’art. 2 prevede infatti “1. L’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale Sono considerate unità immobiliari anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purchè risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale”.

Il ricorso, dunque, va accolto, con cassazione dell’impugnata sentenza e non essendo necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto, la causa può essere decisa con il rigetto dell’originario ricorso proposto dalla contribuente.

Le spese dell’intero giudizio avuto riguardo all’andamento dei procedimenti e al quadro giurisprudenziale non del tutto consolidato vanno interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla contribuente.

Compensa interamente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2023


MASSIMA- Le strutture realizzate sulle spiagge per offrire servizi balneari, compresi quelli di bar e ristorazione, anche se precarie ed amovibili perché costruite con materiale di legno, hanno capacità funzionale e reddituale ai fini catastali e quindi vanno assoggettate all’IMU.