Cass. civ. sez. V, ord., 13 marzo 2024, n.6690


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere – Rel.

Dott. PENTA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15844/2016 R.G. proposto da:

COMUNE ARGELATO, elettivamente domiciliato in …, presso lo studio dell’avvocato … (Omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato … (Omissis)

– ricorrente –

contro

…Srl, in persona del l.r. elettivamente do.to presso lo studio dell’avv. … del foro di … alla via …- … – rappresentata e difesa dall’avv. …, giusta procura a margine del controricorso.

– controricorrente –

avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. EMILIA ROMAGNA n. 2945/2015 depositata il 22/12/2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/02/2024 dal Consigliere MILENA BALSAMO.

Svolgimento del processo

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Motivi della decisione

  1. Il Comune di Argelato propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 2945 depositata il 22.12.2015 e non notificata, con la quale la commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, nel confermare la prima decisione, ha ritenuto il difetto della qualità della edificabilità dell’area di proprietà della società …s.r.l, in quanto il PSC introdotto dalla normativa regionale non attribuisce potestà edificatoria alle aree, avendo il piano natura diversa da quella del Piano regolatore generale.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l’inclusione di un terreo fra quelli edificabili secondo la previsione del PSC non è sufficiente per integrare gli elementi richiesti per l’inclusione fra quelli tassabili ex art. 2 della l. n. 504/92 in mancanza della concreta possibilità per i terreni di vantare un diritto edificatorio escluso dalla normativa regionale e riconosceva che l’atto impositivo conteneva l’attribuzione del valore venale in comune commercio ai beni immobili di proprietà dell’ente.

Resiste con controricorso l’ente contribuente.

La contribuente ha depositato istanza di sospensione del giudizio ex art. 6, comma 10, d.l. 23 ottobre 2019, n. 119, trascurando di depositare la documentazione attestante la definizione agevolata.

Con atto del 21 dicembre 2023, il difensore della società ha dichiarato di aver rinunciato ala mandato.

Considerato che

  1. In via preliminare va disattesa l’eccezione di giudicato con riferimento alle sentenze nn. 1 e 2 del 2011 della CTP di Bologna, passate in giudicato riguardanti anche l’obbligo della contribuente di presentare la dichiarazione ICI, giacchè a seguito dell’adozione del PSC è mutato lo stato fiscale delle aree.

Diratti, alla sentenza impugnata non risultano allegate le decisioni invocate né nel controricorso la società ha trascritto i passi salienti del giudicato ovvero ha indicato in quale atto o verbale avrebbe dedotto l’esistenza del giudicato dinanzi al giudice di merito.

  1. Con il primo motivo di ricorso il Comune lamenta l’illegittimità della decisione impugnata per l’omesso rilievo della tardività del ricorso presentato solo in data 30 luglio 2010, oltre i 60 giorni dalla data di notificata dell’avviso di accertamento del 3.05.2010, asserendo che, ai sensi dell’art. 2 del regolamento comunale, l’accertamento con adesione respinto dal Comune non era applicabile alla fattispecie; ciò in quanto l’ente locale aveva limitato l’applicazione dell’istituto agli atti di accertamento, con esclusione degli atti di liquidazione quale era qualificabile l’atto impositivo opposto, con il quale era stato intimato al contribuente di versare la differenza di imposta non versata rispetto ad aree agricole, con la conseguente improrogabilità del termine per l’impugnazione.
  2. Con la seconda censura si lamenta l’erronea individuazione della motivazione dell’atto impositivo, l’errato rilievo della natura di accertamento di area edificabile, l’omesso rilievo della natura di mero atto di liquidazione del terreno agricolo dichiarato dal contribuente.
  3. Con la terza censura, il Comune lamenta – ex art.360,1° co. n. 3 cod. proc. civ. – violazione dell’art. 2 D.Lgs. n. 504/92 nonché dell’art. 36 d.l. 4 luglio 2006, n. 223 e congiuntamente l’illegittimità della sentenza nella parte in cui rileva il difetto della qualità di area edificabile, pur in vigenza di un piano urbanistico generale (PSC), oltre alla violazione di precetti costituzionali di ripartizione dei poteri tra Stato, regioni e Comuni ai sensi degli artt. 23, 118 e 119 Cost, in relazione alla valenza fiscale dell’art. 28 legge reg. Emilia Romagna.

6.La prima censura è infondata.

L’avviso di accertamento, così denominato dal medesimo ente impositivo, è stato emesso sul presupposto che parte della particella n. 363 era divenuta edificabile con l’approvazione del PSC e del RUE in data 27.03.2009 e che la dichiarazione tramite M.U. informatico evidenziava la titolarità dei terreni e dunque la soggettività passiva a far data dal gennaio 2008 in capo alla società; che, il terreno era divenuto edificabile dal 30 maggio 2008 per adozione del PSC, permanendo la natura agricola solo per la residua parte della particella.

Trattandosi dunque non di un mero avviso di liquidazione per il recupero dell’imposta determinata e non versata, ma di un accertamento fondato sulla diversa natura dell’area e, quindi, sulla determinazione del valore imponibile, l’istituto dell’accertamento con adesione era certamente applicabile con conseguente proroga del termine per impugnare l’atto impositivo.

  1. La seconda censura strutturata in termini cumulativi e promiscui, consente di individuare con chiarezza il nucleo essenziale della censura relativa alla inidoneità della motivazione dell’avviso.

Dalla lettura dell’avviso di accertamento trascritto nel corpo del ricorso dal Comune si evince con tutta evidenza che l’omesso o incompleto versamento dell’imposta ha avuto origine nel riconoscimento della natura edificabile di una parte della particella di proprietà della Maas, di guisa che l’entità della sanzione applicata appare del tutto inconferente ai fini della individuazione delle motivazioni dell’atto impositivo.

La motivazione dell’avviso di accertamento risulta congrua in quanto l’avviso n. 2400 trascritto dal Comune ricorrente rivela la mancanza di denuncia rispetto ad aree divenute edificabili, mentre il riferimento alla dichiarazione tramite modello unico informatico viene richiamata solo per l’individuazione della soggettività passiva, in quanto da detta dichiarazione emergeva l’acquisto dei terreni originariamente agricoli da parte della società mas.

In realtà, è evidente che era stato trasmesso il Modello per l’acquisto di terreni agricoli, ma non era stata dichiarata l’edificabilità di una porzione della particella.

  1. Anche l’ultima censura è fondata.

L’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicazione del criterio di determinazione della base imponibile, fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita dal piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione di esso da parte della Regione e dell’adozione di strumenti urbanistici attuativi (cfr. tra le altre, Cass. sez. 5, 27 luglio 2007, n. 16174; Cass. sez. 5, 16 novembre 2012, n. 20137; Cass. sez. 5, 5 marzo 2014, n. 5161; Cass. sez. 5, 27 febbraio 2015, n. 4091; Cass. sez. 6-5, ord. 27 aprile 2017, n. 10476).

Dette considerazioni evidentemente sono esattamente riproponibili nel rapporto tra previsione generale di piano e norme attuative, quali siano le denominazioni in concreto assunte anche secondo le legislazioni regionali (si veda in proposito, con specifico riferimento a rapporti tra piano strutturale comunale e piano operativo comunale nell’ambito della legislazione urbanistica di riferimento dell’Emilia – Romagna, Cass. 5, 27 gennaio 2017, n. 2109).

  1. Invero l’affermazione di edificabilità del terreno ai fini della determinazione del suo valore venale non può – una volta riconosciuta tale edificabilità da uno strumento urbanistico generale – ritenersi inficiata dalla (eventuale) mancanza di un piano particolareggiato o attuativo, atteso l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità incentrato sull’art. 36, co. 2,. d.l. 4 luglio 2006, n. 223 cit. convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 secondo il quale “in tema di Ici, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11-quaterdecies, comma 16, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell’art. 36, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi” (Cass. n. 21156/2016; Cass. n. 11182/2014; Cass. n. 15792/2012 ed altre). Si tratta di orientamento che recepisce quanto stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 25506/06, la quale ha osservato che: “L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio”.

8.1. Anche allorquando la legge regionale preveda che il Piano strutturale comunale, inteso quale strumento di pianificazione urbanistica generale da adottarsi dai Comuni per delineare le scelte strategiche di assetto e sviluppo, non attribuisca la potestà edificatoria alle aree né conferisca alle stesse una potenzialità edificatoria subordinata all’approvazione del piano operativo comunale, potendo solo il piano operativo comunale regolare la reale possibilità di trasformazione del territorio, comunque esso è assimilabile ai piani attuativi previsti dalla normativa statale. Benché la valenza “programmatica” di tale strumento sembrerebbe prima facie escludere una sua diretta incidenza sulla natura delle aree, occorre, tuttavia, considerare che la nozione di edificabilità da un punto di vista urbanistico si discosta dalla relativa nozione in ambito fiscale che sembra far leva su un concetto più ampio di “potenzialità edificatoria”. In altri termini, ai fini tributari sono edificabili tutti quei terreni che tali sono qualificati da uno strumento urbanistico, indipendentemente dalla sussistenza dell’approvazione regionale dello strumento urbanistico e di strumenti attuativi che rendano possibile in concreto il rilascio della concessione edilizia in quanto è di comune esperienza la circostanza che la vocazione edificatoria di un suolo formalizzata in uno strumento urbanistico, ancorché non operativo, è sufficiente a far lievitare il suo valore venale secondo le leggi di mercato. Va precisato però, che “l’aspettativa di edificabilità di un suolo non comporta ai fini della valutazione fiscale, l’equiparazione sic et simpliciter alla edificabilità; comporta soltanto l’assoggettamento ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli, valutazione che quindi non può essere identica per un terreno già concretamente edificabile e per uno che invece attende il compimento dell’iter previsto dalla legge per poter procedere all’edificazione” (Cass. n.17933/2021). Ed a nulla rileva il fatto che la potestà edificatoria possa conseguire unicamente dall’inclusione del terreno nel successivo piano operativo comunale, trattandosi di strumento urbanistico che incide sul mero ius edificandi laddove la natura edificabile del terreno consegue all’approvazione dello strumento generale di pianificazione (vedi Sez. 5 del 27.01.2017. n. 2109; Sez. 5, del 27.03.2019, n. 8549; Sez. 5, del 3.04.2019, n. 12938). Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’affermazione di edificabilità del terreno ai fini della determinazione del suo valore venale – una volta riconosciuta tale edificabilità da uno strumento urbanistico generale – non può ritenersi inficiata dalla (eventuale) mancanza di un piano particolareggiato o attuativo, atteso l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità incentrato sull’art. 36, co. 2, d.l. 223/2006 cit., secondo il quale l’edificabilità deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi” (Cass. 5 novembre 2018, n. 28175; Cass. 27 gennaio 2017, n. 2109; Cass. 19 ottobre 2016, n. 21156; Cass. 21 maggio 2014, n. 11182; Cass. dell’11.03.2022, n. 7928 e Corte cost. n. 64/2021).

9.Nel caso di specie è dunque dirimente osservare come il terreno dovesse considerarsi edificabile, e dunque sottoponibile a stima secondo il valore venale di mercato ex art.5, co. 5, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, cit., quand’anche in assenza di adozione di uno strumento particolareggiato attuativo, per il solo fatto che l’edificabilità di esso era prevista dal piano strutturale comunale. Ed a nulla rileva il fatto che la potestà edificatoria potesse conseguire unicamente dall’inclusione del terreno nel successivo piano operativo comunale, trattandosi di strumento urbanistico che incide sul mero ius edificandi laddove la natura edificabile del terreno consegue all’approvazione dello strumento generale di pianificazione (Cass. nn. 2107, 2108, 2109 del 2017).

  1. In conclusione, il ricorso va accolto con riferimento alla seconda e ultima censura, respinta la prima, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna per statuire sulle doglianze proposte dalla società contribuente concernenti il valore assunto a base dell’imposta dovuta.

P.Q.M.

La Corte

accoglie il secondo e ultimo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Emilia-Romagna, in altra composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Conclusione

Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di cassazione in data 27 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2024.


MASSIMA: In materia di ICI ed IMU, l’affermazione di edificabilità del terreno ai fini della determinazione del suo valore venale non può – una volta riconosciuta tale edificabilità da uno strumento urbanistico generale – ritenersi inficiata dalla (eventuale) mancanza di un piano particolareggiato o attuativo. Ne consegue che il terreno deve considerarsi edificabile, e dunque sottoponibile a stima secondo il valore venale di mercato ex art. 5, co. 5, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, quand’anche in assenza di adozione di uno strumento particolareggiato attuativo, per il solo fatto che l’edificabilità di esso sia stata prevista dal piano strutturale comunale, a nulla rilevando il fatto che la potestà edificatoria possa conseguire unicamente dall’inclusione del terreno in un successivo piano operativo comunale, trattandosi di strumento urbanistico che incide sul mero ius edificandi laddove la natura edificabile del terreno consegue all’approvazione dello strumento generale di pianificazione.