Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 17 luglio 2024, n. 19684


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

riunita in camera di consiglio nella seguente composizione:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere relatore

Dott. LIBERATI Alessio – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 1579/2023 R.G., proposto

DA 

A.A., rappresentato e difeso dall’Avv. …, con studio in …, ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c. per comunicazioni e notifiche: …), giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;                                                                 RICORRENTE

E

il Comune di Vernate (MI), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. …, con studio in …, elettivamente domiciliato presso l’Avv. …, con studio in …, giusta procura in margine al controricorso di costituzione nel presente procedimento;

CONTRORICORRENTE

avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 13 ottobre 2022, n. 3903/11/2022, notificata il 4 novembre 2022;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26 giugno 2024 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo;

Svolgimento del processo

  1. A.A. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 13 ottobre 2022, n. 3903/11/2022, notificata il 4 novembre 2022, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avvisi di accertamento per omesso versamento dell’IMU relativa agli anni 2014 e 2015, con riguardo alla proprietà di un’abitazione in Vernate (MI) alla Via A n. 1, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti del Comune di Vernate (MI) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano il 16 febbraio 2021, n. 683/12/2021, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali;
  1. Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure – che aveva rigettato il ricorso originario – sul rilievo che il contribuente, a differenza della convivente e della figlia, non aveva fissato la residenza anagrafica presso l’abitazione di sua proprietà in Vernate (MI) alla Via A n. 1;
  1. il Comune di Vernate (MI) ha resistito con controricorso;
  1. le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.;

Motivi della decisione

  1. il ricorso è affidato a due motivi;

1.1 con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,2011, n. 201, 1, comma 741, lett. b), della legge 27 dicembre 2019, n. 160, 5-decies, comma 1, del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che il contribuente non potesse usufruire dell’agevolazione prevista per l’abitazione principale, non avendo fissato la residenza anagrafica presso l’immobile per il quale egli aveva manifestato l’espressa opzione in tal senso;

1.2 con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. “Statuto del contribuente”), 97 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’ente impositore non fosse obbligato all’osservanza del contraddittorio endo-procedimentale e potesse notificare gli atti impositivi senza tener conto della facoltà riservata al contribuente di avvalersi del ravvedimento operoso (con riduzione della sanzione amministrativa) ex art. 13 del D.Lgs. 18 novembre 1997, n. 472, nel testo novellato dall’art. 10-bis del D.L. 26 ottobre 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 (con l’eliminazione del limite di applicazione ai soli tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate);

  1. il primo motivo è infondato;

2.1 la decisione esige un’attenta analisi della disciplina dettata in materia di IMU per l’abitazione principale;

2.2 in sede di istituzione, l’art. 8, comma 3, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (“Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale”), ha previsto che: “L’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale ed alle pertinenze della stessa. Si intende per effettiva abitazione principale l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. L’esclusione si applica alle pertinenze classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo. L’esclusione non si applica alle unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A1, A8 e A9”;

2.3 come è evidente, il riferimento al “nucleo familiare” non era presente nell’originaria disciplina dell’IMU, che subordinava il riconoscimento dell’esenzione per l’abitazione principale alla sussistenza del solo requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale del possessore dell’immobile: a questi veniva riconosciuto il diritto all’esenzione in termini oggettivi, del tutto a prescindere dal suo status soggettivo di coniugato. Ciò che rilevava, ai fini della identificazione della abitazione principale, era, infatti, che egli si trovasse a risiedere e dimorare abitualmente in un determinato immobile;

2.4 il riferimento al “nucleo familiare” nemmeno figurava nella successiva formulazione dell’art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (“Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, a tenore del quale: “L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ivi compresa l’abitazione principale e le pertinenze della stessa. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo”;

2.5 l’agevolazione – consistente non più in un’esenzione, ma in una riduzione dell’aliquota (allo 0,4%, salva la detrazione di Euro 200,00, in base all’art. 13, commi 7 e 10, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) – era riconosciuta, anche in questo caso, per l’immobile nel quale “il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”; pertanto, sino a quel momento, se due persone unite in matrimonio avevano residenze e dimore abituali differenti, a ciascuna spettava l’agevolazione per l’abitazione principale;

2.6 soltanto con l’art. 4, comma 5, lett. a, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 (“Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44, che è intervenuto su diversi aspetti della disciplina dell’IMU, è stata modificata la definizione di “abitazione principale”, introducendo, in particolare, il riferimento al nucleo familiare ai fini di individuare l’immobile destinatario dell’agevolazione; segnatamente, l’art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è stato così modificato e integrato: “L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili, ivi comprese l’abitazione principale e le pertinenze della stessa; restano ferme le definizioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. I soggetti richiamati dall’articolo 2, comma 1, lettera b), secondo periodo, del decreto legislativo n. 504 del 1992, sono individuati nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo”;

2.7 tale disciplina è stata poi confermata dall’art. 1, comma 707, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -legge di stabilità 2014”), che ha reintrodotto la completa esenzione dell’abitazione principale dall’I gennaio 2014 per tutte le categorie catastali abitative, tranne quelle cosiddette di lusso (A/1, A/8 e A/9), riformulando l’art. 13, comma 7, del D.L. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nel modo seguente: “L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili; restano ferme le definizioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. I soggetti richiamati dall’articolo 2, comma 1, lettera b), secondo periodo, del decreto legislativo n. 504 del 1992, sono individuati nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo. I Comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata, l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata, nonché l’unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale, prevedendo che l’agevolazione operi o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di Euro 500 oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000 Euro annui. In caso di più unità immobiliari, la predetta agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare. L’imposta municipale propria non si applica, altresì: a) alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari; b) ai fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008; c) alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; d) a un unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica”;

2.8 ancora, sia pure con la preventiva abrogazione dell’art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, tale regolamentazione è stata ribadita nell’art. 1, comma 741, lett. b, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (“Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”), all’interno della disciplina della cosiddetta “nuova IMU”, divenuta sostanzialmente comprensiva anche del tributo sui servizi indivisibili (TASI), stabilendo che ” per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo”;

2.9 secondo la circolare emanata dal Ministero delle Finanze il 18 maggio 2012, n. 3/DF, in relazione alla diversa ubicazione della residenza anagrafica dei coniugi, “il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative” (par. 6), con riferimento all’interpretazione dell’art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di IMU (in vigore dall’anno 2012); per cui, l’amministrazione finanziaria ha ammesso che il beneficio possa essere riconosciuto per ciascuno degli immobili, ubicati in Comuni diversi, adibiti a residenza e dimora;

2.10 tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto la prevalenza del testo normativo sulla circolare ministeriale, nel senso di escludere il beneficio per entrambe le abitazioni dei coniugi; così, si è affermato che, in tema di IMU, l’esenzione prevista per la casa principale dall’art. 13, comma 2, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile, ma altresì che vi risiedano anagraficamente (Cass., Sez. 6°-5, 19 febbraio 2020, n. 4166; Cass., Sez. 6°-5, 1 febbraio 2021, n. 2194; Cass., Sez. 6°-5, 3 giugno 2021, n. 15316; Cass., Sez. 6°-5, 13 gennaio 2022, n. 893; Cass., Sez. 5°, 13 gennaio 2023, n. 990);

2.11 dalla lettura delle norme riformulate emerge, innanzitutto, che l’abitazione principale deve essere costituita da una sola unità immobiliare iscritta o iscrivibile in catasto, a prescindere dalla circostanza che sia utilizzata come abitazione principale più di una unità immobiliare distintamente iscritta in catasto; in tal caso, le singole unità immobiliari vanno assoggettate separatamente ad imposizione, ciascuna per la propria rendita; pertanto, il contribuente può scegliere quale delle unità immobiliari destinare ad abitazione principale, con applicazione delle agevolazioni e delle riduzioni IMU per questa previste; le altre, invece, vanno considerate come abitazioni diverse da quella principale, con l’applicazione dell’aliquota deliberata dal comune per tali tipologie di fabbricati; il contribuente non può, quindi, applicare le agevolazioni per più di una unità immobiliare, a meno che non abbia preventivamente proceduto al loro accatastamento unitario; l’altro aspetto di novità consiste nel fatto che per abitazione principale si deve intendere l’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente; in altri termini, il legislatore ha innanzitutto voluto collegare i benefici dell’abitazione principale e delle sue pertinenze al possessore e al suo nucleo familiare e, in secondo luogo, ha voluto unificare il concetto di residenza anagrafica e di dimora abituale, individuando come abitazione principale solo l’immobile in cui le condizioni previste dalla norma sussistono contemporaneamente, ponendo fine alle problematiche applicative che sulla questione avevano interessato l’ICI (in termini: Cass., Sez. 5°, 17 giugno 2021, n. 17408; Cass., Sez. 6°-5, 13 gennaio 2022, n. 893; Cass., Sez. 6°-5, 17 gennaio 2022, n. 1199; Cass., Sez. 5°, 20 febbraio 2024, n. 4530);

2.12 non risulta, invece, espressamente disciplinato il caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati in differenti Comuni;

2.13. invero, nel caso in cui due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della “abitazione principale” del suo nucleo familiare; ciò in applicazione della lettera e della ratio della norma, che è quella di impedire che la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per l’abitazione principale; la nozione di abitazione principale postula, pertanto, l’unicità dell’immobile e richiede la stabile dimora del possessore e del suo nucleo familiare, sicché non possono coesistere due abitazioni principali riferite a ciascun coniuge sia nell’ambito dello stesso Comune o di Comuni diversi (in termini: Cass., Sez. 5°, 17 giugno 2021, n. 17408; Cass., Sez. 6°-5, 13 gennaio 2022, n. 893; Cass., Sez. 6°-5, 17 gennaio 2022, n. 1199);

2.14 tale fattispecie non va confusa con quella, del tutto differente, in cui, invece, vi sia stata la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto. Pertanto occorre distinguere l’ipotesi in cui due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, da quella in cui risulti accertato che il trasferimento della dimora abituale di uno dei coniugi sia avvenuto “per la frattura del rapporto di convivenza”, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della convivenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale (per la differenziazione di tali ipotesi: Cass., Sez. 6°-5, 17 maggio 2018, n. 12050);

2.15 nella prima ipotesi, infatti, il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della “abitazione principale del suo nucleo familiare; ciò per impedire che la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per la abitazione principale; nella seconda ipotesi, invece, la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto, comporta una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l’abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale (vedasi: Cass., Sez. 5°, 7 giugno 2019, n. 15439);

2.16 in questo caso, non si tratta di ricorrere ad una interpretazione estensiva, ai sensi dell’art. 12, secondo comma, prima parte, dell’art. 12 disp. att. cod. civ., della previsione introdotta dall’art. 4, comma 5, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, secondo cui le agevolazioni per l’abitazione principale “in relazione al nucleo familiare” si applicano per un solo immobile, ma di applicare i principi generali in precedenza enunciati;

2.17 invero, non si può escludere che i due coniugi, ad esempio per motivi di lavoro, fissino in due differenti, e magari distanti, comuni la loro residenza e la loro dimora abituale. In siffatta evenienza dovrà accertarsi in quale di questi immobili si realizzi l’abitazione “principale” del nucleo familiare, riconoscendo l’esenzione solo allo stesso; non vanno, infatti, confusi i due concetti di “dimora abituale” e di “abitazione principale” (da individuarsi sulla base della coabitazione dei coniugi e della di loro famiglia), tenendo altresì presente che quest’ultimo sottintende una preponderanza della destinazione rispetto ad altre, pur possibili, soluzioni abitative; ciò alla luce della regola di esperienza per cui per ogni nucleo familiare non può esservi che una sola abitazione principale; il concetto di “abitazione principale resta quello consolidatosi all’esito dell’elaborazione giurisprudenziale (Cass., Sez. 1°, 24 aprile 2001, n. 6012), secondo cui per residenza della famiglia deve intendersi il luogo (in relazione al quale, in particolare, deve realizzarsi, con gli adattamenti resi necessari dalle esigenze lavorative di ciascun coniuga, l’obbligo di convivenza posto dall’art. 143 cod. civ.) di ubicazione della casa coniugale, perché questo luogo individua presuntivamente la residenza di tutti i componenti della famiglia; ovviamente, va ribadito che un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente e, invece, difetti nei familiari (Cass., Sez. 5°, 15 giugno 2010, n. 14389; Cass., Sez. 6 °-5, 21 giugno 2017, n. 15444);

2.18 in definitiva, l’abitazione principale è solo quella ove il proprietario e la sua famiglia abbiano fissato: 1) la residenza (accertabile tramite i registri dell’anagrafe); 2) la dimora abituale (ossia il luogo dove la famiglia abita la maggior parte dell’anno).

2.19 la lettura offerta è anche costituzionalmente orientata, perché, diversamente opinando, si realizzerebbe una frattura evidente dei principi costituzionali, sotto il profilo dell’uguaglianza e della capacità contributiva; qualora, invece, i coniugi non legalmente separati abbiano fissato la propria residenza anagrafica presso immobili localizzati in due Comuni diversi, a voler seguire un’impostazione eccessivamente rigoristica, nessuno dei due potrebbe fruire dell’esenzione da IMU prevista per l’abitazione principale (in termini: Cass., Sez. 5°, 17 giugno 2021, n. 17408; Cass., Sez. 6°-5, 13 gennaio 2022, n. 893; Cass., Sez. 6°-5, 17 gennaio 2022, n. 1199); 2.20 in reazione a tale approdo della giurisprudenza di legittimità, giunto a negare ogni esenzione sull’abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un Comune diverso da quello del possessore dell’immobile, il legislatore è intervenuto con l’art. 5-decies, comma 1, del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146 (“Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che ha così riformulato il testo dell’art. 1, comma 741, lett. b, della legge n. 160 del 2019: ” per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in Comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile scelto dai componenti del nucleo familiare. Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo”;

2.21 la relazione illustrativa all’emendamento governativo che ha introdotto tale disposizione espressamente precisa, infatti, l’intenzione di superare gli ultimi orientamenti della Corte di Cassazione;

2.22 tale disciplina è stata recentemente sottoposta a giudizio incidentale di legittimità costituzionale;

2.23 anzitutto, la Corte Costituzionale è stata investita delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, come modificato dall’art. 1, comma 173, lett. b, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dell’art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in riferimento agli artt. 3, 16, 29 e 53 Cost.;

2.24 tuttavia, dopo aver preliminarmente rilevato: “che le questioni vengono prospettate nel presupposto interpretativo che “entrambe le norme… secondo il “diritto vivente”, escludono la riduzione/esenzione dall’imposta (ICI e IMU) per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in diversi territori comunali”, salva la prova della separazione legale o divorzio”; “che il giudice a quo non deve fare applicazione dell’art. 13, comma 2, del medesimo D.L. n. 201 del 2011, come convertito, recante la disciplina dell’esenzione dell’abitazione principale dall’IMU”; “che, tuttavia, va rilevata d’ufficio la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992, perché formulata in modo oscuro e contraddittorio, con conseguenti ripercussioni in termini di ambiguità del petitum”, il giudice delle leggi ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle predette questioni (Corte Cost., ord., 28 aprile 2022, n. 107);

2.25 al contempo, dopo essere stato investito delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come successivamente modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella parte in cui non prevede l’esenzione qualora “uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un’immobile ubicato in altro Comune”, per violazione degli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost., la Corte Costituzionale ha sospeso il giudizio ed ha sollevato d’ufficio dinanzi a sé questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in riferimento agli artt. 3, 31 e 53 Cost., “nella parte in cui, ai fini del riconoscimento della relativa agevolazione, definisce quale abitazione principale quella in cui si realizza la contestuale sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore, ma anche del suo nucleo familiare” (Corte Cost., ord., 12 aprile 2022, n. 94).

2.26 all’esito, il giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella parte in cui stabilisce: “(p)er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”, anziché disporre: “(p)er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”; ha dichiarato, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, quinto periodo, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b, della legge 27 dicembre 2013, n. 147; ha dichiarato, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 707, lett. b, primo periodo, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella parte in cui stabilisce: “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”, anziché disporre: “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”; ha dichiarato, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 741, lett. b, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160; ha dichiarato, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 741, lett. b, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, come successivamente modificato dall’art. 5-decies, comma 1, del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215; ha dichiarato l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, quinto periodo, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sollevate, in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost. (Corte Cost., sent., 13 ottobre 2022, n. 209); 2.27 prendendo atto di tale intervento manipolativo, in virtù della norma così come rimodulata, applicabile ai giudizi pendenti, questa Corte (Cass., Sez. 6°-5, 23 dicembre 2022, n. 37636; Cass., Sez. 6°-5, 3 novembre 2022, n. 32339; Cass., Sez. 6°-5, 16 gennaio 2023, n. 990; Cass., Sez. 5°, 19 gennaio 2023, n. 1623; Cass., Sez. 6°-5, 20 gennaio 2023, n. 1828; Cass., Sez. 6°-5, 24 gennaio 2023, n. 2045; Cass., Sez. 6°-5, 25 gennaio 2023, nn. 2256 e 2301) ha ritenuto sufficiente che nell’immobile risieda il possessore, pur se il coniuge risiede stabilmente altrove (nel periodo di riferimento); non si tratta, infatti, di una c.d. “seconda casa”, poiché in quest’ultima ipotesi non spetterebbe l’esenzione, ma di residenze diverse, il che costituisce un diritto dei due coniugi, in virtù degli accordi sull’indirizzo della vita familiare liberamente assunti ai sensi dell’art 144 cod. civ.; non può, infatti, essere evocato l’obbligo di coabitazione stabilito per i coniugi dall’art. 143 cod. civ., dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro, indiscussa l’affectio coniugalis, di stabilire residenze disgiunte e a tale possibilità non si oppongono le norme sulla “residenza familiare” dei coniugi (art. 144 cod. civ.) o sulla “residenza comune” degli uniti civilmente (art. 1, comma 12, della legge 20 maggio 2016, n. 76); ciò non di meno, pur in assenza di convivenza col nucleo familiare, il diritto del contribuente all’esenzione per l’abitazione principale postula il concorso imprescindibile di residenza anagrafica e dimora abituale nell’immobile per il quale essa è stata invocata;

2.28 pertanto, il giudice delle leggi ha così ripristinato il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone legate da vincolo di coniugio o unione civile, che abbiano avuto l’esigenza, in forza delle necessità della vita, di stabilire la loro dimora abituale e la residenza anagrafica in altro immobile; l’indicata questione coinvolge anche il mantenimento dell’esenzione in ipotesi in cui i componenti del nucleo familiare sono stati indotti da esigenze personali a stabilire la residenza e la dimora abituale in luoghi ed immobili diversi;

2.29 nella specie, pertanto, l’esenzione per l’abitazione principale era stata correttamente disconosciuta dall’ente impositore in relazione all’immobile ubicato in Vernate (MI) alla Via A n. 1, ove il contribuente non aveva fissato la residenza anagrafica, ma soltanto la dimora abituale, non essendo ammissibile l’opzione di beneficiarne in luogo dell’immobile ubicato in Binasco (MI) alla Via P n. 7/B, ove lo stesso aveva fissato la residenza anagrafica (come si evince dalla documentazione prodotta nei giudizi di merito); secondo l’accertamento fattone dal giudice di appello: “Nel caso in specie è accertato che solo la coniuge e la figlia avevano la residenza anagrafica nell’appartamento sito nel Comune di Vernate, mentre il ricorrente ha residenza in altra unità sita nel Comune di Binasco. Peraltro, nonostante le dichiarazioni del ricorrente e la documentazione prodotta in atti, tese a dimostrare la sua presenza nell’immobile nel quale si richiede l’esenzione, non si comprende il perché, ancora ad oggi, non abbia provveduto a variare la sua residenza portandola in quella che viene indicata quale dimora abituale, restando di poco pregio il richiamo al beneficio offerta per l’iscrizione scolastica della figlia”;

2.30 ne consegue che la sentenza impugnata si è uniformata i principi enunciati, avendo escluso che l’esenzione potesse competere, per scelta della contribuente, in relazione ad immobile diverso da quello della residenza anagrafica; 3. il secondo motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile;

3.1 secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di tributi “non armonizzati” (come l’IRPEF, l’IRAP, le imposte di registro, ipotecaria e catastale, nonché i tributi locali), l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio nel corso del procedimento non sussiste per gli accertamenti c.d. “a tavolino”, per cui non si pone la questione di un’eventuale inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212; tuttavia, tale principio non vale per i tributi “armonizzati” come l’IVA, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo (tra le tante: Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., Sez. 6°-5, 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass., Sez. 6°-5, 5 novembre 2020, n. 24793; Cass., Sez. 5°, 29 dicembre 2020, n. 29726; Cass., Sez. 5°, 6 luglio 2021, nn. 19176 e 19177; Cass., Sez. 5°, 23 maggio 2022, n. 16481; Cass., Sez. 5°, 4 dicembre 2023, n. 33699; Cass., Sez. 5°, 6 marzo 2024, n. 6094);

3.2 ne discende che la sentenza impugnata si è pedissequamente uniformata al principio enunciato con l’affermazione che: “Priva di pregio risulta la eccezione formulata relativamente al mancato contraddittorio non sussistendo per gli enti locali nessun obbligo non essendo previsto, per Imu, né dalla legge istitutiva del Tributo, né dalla L. 212 del 2000, né da altra norma o principio unionale”; 3.3 per il resto, la censura è carente di specificità, non essendo stato precisamente dedotto dal ricorrente in relazione a quali profili e con riguardo a quali argomentazioni la sentenza impugnata abbia vulnerato il principio di correttezza e buona fede, dovendo ribadirsi che, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (tra le tante: Cass., Sez. Un., 28 ottobre 2020, n. 23745; Cass., Sez. 5°, 4 maggio 2021, nn. 11609, 11617 e 11619; Cass., Sez. 6°-5, 30 maggio 2021, n. 14319; Cass., Sez. 5°, 11 giugno 2021, nn. 16506 e 16511; Cass., Sez. 5°, 25 ottobre 2022, n. 31552; Cass., Sez. 5°, 2 agosto 2023, n. 23489; Cass., Sez. 3°, 3 luglio 2024, n. 18220; Cass., Sez. 1°, 3 luglio 2024, n. 18229);

  1. in conclusione, valutandosi l’infondatezza o l’inammissibilità dei motivi dedotti, alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere rigettato;
  1. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
  1. ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di Euro 200,00 per esborsi e di Euro 800,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto dell’obbligo, a carico del ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Conclusione

Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 26 giugno 2024.

Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2024.


MASSIMA: In tema di IMU, l’esenzione prevista per l’abitazione principale richiede la sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore dell’immobile, ma anche del suo nucleo familiare. Pertanto, nel caso in cui i coniugi abbiano stabilito la loro residenza e dimora abituale in immobili diversi situati in Comuni diversi, spetterà l’esenzione solo per un immobile scelto dai componenti del nucleo familiare.