Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado Toscana Firenze, sez.VI, sent. 14 settembre 2023, n.880
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA TOSCANA
SESTA SEZIONE/COLLEGIO
Sentenza
Svolgimento del processo
- Il Comune di Sesto Fiorentino propone ricorso per riassunzione in relazione all’ordinanza della Corte di Cassazione n. 30452 depositata in data 28/10/2021 non notificata, che ha cassato con rinvio la sentenza della CTR Toscana 1789/02/2018 depositata in data 09/10/2018, che aveva confermato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale n. 172 del 1 3/02/2017.
1.1. Espone che il Comune aveva emesso gli avvisi di accertamento I.C.I. n. XX0 e n. XX4, nei confronti della C. d. s. di S. M., relativi agli anni 2010 e 2011 contestando l’omesso pagamento dell’imposta per l’immobile identificato con il Foglio X, mappale X, sub X cat. (…) utilizzato come sede scolastica di nido e scuola dell’infanzia. Tali avvisi, notificati in data 28/09/2015, venivano impugnati dall’Ente Religioso con due distinti ricorsi, poi riuniti, depositati in data 17/11/2015 con i quali si sosteneva che l’immobile in questione dovesse usufruire dell’esenzione I.C.I. prevista dall’ art. 7, comma 1, lett. i) del D.Lgs. n. 504 del 1992.
L’Ente Religioso affermava, in particolare, di essere per sua natura un ente non commerciale, di svolgere, all’interno dell’immobile in questione, un servizio pubblico di attività didattica di scuola nido infanzia/infanzia con riconoscimento della parità prevista dalla legge, e che pur percependo una retta annuale per bambino pari ad Euro. 1.350/2.250 per l’anno 2010 ed E. 1.440/2.340 nell’anno 2011, lo svolgimento di tale attività non poteva essere considerato con modalità commerciale in quanto dal conto economico presentato dall’istituto, risultava una perdita di esercizio di E. 50.383,00 per l’anno 2010 e di E. 124.583,41 per l’anno 2011.
Concludeva affermando che le rette percepite erano comunque inferiori al parametro annuale stabilito dal MIUR pari ad E. 5.739,17.
1.2. In data 13/02/2017 la C.T.P. di Firenze sez. 2, con la sentenza n. 172, accoglieva i ricorsi riuniti e la CTR di fatto confermava la sentenza di primo grado.
1.3. Con ordinanza 30452 del 28/10/2021 la Cassazione ha accolto il ricorso del Comune, così statuendo:
“In tema di ICI, l’esenzione prevista in favore degli enti non commerciali dall’art. 7, comma 1, lett i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa unionale ove abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica, dovendo intendersi tale, secondo il diritto dell’unione (decisione 2013/284/UE della Commissione, del 19 dicembre 2021), l’attività svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico (Cass. n. 4066 del 2019).
In materia di ICI, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, in relazione ai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), presuppone la ricorrenza cumulativa sia del requisito soggettivo della natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo della diretta destinazione dell’immobile allo svolgimento delle attività previste dal medesimo art. 7. Peraltro, tale esenzione è compatibile con il divieto di aiuti di Stato, sancito dalla normativa unionale, soltanto qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica nei termini sopra precisati, e l’attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico (Cass. n. 6795 del 2020).
Nella fattispecie la CTR, per escludere la natura commerciale dell’attività didattica esercitata dalla C., ha accertato che le rette erano “ben inferiori al costo medio per studente di cui alla tabella MIUR ed appena sufficienti a coprire i costi dell’attività”, “senza conseguimento di utile alcuno”. Tali affermazioni non sono idonee a comprovare la spettanza dell’esenzione sotto il profilo oggettivo, in quanto non sussiste il requisito della gratuità o del pagamento simbolico – non potendosi ritenere tale la retta pagata dagli studenti, ancorché al di sotto del costo medio per studente di cui alla tabella MIUR, e non essendo indicativa della natura non commerciale dell’attività il mancato conseguimento dell’utile, essendo sufficiente l’idoneità, anche tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio (Cass. 16612/2008 ).
Pertanto, il pagamento di un corrispettivo, anche modesto, per la fruizione dell’attività didattica è rilevatore dell’esercizio dell’attività con modalità commerciali, con conseguente assoggettamento a ICI degli immobili nei quali vengono svolte (V. Cass. 13299/2019, in relazione alla medesima C.).
La sentenza impugnata non si è adeguata ai superiori principi per cui va cassata, con rinvio alla CTR della Toscana, anche per le spese del presente giudizio”.
1.4. Il Comune chiede, pertanto, l’accoglimento dell’appello e dunque la reiezione dei ricorsi riuniti.
1.5. Resiste la C. d. S. di s. M., richiamando le proprie eccezioni e deduzioni.
1.6. All’esito dell’udienza, la causa passava in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti.
Motivi della decisione
L’appello va accolto.
Alla luce della chiara ordinanza della Suprema corte, non è più revocabile in dubbio che il fatto che le rette fossero “ben inferiori al costo medio per studente di cui alla tabella MIUR ed appena sufficienti a coprire i costi dell’attività”, “senza conseguimento di utile alcuno” è inidoneo a comprovare la spettanza dell’esenzione sotto il profilo oggettivo, in quanto non sussiste il requisito della gratuità o del pagamento simbolico – non potendosi ritenere tale la retta pagata dagli studenti, ancorché al di sotto del costo medio per studente di cui alla tabella MIUR, e non essendo indicativa della natura non commerciale dell’attività il mancato conseguimento dell’utile, essendo sufficiente l’idoneità, anche tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio (Cass. 16612/2008).
La circostanza che successivamente la normativa IMU abbia previsto requisiti leggermente diversi, lungi dal sostenere la tesi della C., la confuta, essendo, infatti, il legislatore intervenuto con previsione innovativa.
In ogni caso, la Suprema Corte, anche successivamente all’ordinanza 30452, ha ribadito che “L’esenzione è compatibile con il divieto di aiuti di Stato, sancito dalla normativa unionale, soltanto qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica, e l’attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico” (Cass. 351 23/22).
Inoltre, non ha rilievo il fatto che la gestione operi in perdita poiché la nozione di imprenditore, ai sensi dell’art. 2082 c.c., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all’attività economica organizzata ricollegabile ad un dato obiettivo, inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell’attività nel caso in cui essa sia svolta in modo gratuito (Cass. 14225/2015). In altri termini, la circostanza di conseguire o meno un guadagno e di pareggiare effettivamente i costi con i proventi è irrilevante se l’attività si connota economicamente e cioè per il fatto che i beni ed i servizi siano offerti al pubblico con prezzi non simbolici, essendo sufficiente che vi sia l’idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio (Cass. 35123/22).
Pertanto, la circostanza che la parte possa avere dichiarato un CM (corrispettivo medio) inferiore al CMS (costo medio per studente sopportato dallo Stato) non dà automaticamente diritto alla esenzione perché non incide sul potere del Comune di eseguire un controllo e una valutazione (nei termini di cui sopra si è detto) né sul potere del giudice di merito di operare un accertamento – che costituisce giudizio di fatto e quindi sottratto al controllo di legittimità – sulla effettiva sussistenza delle modalità non commerciali. Tanto è chiarito nello stesso allegato al D.M. 26 giugno 2014 laddove si precisa “sulla base degli anzidetti principi enucleati dalla decisione della Commissione Europea spetta quindi al comune in sede di verifica delle dichiarazioni e dei versamenti effettuati dagli enti non commerciali valutare la simbolicità dei corrispettivi praticati da ciascun ente commerciale non potendosi effettuare in astratto una definizione di corrispettivo simbolico perché in tal modo si violerebbe la finalità perseguita dalla decisione della Commissione”.
Nella fattispecie, la C. d. s. di S. M. percepiva rette annuali (per la scuola materna – dell’infanzia) che oscillavano tra Euro. 1.350,00 ed Euro. 2.250,00 per alunno nel 2010 e tra Euro. 1.440,00 ed Euro. 2.340,00 per alunno nel 2011.
Oltre a ciò, era previsto che “la quota mensile va versata entro la prima settimana di ogni mese” e che “il pagamento può essere effettuato con contanti, con assegno, oppure a mezzo bonifico”, oltre al pagamento della somma di Euro. 140,00, come quota di iscrizione all’istituto, una somma di Euro. 130,00 per il materiale scolastico, una somma di Euro. 20/40 per ottenere l’anticipo sull’orario di ingresso e/o il posticipo su quello di uscita, oltre ad altre somme per il servizio mensa e altro materiale.
La Corte concorda con il Comune, laddove conclude che le somme richieste per la frequenza della scuola dell’infanzia, seppur inferiori al CMS, non appaiono affatto simboliche, a fronte di un servizio connotato da sostanziale gratuità, ma risultano, al contrario, integrare un vero e proprio corrispettivo del servizio reso.
Ciò porta a concludere che l’attività svolta va comunque qualificata come attività economica, anche se, in concreto, la gestione provoca perdite di esercizio.
Da ciò discende la non spettanza dell’esenzione ICI.
Le spese processuali di tutti i gradi di giudizio seguono la soccombenza e devono essere liquidate come da dispositivo, tenuto conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate (art. 1 D.M. 13 marzo 2014, n. 55, pubblicato sulla G.U. n. 77 del 2.4.2014, applicabile ex art. 28 alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore).
P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado di Toscana – VI sezione, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:
1) accoglie l’appello e per l’effetto respinge i ricorsi riuniti.
2) condanna parte appellata al pagamento delle spese processuali di tutti i gradi di giudizio (primo grado, primo appello, cassazione, secondo appello), che liquida in complessivi Euro. 1.000 per ciascun grado, oltre 15% spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Conclusione
Firenze il 13 settembre 2023.
MASSIMA: In tema Imu le agevolazioni previste per gli Enti non commerciali non trovano applicazione allorquando venga dimostrato dall’Amministrazione che le rette corrisposte per usufruire dei servizi resi dall’Ente non commerciale, in particolare rette scolastiche scuola dell’infanzia, seppur inferiori al CMS, non siano affatto simboliche, a fronte di un servizio connotato da sostanziale gratuità, ma risultano, al contrario, integrare un vero e proprio corrispettivo del servizio reso.