Cass.civ., sez.V, ord. 22 luglio 2024, n. 20236
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta da
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere rel.
Dott. DI PISA Fabio – Consigliere
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9210/2023 R.G. proposto da
… (cf. (Omissis)), in persona del suo legale rappresentante p.t. …, con domicilio eletto in …, presso lo studio dell’avvocato … (cf. (Omissis); pec: …) che la rappresenta e difende; – ricorrente –
contro
Roma Capitale (cf. (Omissis)), in persona del suo Sindaco p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato … (cf. (Omissis); pec: …), elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura Capitolina, via del Tempio di Giove 21; – controricorrente –
avverso la sentenza n. 4442/2022, depositata il 13 ottobre 2022, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 16 maggio 2024, dal Consigliere dott. Liberato Paolitto.
Svolgimento del processo
– con sentenza n. 4442/2022, depositata il 13 ottobre 2022, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio ha rigettato l’appello proposto dalla parte, odierna ricorrente, così confermando il decisum di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento (n. (Omissis)), emesso da Roma Capitale in relazione all’IMU dovuta dalla contribuente per l’anno 2014;
il giudice del gravame ha rilevato che:
– quanto alla unità immobiliare sita alla Via (Omissis) (casa per ferie (Omissis)), non v’era evidenza di “prezzi meramente simbolici” e, per di più, dalla documentazione prodotta da Roma Capitale (“estratti da siti web nei quali la struttura era pubblicizzata”) emergevano “prezzi certamente coincidenti almeno con hotel a due stelle (singola Euro 42,00/46,00, doppia Euro 65,00/68,00; pensione completa da Euro 56,00 a Euro 66,00; mezza pensione da Euro 50,00 a Euro 55,00).”;
– alla stregua di dette attendibili emergenze documentali doveva, pertanto, escludersi la ricorrenza dei presupposti delle esenzioni previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, venendo in rilievo lo svolgimento di attività commerciale; né la contribuente aveva presentato apposita istanza per individuare le distinte porzioni immobiliari destinate “a residenza delle consorelle” ed al culto, e, rispettivamente, allo svolgimento di detta attività commerciale;
– quanto, invece, all’unità immobiliare ubicata alla Via del Castello n. 14 (sede di un istituto scolastico), difettava la prova della ricorrenza dei requisiti previsti dal D.M. 19 novembre 2012, n. 200, art. 4, comma 3, lett. a) e b), in quanto “nessuno dei documenti depositati dalla difesa dell’Istituto riguarda tale profilo dei presupposti per l’esenzione, mancando qualsivoglia riferimento alle disposizioni statutarie dell’Istituto scolastico che asseverino il rispetto di dette connotazioni dell’attività didattica di cui trattasi (secondo quanto indicato anche nella risoluzione n. 1/DF/2012 del M.E.F.)” e del tutto generico risultava “l’allegato Regolamento di Istituto, nel quale figura il mero riferimento all’accoglienza di studenti portatori di handicap, ma mancano previsioni in ordine a tutti gli altri requisiti (garanzia di non discriminazione in fase di accettazione degli alunni, applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, di adeguatezza delle strutture agli standard previsti, di pubblicità del bilancio.)”;
– del resto, anche per detta unità immobiliare – in tesi anch’essa destinata ad un “uso promiscuo come residenza collettiva della Comunità Religiosa” – andava considerato – così come già rilevato a riguardo dell’altra unità immobiliare – che la contribuente non aveva presentato la dichiarazione prevista dal D.M. 26 giugno 2014, art. 5, così che non poteva tenersi conto della consulenza di parte prodotta a tal fine, anche “perché non risulta comprovata la sussistenza, nell’anno di imposta 2014, dello stato dei luoghi in essa rappresentato”;
– andava, da ultimo, disattesa la richiesta di disapplicazione delle sanzioni considerato che “la normativa non determina incertezze, posto che in essa viene chiaramente delineato il presupposto per l’esenzione, condizionando la fruizione alla presentazione di apposita, documentata, istanza. L’appellante a ciò non si attenuta e, dunque, l’irrogazione delle sanzioni non presenta alcun profilo di illegittimità.”.
La Congregazione delle Suore dell’Apostolato Cattolico (nel prosieguo: la Congregazione) ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi, ed ha depositato memoria;
Roma Capitale resiste con controricorso.
Motivi della decisione
- – il ricorso risulta articolato sui seguenti motivi:
1.1 – il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione di legge con riferimento alla L. 10 marzo 2000, n. 62, art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, al D.M. 19 novembre 2012, n. 200, art. 4, ed agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ.;
– assume, in sintesi, la ricorrente che il rilevato difetto dei requisiti previsti dal D.M. n. 200 del 2012, art. 4, lett. a) e b), si poneva in (diretta) collisione col riconoscimento di parità ottenuto dalla Congregazione per l’istituto scolastico gestito, detto riconoscimento presupponendo (esattamente) quegli stessi requisiti così come dettagliati dalla L. n. 62 del 2000, art. 1, comma 4, lett. a), b), d), e), h);
1.2 – il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., reca la denuncia di omessa valutazione di documenti decisivi ai fini della decisione, oggetto di discussione tra le parti;
– premesso che, nel primo grado di giudizio, i giudici del merito avevano rilevato l’insussistenza dei presupposti della reclamata esenzione in ragione della natura commerciale dell’attività svolta, in quanto correlata alla percezione di corrispettivi, deduce la Congregazione – a riguardo (ora) della gravata sentenza e dei (diversi) requisiti delineati dall’art. 4, comma 3, lett. a) e b), cit., – che, al fine del riscontro di detti requisiti, il giudice del gravame aveva omesso di esaminare il provvedimento (decreto prot. 414/1493 del 28.2.2001) di riconoscimento (a decorrere dall’anno 2000/2001) della scuola materna G. Aldobrandini quale scuola paritaria ed il successivo provvedimento (del 30 giugno 2015) di conferma della natura paritaria di detta scuola materna;
1.3 – col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la Congregazione denuncia violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., assumendo che il giudice del gravame aveva illegittimamente rilevato l’omessa presentazione della dichiarazione prevista dal D.M. 26 giugno 2014, art. 5, quanto non era controverso, tra le parti, che essa esponente aveva presentato la dichiarazione (“con richiesta di esenzione per gli immobili per cui è causa”) tanto che in avviso di accertamento risultava contestata (e sanzionata), per l’appunto, l’infedele dichiarazione, così come del resto da controparte riconosciuto sin dalle controdeduzioni depositate nel primo grado di giudizio;
1.4 – il quarto motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione di legge con riferimento al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, ed al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2, deducendo la Congregazione che illegittimamente il giudice del gravame aveva escluso i presupposti di disapplicazione delle sanzioni, e atteso che le condizioni di obiettiva incertezza normativa si correlavano, nella fattispecie, alla ricorrenza “di rilevanti scostamenti negli orientamenti giurisprudenziali legati alla concreta modalità di esercizio delle attività legittimanti la fruizione dell’esenzione” oltreché alla circostanza che “nell’anno 2014 non si era ben delineata un’esegesi netta, chiara ed univoca sulla portata del testo novellato dell’art. 7, comma 1, lett. I, del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504”;
- – il terzo motivo – che va esaminato, in via prioritaria, per pregiudizialità logico-giuridica – è destituito di fondamento e, dal suo rigetto, consegue l’assorbimento dei primi due motivi di ricorso atteso che dal relativo esame non potrebbe conseguire alcun risultato utile in ragione della rilevata infondatezza del motivo di censura della distinta ratio decidendi della gravata sentenza;
- – col motivo di ricorso in esame, la ricorrente deduce di aver presentato la dichiarazione a fini IMU (per il vero risultando prodotta una dichiarazione ICI del 1993 che, però, deve considerarsi efficace anche a fini IMU; v. il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 12-ter, conv. in L. 22 dicembre 2011, n. 214, secondo il quale “Restano ferme… le dichiarazioni presentate ai fini dell’imposta comunale sugli immobili, in quanto compatibili”) ma la censura non coglie la ratio decidendi della gravata sentenza che ha escluso la spettanza dell’esenzione siccome trattandosi di uso cd. misto dell’unità immobiliare, uso rispetto al quale la contribuente non aveva presentato la dichiarazione prescritta dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91-bis, comma 3, conv. in L. 24 marzo 2012, n. 27, dal D.M. 19 novembre 2012, n. 200, artt. 5 e 6, alfine dal D.M. 26 giugno 2014, art. 5;
3.1 – il quadro normativo di riferimento va, difatti, ricostruito nei seguenti termini:
– il D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 8, cit., espressamente rinvia, in tema di esenzioni dall’imposta municipale propria, al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, cit.;
– il D.L. n. 1 del 2012, art. 91-bis, cit., ha quindi disposto nei seguenti termini:
– “Al comma 1, lettera i), dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, dopo le parole: “allo svolgimento” sono inserite le seguenti: “con modalità non commerciali”.” (comma 1);
– “Qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione di cui al comma 1 si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione degli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente a tale attività. Alla restante parte dell’unità immobiliare, in quanto dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente, si applicano le disposizioni dei commi 41, 42 e 44 dell’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Le rendite catastali dichiarate o attribuite in base al periodo precedente producono effetto fiscale a partire dal 1 gennaio 2013.” (comma 2);
– “Nel caso in cui non sia possibile procedere ai sensi del precedente comma 2, a partire dal 1 gennaio 2013, l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risulta da apposita dichiarazione. Con successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 17 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità e le procedure relative alla predetta dichiarazione, gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale, nonché i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’ articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 , come svolte con modalità non commerciali.” (comma 3, come modificato dall’articolo 9, comma 6, del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, conv. in L. 7 dicembre 2012, n. 213);
– – in attuazione dell’art. 91 bis, comma 3, cit., è stato adottato il D.M. 19 novembre 2012, n. 200, che ha così disposto:
– “Il rapporto proporzionale di cui al comma 3 dell’articolo 91-bis del citato decreto-legge n. 1 del 2012, è determinato con riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali ovvero non commerciali e al tempo, secondo quanto indicato nei commi seguenti.
Per le unità immobiliari destinate ad una utilizzazione mista, la proporzione di cui al comma 1 è prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, e delle attività di cui alla citata lettera i), svolte con modalità commerciali, rapportata alla superficie totale dell’immobile.
Per le unità immobiliari che sono indistintamente oggetto di un’utilizzazione mista, la proporzione di cui al comma 1 è determinata in base al numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività sono svolte con modalità commerciali, rapportato al numero complessivo dei soggetti nei confronti dei quali è svolta l’attività.
Nel caso in cui l’utilizzazione mista, anche nelle ipotesi disciplinate ai commi 2 e 3, è effettuata limitatamente a specifici periodi dell’anno, la proporzione di cui al comma 1 è determinata in base ai giorni durante i quali l’immobile è utilizzato per lo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, ovvero delle attività di cui alla citata lettera i) svolte con modalità commerciali.
Le percentuali determinate in base ai rapporti che risultano dall’applicazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti, indicate per ciascun immobile nella dichiarazione di cui al successivo articolo 6, si applicano alla rendita catastale dell’immobile in modo da ottenere la base imponibile da utilizzare ai fini della determinazione dell’IMU dovuta.” (art. 5);
– “Gli enti non commerciali presentano la dichiarazione di cui all’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, indicando distintamente gli immobili per i quali è dovuta l’IMU, anche a seguito dell’applicazione del comma 2 dell’articolo 91-bis, del decreto-legge n. 1 del 2012, nonché gli immobili per i quali l’esenzione dall’IMU si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale degli stessi, secondo le disposizioni del presente regolamento. La dichiarazione non è presentata negli anni in cui non vi sono variazioni.” (art. 6);
– il D.M. 26 giugno 2014 ha, poi, disposto nei seguenti termini:
– ” È approvato, con le relative istruzioni, il modello di dichiarazione agli effetti dell’imposta municipale propria e del tributo per i servizi indivisibili da utilizzare, a decorrere dall’anno di imposta 2012, ai sensi dell’art. 91-bis del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27″ (art. 1);
– “La dichiarazione di cui all’art. 1 del presente decreto deve essere presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta. La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta.
La dichiarazione relativa agli anni 2012 e 2013 deve essere presentata entro il 30 settembre 2014.” (art. 5, commi 1 e 2; il termine è stato differito al 30 novembre 2014 dal D.M. 23 settembre 2014);
3.2 – in relazione alle disposizioni sopra ripercorse, la Corte ha già avuto modo di rilevare, in tema di IMU (ed in fattispecie di unità immobiliare adibita in parte ad attività di culto ed in parte ad attività commerciale di casa per ferie), che, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, in caso di immobile ad uso misto, si applica proporzionalmente alla porzione destinata ad attività non commerciale, anche laddove non sia possibile procedere ad una sua autonoma identificazione catastale, purché vi sia una specifica indicazione del contribuente nella apposita dichiarazione (Cass., 7 novembre 2022, n. 32742);
3.3 – la Corte, con riferimento ai tributi periodici sui rifiuti, ha più volte statuito l’obbligo di dichiarazione delle superfici esenti o destinate a trattamenti di favore (Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741; Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 31 luglio 2015, n. 16235, in tema di TARSU; Cass., 23 febbraio 2018, n. 4602, in tema di TIA);
– la necessità di una dichiarazione, volta ad avvalersi di trattamenti di favore, è stata più volte affermata anche in tema di imposte indirette (Cass., 2 aprile 2013, n. 8009; Cass., 20 luglio 2012, n. 12657; Cass., 11 giugno 2010, n. 14122; Cass., 11 giugno 2010, n. 14117; Cass., 7 maggio 2007, n. 10354; in tema di prima casa v. Cass., 29 marzo 2017, n. 8103; Cass., 11 giugno 2010, n. 14117; Cass., 12 febbraio 2009, n. 3449);
– va, ancora, considerato che la dichiarazione in discorso viene in rilievo, ai fini del godimento dell’agevolazione tributaria nel caso di unità immobiliare a “utilizzazione mista”, come modalità alternativa all’accatastamento (con attribuzione di rendita) dell’immobile, o di sua porzione, dotati di “autonomia funzionale e reddituale permanente”, così che l’atto di parte assolve ad un imprescindibile onere informativo che presuppone, per l’appunto, l’omessa presentazione di una dichiarazione di variazione catastale (D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 41, conv. in L. 24 novembre 2006, n. 286; per il rilievo, poi, che un termine possa considerarsi perentorio a ragione dello scopo perseguito e della funzione assolta, anche al di là dunque di un’espressa indicazione della norma cfr., anche, Cass. S.U. 23 dicembre 2004, n. 23832; Cass. 9 gennaio 2004, n. 138; Cass. S.U. 5 giugno 1998, n. 524; Cass. 6 giugno 1997 n. 5074; e, con riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 12, comma 2, v. Cass., 30 giugno 2010, n. 15473; Cass., 18 novembre 2009, n. 24301);
3.4 – le disposizioni introdotte dal D.L. n. 1 del 2012, art. 91-bis, cit., risultavano specificamente dirette a rendere compatibile la disciplina interna con quella eurounitaria in tema di aiuti di Stato, essendosi rilevato che il diritto all’esenzione presuppone che l’utilizzo dell’unità immobiliare avvenga con modalità non commerciali, così come ritenuto nella decisione 2013/284/UE, del 19 dicembre 2012, della Commissione dell’Unione Europea, al fine di evitare che il regime dell’esenzione si risolva in un aiuto di Stato (v. Cass., 27 luglio 2023, n. 22954; Cass., 14 settembre 2021, n. 24655; Cass., 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., 5 settembre 2019, n. 22223; Cass., 15 marzo 2019, n. 7415; Cass., 8 luglio 2016, n. 13970);
– la citata decisione della Commissione (v., altresì, CGUE, 6 novembre 2018, cause riunite da C-622/16P a C-624/16P, Scuola Elementare Maria Montessori Srl, punti 103 ss.), difatti, – nel rimarcare che, secondo la stessa giurisprudenza unionale, in tema di aiuti di Stato e di concorrenza, la nozione di impresa, a prescindere dal suo status giuridico, si correla allo svolgimento di un’attività economica (v., tra le tante, CGUE, 1 luglio 2008, procedimento C-49/07, MOTOE, punti 27 e 28; CGUE, 10 gennaio 2006, procedimento C-222/04, Ministero dell’Economia e delle Finanze, punti 107, 108, 122, 123; CGUE, 12 settembre 2000, procedimenti riuniti da C-180/98 a C-184/98, Pavlov e altri, punti 74 e 75) e che, pertanto, le finalità sociali, e di solidarietà, eventualmente perseguite non escludono la riconducibilità delle relative attività a detta nozione in quanto (anche) un’impresa che agisca senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato e, così, porsi in concorrenza con altre imprese – ha considerato quale aiuto di stato, incompatibile con il mercato interno (art. 107 TFUE), l’esenzione ICI di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) e, per converso, lecita, perché non costituente aiuto di Stato, l’esenzione IMU che, seppur riconducibile alla sopra citata disposizione del D.Lgs. n. 504, cit., art. 7, comma 1, conseguiva dalla rimodulazione regolatoria di quella stessa disposizione (ai sensi del D.L. n. 1 del 2012, art. 91-bis, comma 3, cit., come modificato dal D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, art. 9, comma 6, conv. in L. 7 dicembre 2012, n. 213);
- – nemmeno il quarto motivo di ricorso può trovare accoglimento;
– nella fattispecie è stata irrogata la sanzione per infedele dichiarazione (D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 14, comma 2, richiamato dal D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 7) connotata da “infedeltà, incompletezza od inesattezza” dei dati e degli elementi concernenti gli immobili dichiarati e non pure di quelli omessi” (Cass., 16 gennaio 2009, n. 932);
– e la sanzione deve, perciò, ritenersi applicata non già per l’omessa presentazione della dichiarazione prescritta a riguardo del rilevato uso promiscuo dell’unità immobiliare, quanto piuttosto per l’indicazione in dichiarazione di un dato non veritiero (fabbricato esente);
– non sussiste, allora, alcuna incertezza normativa posto che – almeno a decorrere dal periodo di imposta 2012 – risultava inequivoco che l’esenzione spettasse solo a fronte dello svolgimento di attività (tra quelle assentite dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i)) “con modalità non commerciali” (D.L. n. 1 del 2012, art. 91-bis, comma 1, cit.; D.M. n. 200 del 2012, cit.) e che, peraltro, già da tempo risalente la Corte aveva statuito che la sussistenza del requisito oggettivo dell’agevolazione (da identificare con l’effetto svolgimento delle attività assentite dall’art. 7, comma 1, lett. i), cit.) “non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare – ed anche sotto questo aspetto l’onere della prova spetta al contribuente – che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale” (così Cass., 21 marzo 2012, n. 4502; Cass., 29 febbraio 2008, n. 5485; Cass., 26 ottobre 2005, n. 20776);
– come, poi, si è rilevato, secondo un consolidato principio di diritto, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, “l’incertezza normativa oggettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. Tale verifica è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, non implicando un giudizio di fatto, riservato all’esclusiva competenza del giudice di merito, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti proposta in riferimento a fatti già accertati e categorizzati nel giudizio di merito.” (così Cass., 28 novembre 2007, n. 24670 cui adde, ex plurimis, Cass., 1 febbraio 2019, n. 3108; Cass., 23 novembre 2016, n. 23845; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24588; Cass., 24 febbraio 2014, n. 4394; Cass., 22 febbraio 2013, n. 4522; Cass., 27 luglio 2012, n. 13457; Cass., 16 febbraio 2012, n. 2192);
– e si è, in particolare, rimarcato – a riguardo dei cd. fatti indice dell’incertezza normativa oggettiva (v. Cass., 28 novembre 2007, n. 24670 cui adde, ex plurimis, Cass., 12 aprile 2019, n. 10313; Cass., 13 giugno 2018, n. 15452; Cass., 17 maggio 2017, n. 12301) – che concorrono a determinare detta incertezza la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali (nella giurisprudenza di legittimità e anche di merito; cfr. Cass., 23 novembre 2016, n. 23845; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24588) ovvero di una pluralità di disposizioni “il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso, per l’equivocità del loro contenuto” (così Cass., 24 febbraio 2014, n. 4394; Cass., 22 febbraio 2013, n. 4522);
- – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1-quater).
P.Q.M.
La Corte
– rigetta il ricorso;
– condanna parte ricorrente al pagamento, in favore di Roma Capitale, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 4.300,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
– ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2024.
MASSIMA: Gli enti no profit per fruire dell’esenzione Imu sono obbligati a presentare la dichiarazione Imu. La dichiarazione va inoltrata al Comune anche in caso di utilizzo misto degli immobili, per attività commerciali e non commerciali.