Cass. civ., Sez. V, 09 settembre 2024, n. 24200


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dai seguenti magistrati:

Dott. PAOLITTO Liberato – Presidente

Dott. CANDIA Ugo – Consigliere – rel.

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere

Dott. PENTA Andrea – Consigliere

ha deliberato di pronunciare la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 35457/2019 del ruolo generale, proposto

DA

il COMUNE DI CAMPI BISENZIO (codice fiscale (Omissis)), con sede in Piazza Dante, n. 36, in persona del Sindaco pro tempore, A.A., rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina rilasciate in calce al ricorso, dall’avv. … (codice fiscale (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in …, presso lo studio dell’avv. ….                                                                                 – RICORRENTE –

CONTRO

… – (codice fiscale (Omissis)), con sede in …, in persona del legale rappresentante pro tempore…., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’avv. … (codice fiscale …), elettivamente domiciliata in …presso l’avv. … – CONTRORICORRENTE –

per la cassazione della sentenza n. 1219/6/2019 della Commissione tributaria regionale della Toscana depositata il 9 settembre 2019, non notificata.

UDITA la relazione svolta all’udienza pubblica del 30 maggio 2024 dal Consigliere Ugo Candia.

UDITO il Sostituto Procuratore Generale, Mario Fresa, che si è riportato alle motivate conclusioni scritte depositate il 29 aprile 2024, con le quali ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti.

UDITI l’avv. … nell’interesse del ricorrente e l’avv. … per la contribuente.

Svolgimento del processo

  1. Oggetto di controversia è la pretesa di 74.725,21 Euro, oltre accessori, di cui all’avviso di accertamento indicato in atti, rivendicata dal Comune di Campi Bisenzio per l’anno 2012, in ragione dell’omessa dichiarazione e versamento dell’imposta IMU in relazione alla proprietà da parte della … di un’unità immobiliare, composta da tre piani e censita in categoria catastale B1 (collegi, conventi, ricoveri ospizi), concessa in comodato ad altro ente.
  1. Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva l’appello proposto dalla contribuente contro la sentenza n. 608/1/2018 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, riconoscendo l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, sulla base delle seguenti valutazioni:
  • l’art. 91-bis D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, non prevede alcuna decadenza dal diritto al beneficio fiscale per effetto della violazione dell’obbligo dichiarativo, come invece previsto dall’art. 2, comma 5-bis, D.L. 31 agosto 2013, n. 102, ben potendo il contribuente dimostrare in sede contenziosa le condizioni del diritto all’esenzione, tenuto conto che la dichiarazione IMU-ENC è una mera esternazione di scienza, che integra un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento della posizione fiscale, come tale emendabile e ritrattabile;
  • il mancato utilizzo diretto del bene da parte della contribuente non privava la stessa del diritto all’esenzione, giacché – come precisato anche dalla nota ministeriale n. 4/2013 – il bene era stato concesso in comodato gratuito ad altro ente non commerciale riconosciuto dall’autorità ecclesiastica e per i medesimi fini istituzionali (comuni ad entrambi gli enti), concernenti l’attività religiosa e di culto, come tali meritevoli del beneficio tributario;
  • i due enti (proprietario ed utilizzatore) apparivano identici svolgendo l’attività di promozione spirituale dei propri associati, in rapporto quindi di strumentalità tra loro, tanto che le clausole del comodato prevedevano la risoluzione immediata del contratto in caso in cui l’ente utilizzatore avesse svolto attività diverse da quelle di religione e di culto.
  1. Il Comune di Campi Bisenzio impugnava detta pronuncia con ricorso notificato tramite posta elettronica certificata il 18 novembre 2019, formulando tre motivi di impugnazione, successivamente illustrati con memorie depositate il 5 ottobre 2022 ed il 16 maggio 2024;
  1. … resisteva con controricorso notificato, sempre mediante posta elettronica certificata, in data 27 dicembre 2019, depositando memoria in data 7 ottobre 2022 e 20 maggio 2024.
  1. Con ordinanza interlocutoria n. 32739, depositata il 7 novembre 2022, questa Corte rimetteva la trattazione della causa in pubblica udienza per la particolare rilevanza della questione posta soprattutto con il primo motivo di impugnazione.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo di ricorso il Comune ha eccepito, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91-bis D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, 9 D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nonché del D.M. 19 novembre 2012, n. 200 e D.M. 26 giugno 2014, n. 75284, oltre che la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e l’errata applicazione dell’art. 2, comma 5-bis D.L. 31 agosto 2013, n. 102, assumendo che, contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice regionale, sia l’art. 91-bis citato, che i citati decreti applicativi imponevano agli enti che intendevano godere del beneficio un obbligo dichiarativo (art. 6 D.M. 19 novembre 2012, n. 20) da rispettare per le dichiarazioni relative agli anni di imposta 2012/2013 tramite l’apposito modello ministeriale ed entro un determinato termine finale.

1.1. Il Comune ha aggiunto sul punto che il riferimento operato dal Giudice regionale alla emendabilità della dichiarazione era inappropriato, in quanto nella specie non vi era stata alcuna dichiarazione (se non dopo la notifica dell’accertamento e quindi in termini tardivi), osservando che la conferma dell’obbligatorietà della dichiarazione prevista dall’art. 91-bis citato emergeva anche dalla previsione dell’art. 2, comma 5-bis, D.L. 31 agosto 2013., n. 102, che prevedeva la necessità della dichiarazione, estendendo il beneficio di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, anche alle attività di ricerca scientifica.

  1. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto, in relazione al parametro di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 e 14 delle preleggi, oltre che dell’art. 23 Cost. e dei principi in materia di gerarchia delle fonti, contestando alla Commissione di aver riconosciuto il beneficio, nonostante l’unità immobiliare (per la quasi totalità dei fabbricati) fosse stata concessa in comodato gratuito ad altra associazione (denominata …), dotata di autonomo statuto ed avente come scopo quello di attuare una coabitazione comunitaria a carattere religioso per il perfezionamento spirituale dei suoi membri, richiamando sul punto l’orientamento del giudice di legittimità sulla necessità, ai fini che occupano, dell’utilizzazione diretta del bene, dovendo, per altra via, negarsi valore vincolante alla circolare ministeriale citata dalla Commissione.
  1. Con la terza doglianza il Comune ha rimproverato al Giudice regionale, sempre con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 2, 3, 16 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e 7 della legge 25 marzo 1985, n. 121, oltre dell’art. 2697 cod. civ. e del D.M. 19 novembre 2012, n. 200, nonché ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatti decisi per il giudizio.

In particolare, l’ente territoriale ha ritenuto errata la valutazione del Giudice d’appello, sostenendo che, non avendo l’utilizzatrice del bene ottenuto il riconoscimento di ente ecclesiastico, ma solo quella di “Associazione privata di fedeli”, non poteva godere della presunzione assoluta di ente avente fine di religione o di culto, dovendo invece essere svolto in concreto l’accertamento sull’effettiva attività svolta per stabilire la sua modalità (commerciale o meno), laddove l’esame della Commissione era stata di natura cartolare, senza considerare come fosse notorio nella comunità cittadina che la struttura era destinata ad ospizio e ricovero per anziani dietro pagamento di somme nella forma di quote associative, per cui non poteva reputarsi provato il carattere non commerciale dell’attività svolta.

  1. Va preliminarmente disattesa l’istanza di riunione del presente giudizio a quello recante il n. 10516/2024 di ruolo generale, pendente innanzi a questa Corte tra le medesime parti e sulle medesime questioni in relazione ad altri anni di imposta, tenuto conto dell’epoca di instaurazione del presente grado giudizio (anno 2019) e della sua rimessione in pubblica udienza, che impone una decisione sulla questione di diritto sollecitata dalla menzionata ordinanza interlocutoria.
  1. Il ricorso va accolto nel suo primo motivo, che assume valore assorbente rispetto alle altre censure.
  1. Risulta pacifico che la contribuente non abbia effettuato in relazione all’anno d’imposta 2012 la dichiarazione di cui all’art. 91-bis D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, essendo stata la stessa presentata in data 18 dicembre 2017, dopo la notifica dell’avviso di accertamento impugnato.
  1. La questione su cui la Corte è chiamata a fornire risposta è se detta dichiarazione, di cui pure occorre chiarire la natura di atto negoziale o di mera scienza, debba, a pena di decadenza, essere presentata entro un determinato termine.
  1. Occorre riepilogare il quadro normativo di riferimento, cominciando ad osservare che la precedente disciplina in tema di ICI non prevedeva alcun obbligo dichiarativo volto al conseguimento dell’esenzione dal pagamento dell’imposta prevista dall’art. 7, comma 1 lett. i) D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, giacché l’art. 10, comma 4, del medesimo D.Lgs. (secondo cui: “I soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, con esclusione di quelli esenti dall’imposta ai sensi dell’art. 7…”) escludeva tale necessità per i soggetti indicati nell’art. 7 dello stesso decreto.

8.1. La disciplina IMU, che rinvia espressamente quanto alle esenzioni all’art. 7 D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (v. art. 9, comma 8, D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23) – per quel che ora interessa – è così riassumibile:

– l’art. 9, comma 6, D.Lgs. D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 prevedeva (prima della sua abrogazione per effetto della legge 27 dicembre 2019, n. 160) che “Con uno o più decreti del Ministro dell’economia e della finanze, sentita l’Associazione Nazionale dei Comuni, sono approvati i modelli della dichiarazione, i modelli di versamento…”;

– l’art. 91-bis D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 ha inserito al comma 1, lettera i), dell’art. 7 D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, dopo le parole “allo svolgimento”, la locuzione “con modalità non commerciali”, stabilendo, inoltre, ai commi 2 e 3, nel caso in cui il bene avesse un’utilizzazione mista, le modalità applicative dell’esenzione prevista dal citato art. 7, comma 1, lett. i), prevedendo due diversi congegni operativi; il primo, nel caso in cui fosse possibile identificabile gli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente all’attività non commerciale (stabilendo il criterio diretto dell’applicazione dell’esenzione alla sola alla frazione di unità nella quale si svolge detta attività, v. comma 2); il secondo, in alternativa (e cioè nell’ipotesi in cui non fosse possibile procedere ai sensi del precedente comma 2 ed a partire dal 1º gennaio 2013), tramite l’applicazione del criterio proporzionale in rapporto all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risultante da apposita dichiarazione (v. comma 3), rinviando al successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione delle modalità e delle procedure relative alla predetta dichiarazione, degli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale, nonché dei requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’art. 7 D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 , come svolte con modalità non commerciali;

– in attuazione dell’art. 91 bis, comma 3, cit., è stato adottato il D.M. 19 novembre 2012, n. 200, che ha fissato i criteri per determinare il rapporto proporzionale di cui al comma 3 dell’art. 91-bis del citato decreto-legge n. 1 del 2012;

– l’art. 6, comma 1, D.M. 19 novembre 2012, n. 200 ha, poi, stabilito che “Gli enti non commerciali presentano la dichiarazione di cui all’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, indicando distintamente gli immobili per i quali è dovuta l’IMU, anche a seguito dell’applicazione del comma 2 dell’articolo 91-bis, del decreto-legge n. 1 del 2012, nonché gli immobili per i quali l’esenzione dall’IMU si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale degli stessi, secondo le disposizioni del presente regolamento. La dichiarazione non è presentata negli anni in cui non vi sono variazioni”;

– l’art. 2, comma 5-bis, D.L. 31 agosto 2013, n. 102, ha disposto che: “Ai fini dell’applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all’imposta municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica”;

– l’art. 1 D.M. 26 giugno 2014 ha, quindi, approvato, con le relative istruzioni, il modello di dichiarazione agli effetti dell’imposta municipale propria e del tributo per i servizi indivisibili da utilizzare, a decorrere dall’anno di imposta 2012, ai sensi dell’art. 91-bis D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, stabilendo, all’art. 5, che detta dichiarazione deve essere presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta. La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta;

– l’art. 5, comma 2, del citato decreto ministeriale ha, poi, stabilito che la dichiarazione relativa agli anni 2012 e 2013 doveva essere presentata entro il 30 settembre 2014, termine poi differito al 30 novembre 2014 dal D.M. 23 settembre 2014;

– l’art. 2, comma 1, D.M. 26 giugno 2014 ha, infine, previsto espressamente l’obbligo di dichiarazione anche per gli immobili totalmente esenti.

  1. Dal ricostruito quadro normativo emerge che in tema di IMU il legislatore, diversamente da quanto previsto per l’ICI, ha stabilito, ai fini del godimento dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 546, che qui interessa, la presentazione di una dichiarazione da parte del contribuente da effettuarsi tramite l’apposto modello ministeriale ed in un determinato termine finale, individuato – di regola – al 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta e, per i soli anni 2012 e 2013, al 30 settembre 2014, termine questo poi – come sopra esposto – prorogato al 30 novembre 2014.

Il fondamento normativo di tale obbligo va individuato negli artt. 9, comma 6, D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e 2, comma 5, D.L. 31 agosto 2013, n. 102 sopra riportato.

Detta disciplina è stata funzionale a rendere compatibile la disciplina interna con quella eurounitaria in tema di aiuti di Stato, così come ritenuto nella decisione 2013/284/UE, del 19 dicembre 2012, della Commissione dell’Unione Europea, che ha considerato quale aiuto di stato, incompatibile con il mercato interno (art. 107 TFUE), l’esenzione ICI di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 e, per converso, lecita, perché non costituente aiuto di Stato, l’esenzione IMU che, seppur riconducibile alla sopra citata disposizione, era stata oggetto dalle modifiche apportate dalle sopra riportate disposizioni (cfr. sul tema Cass., 27 luglio 2023, n. 22954; Cass., 14 settembre 2021, n. 24655; Cass., 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., 5 settembre 2019, n. 22223; Cass., 15 marzo 2019, n. 7415; Cass., 8 luglio 2016, n. 13970).

Emblematico di tale cambiamento di rotta (rispetto alla previgente disciplina ICI) è anche la disposizione dell’art. 5, comma 2, D.M. 26 giugno 2014 del citato decreto ministeriale, che ha stabilito una sorta di sanatoria per gli anni pregressi (2012/2013) di applicazione dell’IMU, prevedendo che la relativa dichiarazione dovesse essere presentata entro il 30 settembre 2014, termine – come detto – poi differito al 30 novembre 2014 dal D.M. 23 settembre 2014.

  1. La dichiarazione in esame non riguarda solo le ipotesi di utilizzazione mista del bene, come sembrerebbe emergere dalle disposizioni dell’art. 91-bis, comma 2 e 3, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, giacché la previsione dell’art. 9, comma 6, D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 aveva contemplato, ai fini che occupano, l’approvazione di modelli ministeriali per le dichiarazioni tout court, senza circoscriverla alla predetta ipotesi, come poi espressamente chiarito dall’art. 2, comma 1, D.M. 26 giugno 2014 nella parte in cui ha previsto l’obbligo della dichiarazione anche per gli immobili totalmente esenti, e come risulta dall’art. 2, comma 5-bis, D.L. 31 agosto 2013, n. 102, che ha stabilito, ai fini dell’applicazione dei benefici ivi considerati, la presentazione della dichiarazione entro un termine a pena di decadenza.

Non può essere condiviso sul punto il rilievo della difesa della contribuente secondo cui la predetta norma avrebbe riguardo ai soli cd. immobili merce delle imprese costruttive, in quanto è testuale il riferimento ai benefici considerati nel citato articolo, tra cui è annoverato anche quello dell’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (v. art. 2, comma 3, D.L. 31 agosto 2013, n. 102), rispetto al quale la norma in esame ha aggiunto, quale attività protetta, anche quella di ricerca scientifica.

In tale direzione – a giudizio della Corte – correttamente la difesa del Comune ha individuato nella norma in esame (art. 2, comma 5-bis, D.L. 31 agosto 2013, n. 102) una conferma dell’obbligo dichiarativo per tutte le attività tutelate considerate dall’art. 7 citato (tra cui quella della ricerca scientifica, come stabilito dall’art. 2, comma 3, D.L. 31 agosto 2013, n. 102), risultando, invero, del tutto irragionevole – a parità di attività tutelate – limitare tale onere dichiarativo alla sola attività di ricerca scientifica per il sol fatto che la decadenza è stata prevista dalla stessa disposizione (art. 2 D.L. citato) che ha incluso le unità immobiliari in cui si svolge l’attività di ricerca scientifica tra quelle esenti dal pagamento dell’IMU. Ipotizzare un diverso trattamento, quanto all’obbligo dichiarativo, tra le medesime ipotesi di esenzione previste dall’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 risulterebbe, invero, del tutto ingiustificata e non costituzionalmente compatibile ai sensi dell’art. 3 Cost.

  1. Dunque, alla stregua di quanto precede, va ritenuto che il riconoscimento del beneficio in esame postula l’assolvimento di un obbligo dichiarativo entro un determinato limite temporale, che l’art. 2, comma 2, comma 5-bis, D.L. 31 agosto 2013, n. 102 ha considerato avente natura decadenziale e che, in ogni caso, va considerato perentorio in ragione dello scopo perseguito e della funzione assolta, anche ove mancasse un’espressa indicazione della norma (cfr. sul punto, Cass., Sez. U., 23 dicembre 2004, n. 23832; Cass., Sez. T., 9 gennaio 2004, n. 138; Cass., Sez. U., 5 giugno 1998, n. 524; Cass., Sez. I, 6 giugno 1997 n. 5074; con riferimento all’art. 12, comma 2, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, v. Cass., Sez. V, 30 giugno 2010, n. 15473; Cass., Sez. V, 18 novembre 2009, n. 24301, richiamate, in altro contesto normativo, ma in applicazione di un principio generale, da Cass., Sez. T., 2 agosto 2023, n. 23584).

In tale direzione, va, infatti, riconosciuto che scopo della previsione dell’obbligo dichiarativo è quello di porre l’ente impositore nelle condizioni di poter controllare la veridicità dei dati esposti, evitando problematiche verifiche ex post, anche in sede giudiziaria, e di poter prevedere le risorse finanziarie su cui potrà contare per la gestione degli interessi comunali, esigenze queste poste a garanzia del buon funzionamento dell’amministrazione pubblica e che giustificano, in ogni caso, la natura perentoria e, quindi, decadenziale del termine.

  1. La dichiarazione in oggetto va poi considerata come atto di volontà e non come mera ed emendabile dichiarazione di scienza -.

Risulta, infatti, costante nella riflessione di questa Corte (applicata in vari settori del diritto tributario) considerare dichiarazioni di volontà quelle dirette a manifestare l’intendimento di avvalersi di un beneficio fiscale in ragione dell’affermazione della sussistenza dei requisiti e delle condizioni previste dal legislatore, in quanto orientate all’esercizio di un diritto soggettivo, con la conseguenza che il contribuente, che abbia omesso tale dichiarazione, non può poi invocare il principio di generale emendabilità di una inesistente dichiarazione, il quale opera solo in caso di mera esternazione di scienza e non consente, in ogni caso, di superare il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire delle decadenze previste dalla legge (cfr. su tali principi, tra le tante, Cass., Sez. T., 28 dicembre 2023, n. 36175; Cass., Sez. VI/T, 13.12.2021 n. 39681, Cass., Sez. 5, 13 gennaio 2016, n. 389; Cass., Sez. Un., 30 giugno 2016, n. 13378; Cass., Sez. 5, 21 dicembre 2016, n. 26550; Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2017, n. 30172; Cass., Sez. 5, 12 gennaio 2018, n. 610; Cass., Sez. 5, 24 aprile 2018, n. 10029; Cass., Sez. 5, 19 ottobre 2018, n. 26421; Cass., Sez. 5, 9 maggio 2018, n. 10070; Cass., Sez. 5, 30 novembre 2018, n. 31052; Cass., Sez. 5″, 15 gennaio 2019, n. 711; Cass., Sez. 5, 18 maggio 2021, n. 13343; ed ancora Cass., Sez. T., 15 novembre 2021, n. 34266; Cass. Sez. T., 15 dicembre 2017, n. 30172 Cass., Sez. T., 29 marzo 2017 n. 8103).

Risulta, per tale via, non conferente il richiamo alle pronunce di questa Corte (Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2002, n. 15063 e Cass., Sez. Un., 30 giugno 2016, n. 13378), in quanto relative alla dichiarazione dei redditi, intesa come atto non negoziale e non dispositivo, recante – questa si – una mera esternazione di scienza e di giudizio, i cui principi, quindi, non sono invocabili nel diverso ambito – qui in discussione – della dichiarazione volta al conseguimento di un beneficio fiscale ed avente, quindi, contenuto e valore negoziale (cfr. tra le tante, Cass., Sez. T., 15 novembre 2021, n. 34266 cit.), che non può essere invocato in sede contenziosa quando l’istante è decaduto dall’esercizio della relativa facoltà.

  1. Tirando le conclusioni delle riflessioni svolte, va, allora, preso atto che la contribuente non aveva espresso entro la data del 30 novembre 2014 la volontà di volersi avvalere del benefico di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, avendo manifestato tale intendimento solo dopo la notifica dell’avviso di accertamento impugnato e, quindi, tardivamente, quando cioè era decaduta dalla relativa facoltà.
  1. Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, che – come anticipato – assumono valore assorbente rispetto all’esame dei restanti motivi, il ricorso va accolto e, non essendo necessari accertamento in fatto, la causa va anche decisa nel merito, rigettando l’originario ricorso della contribuente.
  1. La novità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite dell’intero giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 maggio 2024.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2024.


MASSIMA: La dichiarazione Imu deve essere presentata da parte degli enti non commerciali per poter fruire dell’esenzione dal pagamento del tributo. L’adempimento dell’obbligo è richiesto a pena di decadenza per dimostrare la sussistenza dei requisiti di legge.