Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 28 aprile 2025, n. 11095
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
riunita in camera di consiglio nella seguente composizione:
Dott. PAOLITTO Liberato – Presidente
Dott. CANDIA Ugo – Consigliere
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere relatore
Dott. LIBERATI Alessio – Consigliere
Dott. PENTA Andrea – Consigliere
ha pronunziato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4517/2020 R.G., proposto
DA
Comune di Padova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. …, dall’Avv. … e dall’Avv. …, tutti con studio in … (presso gli Uffici dell’Avvocatura Comunale), nonché dall’Avv. …, con studio in …, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento; RICORRENTE
CONTRO
A.A., B.B. e C.C., tutti rappresentati e difesi dall’Avv. …, con studio in …, e dall’Avv. …, con studio in …, ove elettivamente domiciliati, giusta procura in calce controricorso di costituzione nel presente procedimento; CONTRORICORRENTI
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Veneto l’8 luglio 2019, n. 560/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 5 dicembre 2024 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.
Svolgimento del processo
- Il Comune di Padova ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Veneto l’8 luglio 2019, n. 560/01/2019, la quale, in controversia per l’impugnazione del silenzio-rifiuto su istanza presentata da A.A., B.B. e C.C. il 9 ottobre 2014, prot. n. 249353, per il parziale rimborso della somma di Euro 2.836,00, a titolo di IMU versata in eccedenza per gli anni 2013 e 2014, con riguardo all’appartamento sito nel medesimo Comune alla Via (Omissis) e censito in catasto con la particella (Omissis) sub. (Omissis) del folio (Omissis), del quale A.A., B.B. e C.C. erano comproprietari ciascuno per la quota di 1/3 (stante l’acquisto, prima, nella misura di 2/18 per successione legittima alla madre F.F. e, poi, nella misura di (Omissis)/18 per successione testamentaria al padre D.D.), ha rigettato l’appello proposto in via principale dal Comune di Padova ed ha accolto l’appello proposto in via incidentale da A.A., B.B. e C.C. avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Padova il 7 settembre 2017, n. 643/01/2017, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
- Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure con riguardo alla sola statuizione sulle spese giudiziali, confermandola con riguardo all’accoglimento del ricorso originario dei contribuenti, sul rilievo che, dopo la morte di D.D., che era comproprietario del predetto immobile per la quota di 12/18, il coniuge superstite (in seconde nozze) E.E. aveva acquistato a titolo di legato ex lege il diritto reale di abitazione (per la quota corrispondente alla comproprietà del de cuius) e, pertanto, era soggetto passivo dell’IMU in tale misura.
- A.A., B.B. e C.C. hanno resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale (condizionato) avverso la medesima sentenza.
(Omissis). Il Comune di Padova ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.
- Le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
- Preliminarmente, va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, che A.A., B.B. e C.C. hanno formulato in relazione al difetto di procura speciale da parte del Comune di Padova ed alla carenza di ius postulandi in capo ai nominati difensori per il conferimento del mandato ad litem da parte del Sindaco in carica, in qualità di persona fisica.
Difatti, il tenore letterale della procura speciale (“Nella mia qualità di Sindaco pro tempore del Comune di Padova ed in forza della deliberazione di Giunta Comunale n. 31/2020 del 21/01/2020 delego a rappresentarmi e difendermi nel presente ricorso avanti alla Corte di Cassazione per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Venezia-Mestre n. 560/2019 pronunciata in data 17/06/2019…”) non lascia adito a dubbi sull’imputabilità dell’incarico difensivo all’ente locale, in nome e per conto del quale il legale rappresentante ha agito.
1.1 Il ricorso principale è affidato a quattro motivi.
- Con il primo motivo, si denuncia violazione/falsa applicazione dell’art. 540, secondo comma, cod. civ., con riferimento all’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che il coniuge superstite del defunto D.D. potesse acquistare a titolo di legato ex lege il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, ancorché quest’ultima non appartenesse in proprietà esclusiva al de cuius né in proprietà comune ai coniugi.
2.1 Il predetto motivo è fondato.
2.2 Va premesso, sulla base delle risultanze processuali, e per una più agevole intelligibilità della vicenda in disamina, che:
– F.F., coniuge in prime nozze di D.D., era unica proprietaria in vita dell’appartamento sito in Padova alla (Omissis) e censito in catasto con la particella (Omissis) sub. (Omissis) del folio (Omissis);
– a seguito del decesso di F.F. il 23 novembre 1980, la proprietà del predetto immobile si era devoluta per successione legittima al coniuge superstite D.D., per la quota di 12/18, ed ai figli A.A., B.B. e C.C., per la quota di 6/18;
– D.D. aveva contratto matrimonio civile con E.E. il 3 ottobre 1992, fissando la residenza familiare nel predetto immobile;
– a seguito del decesso di D.D. il 9 ottobre 2012, la comproprietà per la quota di 12/18 sul predetto immobile si era devoluta per successione testamentaria ai figli A.A., B.B. e C.C., ciascuno dei quali, essendo già comproprietario ad altro titolo per la quota di 2/18, era diventato comproprietario per la quota di 1/3;
– E.E. aveva acquistato ex testamento dal defunto D.D. soltanto il diritto di usufrutto su altro immobile sito in Albignasego (PD).
2.3 Non vi è dubbio che l’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, a cui fa rinvio l’art. 13, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, individua anche il titolare del diritto reale di abitazione come soggetto passivo dell’IMU.
Per cui, nel caso di spettanza del diritto di abitazione ex art. 540, secondo comma, cod. civ., l’IMU deve essere interamente assolta dal coniuge superstite sulla casa adibita a residenza familiare durante la vita del de cuius.
2.(Omissis) Premesso che scopo dell’art. 540, secondo comma, cod. civ. è di tutelare il coniuge superstite e la stabilità della famiglia, anche in proiezione e, quindi, anche in presenza della morte dell’altro coniuge, per cui l’unica condizione richiesta perché operi la riserva del diritto reale di godimento in parola è la esistenza di un rapporto di coniugio e di effettiva convivenza al momento dell’apertura della successione, non rilevando in alcun modo la circostanza che il coniuge superstite sia il primo o il secondo, il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, in favore del coniuge superstite, non è configurabile ogni volta che l’immobile sia in comunione con terzi. Infatti, la norma prevede che esso sia configurabile solo quando l’abitazione familiare sia di proprietà esclusiva del de cuius ovvero in comunione tra questi ed il suo coniuge superstite. Per cui, nel caso di comunione della casa con un terzo non è realizzabile l’intento del nostro legislatore di assicurare, in concreto, al coniuge sopravvissuto il godimento pieno del bene oggetto del diritto (Cass., Sez. 2, 22 luglio 1991, n. 8171; Cass., Sez. 2, 23 maggio 2000, n. 6691; Cass., Sez. 3, 13 gennaio 2009, n. 463; Cass., Sez. 2, 28 maggio 2021, n. 15000; Cass., Sez. 2, 20 ottobre 2021, n. 29162).
Per cui, in tale evenienza, l’IMU sarà dovuta soltanto dai coeredi comproprietari dell’immobile, non essendo titolare di alcun diritto reale il coniuge superstite, a prescindere dalla destinazione a residenza familiare durante la vita del de cuius.
2.5 Ne discende che la sentenza impugnata ha palesemente contravvenuto a tale principio, con l’erronea affermazione che “a seguito della morte del signor D.D., il quale abitava con la sua seconda moglie E.E. in Padova alla Via Ippolito Pindemonte n. 15, l’appena citata Signora E.E. ha conservato il diritto di abitazione, secondo il preciso disposto dell’art. 540, comma 2, Cod. civ., per la quota di 12/18 (equivalente a quella che rappresentava la quota di proprietà del de cuius D.D.) ed avrebbe dovuto pagare l’IMU per l’ammontare pari alla quota parte di 12/18”, mentre “(i) restanti 6/18 dell’imposta IMU avrebbero dovuto gravare sui tre figli del più volte citato D.D. e, cioè, su A.A., C.C. e B.B., che erano proprietari ognuno per 2/18 dell’appartamento, quote di proprietà che a loro erano pervenute a seguito della morte della loro madre, F.F., prima moglie del de cuius”.
- Con il secondo motivo, si denuncia violazione/falsa applicazione dell’art. 540, secondo comma, cod. civ., con riferimento all’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che si fosse costituito ex lege un diritto di abitazione “parziario” sulla casa familiare a favore di E.E., in qualità di coniuge superstite del defunto D.D., ancorché il de cuius fosse solamente comproprietario per la quota di 12/18 e l’immobile non fosse in comunione tra i coniugi.
Con il terzo motivo, si denuncia violazione/falsa applicazione dell’art. 540, secondo comma, cod. civ., con riferimento all’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che il coniuge superstite fosse soggetto passivo dell’IMU, sebbene la sussistenza del presupposto impositivo non fosse stata provata in corso di causa, essendo emerso che il de cuius era solamente comproprietario per la quota di 12/18 e l’immobile non era in comunione tra i coniugi.
Con il quarto motivo, si denuncia violazione/falsa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente riformata dal giudice di appello la statuizione del giudice di prime cure sulle spese giudiziali per l’apprezzata insussistenza di valide ragioni per la compensazione.
Col quarto motivo si denuncia violazione/falsa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, assumendo il ricorrente che erroneamente il giudice del gravame aveva omesso di compensare le spese del giudizio tenuto conto della peculiarità della fattispecie giuridica in contestazione tra le parti.
I predetti motivi rimangono assorbiti nell’accoglimento del primo motivo, rendendosene superfluo ed ultroneo lo scrutinio.
(Omissis). Il ricorso incidentale (condizionato) è affidato ad un unico motivo, con il quale si denuncia violazione dell’art. 53, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stata erroneamente dichiarata dal giudice di secondo grado l’ammissibilità dell’appello proposto in via principale dall’ente impositore, nonostante l’eccepito difetto di specificità dell’unico motivo in sede di controdeduzioni depositate dai contribuenti, essendo stato semplicemente riprodotto il contenuto delle controdeduzioni depositate da controparte in primo grado.
(Omissis).1 Il predetto motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
(Omissis).2 Difatti, il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (tra le tante: Cass., Sez. 3, 11 ottobre 2018, n. 25154; Cass., Sez. 5, 8 marzo 2019, n. 6811; Cass., Sez. 6-5, 15 ottobre 2019, n. 25958; Cass., Sez. 5, 23 ottobre 2019, n. 27096; Cass., Sez. 5, 13 ottobre 2020, n. 22007; Cass., Sez. 5, (Omissis) dicembre 2020, n. 27804; Cass., Sez. 5, 5 novembre 2021, n. 31855; Cass., Sez. 6-5, 23 dicembre 2021, n. 41362; Cass., Sez. 3, 16 ottobre 2024, n. 26913), quale quella che i controricorrenti assumono oggetto della mancata decisione.
È, poi, pacifico che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass., Sez. 5, 30 gennaio 2020, n. 2153; Cass., Sez. 5, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. 3, 29 gennaio 2021, n. 2151; Cass., Sez. Trib., 3 agosto 2023, n. 23672; Cass., Sez. Trib., 13 agosto 2024, n. 22775). Ed è stato, quindi, ritenuto che non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass., Sez. 6 – 1, (Omissis) giugno 2019, n. 15255). Per cui, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omissione di pronuncia non è ravvisabile quando una decisione resa in grado di appello, ancorché mancante di un’espressa statuizione su un motivo di impugnazione, sia giustificata da argomentazioni logicamente e giuridicamente incompatibili con detto motivo, sì da comportarne l’implicita reiezione (tra le tante: Cass., Sez. 6-5, 17 marzo 2022, n. 8710; Cass., Sez. 5, 24 maggio 2022, nn. 16672 e 16673; Cass., Sez. 5, 7 giugno 2022, n. 18253; Cass., Sez. 5, 16 giugno 2022, n. 19502; Cass., Sez. 5, 29 novembre 2022, n. 35137; Cass., Sez. 5, 26 giugno 2023, n. 18153; Cass., Sez. 5, 27 maggio 2024, n. 14811).
Nella specie, a ben vedere, decidendo nel merito, è evidente che il giudice di appello ha implicitamente disatteso l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità.
(Omissis).3 Ad ogni modo, con riferimento alla specificità dei motivi di appello, premesso che l’art. 53 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, si pone come norma speciale rispetto all’art. 342 cod. proc. civ., che, nella sua attuale formulazione, si divarica sostanzialmente dalla citata norma in tema di contenzioso tributario, questa Corte ha chiarito che, con riguardo al contenzioso tributario, ove l’amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e a riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere di impugnazione specifica previsto dall’art. 53 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi”, atteso il carattere devolutivo pieno dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (tra le tante: Cass., Sez. 5 1 28 febbraio 2011, n. 4784; Cass., Sez. 5, 29 febbraio 2012, n. 3064; Cass., Sez. 5, 30 dicembre 2016, nn. 27497 e 27498; Cass., Sez. 6-5, 22 marzo 2017, n. 7369; Cass., Sez. 6-5, 27 giugno 2017, n. 16037; Cass., Sez. 6-5, 5 ottobre 2018, n. 24641; Cass., Sez. 5, 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass., Sez. 5, 18 aprile 2019, n. 10897; Cass., Sez. 5, 10 ottobre 6 2019, nn. 22509 e 22511; Cass., Sez. 5, 26 febbraio 2020, n. 5161 e 5164; Cass., Sez. 6-5, 1 ottobre 2020, n. 20968; Cass., Sez. 5, 11 febbraio 2021, n. 3443; Cass., Sez. 5, 23 giugno 2021, n. 18051; Cass., Sez. 6-5, 24 marzo 2022, n. 9600; Cass., Sez. 5, 7 luglio 2022, n. 21489; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2022, n. 31551; Cass., Sez. Trib., 17 gennaio 2023, n. 1360; Cass., Sez. Trib., 17 novembre 2023, n. 32041; Cass., Sez. Trib., 15 gennaio 2024, n. 1556).
Per costante orientamento di questa Corte, nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. cod. civ., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (tra le tante: Cass., Sez. 6-5, 24 agosto 2017, n. 20379; Cass., Sez. 5, 15 gennaio 2019, n. 707; Cass., Sez. 5, 15 gennaio 2019, n. 707; Cass., Sez. 5, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. 5, 2 dicembre 2020, n. 27496; Cass., Sez. 5, 11 febbraio 2021, n. 3443; Cass., Sez. 5, 10 marzo 2021, n. 6596; Cass., Sez. 5, 11 marzo 2021, nn. 6850 e 6852; Cass., Sez. 5, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. 5, 26 maggio 2021, nn. 14562 e 14582; Cass., Sez. 5, 27 maggio 2021, n. 14873; Cass., Sez. 5, 27 gennaio 2022, n. 2379; Cass., Sez. 6-5, 14 giugno 2022, n. 19116; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2022, n. 31551; Cass., Sez. Trib., 17 novembre 2023, n. 32041; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2024, n. 27745).
Pertanto, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’art. 53, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non deve, quindi, consistere in una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza (Cass., Sez. 5, 21 novembre 2019, n. 30341).
Si è, inoltre, ritenuto che non vi è incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, tali da comportare l’inammissibilità dell’appello a termini dell’art. 53, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ove il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi dall’intero atto di impugnazione nel suo complesso (Cass., Sez. 6-5, 24 agosto 2017, n. 20379; Cass., Sez. 5, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. 5, 26 maggio 2021, n. 14582; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2022, n. 31551).
In particolare, si è affermato che, in tema di contenzioso tributario, la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni poste a fondamento dell’originaria impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della legittimità dell’accertamento (per l’ente impositore), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci (tra le tante: Cass., Sez. 5, 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass., Sez. 5, 20 dicembre 2020, n. 29908; Cass., Sez. 6-5, 13 dicembre 2021, n. 39543; Cass., Sez. 6-5, 24 gennaio 2022, n. 1971; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2022, n. 31551; Cass., Sez. Trib., 23 agosto 2023, n. 25144; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2024, n. 27745).
Non è, quindi, necessaria ai fini dell’ammissibilità dell’appello la indicazione di specifici motivi in relazione a specifiche censure della sentenza impugnata, essendo sufficiente che l’appellante si riporti alle argomentazioni già sostenute nel grado di merito precedente, insistendo per la legittimità dell’avviso impugnato (Cass., Sez. 5, 26 maggio 2021, n. 14582).
Ne consegue che la “mera riproduzione – in massima parte parola per parola – dell’atto di controdeduzioni di primo grado della Amministrazione Finanziaria…” (secondo la censura dei controricorrenti) è sufficiente ad assicurare una minima specificità del motivo di appello.
- In conclusione, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento dei residui motivi del ricorso principale, nonché l’infondatezza/inammissibilità dell’unico motivo del ricorso incidentale (condizionato), alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso principale può trovare accoglimento entro tali limiti, il ricorso incidentale deve essere rigettato e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con il rigetto del ricorso originario dei contribuenti.
- Le spese dei giudizi di merito possono essere interamente compensate tra le parti in ragione dell’andamento processuale, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura fissata in dispositivo.
- Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei controricorrenti/ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara l’assorbimento dei residui motivi; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario dei contribuenti; compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito; condanna i controricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del ricorrente, liquidandole nella misura di Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.200,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte dei controricorrenti/ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, se dovuto.
Conclusione
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2025.
MASSIMA: In tema di IMU, non sorge il diritto di abitazione in favore del coniuge superstite, ai sensi dell’art. 540, comma 2, c.c., qualora l’immobile adibito a residenza familiare risulti in comproprietà tra il de cuius e un terzo estraneo alla comunione coniugale. In assenza del diritto reale, non ricorre in capo al coniuge superstite la soggettività passiva ai fini dell’IMU.