Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Sicilia, sez. V, 20 dicembre 2022, n. 10684
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 5993/2020 la C.T.P. di Catania, Sez. 4°, accoglieva il ricorso proposto M. M. C. avverso la cartella sopra indicata, notificatale il 30.5.2015, con la quale l’Agenzia delle Entrate, a seguito di decisione della C.T.P. di Catania, le aveva richiesto il pagamento della somma di euro 10.138,84 per Iva, Irap, interessi, sanzioni e diritti di notifica.
Affermava la predetta Commissione che l’eccezione relativa alla mancata contestazione del debito, mediante avviso di accertamento in capo ai soci – liquidatori era fondata essendo onere del fisco provare che, in base al bilancio finale di liquidazione, vi era stata la distribuzione di una quota dell’attivo ai soci.
Le spese del giudizio venivano compensate tra le parti.
Avverso tale sentenza, con atto notificato alla M. e a Riscossione Sicilia s. p. a. proponeva appello l’Agenzia delle Entrate che eccepiva la violazione dell’art. 2495 c. c., evidenziando, in punto di fatto, che già in primo grado, aveva contestato la completezza e l’attendibilità del bilancio finale di liquidazione depositato dalla L. I. s. r. l., cancellata dal registro delle imprese in data 19.10.2012.
L’Agenzia delle Entrate e la contribuente rimanevano contumaci.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La cartella di pagamento in oggetto concerne l’iscrizione a ruolo conseguente alla decisione n. 544/03/2013 emessa dal Giudice Tributario di primo grado il 26.6.2013 con la quale era stato rigettato il ricorso presentato dalla s. r. l. L. I. avverso l’avviso di accertamento n. xxxxxx emesso per l’anno d’imposta 2004.
Essendo stata il 19.10.2012 la predetta società cancellata dal registro delle imprese, l’Ufficio aveva proceduto alla iscrizione a ruolo del dovuto nei confronti del socio M.
Tanto premesso va applicato al caso di specie l’art. 2495 c. c. secondo il quale, successivamente alla cancellazione della società, ferma restando l’estinzione della stessa, i creditori sociali (dunque anche il Fisco) non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori se il mancato pagamento è dipeso da loro colpa.
In ordine a tale limite nei confronti dei soci l’Ufficio ha eccepito che il bilancio finale di liquidazione depositato non fosse veritiero e che nello stato patrimoniale e nel conto economico erano stati riportati dati del tutto inesatti, nulla emergendo, ad esempio in ordine a pendenze tributarie ed essendo stati indicati debiti tributari per circa tremila euro a fronte di quelli esistenti per decine di migliaia di euro (v. interrogazioni esiti contabili).
Nello stato patrimoniale al 15.9.2011, data di inizio della liquidazione, (v. doc. n. 3), infatti, risultavano immobilizzazioni materiali per euro 115.284,82, di cui attrezzature per euro 81.787,53 e macchinari per euro 9.166,67 dei quali nulla si evinceva nel bilancio finale di liquidazione in quanto sprovvisto sia della nota integrativa che della relazione del liquidatore.
Gli elementi di cui sopra, trattandosi di s. r. l. a ristretta base azionaria (due soci) inducono a ritenere che vi sia stata, in frode ai creditori, la distribuzione occulta dell’attivo sociale, circostanza, peraltro, non contestata dall’appellata, rimasta contumace.
La pretesa tributaria in contestazione va pertanto ritenuta fondata nei limiti di cui all’art. 2495 cod. civile.
Le spese seguono la soccombenza e pertanto, per entrambi i gradi vanno poste a carico della contribuente (Riscossione Sicilia s. p. a. non ha contestato l’avversa domanda).
P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Sicilia, Sezione Staccata di Catania n. 5, definitivamente pronunziando, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie l’appello dell’Agenzia delle Entrate per come precisato in parte motiva, e, per l’effetto rigetta l’originario ricorso;
condanna M. M. M. C. a rimborsare in favore dell’Agenzia Entrate le spese del giudizio che liquida in euro 1.000,00 per ciascun grado, oltre accessori di legge se dovuti.
Catania 26.5.2022
COMMENTO REDAZIONALE– La pronuncia in commento accoglie l’appello dell’Agente della Riscossione e riforma la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento nei confronti dei soci-liquidatori di una società a responsabilità limitata cancellata, in mancanza di prova dell’effettiva distribuzione tra gli stessi degli utili del bilancio finale di liquidazione.
La riforma della pronuncia di primo grado viene motivata facendo applicazione della norma di cui all’art. 2495 c.c. secondo cui, successivamente alla cancellazione della società, ferma restando l’estinzione della stessa, i creditori sociali non soddisfatti (incluso il Fisco) possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori se il mancato pagamento è dipeso da loro colpa.
Nel caso di specie, il bilancio finale di liquidazione depositato non appariva veritiero, in quanto nello stato patrimoniale e nel conto economico erano stati riportati dati completamente inesatti: in particolare, da tali documenti nulla emergeva circa le pendenze tributarie della società e i debiti tributari venivano indicati in circa tremila euro, a fronte di quelli realmente esistenti per decine di migliaia di euro.
In aggiunta a ciò, il bilancio finale di liquidazione risultava sprovvisto sia della nota integrativa, sia della relazione del liquidatore.
Trattandosi di società a responsabilità limitata a ristretta base azionaria, in quanto composta da soli due soci, i predetti elementi portavano a ritenere che vi fosse stata la distribuzione occulta dell’attivo sociale, in frode ai creditori.
La predetta circostanza non risultava neppure specificamente contestata dalla società appellata, rimasta contumace nel secondo grado di giudizio.
Per tali motivi, la pretesa tributaria viene ritenuta fondata nei limiti di cui all’art. 2495 c.c., con conseguente accoglimento dell’appello dell’Agente della Riscossione.