Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado delle Marche, sez. I, 05 ottobre 2023 n. 791
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto d’appello regolarmente notificato l’Agenzia delle Entrate di Ancona impugnava la sentenza n. 1713/2016 con la quale la CTP di AN aveva accolto il ricorso presentato dal Sig. C S avverso l’avviso di accertamento n. TQY/2015 emesso nei confronti della società I S.r.l. per imposte IRES, IVA e IRAP 2008.
La vicenda trae origine da un accertamento della Guardia di Finanza che in data 29 maggio 2014 aveva notificato un processo verbale di constatazione alla società I S.r.l. in liquidazione, oltre che alla O S.r.l in liquidazione e alla T S.r.l., tutte società rappresentate formalmente dal signor C A in qualità di socio unico, ultimo amministratore unico, rappresentante legale e liquidatore delle Società.
Il pvc veniva inoltre notificato ai signori C S e M P nella loro qualità di amministratori di fatto delle società.
Secondo la Guardia di Finanza diverse società erano coinvolte in una consistente e articolata frode fiscale attuata attraverso il meccanismo della falsa fatturazione utilizzando società di comodo facenti capo direttamente o per interposta persona ai Signori C e M, i quali avrebbero ideato realizzato e gestito il disegno criminoso.
Le operazioni contestate nel pvc riguardavano periodi di imposta dal 2008 al 2011 per le diverse società, ai fini IRES IVA e IRAP.
Alla luce dei rilievi della Finanza, condivisi dall’Agenzia delle entrate, venivano emanati numerosi avvisi di accertamento e atti di contestazione nei confronti sia delle Società che di C S e di M P per gli anni dal 2008 al 2011 relativi sia alla rideterminazione del reddito e delle imposte da versare sia alle sanzioni irrogate.
Il C e il M impugnavano tutti gli avvisi e gli atti di contestazione: alla data odierna alcuni procedimenti sono stati già decisi definitivamente a favore dei contribuenti e altri sono ancora in corso di definizione.
Le questioni oggetto dell’odierno giudizio riguardano il C quale amministratore di fatto della società I S.r.l.
In particolare, la verifica nei confronti di tale società si inseriva nell’ambito di una più vasta attività investigativa condotta fin dal 2012 nei confronti del signor C, imprenditore di riferimento nel mercato italiano della moda fin dal 1986, anno in cui aveva fondato la C, una affermata agenzia di modelle. Le indagini venivano condotte anche sulle società operanti nel settore della moda e dello spettacolo di cui era stato socio e rappresentante legale o semplicemente gestore di fatto (tra le quali I S.r.l., O S.r.l., T S.r.l.).
Le citate indagini, i cui esiti venivano anche segnalati alla Procura di Ancona, avevano permesso di appurare i collegamenti fra società formalmente indipendenti ma sostanzialmente facenti capo direttamente o per interposta persona al Sig. C (vero dominus) e al Sig. M (in forma minore) e un sistema di frode basato sull’emissione e utilizzo nelle dichiarazioni presentate di fatture fittizie intestate a soggetti inconsapevoli.
Per quanto qui di interesse le Società cartiere tra cui la I (create, messe in liquidazione e sostituite dopo poco tempo dalla loro costituzione) emettevano fatture fittizie alle Società gestite dal signor C al fine di ridurne il carico fiscale.
La Società I S. r.l., poi sostituita dalla O S.r.l. nel ruolo di “società di comodo”, era stata posta in liquidazione e cancellata dal Registro delle imprese il 6 agosto 2010. In data 29 maggio 2014, a conclusione della verifica fiscale nei confronti della I S.r.l. svolta dalla GdF, l’Agenzia emetteva l’avviso di accertamento n. TQY con cui venivano contestate alla I per l’a.i. 2008 l’indebita deduzione di costi per operazioni oggettivamente inesistenti, l’indebita detrazione IVA afferente alle false fatture, l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti, per un totale accertato di euro 2.839.705,05. In forza dell’art. 28, comma 4, del D.lgs. 175/2014, l’atto de quo era stato notificato alla Società, rendendosi definitivo per mancata impugnazione.
Il medesimo atto era stato altresì notificato al Sig. C S, considerato responsabile illimitatamente e solidalmente per il debito d’imposta quale soggetto ideatore e autore delle violazioni contestate alla I S.r.l., in quanto gestore di fatto della stessa, nonché reale beneficiario delle operazioni eseguite dalla Società.
Allo stesso C veniva altresì notificato l’atto di contestazione n. TQY/2015, oggetto di separato giudizio, avente ad oggetto le sanzioni, interessi e aggi, ai sensi dell’art.8 comma 2 del DL 16/2012 in conseguenza dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della Società in liquidazione.
Contro gli atti di accertamento e contestazione il Sig. C proponeva ricorso accolto dalla CTP di Ancona con le sentenze n. 1713/16 (oggetto del presente giudizio) e n. 1716/16, essendo stata ritenuta fondata la eccezione preliminare, considerata assorbente, dell’inapplicabilità retroattiva dell’art. 28, comma 4 D.lgs. 175/2014.
Secondo la CTP, infatti, tale norma avrebbe introdotto, solo per il futuro, il differimento di cinque anni degli effetti dell’estinzione della società, a seguito della cancellazione dal Registro delle imprese.
L’art. 2495 sancisce l’efficacia costitutiva della cancellazione delle società dal Registro delle imprese e la c.d. ” irrilevanza quinquennale” della richiesta di cancellazione delle società opererebbe, quindi, limitatamente alle richieste effettuate a decorrere dal 13.12.2014, data di entrata in vigore del D.lgs. 175/2014.
L’art. 28, dunque, non sarebbe stato applicabile nei confronti della società I S.r.l. che risultava cancellata dal Registro Imprese a far data dal 6 agosto 2010, con conseguente illegittimità sia dell’avviso di accertamento che del conseguente atto di contestazione delle sanzioni.
La sentenza 1713/16 (relativa all’avviso di accertamento) veniva impugnata dall’Ufficio che sosteneva l’efficacia retroattiva della norma, stante la ritenuta natura meramente procedimentale della stessa oltre che l’applicabilità al caso di specie dell’art.36 DPR 602/73 per il quale chi ha ricevuto nel corso degli ultimi due periodi d’imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione da amministratori o liquidatori è responsabile del pagamento delle imposte dovute dalla società estinta nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal Codice civile.
Lamentava l’Ufficio che la CTP avrebbe deciso solo alla luce dell’eccezione formulata in via preliminare, non scendendo nel merito della controversia, merito affrontato in altre pronunce della stessa CTP avverso il medesimo C per l’annualità 2010, in controversie in cui non si era profilato il problema della estinzione societaria riconoscendo la piena validità e legittimità alla pretesa erariale.
L’Ufficio avrebbe, inoltre, fornito la prova in ordine alla qualifica di socio occulto e di amministratore di fatto attribuita al Sig. C richiamando nella parte motiva dell’atto di accertamento i fatti posti nel pvc a base della partecipazione del ricorrente alla frode fiscale e le sue responsabilità.
Riproponeva altresì le altre questioni e argomentazioni affrontate e sostenute in primo grado anche nel merito della vicenda, ribadendo l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti verso società terze, l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti verso la C S.r.l. e 1a S S.r.l., società di proprietà del Sig. C e del Sig. M, l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, nonché, in ogni caso, l’indeducibilità dei costi in assenza di documentazione di riscontro.
In conclusione, l’Ufficio chiedeva di accogliere l’appello e per l’effetto riformare la sentenza n. 1713/16.
Nelle proprie controdeduzioni il C ribadiva la corretta applicazione da parte della CTP, in base all’indirizzo consolidato dei Giudici di legittimità e di merito, dell’art. 28, comma 4, D.lgs. 175/2014, che essendo una norma di natura sostanziale non potrebbe avere alcuna efficacia retroattiva e, dunque, non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie in quanto la Società I S.r.l. era stata cancellata dal Registro delle Imprese il 6 agosto 2010, quindi in una data anteriore al 13.12.2014.
Chiedeva di confermare la sentenza di primo grado, riproponendo comunque anche tutti gli altri motivi di ricorso ritenuti assorbiti dalla CTP, con vittoria di spese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte ritiene la sentenza impugnata correttamente e adeguatamente motivata. In disparte, infatti, ogni valutazione sul merito della vicenda, la questione circa la irretroattività o meno dell’art. 28 del D. lgs. n. 175/2014 assume carattere preliminare in quanto incide sui termini entro i quali l’Agenzia aveva il potere di contestare al C la responsabilità che faceva capo alla società estinta.
L’art. 28 citato, infatti, prevede l’estinzione della società dopo 5 anni dalla cancellazione dal Registro delle imprese per quanto riguarda i crediti erariali.
Tale differimento quinquennale, tuttavia, operante nei soli confronti dell’Amministrazione e degli altri enti creditori o di riscossione, con riguardo a tributi o contributi, degli effetti dell’estinzione della società, previsto dal Decreto Semplificazioni, si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della Società dal Registro delle imprese sia stata presentata nella vigenza di detto decreto (cioè a decorrere dal 13 dicembre 2014), non avendo tale disposizione effetto retroattivo, come costantemente affermato dalla Corte di Cassazione, a decorrere dalla sent. n. 6743 del 2 aprile 2015, che ha statuito appunto che tale norma, “recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa, neppure implicita e non ha, quindi, alcuna efficacia retroattiva”.
In tale occasione, il Supremo Consesso ha messo in evidenza che “La norma, pertanto (contrariamente a quanto talora sostenuto dall’Amministrazione Finanziaria nelle sue circolari), opera su un piano sostanziale e non “procedurale”, in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione: il caso in esame, cioè, è del tutto diverso da quello di interventi normativi che, ad esempio, incidano sulla disciplina dei termini del processo tributario o prolunghino i termini di accertamento o introducano nuovi parametri di settore e che, per loro natura, possono applicarsi a fattispecie processuali o sostanziali precedenti”.
Dunque, avendo la norma carattere precettivo e sostanziale che va a incidere direttamente sulla capacità giuridica della società cancellata dal Registro delle Imprese e non essendo prevista espressamente una sua efficacia retroattiva non può che applicarsi dall’entrata in vigore della norma stessa.
In tal senso si sono espresse la Suprema Corte anche successivamente alla sentenza sopra citata – con diverse pronunce contenenti analoghe motivazioni (sentenze n. 15648 del 24 luglio 2015, n. 18385 del 18 settembre 2015, n. 23029/2017, n. 11100/17, n. 38130 del 30 dicembre 2022; ordinanze n. 19142 del 28 settembre 2016 e n. 20752/2017) – nonché numerose Corti di merito (ex multis CTR Lazio nella sentenza n.1167/2019).
Alla luce di tale iter argomentativo della giurisprudenza di legittimità e di merito, condiviso da questa Corte, si ritiene che non sia possibile applicare retroattivamente l’articolo 28 comma 4 del D.lgs. n.175/2014, che prevede l’estinzione della società dopo 5 anni dalla cancellazione dal registro delle imprese per quanto riguarda i crediti erariali e dunque che l’efficacia della norma sia limitata alle società cancellate con richiesta successiva al 13/12/2014.
Nel caso di specie è indiscusso (non contestato) che la società I S.r.l. in liquidazione è stata cancellata dal Registro delle imprese il 6 agosto 2010, dunque in epoca ampiamente anteriore alla entrata in vigore della nuova disciplina (13 dicembre 2014).
L’inapplicabilità ratione temporis della disposizione invocata dall’Ufficio al caso di specie determina l’illegittimità sia dell’avviso di accertamento che del conseguente atto di contestazione delle sanzioni (che trova ovviamente il suo presupposto nella validità e fondatezza del primo) emessi nei confronti del sig. C.
La sentenza impugnata pertanto va confermata.
Le spese seguono la soccombenza e sono determinate in euro 1.500 considerata la pluralità di fascicoli con le stesse questioni e argomentazioni.
P.Q.M.
La Corte di giustizia tributaria respinge l’appello dell’Ufficio e lo condanna al pagamento delle spese a favore dell’appellato che determina in euro 1.500, oltre a diritti e oneri come per legge.
COMMENTO REDAZIONALE – La pronuncia in esame in esame ribadisce il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “l’art. 28, co. 4, del D.lgs. n. 175/2014, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal Registro delle imprese, non ha valenza interpretativa, neppure implicita, e non ha, quindi, alcuna efficacia retroattiva; ne consegue che il differimento quinquennale (operante nei confronti soltanto dell’Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, co. 2, c.c., si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal Registro delle imprese … sia stata presentata nella vigenza della nuova disciplina, ossia il 13 dicembre 2014 o successivamente” (in tal senso, Cass. 02 aprile 2015, sent. n. 6743; Cass. 22 aprile 2016, sent. n. 8140; Cass. 10 agosto 2016, ord. n. 16937; Cass. 08 settembre 2016, ord. n. 17791; Cass. 28 settembre 2016, ord. n. 19142; Cass. 17 gennaio 2017, ord. n. 1009; Cass. 23 maggio 2017, ord. n. 12953; Cass. 02 ottobre 2017, ord. n. 23029).
Diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate mediante propria Circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014, tale indirizzo giurisprudenziale, al quale la sentenza in commento mostra adesione, qualifica pertanto l’art. 28, comma 4, Legge 175/2014 come una norma sostanziale, come tale soggetta al generale principio di irretroattività ex art. 11 preleggi e al disposto dell’art. 3, comma 1, Statuto del contribuente.
Conseguentemente, viene esclusa la sua applicabilità ad una società cancellata dal Registro delle imprese in data 06 agosto 2010.
L’appello dell’Agenzia delle Entrate viene quindi respinto, con conseguente conferma della declaratoria di nullità, sancita in primo grado, dell’avviso di accertamento, eseguito oltre i termini di decadenza, e del connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni.