Giornata di Studio 

“Le novità portate dal D.Lgs. 33/2025 T.U. in materia di versamenti e riscossione”

 Lerici, Via Carpanini n. 1, Hotel Europa


SOMMARIO: §.1 Premessa. §.2 Le indicazioni operative fornite dall’Agente della riscossione. §. 3 Il termine dilatorio ex art. 14, comma 1, D.L. 669/1996, convertito in Legge 30/1997. §.4 Il carattere tassativo delle disposizioni di favor. §. 5 Conclusioni.

  • .1 Premessa.

L’art. 229 del Testo unico allegato al D.lgs. 33/2025 stabilisce che l’Agente della riscossione provvede al pagamento delle somme dovute a titolo di spese e onorari di giudizio liquidati con la pronuncia di condanna, nonché di ogni accessorio di legge, esclusivamente mediante l’accredito delle medesime sul conto corrente della controparte ovvero del suo difensore distrattario

A tal fine, le predette somme sono richieste in pagamento alla competente struttura territoriale dell’Agente della riscossione, indicata nel relativo sito internet istituzionale, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento o di posta elettronica certificata

Il soggetto legittimato è tenuto a fornire, all’atto della richiesta, gli estremi del proprio conto corrente bancario e non può procedere alla notificazione del titolo esecutivo e alla promozione di azioni esecutive per il recupero delle predette somme, se non decorsi centoventi giorni dalla data di ricezione della stessa richiesta

Le predette disposizioni si applicano alle pronunce di condanna emesse a decorrere dal 21 dicembre 2021.

La norma recepisce integralmente il previgente art. 5-octies D.L. 21 ottobre 2021 n. 146, convertito con modificazioni in Legge 17 dicembre 2021 n. 215, nella versione “originaria” riferita al solo Agente della riscossione (mentre il successivo art. 2, comma 2, lettere a) e b), D.lgs. 30 dicembre 2023 n. 220 ne aveva esteso l’ambito applicativo anche alle Regioni e alle Province autonome, ad oggi non più menzionate dall’art. 229 del Testo unico allegato al D.lgs. 33/2025).

Disposizione analoga è prevista anche in favore degli Enti previdenziali dall’art. 35, comma 35-quinquies, D.L. 04 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla Legge 04 agosto 2006 n. 248 (come aggiunto dall’art. 38, comma 1, lettera c), D.L 06 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni in Legge 15 luglio 2011 n. 111), secondo cui  “Gli enti previdenziali provvedono al pagamento delle somme dovute a titolo di spese, competenze e altri compensi in favore dei procuratori legalmente costituiti esclusivamente attraverso l’accredito delle medesime sul conto corrente degli stessi. A tal fine il procuratore della parte è tenuto a formulare richiesta di pagamento delle somme di cui al periodo precedente alla struttura territoriale dell’Ente competente alla liquidazione, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento o posta elettronica certificata, comunicando contestualmente gli estremi del proprio conto corrente bancario e non può procedere alla notificazione del titolo esecutivo ed alla promozione di azioni esecutive per il recupero delle medesime somme se non decorsi 120 giorni dal ricevimento di tale comunicazione”.

  • .2 Le indicazioni operative fornite dall’Agente della riscossione.

In attuazione della predetta norma, l’Agente della riscossione ha pubblicato sul proprio sito istituzionale un apposito modello denominato “Richiesta di pagamento delle somme dovute a titolo di spese e onorari di giudizio, liquidate con pronuncia di condanna emessa a decorrere dal 21 dicembre 2021” (data di entrata in vigore della Legge 215/2021, di conversione del D.L. 146/2021). 

Tale richiesta di pagamento può avere ad oggetto un’unica pronuncia di condanna; nel caso di emissione di più pronunce, il sito istituzionale dell’Agente della riscossione richiede necessariamente la compilazione di più modelli. 

Ciascun modello deve essere compilato in ogni sua parte e trasmesso singolarmente. 

Ai fini della decorrenza del termine dilatorio di centoventi giorni, solo decorso il quale possono essere notificati il titolo esecutivo ed il precetto ed avviata l’esecuzione forzata, la richiesta di pagamento deve essere inviata, alternativamente:

  • all’indirizzo p.e.c. della Direzione regionale di riferimento, in relazione all’ambito provinciale di Agenzia delle entrate- Riscossione che ha emesso l’atto impugnato;
  • mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della sede legale di Agenzia delle entrate – Riscossione (Via Giuseppe Grezar n. 14- CAP 00142 Roma), indicando quale destinatario “Agenzia delle entrate- Riscossione- Richiesta di pagamento spese giudizio (Regione)”, indicando la Regione geografica di riferimento, in relazione all’ambito provinciale di Agenzia delle entrate- Riscossione che ha emesso l’atto impugnato.

Il sito istituzionale dell’Agente della riscossione specifica inoltre come alla richiesta debba essere allegata copia del documento di identità del richiedente. Tale allegazione non è tuttavia necessaria quando la richiesta sia sottoscritta con firma digitale e trasmessa mediante posta elettronica certificata, dal momento che l’utilizzo di tali due mezzi telematici risulta già di per sé idoneo all’identificazione certa ed incontrovertibile del richiedente.

Il sito istituzionale dell’Agente della riscossione conclude evidenziando come non possano essere prese in carico ed avviate alla lavorazione e, quindi, non siano idonee a far decorrere il termine dilatorio di centoventi giorni, eventuali richieste incomplete, che contengano dati non corretti o comunque presentino un contenuto diverso da quello previsto ex lege o, infine, che siano trasmesse ad indirizzi diversi da quelli dedicati in via esclusiva al ricevimento delle richieste di pagamento.

  • . 3 Il termine dilatorio ex art. 14, comma 1, D.L. 669/1996, convertito in Legge 30/1997.

La disposizione di cui all’art. 229 del Testo unico allegato al D.lgs. 33/2025 si completa con quella dell’art. 14, comma 1, D.L. 31 dicembre 1996 n. 669, convertito con modificazioni in Legge 28 febbraio 1997 n. 30, secondo cui “Le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici e l’ente Agenzia delle entrate – Riscossione completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto”.

Il testo attuale di tale norma è quello risultante dalla modifica additiva apportata dall’art. 19-octies, comma 3, D.L. 16 ottobre 2017 n. 148, convertito con modificazioni in Legge 04 dicembre 2017 n. 172, che ha aggiunto tra i beneficiari della disposizione di favor l’ente Agenzia delle entrate-Riscossione, affiancandolo alle “amministrazioni dello Stato” e agli “enti pubblici non economici”.

Il combinato disposto tra l’art. 229 del Testo unico allegato al D.lgs. 33/2025 e l’art. 14, comma 1, D.L. 669/1996 dilaziona quindi in maniera molto rilevante l’eventuale esecuzione forzata contro l’Agente della Riscossione, prevedendo in favore di quest’ultimo ben due termini dilatori, ciascuno dei quali pari a centoventi giorni, il primo tra la richiesta stragiudiziale di pagamento e la notificazione del titolo esecutivo ed il secondo tra quest’ultima e la notifica dell’atto di precetto, che deve precedere l’avvio dell’esecuzione forzata.

Si tratta di disposizioni di favor verso l’Agente della Riscossione, derogatorie rispetto al generale principio di provvisoria esecutività della sentenza di primo grado – sia civile (art. 282 c.p.c.), sia tributaria (artt. 67-bis e 69 D.lgs. 546/1992, a decorrere dal 1° gennaio 2026 “trasfusi” rispettivamente negli artt. 125 e 127 del Testo unico allegato al D.lgs. 175/2024) – che contenga una statuizione di condanna, anche solo relativa alle spese di giudizio. Si ricorda, in proposito, come per orientamento ormai costante della giurisprudenza di legittimità, l’immediata efficacia esecutiva della sentenza di primo grado sia riferibile a tutte le pronunce di condanna, indipendentemente dalla loro accessorietà ad una statuizione principale che sia suscettibile anch’essa di provvisoria esecutività. Pertanto, il capo contenente la condanna al pagamento delle spese processuali è provvisoriamente esecutivo, pur se acceda a pronunce di accertamento o costitutive o di rigetto, o comunque non suscettibili di immediata esecutività (ex multis, Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2004, sent. n. 21367 e Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2023, ord. n. 32380).

La disposizione derogatoria di cui all’art. 14 D.L. 669/1996 ha superato con successo i plurimi giudizi di costituzionalità, ai quali è stata sottoposta (si ricordano, in proposito, le pronunce Corte Costituzionale 20-23 aprile 1998, sent. n. 142; Corte Costituzionale 16-30 dicembre 1998, ord. n. 463; Corte Costituzionale 27 ottobre 2006, sent. n. 343 e Corte Costituzionale 11-15 marzo 2013, ord. n. 44). 

In particolare, la seconda delle pronunce sopra richiamate ha ritenuto che l’obbligo di seconda notificazione del titolo esecutivo, quale condizione di procedibilità dell’azione esecutiva (anche quando il titolo giudiziale sia già stato notificato alla Pubblica Amministrazione debitrice, allo scopo di farlo divenire esecutivo in difetto di opposizione, come avviene nel caso del decreto ingiuntivo ex art. 647 c.p.c.), non deroghi al generale principio di unicità della notificazione del titolo, non potendosi ricavare la deroga né dall’interpretazione testuale della norma, né dalla ratio legis, che richiede la nuova notifica del titolo esecutivo per consentire alla Pubblica Amministrazione di provvedere al pagamento, previo controllo del titolo e fatto salvo il rispetto delle regole di contabilità pubblica (si veda anche, in tal senso, Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2010, ord. n. 24078).

Peraltro, durante la pendenza del termine dilatorio la Pubblica Amministrazione non deve restare inerte, ma al contrario deve attivarsi affinché la procedura di pagamento possa concludersi nei centoventi giorni

Solo così la disposizione di cui all’art. 14 D.L. 669/1996, convertito con modificazioni in Legge 30/1997, può risultare compatibile con la direttiva n. 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi nei pagamenti commerciali

Le due normative, peraltro, si pongono su piani diversi, in quanto la direttiva fissa il termine (non superiore a novanta giorni) entro il quale il creditore  deve poter ottenere il titolo esecutivo (nell’ipotesi in cui il suo credito non risulti contestato), senza intervenire sulle procedure nazionali di esecuzione forzata, che restano di esclusiva competenza degli Stati membri, mentre l’art. 14 D.L. 669/1996, convertito con modificazioni in Legge 30/1997, introduce una condizione di procedibilità per l’esercizio dell’azione esecutiva, la quale presuppone che il creditore disponga già del titolo esecutivo (Corte di Giustizia CE 11 settembre 2008, C-265/07, Commissione c. Italia).

Nonostante la sua compatibilità con l’assetto costituzionale, l’art. 14 D.L. 669/1996, convertito con modificazioni in Legge 30/1997, così come l’art. 229 del Testo unico allegato al D.lgs. 33/2025, appare difficilmente conciliabile con i generali obiettivi di snellimento e velocizzazione dei pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni, che lo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (P.N.R.R.) si è posto. 

 

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Processuale Telematico Tributario

Unicusano-Roma