Cass. civ., sez. VI-5, ord., 20 gennaio 2023 n. 1797


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12992-2021 proposto da:

LA CONCA AZZURRA Srl -………… in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avvocato C. G.;        – ricorrente –

contro

COMUNE DI (Omissis) – C.F. (Omissis), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocato C.C.;    – controricorrente –

avverso la sentenza n. 694/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA – SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il 25/01/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2022 dal Consigliere Dott. LORENZO DELLI PRISCOLL

Svolgimento del processo

La società contribuente, che esercita nel Comune di (Omissis) attività di gestione di un albergo e di un ristorante nonché commercio di prodotti non alimentari, impugnava una bolletta relativa alla TARI per il 2018;

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente ma la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello del Comune di (Omissis), affermando che solo dopo il mancato pagamento della bolletta il Comune procede alla notifica dell’accertamento d’ufficio o in rettifica, con irrogazione di sanzioni ed interessi e solo tale provvedimento rappresenta la prima manifestazione impositiva effettivamente lesiva dell’interesse del contribuente contro cui poter ricorrere.

La parte contribuente proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione mentre il Comune di (Omissis) si costituiva con controricorso.

Motivi della decisione

Con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la parte contribuente denuncia nullità della sentenza o del procedimento in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992artt. 19, dell’art. 100 c.p.c. e della Cost., art. 113, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che l’avviso di pagamento notificato dal Comune non rientrasse nel novero degli atti impugnabili di cui all’art. 19 cit. perchè l’atto impugnato conteneva tutti gli elementi per individuare la pretesa erariale in relazione alla TARI per l’anno 2018 e la parte contribuente aveva interesse a chiarire, sin dalla notifica dell’avviso di pagamento, l’ammontare delle superfici tassabili e gli errori commessi dal Comune nella quantificazione.

Il motivo di impugnazione è fondato.

Secondo questa Corte, infatti:

in tema di contenzioso tributario, la natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992art. 19, non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria; tale facoltà, tuttavia, non esclude l’onere di impugnare successivamente l’atto impositivo tipico, per evitare il consolidamento della pretesa dell’ente impositore, tanto che l’impugnazione dell’atto tipico fa venir meno l’interesse alla decisione sull’atto impugnato in via facoltativa (nella specie, la Corte di Cassazione ha dichiarato la cessazione della materia del contendere con riferimento all’impugnazione della fattura commerciale, con cui il gestore del servizio smaltimento rifiuti solidi urbani aveva richiesto il pagamento della T.I.A., avendo il contribuente successivamente impugnato anche l’ingiunzione di pagamento che l’aveva sostituita: Cass. n. 11481 del 2022);

in tema di impugnazione di atti dell’amministrazione tributaria, nonostante l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992art. 19“, i principi costituzionali di buon andamento della p.a. (Cost., art. 97) e di tutela del contribuente (Cost., art. 24 e 53) impongono di riconoscere l’impugnabilità di tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessità di attendere che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dalla norma su richiamata, e tale impugnazione va proposta davanti al giudice tributario, in quanto munito di giurisdizione a carattere generale e competente ogni qualvolta si controversa di uno specifico rapporto tributario. Ne consegue che anche la comunicazione di irregolarità di cui al D.P.R. n. 600 del 1973art. 36 bis, comma 3, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario (Cass. n. 7344 del 2012).

La sentenza impugnata non si è attenuta ai suddetti principi laddove ha acriticamente ritenuto che la bolletta TARI del 2018 – nonostante in essa fosse compiutamente espressa la pretesa impositiva del Comune di (Omissis) non fosse autonomamente impugnabile, dal momento che la natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992art. 19, non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che – come nel caso di specie – portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria cosicché ben può dirsi, non solo in ragione dei suddetti principi di cui alla Cost., artt. 2453 e 97 ma anche in ragione di quelli in tema di ragionevole durata del processo di cui alla Cost., art. 111, 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e 6 CEDU (cfr. Cass. n. 39660 del 2021), che sussista l’interesse ad instaurare la lite ex art. 100 c.p.c. senza necessità di attendere che tale pretesa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 citato.

Pertanto, ritenuta la fondatezza del motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2023


COMMENTO REDAZIONALE– L’ordinanza in commento ribadisce il principio secondo cui la natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria. Tale facoltà, tuttavia, non esclude l’onere, per il contribuente, di impugnare successivamente l’atto impositivo tipico, per evitare il consolidamento della pretesa dell’Ente impositore, tanto che l’impugnazione dell’atto tipico fa venir meno l’interesse alla decisione sull’atto impugnato in via facoltativa.

In applicazione del predetto principio, viene riformata la sentenza di secondo grado che aveva ritenuto non impugnabile la bolletta TARI.

Tale atto, seppure atipico, esprime infatti compiutamente la pretesa impositiva del Comune ed è quindi autonomamente impugnabile, dal momento che la natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili di cui all’art. 19 D.lgs. 546/1992 non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici.

Tale conclusione appare conforme non solo ai principi costituzionali di diritto di azione e difesa in giudizio (art. 24 Cost.), capacità contributiva (art. 53 Cost.), buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.), ma anche all’esigenza di ragionevole durata del processo (art. 111 Cost., art. 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e art. 6 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), in quanto permette di definire la lite tributaria senza necessità di attendere che la pretesa dell’Ente creditore assuma la forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 D.lgs. 546/1992.