SOMMARIO: §. 4 La fase istruttoria. §. 5 L’adozione del provvedimento di accoglimento o di rifiuto. §. 6 Il provvedimento di accoglimento parziale.
- . 4 La fase istruttoria.
La Circolare Agenzia delle Entrate 07 novembre 2024 n. 21/E fornisce chiarimenti anche relativamente allo svolgimento dell’istruttoria, necessaria per decidere una richiesta di annullamento in autotutela, e all’adozione del relativo provvedimento.
Fermo restando l’onere, per il contribuente che formuli l’istanza, di rappresentare in modo esaustivo la questione e di fornire tutta la documentazione utile per il suo esame, l’Ufficio competente deve comunque procedere tempestivamente all’istruttoria dell’istanza, garantendo la piena e trasparente collaborazione con il contribuente, l’esame accurato degli elementi oggettivi evidenziati da quest’ultimo e di quelli già in proprio possesso e/o eventualmente accertati in sede giurisdizionale, anche extra-tributaria, nonché un’approfondita analisi dei vizi formali e sostanziali denunciati dal contribuente nella richiesta. Al fine di garantire l’opportuno coordinamento tra le attività dei diversi Uffici, deve inoltre compiere gli opportuni riscontri, al fine di verificare se la richiesta di autotutela sia eventualmente connessa ad altri atti, diversi da quelli oggetto della richiesta medesima, emessi da differenti Uffici.
La Circolare, dunque, non fissa alcun termine perentorio entro il quale la richiesta di annullamento in autotutela di un atto deve essere esaminata e decisa, limitandosi ad utilizzare l’avverbio “tempestivamente”.
Nel caso dell’autotutela obbligatoria, il termine finale è comunque ricavabile- secondo quanto espressamente esplicitato dalla Circolare- dall’art. 21, comma 2, D.lgs. 546/1992, che consente di ritenere formato- e impugnabile mediante ricorso tributario- il rifiuto tacito di autotutela obbligatoria, una volta trascorsi novanta giorni dalla presentazione della domanda, senza che l’Amministrazione finanziaria abbia provveduto in modo esplicito.
Nel caso di istanza di annullamento in autotutela facoltativa, rispetto alla quale è suscettibile di ricorso tributario unicamente il provvedimento di rifiuto espresso, la previsione di un termine finale per l’adozione del provvedimento sarebbe forse risultata opportuna, al fine di evitare che il contribuente resti in una situazione di incertezza per un tempo indefinito.
In ogni caso, qualora l’Amministrazione finanziaria resti “silente” rispetto ad un’istanza di autotutela facoltativa, il contribuente potrà e dovrà tutelarsi mediante l’impugnazione giudiziale dell’atto, che è stato oggetto della richiesta di annullamento in autotutela. Ciò in quanto, come chiarito dalla stessa Circolare, anche in caso di sospensione disposta in sede di autotutela non vengono sospesi i termini processuali (in primis, il termine di sessanta giorni dalla notifica, ex art. 21 D.lgs. 546/1992, entro il quale può essere impugnato dinanzi al giudice tributario l’atto, che è stato oggetto della richiesta di annullamento in autotutela) e “l’atto eventualmente sospeso si continua a considerare legittimo e fondato fino all’eventuale accoglimento totale o parziale dell’autotutela”.
Durante la vigenza della normativa ad oggi abrogata, l’annullamento in autotutela di un atto di valore eccedente un miliardo di lire era sottoposto al parere preventivo della Direzione Regionale da cui dipendeva l’Ufficio competente a decidere sulla relativa richiesta (art. 4, comma 1, D.M: 37/1997). Ad oggi, malgrado tale disposizione non sia stata riprodotta, la Circolare Agenzia delle Entrate 07 novembre 2024 n. 21/E richiede comunque ai propri Uffici di continuare ad interessare la propria Direzione Regionale, al fine di ottenere da essa il preventivo parere, “in relazione a questioni di particolare complessità o per importi di imposta (o crediti), sanzioni ed interessi complessivamente superiori a soglie individuate da ciascuna Direzione regionale tenendo conto della specifica realtà economica ed operativa”.
- . 5 L’adozione del provvedimento di accoglimento o di rifiuto.
Per quanto riguarda l’adozione del provvedimento espresso finale, sia esso di accoglimento oppure di rifiuto della richiesta, lo stesso deve essere motivato in fatto e in diritto. Per esigenze di economia procedimentale, è ammessa la motivazione per relationem con riferimento a motivi, reiterati nell’istanza di autotutela, che siano stati discussi in sede di contraddittorio preventivo prima dell’emanazione dell’atto oggetto di autotutela. E’ comunque richiesto all’Ufficio di prendere posizione sugli elementi in proprio possesso e sulla documentazione fornita dal contribuente, mentre è vietato prendere in considerazione elementi presentati dal contribuente in violazione dell’art. 32, comma 3, D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, dell’art. 51, ultimo comma, D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 o di altre analoghe disposizioni di legge, a meno che non ricorrano eccezioni specificamente previste dal Legislatore.
Se quindi, in base alle predette norme, non possono di regola essere presi in considerazione in favore del contribuente notizie, dati, atti, documenti, libri o registri da quest’ultimo non addotti, non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio, è tuttavia fatta salva la facoltà, per il contribuente medesimo, di presentare la predetta documentazione per la prima volta in sede di richiesta di autotutela, dimostrando che la precedente omissione sia stata dovuta a causa a sé non imputabile, secondo la facoltà espressamente ammessa dall’art. 32, comma 4, D.P.R. 600/1973.
Il provvedimento conclusivo, sia esso di accoglimento o di diniego, deve essere notificato al domicilio digitale indicato nell’istanza di autotutela, in conformità alla normativa sulle notificazioni per via telematica (art. 60-ter D.P.R. 600/1973) oppure al domicilio digitale del professionista indicato nell’istanza; in mancanza di tali indicazioni, è ammessa la notifica in forma analogica al domicilio fiscale del contribuente risultante dall’anagrafe tributaria.
- . 6 Il provvedimento di accoglimento parziale.
Una particolare attenzione viene infine dedicata dalla Circolare al provvedimento che accolga solo parzialmente la richiesta di annullamento in autotutela. Quest’ultimo deve contenere la rideterminazione delle somme dovute e, comportando un rifiuto espresso sulla parte di richieste non accolte, come tale impugnabile mediante ricorso tributario ai sensi dell’art. 19, comma 1, lettere g-bis) e g-ter) D.lgs. 546/1992, deve essere motivato, in punto di fatto e di diritto, con indicazione delle ragioni per le quali l’istanza del contribuente non è stata, almeno parzialmente, ritenuta accoglibile. Anche in questo caso, per esigenza di economia procedimentale, è ammessa la motivazione per relationem, laddove ricorrano le condizioni sopra esplicitate.
Nel caso in cui siano ancora pendenti i termini di emissione di un nuovo provvedimento e non sia intervenuta una pronuncia passata in giudicato sul merito della controversia, l’Ufficio può riemettere l’atto emendato dai vizi riscontrati, notificandolo al contribuente insieme al provvedimento di autotutela.
Si tratta di una fattispecie riconducibile alla cd. “autotutela sostitutiva”, che trova fondamento nel generale potere dell’Amministrazione finanziaria (in senso lato) di correggere eventuali errori presenti in un proprio provvedimento e di applicare il principio del favor rei, annullando l’originario provvedimento viziato e sostituendolo con un nuovo atto, il quale può anche avere un dispositivo e/o una motivazione differenti da quelli dell’atto originario, stante la correzione del vizio (formale o sostanziale) originario.
La cd. “autotutela sostitutiva” trova tuttavia un limite nel divieto di bis in idem, che caratterizza il procedimento tributario, in forza del quale, salvo che specifiche disposizioni prevedano diversamente e ferma l’emendabilità dei vizi formali e procedurali, il contribuente ha di regola diritto a che l’Amministrazione finanziaria eserciti l’azione accertativa relativamente a ciascun tributo una sola volta per ogni periodo di imposta (art. 9-bis Legge 27 luglio 2000 n. 212).
Tale principio trova applicazione sia ai tributi periodici, in relazione ai quali l’obbligo di unicità dell’accertamento deve essere circoscritto al singolo periodo di imposta, sia ai tributi diversi da quelli periodici (es.: imposte di bollo, di registro, sulle successioni, ecc.) e può essere derogato unicamente al ricorrere delle condizioni previste da specifiche disposizioni di legge, quali quelle che prevedono l’accertamento parziale (art. 41-bis D.P.R. 600/1973 e art. 54-bis D.P.R. 633/1972) o l’accertamento integrativo in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Agenzia delle Entrate (art. 43, comma 3, D.P.R. 600/1973 e art. 57, comma 4, D.P.R. 633/1972). Può inoltre essere derogato qualora venga accertato un abuso del diritto (art. 10-bis, comma 6, Legge 212/2000).
Pertanto, in conclusione, in conformità ai principi di capacità contributiva (art. 53 Costituzione) e di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione (art. 97 Costituzione), finché non siano scaduti i termini per l’accertamento fissati dalle singole leggi di imposta, e a condizione che sul rapporto tributario controverso non si sia formato un giudicato sostanziale favorevole all’Amministrazione finanziaria, l’Ufficio può sempre procedere alla correzione di vizi formali e procedurali mediante l’adozione di un nuovo atto, previo annullamento di quello precedente viziato; può invece modificare e/o integrare a proprio favore la pretesa impositiva originariamente esercitata solo al ricorrere delle condizioni previste da specifiche disposizioni di legge, quali l’accertamento parziale, l’accertamento integrativo o l’accertamento di situazioni configuranti un abuso del diritto. Tale nuovo provvedimento, sostitutivo di quello originario, comporterà una nuova decorrenza di tutti i termini sia per il contribuente (es.: termini per il pagamento, per l’impugnazione dell’atto mediante ricorso tributario, per l’adesione agli istituti di definizione agevolata), sia per l’Ente impositore (es.: termine per l’affidamento del carico in riscossione).
La predetta conclusione, seppure contenuta in un documento di prassi adottato dall’Agenzia delle Entrate, deve naturalmente ritenersi estensibile anche agli Enti locali: anch’essi, fino a quando non sia scaduto il termine per l’accertamento del tributo previsto dall’art. 1, comma 161, Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (i.e.: 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati) ed a condizione che sul rapporto tributario controverso non sia intervenuta una sentenza passata in giudicato, che abbia deciso il merito della vertenza in senso favorevole agli Enti medesimi, potranno sempre correggere vizi formali e procedurali dell’atto viziato, annullando quest’ultimo ed emettendo un nuovo atto, interamente sostitutivo del precedente; potranno invece esercitare nuovamente la propria potestà impositiva, modificando o integrando a proprio favore la pretesa già esercitata, unicamente al ricorrere delle condizioni previste dalle specifiche disposizioni di legge sopra esaminate.
Dott.ssa Cecilia Domenichini
Unicusano -Roma