Cass. civ., sez. VI-5, ord., 25 gennaio 2023 n. 2250


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1617-2021 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 106, presso lo studio dell’avvocato P.M.A .V., rappresentata e difesa dagli avvocati E.C., M.G.;                                                                                                                                                           – ricorrente –

Contro

ADER, – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (C.F. (Omissis)), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2474/23/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 03/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/12/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MONDINI.

Svolgimento del processo

che:

  1. A.A. ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la CTR della Campania ha in parte accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate Riscossione contro la sentenza di annullamento dell’intimazione di pagamento oggetto dell’originario ricorso;
  2. l’Agenzia resiste con controricorso.

Motivi della decisione

che:

  1. con il primo motivo di ricorso la contribuente lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992art. 51per avere la CTR ritenuto tempestivo l’appello dell’Agenzia;
  2. il motivo è fondato.

2.1. La sentenza di primo grado è stata depositata il 10.12.2018 ed è stata notificata, in data 20.12.2018, dalla odierna ricorrente all’Agenzia presso la sede e non al difensore con il quale l’Agenzia era costituita e presso il quale era domiciliata nel giudizio di primo grado. L’appello dell’Agenzia è stato notificato il 27.2.2019.

La CTR ha ritenuto tempestivo l’appello avendo riguardo al termine lungo di sei mesi dal deposito della sentenza (art. 327 c.p.c.) sul motivo che il termine breve di sessanta giorni dalla notifica della sentenza (D.Lgs. n. 546 del 1992art. 51) opera se la sentenza è notificata al difensore domiciliatario.

2.2. Nella motivazione della sentenza delle Sezioni Unite della Corte, n. 21884/2022, si legge: “19. Occorre muovere, anzitutto, dal principio enunciato, in particolare, dalle sentenze n. 8053 del 7 aprile 2014 e n. 14916 del 20 luglio 2016 di queste Sezioni Unite, ma che ha trovato poi ampio e consolidato consenso nella giurisprudenza successiva – secondo cui le disposizioni del D.Lgs. n. 546 del 1992art. 1 (“I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”: comma 2) e art. 49 (“Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto”: comma 1) relative al processo e alle impugnazioni in generale, istituiscono “un’autentica specialità del rito tributario, sancendo la prevalenza della norma processuale tributaria, ove esistente, sulla norma processuale ordinaria, la quale ultima si applica, quindi, in via del tutto sussidiaria, oltre che nei limiti della compatibilità”. Di qui, la contrapposizione con la disposizione di cui all’art. 62 (“Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto”: comma 2) del medesimo D.Lgs., la quale, per il giudizio di cassazione “(a)vverso la sentenza della commissione tributaria regionale” (art. 62, comma 1 che prevede la proponibilità del ricorso per cassazione “per i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. da 1 a 5″), “fa espressamente riferimento all’applicabilità delle norme del codice di procedura civile, così attribuendo, per questa sola ipotesi, la prevalenza alle norme processuali ordinarie ed escludendo “esistenza di un “giudizio tributario di legittimità”, cioè di un giudizio di cassazione speciale in materia tributaria”. 20. Tale regime diversificato tra processo tributario – ossia quello che si svolge dinanzi alle commissioni tributarie – e giudizio civile di legittimità, quanto alla disciplina processuale rispettivamente applicabile, si riverbera sulla individuazione delle norme alle quali occorre fare riferimento (anche) in materia di notificazioni. 21. La disciplina propria del processo tributario che trova evidenza al riguardo è, anzitutto, quella dettata dall’art. 16 proc. trib., rubricato “Comunicazioni e notificazioni”, che, per quanto concerne specificamente le notificazioni, dispone, in primo luogo (comma 2), che queste “sono fatte secondo le norme degli artt. 137 e ss. c.p.c., salvo quanto disposto dall’art. 17″. Sicché, tra le norme del codice di rito che trovano applicazione vi è anche l’art. 149, che consente la notificazione a mezzo del servizio postale, ma in base alle regole dettate dalla L. 20 novembre 1982, n. 890 e successive modificazioni. 22. La deroga che l’art. 16, comma 2, proc. trib. ha disposto rispetto alle notificazioni da effettuarsi secondo le regole del codice di rito civile attiene – come fatto palese dalla rubrica del richiamato art. 17 – al “luogo” delle notificazioni, le quali “… sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio….” (comma 1). Con l’ulteriore precisazione che “(D’indicazione della residenza o della sede e l’elezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo” (comma 2). Sicché, alla luce del principio espresso dalle Sezioni Unite con la citata sentenza del 2016, dalla chiara formulazione dell’art. 17 proc. trib., in coerenza con l’assetto innanzi rammentato, si trae pianamente che, nel processo tributario, rispetto alla notificazione della sentenza di primo grado da eseguirsi nel domicilio eletto dalla parte (ovvero, in mancanza di elezione di domicilio, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte stessa), prevale, comunque, la facoltà, alternativa, di eseguire la notificazione con “consegna in mani proprie”, quale modalità che, pertanto, risulta idonea a far decorrere il termine c.d. “breve” per l’impugnazione di cui al citato art. 38…. 25. La ricordata disciplina delle notificazioni nel processo tributario non rimane confinata in ambito soltanto endoprocessuale di ciascun grado di merito, ma si estende – sempre “con carattere di specialità e quindi di prevalenza” (Cass., S.U., n. 14916/2016, citata) – alla fase dell’impugnazione, come è confermato, anzitutto, dall’art. 38, comma 2, proc. trib., come modificato dal D.L. n. 40 del 2010art. 3 convertito, con modificazioni, nella L. n. 73 del 2010, che reca la disciplina sulla decorrenza del termine c.d. breve d’impugnazione della sentenza. L’originaria formulazione della disposizione addossava alle parti “l’onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c.”; incombente che, nel presupporre la necessaria intermediazione dell’ufficiale giudiziario, si reputava volto alla “salvaguardia di esigenze di certezza e sicurezza messe a presidio della formazione del giudicato formale sulla sentenza” (Cass., 28 giugno 2018, n. 16554). Il legislatore della novella del 2010 ha inteso, invece, operare un espresso richiamo all’art. 16 proc. trib. quante all’onere delle parti “di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti” e tanto, quindi, non solo avvalendosi delle forme previste dal codice di procedura civile, ma anche facendo ricorso alle fattispecie di notificazione c.d. “diretta” consentite dallo stesso art. 16, comma 3. Dalla notificazione effettuata a norma dall’art. 38, comma 2, proc. trib. nella vigente formulazione, decorre, quindi, ex art. 51, comma 1, proc. trib., il termine di sessanta giorni per l’appello, là dove, invece, in mancanza, trova applicazione il termine, c.d. “lungo”, dell’art. 327 c.p.c., secondo quanto stabilito dall’art. 38, comma 3, proc. trib. 26. La specialità del regime di notificazione degli atti (di parte o del giudice) nel processo tributario si coglie, quindi, già nell’art. 16 proc. trib., non solo là dove (comma 2) è richiamata la disciplina dell’art. 17 proc. trib. quale eccezione a quella dettata in via ordinaria dagli artt. 137 e ss. del codice di rito civile, ma anche nelle previsioni (comma 3) di una notificazione diretta ad opera della parte tramite il servizio postale con raccomandata ordinaria (dunque, senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario e non in base alle regole dettate dalla L. n. 890 del 1982) e della “consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia” per quanto riguarda le sole notificazioni del contribuente nei confronti dell’ente impositore”.

2.3. Alla luce di quanto precede deve concludersi che la CTR ha errato nel dichiarare tempestivo l’appello dell’Agenzia. L’appello era tardivo in quanto notificato oltre il termine di sessanta giorni (D.Lgs. n. 546 del 1992art. 51, comma 1), decorso dal giorno in cui la sentenza di primo grado era stata notificata presso la sede dell’Agenzia.

  1. In ragione di quanto precede il primo motivo di ricorso va accolto e, restando gli altri motivi assorbiti, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio;
  2. Le spese del merito e del giudizio di legittimità sono compensate dato che la sentenza delle Sezioni Unite a cui è stato fatto riferimento è intervenuta dopo la proposizione del ricorso per cassazione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata senza rinvio e compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2023


COMMENTO – La vicenda in esame trae origine dalla proposizione, da parte di Agenzia delle entrate- Riscossione, di un appello avverso una sentenza depositata in data 10 dicembre 2018 e notificata all’Agente della Riscossione, mediante “consegna diretta” presso la sede, in data 20 dicembre 2018.

Agenzia delle entrate- Riscossione proponeva appello mediante ricorso notificato in data 27 febbraio 2019, e dunque entro il cd. “termine lungo” di sei mesi dal deposito della sentenza (art. 327, comma 1, c.p.c., richiamato dall’art. 38, comma 3, D.lgs. 546/1992), ma oltre il cd. “termine breve” di sessanta giorni dalla notificazione della stessa (art. 51, comma 1, D.lgs. 546/1992).

Il giudice di secondo grado riteneva l’appello tempestivo, sull’assunto che la notificazione della sentenza, per risultare idonea a far decorrere il cd. “termine breve” per l’appello, dovesse essere eseguita presso il difensore con il quale Agenzia delle entrate-Riscossione era costituita in primo grado e presso il quale aveva eletto domicilio.

Tale statuizione viene completamente riformata dall’ordinanza in commento, con conseguente declaratoria di tardività dell’appello di Agenzia delle entrate-Riscossione.

Il processo tributario di merito prevede infatti norme speciali in materia di notificazioni (artt. 16, 16-bis e 17 D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546), destinate a prevalere per specialità sulla normativa ordinaria del Codice di procedura civile.

Ciò in quanto sia l’art. 1, comma 2, D.lgs. 546/1992 (in via generale), sia l’art. 49 del predetto Decreto (per quanto specificamente concerne la materia delle impugnazioni) richiamano le norme ordinarie del Codice di procedura civile solo in via sussidiaria, qualora manchino disposizioni speciali nell’ambito del D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, e nei limiti della compatibilità.

Diversamente, per il giudizio di legittimità, l’art. 62 D.lgs. 546/1992 richiama integralmente e senza alcuna deroga le norme del Codice di procedura civile.

Pertanto, mentre non può affermarsi l’esistenza di un “giudizio tributario di legittimità”, ossia di un giudizio di Cassazione speciale in materia tributaria, per i gradi di merito il processo tributario si caratterizza invece senza dubbio come speciale rispetto a quello civile.

Tale differenza è stata più volte affermata dalla giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, che hanno escluso il carattere di specialità del giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 D.lgs. 546/1992 (Cass. civ., Sezioni Unite, 07 aprile 2014 n. 8053 e Cass. civ., Sezioni Unite, 20 luglio 2016 n. 14916).

Tale differenza tra i gradi di merito e quello di legittimità del processo tributario si riverbera anche in materia di notificazioni.

In particolare, nel giudizio che si svolge dinanzi alle Commissioni tributarie (i.e.: oggi Corti di giustizia tributarie), la normativa ordinaria sulle notificazioni prevista dal Codice di procedura civile (artt. 137 e ss.) risulta recessiva rispetto alle disposizioni speciali in materia di notificazioni (artt. 16, 16-bis e 17 D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546). 

In particolare, nel caso di specie, viene in rilievo la norma di cui all’art. 17 D.lgs. 546/1992 sul luogo delle notificazioni, che prevede come del tutto alternative la notificazione presso il domicilio eletto e quella eseguita “a mani proprie”, intendendosi per tale anche quella che avviene presso la sede di un Ente.

La disciplina speciale sulle notificazioni relative al processo tributario di merito non resta infatti confinata in ambito endoprocessuale, ma trova applicazione anche alla notificazione della sentenza finalizzata a far decorrere il cd. “termine breve” per l’appello.

Pertanto, viene ritenuta pienamente idonea a far decorrere il “termine breve” la “consegna diretta” della sentenza alla sede di Agenzia delle entrate-Riscossione, anche quando quest’ultima fosse costituita in giudizio a mezzo di difensore domiciliatario: di conseguenza, l’appello proposto oltre il termine di sessanta giorni dalla predetta “consegna diretta” della sentenza viene dichiarato tardivo.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma