Consiglio di Stato, sez. VII, 28 aprile 2023, n.4332


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10659 del 2018, proposto da B.C. quale procuratrice speciale di D.D., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio …;

contro

Comune di Brugherio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati … con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n.1718/2018

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Brugherio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 14 aprile 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina;

Nessuno è presente per le parti;

Viste altresì le conclusioni delle parti come da verbale;

Svolgimento del processo

L’odierna appellante, nella qualità di procuratrice speciale di D.D., premesso che quest’ultimo era proprietario nel Comune di B. delle aree catastalmente identificate al Fg. (…), mapp. (…) – (…), concesse poi in godimento all’… P.L., esponeva che con provvedimento prot. n. (…) del 9 maggio 2003, l’ente locale aveva rilasciato in favore dell’… la concessione edilizia in sanatoria relativa alla posa del prefabbricato ad uso deposito attrezzi e quello ad uso bagno, nonché la concessione edilizia “ordinaria” avente ad oggetto l’ampliamento dello stesso deposito attrezzi.

Successivamente l’Amministrazione comunicava, con provvedimento prot. n. (…) del 12 agosto 2009, l’annullamento in autotutela delle concessioni in sanatoria rilasciate nel 2003 all’Azienda Agricola P.L. contestando, con l’ordinanza n.136 prot. n. (…) del 12 settembre 2009, una fattispecie di lottizzazione abusiva materiale in ordine ai mappali (…) e (…).

Il Tar per la Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, respingeva il ricorso sia avverso il provvedimento prot. n. (…) del 12 agosto 2009, notificato in data 14 agosto 2009, recante l’annullamento in autotutela delle concessioni in sanatoria rilasciate nel 2003 all’Azienda Agricola, che il Provv. n. 136 prot. n. (…) del 12 settembre 2009, con cui si ordinava al ricorrente la sospensione della lottizzazione abusiva in corso e di ripristinare lo stato dei luoghi a B.I.V.S.M. al L. (fg. (…), mapp. (…) e (…)), nonché i motivi aggiunti per l’annullamento del diniego di proroga prot. n. (…) del (…) dicembre 2009, sul rilievo assorbente che la concessione in sanatoria n. (…) del 9 maggio 2003 era stata rilasciata per l’esercizio di attività agricola alla condizione di asservire gli immobili sanati a tale destinazione economico produttiva. Per contro, era emerso dagli atti di causa e dagli innumerevoli sopralluoghi dell’Amministrazione che non era mai stata esercitata alcuna attività agricola e che gli immobili sanati sono stati utilizzati a fini residenziali.

Quanto alla richiesta di annullamento dell’ordinanza di demolizione n. 136 del 12 settembre 2009, il Giudice riteneva manifestamente infondata la domanda, riportandosi integralmente ai sensi dell’art. 74 c.p.a. alle considerazioni espresse con la sentenza n. 1320/2009, resa dallo stesso Tribunale nei confronti dell’odierno appellante nel giudizio r.g.n. 363/09, sull’assunto che il ricorrente aveva realizzato abusivamente una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale sul fondo di sua proprietà.

Appellata ritualmente la sentenza, resisteva il Comune di Brugherio.

All’udienza di smaltimento del 14 aprile 2023 la causa passava in decisione

Motivi della decisione

1.Deve essere preliminarmente disattesa la chiesta di rinvio per contattare il proprio cliente, formulata dal difensore dell’appellante, che comunque ha concluso depositando le memorie conclusionali, non ravvisandosi i presupposti per il differimento dell’udienza.

2.Con il primo motivo l’appellante deduce: “Errores in iudicando – difetto di istruttoria e carenza assoluta di motivazione – violazione e falsa applicazione L. n. 241 del 1990 – arbitrarietà e irrazionalità manifesta”.

Lamenta l’erroneità della decisione gravata nella parte in cui il Collegio ha ritenuto legittimo il provvedimento di annullamento in autotutela senza considerare che il provvedimento impugnato doveva essere riqualificato come revoca, essendo stato determinato da elementi sopravvenuti che avevano spinto l’amministrazione a rivedere l’assetto degli interessi e a rimuovere gli effetti della concessione che aveva legittimamente emesso.

La censura non è fondata.

3.Con il secondo motivo l’appellante deduce: “Errores in iudicando – difetto di motivazione”.

Evidenzia l’estraneità alla fattispecie di lottizzazione abusiva in quanto non interessava la sua porzione di proprietà e che le opere insistenti sul fondo erano state tutte assentite e autorizzate dal Comune con le autorizzazioni in sanatoria del 15 maggio 2002 e del 9 maggio 2003, con la conseguenza che il successivo annullamento in autotutela delle autorizzazioni rilasciate non poteva poi dare luogo ad una lottizzazione abusiva.

Evidenziava, inoltre, che la contestata posa della pavimentazione cementizia era stata prontamente rimossa dal ricorrente, mentre le altre opere erano inidonee ad integrare una lottizzazione abusiva e risultavano compatibili con la destinazione agricola dell’area.

4.Con il terzo motivo, l’appellante deduce: “errores in iudicando – travisamento – grave difetto di motivazione”.

Evidenzia l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto legittimo il diniego della proroga alla richiesta di annullamento.

In proposito, lamenta un erroneo bilanciamento degli interessi pubblici con quelli privati in relazione alla situazione concreta, tenuto conto della sua estraneità alla lottizzazione abusiva e delle difficoltà del caso relative alla demolizione degli immobili contestati.

Le censure, suscettibili di trattazione congiunta non sono fondate.

Correttamente il Comune ha annullato i provvedimenti impugnati che erano stati rilasciati sulla base di una falsa rappresentazione.

Ed invero, la concessione in sanatoria n. (…) del 9 maggio 2003 era stata rilasciata per la realizzazione di serre e piantumazione di alberi sui mappali nn. (…) e (…), con contestuale impegno a mantenere la destinazione degli immobili sanati al servizio dell’attività agricola. Dagli atti di causa emerge chiaramente che sulle predette aree e su quelle sulle quali insistono il deposito con bagno e il ricovero attrezzi, in violazione dell’atto di vincolo del 10 ottobre 2012, non è mai stata esercitata attività agricola.

Lo stesso appellante ammette la destinazione ad esclusivo fine residenziale, nei motivi aggiunti e dalla documentazione con essi versata in giudizio, ove si rappresenta la difficoltà di procedere alla demolizione di interi fabbricati a destinazione abitativa.

Si osservi che con la sentenza 4 giugno 2018, n. 1418, rimasta inappellata, lo stesso Tar ha respinto il ricorso n.rg. 1744 del 2009, proposto dall’odierno appellante avverso l’ordinanza n. 47, prot. n. (…), emessa in data 28 aprile 2009, a firma del Dirigente del Settore Territorio del Comune di Brugherio, con la quale veniva ordinato all’appellante e ai comproprietari di “sospendere la lottizzazione abusiva in corso”, nonché ingiunto di “demolire a propria cura e spese le opere abusive realizzate all’interno dell’area contraddistinta catastalmente al Fg. (…), mapp. (…)” e di “ripristinare l’originale destinazione d’uso agricola della suddetta area, sgomberando l’area medesima dai manufatti anche leggeri e dalle macerie”.

Con la sentenza 18 luglio 2018, n. 1718 il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso n.rg. 2662 del 2009, proposto dall’odierno appellante avverso sia il provvedimento prot. n. (…) in data 9 maggio 2003 di annullamento in autotutela della concessione in sanatoria prot. n. (…) del 9 maggio 2003 rilasciata all’azienda agricola cui l’appellante aveva affittato parte del terreno, sia il provvedimento prot. n. (…), con cui il Comune aveva ingiunto al ricorrente la demolizione delle opere realizzate sine titulo sui mappali nn. (…) e (…) del foglio (…) “nel contesto di un abuso qualificato come lottizzazione abusiva materiale di terreni a scopo edificatorio”. Tale pronuncia ha evidenziato che: in data 13 dicembre 2004, con domanda prot. n. (…), l’odierno appellante aveva chiesto la sanatoria edilizia, ai sensi della L. n. 326 del 2003, per cambio di destinazione d’uso del manufatto oggetto della concessione in sanatoria n. (…) del 9 maggio 2003 (richiamata sub 2. lett. a), da manufatto ad uso deposito attrezzi agricoli ad abitazione; l’istanza era stata respinta poiché quest’ultimo provvedimento era stato rilasciato in base all’impegno dell’appellante e dell’azienda agricola di non mutare la destinazione agricola dell’area e l’Amministrazione aveva quindi legittimamente annullato in autotutela la concessione in sanatoria; i sopralluoghi svolti il 23, 24 e 25 marzo 2009 dall’Amministrazione avevano mostrato che l’originario deposito era “abituale dimora di due nuclei familiari” e che sull’area vi erano case mobili e altre opere. Infatti, sui mappali nn. (…) e (…), che avrebbero dovuto essere destinati a serre e piantumazione di alberi, era stata accertata la realizzazione di: aree pavimentate in mattoni autobloccanti in cemento e posa di roulottes (opere per le quali l’istanza di condono era stata respinta con provvedimento prot. n. (…) in data 27 aprile 2007, cui faceva seguito il provvedimento prot. n. (…) del 15 maggio 2007 con cui veniva respinta un’altra istanza di condono edilizio per una pavimentazione in cemento); un cancello in ferro realizzato in difformità dal titolo abilitativo in sanatoria (prot. n. (…)); di una casa mobile con annesso portico in legno, realizzata su basamento sopraelevato in cemento con coronamento in mattoni (opere per le quali era stata presentata un’istanza di condono respinta con provvedimento prot. n. (…)); una tettoia in legno di circa 30 mq; stazionamento di roulottes. La stessa sentenza, constatato che “il legale rappresentante dell’Azienda Agricola affittuaria, con nota prot. n. (…) del 12 febbraio 2009, ha dichiarato al Comune intimato di non aver mai potuto utilizzare il terreno del ricorrente per l’esercizio della propria attività agricola”, ha ritenuto accertata l’inesistenza dell’attività agricola cui le aree erano vincolate sui terreni di cui ai mappali nn. (…), (…), (…) e (…) e che il ricorrente avesse “posto in essere abusivamente una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, realizzando, come sopra chiarito, su un terreno di 9.900 mq. avente destinazione agricola, un’area in parte produttiva e in parte residenziale”.

Con la sentenza 188/2020 resa tra le stesse parti sia pure in relazione a un mappale di terreno (foglio n. (…), mapp. (…)) diverso da quelli oggetto del presente ricorso, ma facente parte dello stesso compendio (foglio n. (…), mapp. (…) e (…)) il Consiglio di Stato ha evidenziato che “dalla documentazione agli atti del procedimento è risultata infatti una radicale trasformazione della destinazione originaria dell’area oggetto dell’ordinanza impugnata, in assenza di alcun titolo edificatorio, che sostanzia una fattispecie di lottizzazione materiale abusiva attraverso quello “stravolgimento dell’assetto del territorio preesistente” che “costituisce un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione del territorio”, in presenza del quale la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio individua i connotati della lottizzazione abusiva (ex plurimi, Cons. Stato, sez. II, 20 giugno 2019, n. 4237)”.

Secondo l’indirizzo consolidato di questo Consiglio in merito all’art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001, “la lottizzazione abusiva è qualificata come un illecito permanente e insanabile poiché produce una deviazione dagli scopi stabiliti con la pianificazione urbanistica e lede perciò l’essenziale prerogativa comunale della programmazione in materia, alla cui protezione tende l’art. 30; essa ha dunque una potenzialità lesiva più estesa di quella del singolo abuso edilizio poiché incide sull’interesse pubblico primario alla corretta urbanizzazione del territorio condizionando indebitamente le scelte pianificatorie future della p.a.” (Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 834; 15 settembre 2010, n. 6870).

In tali circostanze il pubblico interesse al ripristino dello stato della legalità violata è in re ipsa (cfr. Cons. Stato sez. IV, 23 febbraio 2012 n. 1041) e il provvedimento di demolizione non deve motivare in ordine a un ipotetico interesse del privato alla permanenza in loco dell’opera (ex plurimis cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2017, n. 1267). Nessuna lesione del preteso affidamento dell’interessato può essere invocato in quanto “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino” (Cons. Stato, A. P. 17 ottobre 2017 n. 9).

La lottizzazione abusiva perpetrata dall’appellante e da altri soggetti sull’area agricola di loro proprietà sita in Brugherio, facente parte anche del Parco Locale di Interesse Sovracomunale – PLIS – della Media Valle del Lambro è stata, dunque già accertata anche da questo Consiglio di Stato.

Del resto, secondo quanto ritenuto dall’Adunanza Plenaria di codesto n. 8/2017 “la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte” (C.S. Ad. Plen., 17 ottobre 2017 n. 8).

Inoltre, quando un titolo abilitativo sia stato ottenuto dall’interessato in base ad una falsa o comunque erronea rappresentazione della realtà, è consentito all’Amministrazione di esercitare il proprio potere di autotutela ritirando l’atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa (Cons. Stato Sez. II, 28/01/2021, n. 861).

Nella specie, il diniego all’istanza di proroga è congruamente motivato, tenuto conto dell’obbligo dell’Amministrazione di esercitare il potere repressivo sanzionatorio avverso gli abusi edilizi senza la necessità di procedere ad alcuna comparazione degli interessi pubblici con quelli privati, trattandosi di atti vincolati e dovuti in cui non trova spazio la partecipazione degli interessati.

L’appello deve essere, conseguentemente, respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che liquida in €4.000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Conclusione

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2023 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Sergio Zeuli, Consigliere

Rosaria Maria Castorina, Consigliere, Estensore


MASSIMA- In merito all’art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001, la lottizzazione abusiva è qualificata come un illecito permanente e insanabile poiché produce una deviazione dagli scopi stabiliti con la pianificazione urbanistica e lede perciò l’essenziale prerogativa comunale della programmazione in materia, alla cui protezione tende l’art. 30; essa ha dunque una potenzialità lesiva più estesa di quella del singolo abuso edilizio poiché incide sull’interesse pubblico primario alla corretta urbanizzazione del territorio condizionando indebitamente le scelte pianificatorie future della P.A.