C.T.R. Sicilia, sentenza 16 settembre 2021, n. 7989/15


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G. ha proposto ricorso avverso la cartella di pagamento n. xxxxxx20012406401, notificata il 12/12/2012, con la quale l’A.E., in seguito a controllo formale della dichiarazione del 2009, aveva chiesto il pagamento, per IRPEF ed altro anno 2008, ai sensi dell’articolo 36 ter del DPR 600/73la somma complessiva di euro 21.255,47, lamentando la mancata comunicazione dell’atto presupposto ed eccependo l’illegittimità della procedura di controllo formale dovendosi ritenere decaduta l’Agenzia dal potere di accertamento che doveva essere esercitato entro e non oltre il 31.12.2011; il difetto di motivazione dell’atto impugnato con conseguente violazione dell’articolo 7 della legge 212 del 2000; la violazione dell’articolo 6 comma 5 della legge 212/2000, in mancanza del c.d. avviso bonario; la carenza assoluta dei presupposti impositivi e comunque, nel merito inesistenza della pretesa tributaria, avendo il contribuente provveduto ai versamenti IRPEF per il 2008 come, peraltro, già documentato all’Agenzia in sede di istanza in autotutela.

La Riscossione Sicilia S.p.a, già Serit Sicilia S.p.a. ha rilevato la propria mancanza di legittimazione passiva in relazione a tutte le eccezioni relative al merito, mentre l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Ragusa, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, in mancanza del procedimento di mediazione, applicabile ratione temporis alla fattispecie.

La CTP di Ragusa ha dichiarato la inammissibilità del ricorso, in violazione dell’art. 17bis D.Lgs. 546/92, in mancanza della mediazione.

Appella il ricorrente che invoca la sentenza della Corte Costituzionale n. 16-4-2014 n. 98 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 17bis d. lgs. 546/92 nella parte in cui sanzionava, prima della intervenuta modifica, con la inammissibilità la mancata instaurazione del procedimento di reclamo. Ripropone così le ragioni del ricorso non prese in considerazione dalla CTP a seguito della declarata incostituzionalità.

L’Ufficio difende la decisione impugnata.

All’udienza del 10-2-2021 la causa è stata posta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è fondato.

Preliminarmente va riformata la decisione che ha dichiarato la inammissibilità del ricorso introduttivo per violazione dall’ art. 17 bis D. lgs. 546/92, in applicazione de disposto della decisione della Corte Costituzionale che ne ha dichiarato la illegittimità, la quale ha statuito che “È costituzionalmente illegittimo l’art. 17 bis, comma 2, D.Lg. 31 dicembre 1992, n. 546 (nel testo originario anteriore alla sostituzione operata dalla legge n. 147 del 2013). Premesso che la legittimità di forme di accesso alla giurisdizione condizionate al previo adempimento di oneri finalizzati al perseguimento di interessi generali è subordinata al triplice requisito che il legislatore non renda la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa, contenga l’onere nella misura meno gravosa possibile e operi un congruo bilanciamento tra l’esigenza di assicurare la tutela dei diritti e le altre esigenze che il differimento dell’accesso alla stessa intende perseguire, la disposizione censurata, la quale, relativamente alle controversie concernenti atti emessi

dall’Agenzia delle Entrate e di valore non superiore a ventimila euro, sanziona l’omessa previa presentazione del reclamo amministrativo ivi disciplinato con l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, del ricorso alla giurisdizione tributaria, si discosta dalle riferite indicazioni in quanto comporta la perdita del diritto di agire in giudizio e, quindi, l’esclusione della tutela giurisdizionale. Pertanto, con riguardo ai rapporti non esauriti ai quali sarebbe ancora applicabile la disposizione in esame, l’eventuale omissione della previa presentazione del reclamo rimane priva di conseguenze giuridiche” (sent. n. 93 del 1979, 530 del 1989, 15 del 1991, 154 del 1992, 40,406 del 1993, 360 del 1994, 56 del 1995, 233 del 1996, 113 del 1997, 296 del 2008) (Corte Costituzionale, 16/04/2014, n. 98).

Alla luce di quanto sopra la declaratoria di inammissibilità va annullata atteso che il rapporto giuridico non è tuttora esaurito.

Nel merito il ricorso è fondato.

Ed in vero non pare contestato che le somme richieste derivino dagli omessi versamenti, in riferimento all’anno d’ imposta 2009, delle ritenute d’acconto, operate dal sostituto d’imposta e da questi non versati.

Al riguardo l’Ufficio invoca la solidarietà del contribuente sostituito col sostituto d’imposta.

Nel caso in cui il sostituto non versi le somme ritenute, il Fisco non può perseguire il sostituito, per il divieto della doppia imposizione di cui all’art.67 del D.P.R. n.600 del 1973, dovendo agire in tal caso esclusivamente nei confronti del sostituto. L’art.35 del D.P.R. n.600 del 1973 ha limitato la solidarietà alla sola ipotesi dell’omissione sia della ritenuta a titolo di imposta, sia del versamento relativo: da ciò consegue la insussistenza del vincolo solidale per il sostituito allorché la ritenuta sia stata operata ma non versata dal sostituto (Cassazione civile, sez. un., 12/04/2019, n. 10378).

Poiché nella specie non è contestato che le ritenute sono state regolarmente operate, il contribuente non può essere sottoposta ad una doppia imposizione, e così non risponde del mancato versamento solidalmente col sostituto.

L’appello quindi va accolto e l’atto impugnato va annullato.

Ogni altra questione resta assorbita.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza annulla l’atto impugnato.

Condanna l’Ufficio a rifondere le spese del giudizio che liquida in euro 1.543,00, oltre contributo spese generali nella misura del 15%, IVA e cassa di previdenza se dovuti.

Catania, 10-2-2021


Massima – In tema di mediazione tributaria, non può essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso in violazione dell’art. 17 bis del D.Lgs. n. 546/1992 per mancata presentazione del reclamo.