Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. I, 18.07.2019 n. 4542
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di appello l’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Palermo -ha impugnato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo n. 2107/04/2016, depositata in data 8.4.2016, che aveva accolto il ricorso n. 2157/2015 RG avverso gli avvisi di accertamento nn. I) (…); 2) (…); 3) (…); 4) (…) per Irap, Iva, Irpef e addizionali, tutti relativi all’anno d’imposta 2009. Con tali avvisi era stato contestato alla società, che gestisce apparecchi a moneta con vincite in denaro, un maggior reddito imponibile non dichiarato per indebita deduzione di componenti negativi di reddito e per omessa contabilizzazione di ricavi. Il reddito d’impresa veniva rettificato da Euro 44.640,00 ad Euro 488.034,00 con maggiori imposte IRAP e IVA per complessivi Euro 32.119,00.
La CTP di Palermo accoglieva il motivo relativo alla mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale e in particolare alla mancata considerazione delle osservazioni avanzate dal contribuente.
L’appellante formulava il seguente motivo di impugnazione:
-violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per motivazione omessa e/o meramente apparente, nonché violazione e falsa applicazione dell’articolo 12 comma 7 della L. n. 212 del 2000.
Chiedeva, pertanto, in via preliminare che la trattazione della vertenza avvenisse ai sensi e per gli effetti dell’art. 33 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in pubblica udienza e nel merito che, in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza impugnata gravata venisse dichiarata la piena legittimità degli avvisi di accertamento impugnati con il ricorso introduttivo, con condanna della controparte alle spese processuali di entrambi i gradi, come da note spese.
Si costituivano in giudizio la xxxxxx, i quali, contestando quanto dedotto da parte appellante,chiedevano il rigetto del ricorso e la conferma dell’atto impugnato riproponendo i motivi di ricorso rimasti assorbiti in primo grado.
La causa veniva posta in decisione all’udienza del 19.6.2019.
L’appello non merita di essere accolto.
Invero, il pacifico e più recente approdo della giurisprudenza di legittimità (cfr., da ultimo, Corte di Cassazione, Ordinanza 16.10.2017, n. 24386; 969/17; 11560/10; 20036/18) effettua, infatti la seguente distinzione: mentre per i tributi cd. non armonizzati (Irpef – Irap) non opera alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e l’opposizione di dette ragioni (val tale con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”(Cass. SU 24823/15 cit.; cfr. Cass. Sez. VI-5, 14744/16)”.
Alla luce di tale condivisibile indirizzo giurisprudenziale gli avvisi di accertamento impugnati (relativi all’anno 2009) sono illegittimi poiché non prendono in debita considerazione le osservazioni al p.v.c. presentate in data 2.12..2014 (prot. (…)), diversamente da quanto effettuato con l’avviso di accertamento relativo all’anno 2012 prodotto in atti.
Peraltro, l’illegittimità dell’atto riguarda l’Iva, ma ha effetto assorbente anche in relazione alle altre imposte accertate, in considerazione dell’evidente, conseguenziale e reciproca connessione che sussiste tra la determinazione dei ricavi ai fini delle imposte sui redditi e del volume d’affari IVA (cfr. Cass. 13810/05; 4944/02; 1809/99) atteso che il contribuente ha in effetti assolto l’onere di enunciare in ricorso le ragioni che avrebbe potuto fare valere in sede di contraddittorio preventivo e visto il contenuto delle osservazioni (datate 2.12.2014) al p.v.c. notificato il 3.10.2014.
In assenza di contraddittorio si è verificata un’effettiva e concreta lesione del diritto di difesa da cui discende l’integrale annullamento degli avvisi di accertamento.
Peraltro, mette conto ricordare che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “non armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario i tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio (cfr. Cass. 701/19), che nel caso di specie non è stato rispettato vista l’assenza di debite considerazioni sulle osservazioni datate 2.12.2014.
In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali,l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. “a tavolino”, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”: la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa(Cass. 20036/18).
Occorre infine osservare come l’Agenzia non tenga distinti due istituti invece tra loro diversi: la fase del contraddittorio preventivo e/o endoprocedimentale; infatti, va attivata obbligatoriamente, nelle ipotesi innanzi illustrate, prima di emettere un atto impositivo, mentre il contraddittorio conseguente all’istanza di accertamento con adesione e successivo al relativo avviso segue le cadenze e forme tipiche della fattispecie normativa.
In conclusione, l’appello va rigettato.
Rimangono assorbiti gli altri motivi di ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
la Commissione Tributaria Regionale di Palermo rigetta l’appello. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in solido in favore degli appellati delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 2.663,00, oltre IVA, Cassa e rimborso forfettario spese generali.
Palermo, il 19 giugno 2019.
COMMENTO
Viene respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e confermata la sentenza di primo grado, che aveva annullato l’avviso di accertamento IVA, IRAP, IRPEF e relative addizionali per mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale.
Viene quindi ribadito il principio secondo cui, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. “a tavolino”, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”, quali l’IVA: la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (ex multis, Cass. civ., sez. VI-5, ord., 27.07.2018 n. 20036).
Per i tributi “non armonizzati” (quali l’IRAP o l’IRPEF), non è rinvenibile nella legislazione nazionale un analogo obbligo generale, sicché esso sussiste solo nelle ipotesi in cui risulti specificamente sancito (Cass. civ., SS.UU., 09.12.2015 n. 24823).
Nel caso di specie, l’illegittimità dell’atto per mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, pur riguardando direttamente solo l’IVA (in quanto tributo “armonizzato”), viene ritenuta dispiegare effetto assorbente anche in relazione alle altre imposte accertate, in considerazione della reciproca connessione sussistente tra la determinazione dei ricavi ai fini delle imposte sui redditi e del volume d’affari IVA.