Cass. civ., sez. V, ord., 09 maggio 2024 n. 12673


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

Dott. PENTA Andrea – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere-Rel.

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10444/2022 R.G. proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in Roma, ….., presso lo studio dell’avvocato O.C. e rappresentata e difesa dall’avvocato N.V. (omissis) che la rappresenta e difende                                                                                                                                                               – ricorrente –

contro

Comune Di Salerno, rappresentato e difeso dagli avvocati A. A. (omissis) e G.C. (omissis)) – pec ………@pec.comune.salerno.it e ……[email protected]                                                                                                                                    – controricorrente –

avverso Sentenza di Comm. Trib. Reg. Campania – Sz. Dist. Salerno n. 7487/2021 depositata il 21/10/2021,

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere Francesca Picardi.

Svolgimento del processo

  1. A.A. ha impugnato l’avviso di accertamento per l’i.m.u. (annualità 2013), del Comune di Salerno, relativamente ad alcune aree di cui la stessa è comproprietaria e di cui, con il piano urbanistico comunale del 16 novembre 2006, è stata prevista la cessione gratuita al Comune, dietro riconoscimento dei diritti edificatori, da esercitare su altre aree rientranti nel comparto discontinuo di tipo perequativo CPS 12, con correlata area di trasformazione in località F.
  2. Il ricorso è stato accolto in primo grado, escludendosi la debenza del tributo per l’area in esame, ma rigettato all’esito dell’accoglimento dell’appello del Comune.
  3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, che ha depositato successiva memoria con cui ha allegato il giudicato favorevole formatosi nei confronti di altro comproprietario all’esito dell’ordinanza di questa Corte n. 2097 del 2024 e le varianti al precedente p.u.c., all’esito delle quali sono stati annullati i diritti edificatori di cui era stata prevista l’attribuzione.
  4. Si è costituito il Comune.
  5. La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 23 aprile 2024.

Motivi della decisione

1.La ricorrente ha dedotto: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 13, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011 e 9, comma 1, del D.Lgs. n. 23 del 2011, riferendosi l’avviso di accertamento ad un’area agricola, di cui il Comune di Salerno ha programmato l’acquisto a titolo gratuito a fronte del riconoscimento di diritti edificatori su altre aree di terzi, non ancora individuate, a cui non può attribuirsi natura reale, sicché difetta il presupposto impositivo; 2) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992, 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., stante l’apparenza della motivazione, consistente in affermazioni inconciliabili, perplesse ed incomprensibili; 3) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 504 del 1992, non avendo i giudici di appello valutato le riscontrate limitazioni di edificabilità dell’area ai fini della quantificazione del suo valore venale, così disattendendo i parametri legali di determinazione della base imponibile.

  1. Preliminarmente deve rilevarsi che le circostanze sopravvenute, allegate nella memoria della controricorrente, non assumono rilevanza nel presente giudizio.

In primo luogo l’ordinanza di questa Corte n. 2097 del 2024 è stata adottata in un giudizio nei confronti di altro contribuente e che dagli atti prodotti non è possibile individuare i terreni a cui si riferisce e verificarne la eventuale coincidenza con quelli oggetto del presente giudizio. Peraltro, si tratta di un provvedimento con cui è stata cassata una sentenza di appello, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, sicché occorre attendere la decisione di merito all’esito del giudizio di rinvio per verificare l’effettiva portata del giudicato.

Per quanto riguarda le varianti urbanistiche intervenute, va ribadito che esse rilevano per le future annualità di imposta e non per quelle anteriori, oggetto del presente giudizio. Difatti, come già precisato dalle Sezioni Unite, l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (Cass., Sez. U., 30 novembre 2006, n. 25506).

  1. Il secondo motivo di ricorso, che denuncia l’apparenza della motivazione della sentenza impugnata ed è pregiudiziale rispetto agli altri, è infondato.

La sentenza illustra in modo del tutto adeguato il percorso argomentativo, senza incorrere in alcuna contraddizione né contenere affermazioni incomprensibili o perplesse. In particolare, dopo aver rigettato le eccezioni di carenza di motivazione formulate relativamente alla sentenza di primo grado e all’avviso di accertamento (“avendo i primi giudici indicato, sebbene in maniera molto concisa, le ragioni che avevano fatto ritenere l’atto carente di motivazione”; “nell’avviso di accertamento sono stati indicati tutti gli elementi idonei a comprendere le ragioni della pretesa tributaria, che, poi, in sede di giudizio, sono stati esplicati”), la Commissione tributaria regionale ha precisato che “il diritto edificatorio non costituisce una concessione condizionata… l’esercizio di tali diritti è disciplinato dal PUC quanto a localizzazione delle costruzioni, in cui si concretizzano i diritti medesimi, secondo l’usuale procedura di preventiva redazione di uno strumento urbanistico attuativo (PUA) demandato all’iniziativa del soggetto privato, con la conseguenza che il loro ritardo nella esecuzione non può essere addebitato al Comune. Da tanto deriva che i proprietari dei lotti interessati dagli interventi dei diritti edificatori attribuibili altrove, stante la perequazione urbanistica, vedranno operare una sostanziale equiparazione, ai fini del valore venale, tra i suoli rimasti nella proprietà e quelli ove deve attuarsi la trasformazione”.

Del resto la ricorrente, con tale censura, piuttosto che lamentare l’apparenza della motivazione, ha denunciato l’erronea sussunzione della fattispecie in esame nella perequazione urbanistica invece che nella compensazione urbanistica.

  1. Il primo motivo di ricorso, con cui si è lamentata la carenza del presupposto impositivo, va rigettato, pur dovendosi correggere la motivazione e dovendosi escludere la natura reale dei diritti edificatori.

A parte tale erronea affermazione, la decisione è corretta, in quanto applica l’orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di i.c.i. e di i.m.u., posta la rilevanza della mera potenzialità edificatoria, è soggetto ad imposta il terreno inserito nell’ambito della perequazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene direttamente attribuito ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque, nell’area interessata dal piano di intervento, un indice perequativo costante di edificabilità, che diviene una qualità intrinseca del terreno; diversamente, non è soggetto ad imposta il terreno inserito nell’ambito della compensazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene attribuito al privato un indice di capacità edificatoria fruibile su un’altra area, che può essere individuata anche successivamente, a fronte della cessione dell’area oggetto di trasformazione urbanistica, ovvero dell’imposizione su di essa di un vincolo di inedificabilità assoluta o preordinato all’esproprio, con la conseguenza che, in tale caso, il diritto edificatorio non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso (Cass., Sez. 5, 5 ottobre 2021, n.26895, v. Cass. SU n. 23902/20, Cass. n. 27575/18 ed altre).

Il meccanismo dei diritti edificatori perequativi consiste nell’assegnazione all’insieme delle aree, pur con diverse destinazioni pubbliche e private, costituenti un comparto, di un indice perequativo, uniformemente distribuito alle aree interessate. Da tale operazione deriva che i proprietari delle aree destinate all’edificazione privata dovranno ristorare i proprietari delle aree con destinazione pubblica, acquistando da questi ultimi i diritti edificatori, che rappresentano una quota dell’indice fondiario al fine di esercitare concretamente il loro diritto.

Come emerge dalla sentenza impugnata, nel caso di specie, si ricade appunto nella perequazione urbanistica, che attribuisce immediata potenzialità edificatoria al terreno ed è, quindi, rilevante ai fini i.c.i. ed i.m.u.

Difatti, alla fine di p. 4 del provvedimento si legge che le aree in questione sono comprese in comparto di tipo discontinuo, cioè formato da aree posizionate in luoghi diversi del territorio comunale, ma accomunati dallo stesso indice edificatorio, nel rispetto del regime perequativo del PUC, secondo cui su tutte le tipologie di aree si generano diritti edificatori di pari entità, che possono essere localizzati solo sulle aree di trasformazione. I giudici di merito hanno, inoltre, accertato che l’esercizio dei diritti edificatori in esame è disciplinato direttamente dal PUC quanto a localizzazione delle costruzioni, pur essendo prevista, ai fini della loro concretizzazione, secondo l’usuale procedura, la preventiva redazione di uno strumento urbanistico attuativo, demandato all’iniziativa del soggetto privato. Tale ulteriore piano attuativo ha, però, natura meramente esecutiva e non incide, quindi, sulla potenzialità edificatoria immediata attribuita ai terreni.

4.Neppure è fondato l’ultimo motivo del ricorso, con cui si è denunciata la violazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 504 del 1992, non avendo i giudici di appello valutato le riscontrate limitazioni di edificabilità dell’area ai fini della quantificazione del suo valore venale.

Invero, dalla motivazione della sentenza impugnata risulta che i giudici di merito hanno ritenuto congrua la valutazione del Comune proprio perché hanno escluso che la ricorrente avesse assolto l’onere probatorio, a suo carico, in ordine all’esistenza di vincoli specifici di inedificabilità. In questa sede di legittimità tale accertamento di fatto non può essere messo in discussione. Del resto, la ricorrente ha fatto riferimento più che a vincoli di inedificabilità, alle modalità procedurali previste dal p.u.c. per l’utilizzazione degli indici edificatori.

  1. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. La particolare complessità della questione e della materia e l’esistenza di precedenti contrastanti tra di loro giustifica la compensazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte

rigetta il ricorso; compensa le spese di lite;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2024


COMMENTO REDAZIONALE– La pronuncia in commento ribadisce le differenti conseguenze, in materia di pagamento di I.C.I. ed I.M.U., della perequazione urbanistica e della compensazione urbanistica.

La prima comporta l’attribuzione, ai terreni compresi nel comparto o nell’area interessata dal piano di intervento, di un indice perequativo costante di edificabilità e di un valore edificatorio uniforme, che diviene una qualità intrinseca del terreno.

La seconda, invece, attribuisce al privato un indice di capacità edificatoria fruibile su un’altra area, che può essere individuata anche in un momento successivo, a fronte della cessione dell’area oggetto di trasformazione urbanistica o dell’imposizione su di essa di un vincolo di inedificabilità assoluta o preordinato all’esproprio. In tal caso, quindi, il diritto edificatorio non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile anche separatamente da esso.

Tali intrinseche differenze rilevano anche ai fini dell’applicazione dell’I.C.I. e dell’I.M.U., che sono dovute per il terreno inserito nell’ambito della perequazione urbanistica, ed invece escluse per quello inserito nell’ambito della compensazione urbanistica.

Nel caso di specie, ricorrendo la prima di tali fattispecie, viene confermata la debenza dell’I.M.U., con conseguente rigetto del ricorso per Cassazione proposto dal contribuente e conferma della sentenza di secondo grado, corretta unicamente nel passaggio motivazionale in cui aveva affermato la natura reale dei diritti edificatori.

Si vedano, in senso conforme, Cass. civ., sez. V, 30 ottobre 2018 n. 27575; Cass. civ., Sezioni Unite, 29 ottobre 2020 n. 23902; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 04 maggio 2021 n. 11668; Cass. civ., sez. V, 05 ottobre 2021 n. 26895; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 02 dicembre 2021 n. 37934 e Cass. civ., sez. V, 16 gennaio 2023 n. 1038, nonché, nell’ambito della giurisprudenza di merito, Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, sez. XV, 02 novembre 2022 n. 4777.