Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di Catanzaro, sez. IV, 06 marzo 2024 n. 495


Svolgimento del processo

di S.C.A. SNC proponeva opposizione all’intimazione di pagamento in epigrafe indicata nei confronti di Agenzia delle Entrate Riscossione. Detto atto esattoriale, a detta del ricorrente, e tra le altre censure, sarebbe stato emesso a seguito dell’asserito mancato pagamento portato dalle prodromiche cartelle di pagamento. Ebbene di tali atti prodromici lamentava l’omessa notifica.

Si costituiva tardivamente l’Agenzia che produceva gli elementi documentali attestanti le notifiche dei precedenti atti esattoriali.

All’odierna udienza la causa veniva trattata in pubblica udienza e trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso va accolto per i motivi che seguono.

Nel processo tributario, il deposito di documenti ad opera delle parti trova il proprio inquadramento giuridico nella disposizione di cui all’art. 32, comma 1, D.Lgs. n. 546 del 1992, per ciò che attiene al primo grado di giudizio, e di cui all’art. 58, comma 2, stesso decreto, per quel che riguarda la fase del gravame.

La prima delle due disposizioni menzionate, afferma che “Le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione, osservato l’art. 24, comma 1.”. La seconda, che al primo comma si occupa di disciplinare il divieto di nuove prove in appello, sottolinea che, sempre in tale fase di giudizio, “E’ fatta salva la facoltà di produrre nuovi documenti”.

Invero la Corte di Cassazione, ormai in più occasioni, ha avuto modo di chiarire come la produzione documentale effettuata oltre i termini previsti dalla normativa processuale tributaria, non può che considerarsi nulla, espressamente argomentando come “In tema di contenzioso tributario, il termine previsto dall’art. 32 del D.Lgs. 31 dicembre, n. 546, per il deposito di memorie e documenti (applicabile anche al giudizio di appello in virtù dell’art. 58, secondo comma, D. Lgs. cit.) deve ritenersi perentorio, pur non essendo dichiarato tale dalla legge, in quanto diretto a tutelare il diritto di difesa della controparte ed a realizzare il necessario contraddittorio tra le parti, e tra queste ed il Giudice..ne consegue che la mancata osservazione del detto termine determina la preclusione di ogni ulteriore attività processuale, senza che assuma alcun rilievo, in contrario, la circostanza che la controparte si sia costituita in giudizio senza nulla eccepire al riguardo.” (Cass. Sez. V, n. 1771 del 30.01.2004).

Né può obiettarsi, in ordine alla preclusione de qua, argomentandosi come, in grado di appello, la controparte abbia sempre la possibilità di produrre documenti ai sensi dell’art. 58 citato, laddove si interpretasse tale disposto affermando che per la produzione delle prove documentali non operi il principio della novità. Con ciò facendone discendere la possibilità di produzione in primo grado oltre la preclusione di legge.

Invero il secondo comma del citato articolo 58 non è volto a sanare comportamenti omissivi delle parti, ma solo a garantire la correttezza del procedimento, cosicché non è possibile ammettere il deposito di documenti, come nel caso di specie, tardivamente depositati in primo grado, in quanto gli stessi non possiedono il requisito della novità essendo nella disponibilità della parte sin dall’introduzione della lite. Data la particolarità della vicenda le spese si compensano.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Spese compensate.

Catanzaro il 19 febbraio 2024.


COMMENTO REDAZIONALEViene confermato il carattere perentorio dei termini previsti dall’art. 32 D.lgs. 546/1992 per il deposito di memorie e documenti nel processo tributario.

In particolare, le produzioni documentali non sono ammissibili se effettuate oltre il termine di venti giorni liberi anteriori all’udienza di trattazione del merito della controversia, di cui all’art. 32, comma 1, D.lgs. 546/1992.

La perentorietà dei predetti termini, pur non essendo espressamente dichiarata dalla legge, è infatti finalizzata a garantire il rispetto del principio del contraddittorio e la tutela del diritto di difesa della controparte, la quale deve poter disporre di un congruo termine per poter prendere contezza delle produzioni avversarie e preparare le proprie difese al riguardo.

Inoltre, come tutte le disposizioni relative ai termini processuali, anche l’art. 32 D.lgs. 546/1992 deve considerarsi una norma di ordine pubblico, dettata anche a tutela dell’interesse pubblico al rapido ed efficiente svolgimento del processo e alla sua ragionevole durata: di conseguenza, la sua violazione è rilevabile anche d’ufficio dal giudice, in ogni stato e grado del giudizio, anche qualora la controparte nulla abbia eccepito in merito.

In applicazione di tale principio, viene accolto il ricorso della società contribuente contro un’intimazione di pagamento, nel quale si lamentava l’omessa notificazione delle cartelle presupposte, dovendosi considerare nulla la produzione documentale dei relativi referti di notifica, effettuata dall’Agente della Riscossione oltre il predetto termine perentorio.