Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, sez. VI, 13 maggio 2024 n. 3166
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in appello depositato il 17.06.2022, la ricorrente Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale I di Roma, proponeva gravame innanzi l’intestata Corte di Giustizia Tributaria di 2 grado, avverso la sentenza n. 13829/34/21 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, depositata in segreteria in data 13.12.2021, emessa a conclusione del giudizio promosso dalla contribuente Sig.ra T. A.M., avverso l’avviso di accertamento n. TK3018203905/2019, con il quale l’Ufficio determinava a carico della contribuente, socio e compartecipe della societa’ 2100 C. srl, un maggior reddito di capitale di euro 44.061,00, relativo all’anno d’imposta 2014.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con la sentenza gravata, accoglieva il ricorso in relazione al merito l’agenzia sostiene la tassabilita’ di euro 173.000,00 riferita a rinuncia dei soci a finanziamenti in quanto da considerarsi sopravvenienza attiva. Il Collegio in merito al recupero evidenzia che lo stesso e’ errato in quanto la rinuncia dei soci a un finanziamento fatto in favore della societa’ non genera una sopravvenienza attiva, come per la rinuncia di un credito di un terzo, ma risulta configurarsi un apporto di capitale atipico da parte del socio avendosi una cointeressenza tra soci e societa’. Tale situazione genera, quindi, solo un movimento di natura patrimoniale, da debito della societa’ ad aumento del capitale sociale, senza generare alcun reddito tassabile (vedi Cassazione Civile sent. 20052/2020). Il Collegio rileva inoltre che il ricorso della societa’ C. 2100 srl in sede Provinciale ha avuto esito di accoglimento annullando l’accertamento e conseguentemente il recupero anche dell’irpef in capo ai soci.
Avverso la sentenza di primo grado, propone gravame l’appellante Ufficio, per la integrale riforma della stessa, eccependo la non idonea valutazione dei fatti controversi (I) e reitera tutte le difese gia’ svolte nel primo grado di giudizio.
La contribuente si costituiva nel presente giudizio, eccependo in via preliminare, l’inammissibilita’ dell’appello, e nel merito, la correttezza delle statuizioni di prime cure.
La controversia, veniva quindi sottoposta all’ esame di questa Corte all’ udienza camerale del 18 marzo 2024, nel corso della quale, sulla scorta degli atti e dei documenti legittimamente prodotti, sentite le parti, udito il relatore, verificato le condizioni di ammissibilita’ del ricorso, decideva come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello in esame è infondato e va rigettato alla stregua delle seguenti motivazioni ed argomentazioni.
Preliminarmente va evidenziato che l’accertamento impugnato scaturiva in via derivata dall’avviso di accertamento n. TK3036302583/2016 emesso in capo alla societa’ 2100 C. srl, di cui l’appellata era socia con quota di partecipazione del 50%, per l’importo di euro 23.139,00 a titolo di maggiore IVA e il reddito d’impresa pari ad euro 95.085,00 per l’anno 2014, derivante dall’esame condotto sia sulla posizione reddituale della societa’ con riferimento allo studio di settore.
Sempre in via preliminare va osservato che nelle more, e’ stato rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, sull’accertamento societario dell’anno anno 2014, con sentenza n. 2244/16/23 della sez. 16 depositata il 27/02/2023 , avendo i Giudici di appello, confermando la illegittimita’ del recupero (irregolare compilazione dello studio di settore di riferimento, per aver la societa’ contabilizzato in maniera non corretta l’importo di euro 173.000,00 al rigo F02, invece che al rigo F05, dedicato agli altri proventi e componenti positivi, con conseguente modifica del risultato finale dello studio di settore in termini di congruita’ e coerenza).
I Con unico motivo di gravame veniva eccepita la non idonea valutazione dei fatti controversi.
Tale motivo risulta inconferente. Va innanzitutto osservato che. nonostante la societa’ e i soci, ciascuno in relazione alla pretesa vantata nei loro confronti, siano destinatari di avvisi autonomi, anche se originati da fattispecie comune, entrambi debbono, autonomamente, essere posti in condizione di esercitare compiutamente e tempestivamente il proprio diritto di difesa in relazione alle diverse pretese avanzate nei loro confronti, non essendovi dubbio alcuno che non ricorra nella fattispecie ipotesi di litisconsorzio necessario. Neppure condivisibile risulta la tesi dell’appellante della ricorrenza di pregiudizialita’ logica; l’accertamento tributario nei confronti di una societa’ di capitali a ristretta partecipazione, in ipotesi di contestazione di utili extracontabili, non costituisce sempre ed automaticamente un indispensabile antecedente logico-giuridico dell’accertamento nei confronti dei socio, il quale conserva la propria autonomia, proprio in considerazione degli ulteriori requisiti motivazionali e probatori richiesti. Nel caso di specie, la contribuente, per contrastare la pretesa impositiva dell’ufficio, puo’ legittimamante introdurre argomentazioni relative all’accertamento in capo alla societa’, che costituisce presupposto dell’avviso a suo carico, anche nell’ipotesi di recupero in capo al socio di dividendi occultamente distribuiti, argomentazioni che saranno oggetto di diverso ed autonomo apprezzamento da parte del Giudice.
Nel merito, come documentato da parte appellata, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, sezione 16, con sentenza nr. 2244, depositata il 27/02/2023, ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio avverso l’avviso di accertamento n. TK3036302583/2016 emesso in capo alla società 2100 C. srl, di cui l’appellata è socia con quota di partecipazione del 50%, per l’anno d’imposta 2014.
Questa Corte, nel condividere la motivazione logica e coerente della citata sentenza, circa l’applicabilita’ alla fattispecie dell’art. 85 del TUIR per la definizione di ricavi della posta contestata, ritiene, alla luce degli oggettivi elementi emersi, che l’inserimento nello studio di settore di tale posta va considerata corretta e senz’altro non fraudolenta.
Per quanto attiene l’avviso di accertamento analitico-induttivo, emesso ex art. 39, comma 1, lett. d, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 , e carente degli indicati indici probatori, l’accertamento dei maggiori redditi accertati imputati in capo alla societa’ non comporta la presunzione di distribuzione in capo al socio appellato, in caso di ristretta base sociale. E’ proprio in forza del principio ribadito in piu’ occasione dai giudici della Suprema Corte che l’accertamento di utili extracontabili in capo alla societa’ di capitali a ristretta base sociale consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione, salva la facolta’ per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, stati accantonati dalla societa’ ovvero da essa reinvestiti. Tale presunzione di distribuzione ai soci, in caso di SRL a ristretta base societaria, non opera nel caso in esame in cui il maggior reddito accertato (rispetto a quello dichiarato) non risulta adeguatamente provato ed oltretutto indirettamente e presuntivamente ricostruito mediante l’applicazione del criterio presuntivo dell’eliminazione di poste inserite dal contribuente nello studio di settore. Si aggiunga che nell’evidenziare che l’Ufficio non ha certamente provato, l’inesistenza oggettiva dei ricavi dichiarati dalla societa’, va richiamato il recente indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte che con l’Ordinanza n. 31878 del 27 ottobre 2022 , secondo cui e’ appena il caso di sottolineare che il comma 5 bis dell’art.7 d.lgs. n.546/1992 , introdotto con l’ articolo 6 della legge n. 130/2022 , ha ribadito, in maniera circostanziata, che l’onere probatorio grava in giudizio sull’amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio. La nuova formulazione legislativa impone che l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato e il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o e’ contraddittoria o se e’ comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni; tale novella legislativa, non stabilisce un onere probatorio diverso o piu’ gravoso rispetto ai principi gia’ vigenti in materia, ma e’ coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale.
Non avendo parte ricorrente scalfito con le sue asserzioni le ragioni su cui si fonda l’inferenza della pretesa erariale nei confronti dei soci, ne’ indicato in modo sufficiente i presupposti giuridici e di fatto della pretesa, ne’ enunciato e/o allegato in motivazione i fatti istruttori utilizzati, ne’ soprattutto ha fornito prova (ne’ certa, ne’ presuntiva semplice) specifica, puntuale, circostanziata e sufficiente, la Corte ritiene, su tale punto, che il ricorso debba essere rigettato stante la illegittimita’ per insufficienza di prova dell’avviso di accertamento in capo al socio e come tale non idoneo a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale le ragioni oggettive su cui si fonda la pretesa impositiva contenuta nell’atto impugnato.
Tutte le questioni teste’ vagliate, esauriscono la vicenda sottoposta all’esame di questa Corte, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti e gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente sono stati ritenuti dal Collegio oggetto di acquiescenza, ovvero non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
Spese del giudizio
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P. Q. M.
la Corte rigetta l’appello e conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante Agenzia delle Entrate, alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 2.500,00, oltre accessori di legge, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 marzo 2024.
COMMENTO REDAZIONALE – L’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a ristretta partecipazione, in ipotesi di contestazione di utili extracontabili, non costituisce sempre ed automaticamente un indispensabile antecedente logico-giuridico dell’accertamento nei confronti dei socio, il quale conserva la propria autonomia, proprio in considerazione degli ulteriori requisiti motivazionali e probatori richiesti.
In applicazione di tale principio, viene confermata la sentenza di primo grado secondo cui la rinuncia dei soci a un finanziamento fatto in favore della società non genera una sopravvenienza attiva, come per la rinuncia di un credito di un terzo, ma configura un apporto di capitale atipico da parte del socio, avendosi una cointeressenza tra soci e società.
Tale situazione genera quindi soltanto un movimento di natura patrimoniale, da debito della società ad aumento del capitale sociale, senza produrre alcun reddito tassabile.