La simulazione: nozione, tipologie.

Ricorre la simulazione quando le parti, d’accordo tra loro, pongono in essere deliberatamente dichiarazioni difformi rispetto al loro interno volere, ossia pongono in essere un negozio giuridico del quale non vogliono gli effetti.

In sintesi, “la simulazione è il fenomeno dell’apparenza contrattuale creata intenzionalmente” (BIANCA).

Secondo la dottrina tradizionale, i suoi elementi costitutivi sono:

  • la divergenza voluta, ossia un cosciente e consapevole contrasto tra la dichiarazione e l’effettiva intenzione di chi la pone in essere;
  • l’accordo simulatorio, ossia un’intesa reciproca tra le parti, precedente o coeva alla dichiarazione, sulla divergenza tra il negozio stipulato ed il loro effettivo rapporto.

 

Tale accordo simulatorio si estrinseca mediante la cd. “controdichiarazione”, ossia la dichiarazione a contenuto negoziale, precedente o contemporanea al negozio simulato, nella quale le parti dichiarano di non volere gli effetti del negozio apparentemente concluso e, eventualmente, di volere invece gli effetti di un negozio diverso.

L’accordo simulatorio è l’elemento che distingue la simulazione dalla riserva mentale, in cui la divergenza tra la volontà e la dichiarazione è meramente interna ad una delle parti e non conosciuta, né conoscibile dall’altra;

  • l’intenzione di ingannare i terzi, che è insita nella simulazione, non è di per sé illecita e va in ogni caso tenuta distinta dai motivi soggettivi e concreti che spingono ciascuna delle parti a ricorrere alla simulazione.

 

I motivi che spingono le parti a ricorrere alla simulazione (cd. causa simulandi) non necessariamente sono comuni alle parti stesse e possono talora essere illeciti.

Diversamente, comune alle parti è l’intenzione di ingannare i terzi, che costituisce elemento della simulazione e non è illecita. Secondo autorevole dottrina (BIANCA), elementi della simulazione sarebbero invece unicamente l’apparenza contrattuale (ossia la predisposizione di un negozio in tutto o in parte non corrispondente al reale rapporto tra le parti) e l’accordo simulatorio, mentre l’intenzione di ingannare i terzi non costituirebbe elemento necessario di tale figura.

La simulazione può essere:

  • assoluta, quando le parti, che pongono in essere il negozio simulato, non vogliono in realtà la conclusione di alcun negozio (è il caso di chi simula una vendita al solo scopo di sottrarre i propri beni all’esecuzione forzata, e non intende in realtà concludere alcun negozio);
  • relativa, quando le parti pongono in essere il negozio simulato, ma in realtà vogliono la conclusione di un negozio diverso, dissimulato, che è contenuto nella controdichiarazione (es.: le parti stipulano una vendita, ma in realtà intendono concludere una donazione, e si scambiano quindi una controdichiarazione per significare che il pagamento del prezzo non è dovuto).

 

In caso di simulazione assoluta, il contratto simulato non produce alcun effetto (art. 1414, comma 1, c.c.).

Nell’esempio di cui sopra, se il creditore prova la natura simulata della compravendita volta a sottrarre i beni all’esecuzione forzata, la compravendita resta del tutto inefficace e può essere azionata l’esecuzione forzata sui beni, i quali si considerano come mai usciti dal patrimonio del debitore-simulato alienante.

In caso di simulazione relativa, il contratto simulato non produce gli effetti che di esso sono propri, ma può invece produrre gli effetti del contratto dissimulato, purché ne abbia i requisiti di sostanza e di forma (art. 1414, comma 2, c.c.).

Nell’esempio di cui sopra, la compravendita non produce gli effetti che le sono propri, ma può produrre gli effetti della donazione, sempre che ne ricorrano i requisiti di sostanza (es.: liceità, oggetto non consistente in beni futuri per i quali è vietata la donazione ex art. 771 c.c.) e di forma (es.: stipula per atto pubblico alla presenza di due testimoni).

Un aspetto molto importante nella simulazione è rappresentato dalla tutela dei terzi, ossia di tutti coloro che non hanno partecipato all’accordo simulatorio.

Sono terzi, ad esempio, i successori a titolo particolare delle parti, coloro che sono divenuti parti del rapporto per atto inter vivos, i cessionari del contratto e i cessionari di azienda in ordine ai contratti stipulati con il cedente per l’esercizio della stessa.

Il problema degli effetti della simulazione riguardo ai terzi si risolve in base al principio di tutela dell’affidamento, per cui i terzi pregiudicati dal contratto simulato possono far valere la simulazione nei confronti delle parti, e far così dichiarare l’inefficacia del contratto simulato nei propri confronti (art. 1415, comma 2, c.c.);

  • i terzi sub-acquirenti in buona fede, che abbiano acquistato diritti dal titolare apparente, fanno salvo il proprio diritto, e la simulazione non può essere loro opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione (art. 1415, comma 1, c.c.).

 

La simulazione può inoltre porre uno specifico problema di rilevanza anche nei confronti dei creditori delle parti.

In particolare, l’art. 1416 c.c. stabilisce che:

  • i creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti (in quanto la simulata fuoriuscita di un bene dal patrimonio del loro debitore abbia compromesso la garanzia generica del loro credito);
  • i creditori del simulato acquirente ricevono un diverso trattamento, a seconda che siano titolari di una garanzia reale (pegno o ipoteca) sui beni che hanno formato oggetto dell’atto simulato oppure, al contrario, non siano titolari di tale garanzia, e rivestano quindi la posizione di creditori chirografari.

 

Nel primo caso, la simulazione è loro inopponibile, in quanto il loro diritto reale di garanzia sui beni oggetto dell’atto simulato risulta prevalente.

Nel secondo caso, la simulazione è loro opponibile, a meno che gli stessi non abbiano già compiuto in buona fede atti di esecuzione sui beni stessi.

Ricorre infine la possibilità di un cd. “conflitto tra creditori” quando sia i creditori del simulato alienante, sia quelli del simulato acquirente vogliano tutti soddisfarsi in via esecutiva sui medesimi beni, che sono stati oggetto dell’atto simulato.

In base all’art. 1416, comma 2, c.c., nel conflitto tra creditori del simulato alienante e creditori del simulato acquirente chirografari (ossia, non dotati di diritto reale di garanzia), sono preferiti:

  • i creditori del simulato alienante, quando il loro credito è anteriore all’atto simulato (poiché, in tal caso, essi hanno fatto affidamento sull’esistenza, nel patrimonio del loro debitore, di quei beni, che solo apparentemente sono da esso fuoriusciti);
  • i creditori del simulato acquirente, quando il credito dei creditori del simulato alienante è successivo all’atto simulato (in tal caso manca, infatti, il motivo suddetto per tutelare questi ultimi).

L’azione di simulazione e la sua prova.

Per far accertare la simulazione, il soggetto interessato deve adire l’autorità giudiziaria mediante una specifica azione, detta appunto “azione di simulazione”.

Si tratta di un’azione di mero accertamento, diretta a far prevalere la situazione reale su quella meramente apparente creata dai contraenti, ottenendo così l’inefficacia del negozio simulato.

Legittimati attivi al suo esercizio sono sia le parti, sia i terzi interessati (ossia i terzi che siano attualmente o potenzialmente pregiudicati dal negozio simulato). Nella nozione di “terzi interessati” rientrano ovviamente anche i creditori del simulato alienante.

La prova della simulazione è disciplinata in modo diverso, a seconda che ad esperire l’azione siano le parti contraenti oppure i terzi.

Stabilisce infatti l’art. 1417 c.c. che:

  • i terzi possono fornire la prova della simulazione senza alcun limite e con qualsiasi mezzo, inclusi la prova testimoniale e quella per presunzioni.

 

Tale regola si fonda sul fatto che, per i terzi, la simulazione costituisce una mera circostanza di fatto, che può essere provata con qualsiasi mezzo, oltre che sulla considerazione pratica che i terzi non sono in grado di procurarsi la controdichiarazione, necessaria a provare l’accordo simulatorio;

  • le parti non possono di regola provare la simulazione per testimoni, e dunque neppure per presunzioni (art. 2729, comma 2, c.c.).

 

Le parti dunque, almeno di regola, possono provare la simulazione esclusivamente mediante la produzione in giudizio della controdichiarazione, ossia della dichiarazione a contenuto negoziale, precedente o contemporanea al negozio simulato, nella quale le parti stesse avevano dichiarato di non volere gli effetti del negozio apparentemente concluso, ed eventualmente (in caso di simulazione relativa), di volere invece gli effetti di un negozio diverso.

A tale regola fa eccezione il caso in cui le parti intendano far valere l’illiceità del negozio dissimulato (in caso di simulazione relativa): in tal caso anche le parti, così come i terzi, possono avvalersi di qualsiasi mezzo probatorio, incluse la prova per testimoni e per presunzioni.

Tale deroga costituisce espressione del favor dell’ordinamento verso l’accertamento, e la conseguente rimozione, delle situazioni di illiceità.

Controverso è il problema della prescrittibilità dell’azione di simulazione.

La dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono che:

  • l’azione diretta a far accertare la simulazione assoluta è in ogni caso imprescrittibile;
  • l’azione diretta a far accertare la simulazione relativa è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, quando con essa si tende a far valere un diritto che discende direttamente dal contratto dissimulato e che presuppone necessariamente il riconoscimento dell’esistenza e dell’efficacia di quest’ultimo; è imprescrittibile, se è diretta a far accertare l’inefficacia del negozio simulato.

 

Altra parte della dottrina ritiene invece che entrambe le azioni siano in ogni caso imprescrittibili, in quanto aventi natura di mero accertamento.