Cass. civ., sez. VI-5, ord., 01.07.2020 n. 13332


Svolgimento del processo

  1. S.G.A. proponeva distinti ricorsi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Sassari avverso quattro avvisi di accertamento, emessi dalla Sorit spa (ora Abaco spa) concessionaria per la riscossione del Comune di Sassari, relativi alla Tosap per gli anni 2011-2014.
  2. La Commissione Tributaria Provinciale, riuniti i procedimenti, accoglieva integralmente i ricorsi relativi agli anni 2011 (avviso di accertamento n. (OMISSIS)) e 2013 (avviso di accertamento n. (OMISSIS)) e parzialmente il ricorso per l’anno 2012 (avviso di accertamento n. (OMISSIS)) mentre rigettava il ricorso relativo all’anno 2013 (avviso di accertamento n. (OMISSIS)) 3. La sentenza veniva impugnata dal contribuente e la Commissione Regionale Tributaria della Regionale della Sardegna rigettava l’appello rilevando, per quanto di interesse in questa sede, la natura temporanea e giornaliera dell’occupazione del suolo pubblico da parte dello S..
  3. Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi, Abaco spa si è costituita depositando controricorso. S.G. ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1.Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 42 per avere la CTR erroneamente ritenuto la legittimità dell’imposta in quanto come si evince dall’atto amministrativo versato in atti la concessione ad occupare il suolo pubblico ha durata indeterminata e non prevede alcun obbligo di rimozione né pone limitazioni di sorta in ordine al proprio esercizio.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 42 e artt. 2729 e 2697 c.c. per avere la CTR erroneamente fondato il proprio giudizio su elementi presuntivi non conducenti 2. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro intima connessione, sono infondati.

2.1 La questione controversa è quella della individuazione della tipologia di tariffa applicabile alla occupazione di suolo pubblico realizzata da S.G.A. per l’attività commerciale di rivendita di fiori e piante esercitata mediante una bancarella in (OMISSIS).

2.2 Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 42 intitolato “Occupazioni permanenti e temporanee. Criteri di distinzione. Graduazione e determinazione della tassa” prevede che ” le occupazioni di spazi ed aree pubbliche sono permanenti e temporanee: a) sono permanenti le occupazioni di carattere stabile, effettuate a seguito del rilascio di un atto di concessione, aventi, comunque, durata non inferiore all’anno, comportino o meno l’esistenza di manufatti o impianti; b) sono temporanee le occupazioni di durata inferiore all’anno”.

2.3 La giurisprudenza di questo Collegio ha avuto modo di precisare che ” In tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) ed in base al combinato disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 42, 44 e 45 l’occupazione deve essere considerata permanente quando (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 42, comma 1, lett. c) l’atto di concessione ne prevede l’utilizzazione continuativa da parte del concessionario (con conseguente sottrazione del suolo e/o dell’area all’uso pubblico di destinazione) per tutta la sua durata, che deve essere superiore all’anno. Di converso, va considerata temporanea l’occupazione priva di autorizzazione (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 42, comma 2) ovvero (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 42, comma 1, lett. b) quella (anche se continuativa) autorizzata per una durata inferiore all’anno, nonché l’occupazione, anche se di durata superiore all’anno, che preveda la sottrazione non continuativa del suolo pubblico, come soltanto per una parte del giorno, difettando, in questo caso, il carattere della stabilità dell’occupazione stessa. Ne consegue che la considerazione della sola durata (infra o ultra annuale) della occupazione del suolo pubblico oggetto dell’atto di concessione non costituisce corretta valutazione dell’esatto discrimen legale per qualificare come temporanea, ovvero come permanente, detta occupazione, dovendosi, invece, verificare sempre se l’atto di concessione limiti o meno l’occupazione ad alcuni giorni della settimana e/o ad alcune ore del giorno, perché la limitazione suddetta importa sempre la natura temporanea dell’occupazione” (cfr Cass. 27048/2007 e 31718/2018).

2.4 Nel caso di specie la CTR, sulla scorta dell’esame del titolo autorizzativo ha qualificato come temporanea dell’occupazione di suolo pubblico.

2.5 La censura formulata come violazione o falsa applicazione di legge si risolve in una critica alla sentenza per non aver accolto la tesi del contribuente della natura temporanea dell’occupazione contenendo giudizi e valutazioni che si contrappongono all’accertamento di fatto compiuto dalla CTR insindacabile in sede di legittimità se non per vizio motivazionale nei ristretti limiti consentiti dall’attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Parimenti incensurabile in cassazione è l’apprezzamento degli elementi probatori che è attività istituzionalmente riservata al giudizio di merito.

  1. Il ricorso va, quindi, rigettato.
  2. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.200 per compensi oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 11 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 1 luglio 2020


COMMENTO:

L’ordinanza in commento respinge il ricorso del contribuente, volto a contestare l’accertamento, operato dalla sentenza di secondo grado, della natura temporanea, e non permanente, dell’occupazione di suolo pubblico, rilevante ai fini dell’applicazione della Tosap.

Il contribuente, titolare di un’attività commerciale di rivendita di fiori e piante esercitata mediante una bancarella, sosteneva la natura permanente della propria occupazione di suolo pubblico, stante la durata indeterminata della propria concessione, l’assenza di obblighi di rimozione o di altre limitazioni relative al proprio esercizio.

La sentenza di secondo grado, respingendo l’appello del contribuente, accertava invece la natura temporanea e giornaliera dell’occupazione.

Contro tale statuizione il contribuente proponeva ricorso per Cassazione, denunciando violazione di legge, relativamente alle norme di cui agli artt. 42 D.lgs. 15 novembre 1993 n. 507, 2729 c.c. e 2697 c.c. e sostenendo che la Commissione Tributaria Regionale avesse basato la propria decisione su elementi presuntivi non concludenti.

Tali motivi di ricorso vengono tuttavia respinti.

La considerazione della sola durata (inferiore o superiore ad un anno) dell’occupazione del suolo pubblico, oggetto dell’atto di concessione, non è infatti dirimente per qualificare l’occupazione medesima come temporanea oppure come permanente.

L’occupazione deve essere considerata permanente quando l’atto di concessione prevede l’utilizzazione continuativa del suolo pubblico da parte del concessionario (con conseguente sottrazione del suolo e/o dell’area all’uso pubblico di destinazione) per tutta la sua durata, che deve essere non inferiore ad un anno (art. 42, comma 1, lettera a), D.lgs. 507/1993). 

Devono invece essere qualificate come temporanee: 1) l’occupazione priva di autorizzazione (art. 42, comma 2, D.lgs. 507/1993); 2) l’occupazione, anche se continuativa, che sia autorizzata per una durata inferiore all’anno (art. 42, comma 1, lettera b), D.lgs. 507/1993); 3) l’occupazione, anche se di durata superiore all’anno, che preveda la sottrazione del suolo pubblico non continuativa, ma limitata ad una parte soltanto del giorno, poiché in quest’ultimo caso viene a mancare il carattere della stabilità dell’occupazione medesima.

Pertanto, la considerazione della durata dell’occupazione (infra o ultra annuale) non è di per sé sola sufficiente a determinare la natura temporanea o permanente dell’occupazione medesima.

Anche in presenza di una concessione ultra-annuale o, come nella specie, priva di limitazioni di durata, è infatti sempre necessario verificare se l’atto di concessione limiti o meno l’occupazione ad alcuni giorni della settimana e/o ad alcune ore del giorno, perché la limitazione suddetta importa sempre la natura temporanea dell’occupazione.

In altri termini, è infondata la censura secondo cui, ogni qual volta l’occupazione di suolo pubblico abbia durata pari o superiore ad un anno, l’occupazione deve essere considerata permanente, dovendosi avere riguardo alla natura dell’occupazione stessa, al suo titolo costitutivo e alle sue modalità di realizzazione.

In senso conforme, si vedano anche Cass. civ., sez. V, 28.11.2003 n. 18250; Cass. civ., sez. V, 21.12.2007 n. 27048 e Cass. civ., sez. V, 07.12.2018 n. 31718.

Secondo la prima delle suddette pronunce, ai fini della qualificazione di un’occupazione di suolo pubblico come temporanea oppure come permanente è invece tendenzialmente ininfluente l’esistenza di manufatti e/o impianti destinati al suo esercizio: di conseguenza, deve ritenersi temporanea anche un’occupazione che comporti l’esistenza di manufatti e/o impianti, quando la sua durata, indicata nell’atto di concessione, risulti inferiore ad un anno.

Analoghi principi sono stati infine ribaditi anche con riferimento al canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (cd. “COSAP”), da parte di Cass. civ., sez. I, 13.08.2019 n. 21353.

Nel caso di specie, la qualifica di occupazione temporanea, fornita dalla Commissione Tributaria Regionale in base all’esame del titolo di concessione, viene ritenuta corretta; essendo l’apprezzamento degli elementi probatori un’attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, le censure di parte ricorrente, seppure formulate come “violazione o falsa applicazione di legge”, si risolvono in realtà in una critica all’accertamento di fatto compiuto dal giudice del secondo grado, insindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, nei ristretti limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. 

Per tale motivo, il ricorso del contribuente non trova accoglimento.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma