La possibilità di operare una successione dal lato passivo del rapporto si è affermata molto più tardi in dottrina rispetto alla successione del credito, essendo il rapporto obbligatorio strettamente connesso alla persona del debitore e, in particolare, al suo patrimonio e alla sua correttezza.
Mentre il trasferimento del credito non richiede il consenso del debitore, per il quale è di regola indifferente adempiere la propria prestazione nei confronti di un creditore o dell’altro, il trasferimento del debito è condizionato al consenso del creditore, per il quale la persona del debitore non è indifferente sotto il profilo delle garanzie di solvibilità.
Unica ipotesi di successione nel debito, per la quale si prescinde dal consenso del creditore, è costituita dalla successione universale mortis causa: in tale ipotesi, infatti, il debito del de cuius si trasferisce automaticamente al successore con l’accettazione dell’eredità.
Al di fuori di tale ipotesi, la successione nel debito presuppone sempre l’assenso, o quanto meno la mancata opposizione, del creditore: ciò vale anche per le altre ipotesi di successione universale, diverse da quella mortis causa: così, ad esempio, è necessario l’assenso del creditore per la cessione di azienda (art. 2560 c.c.) o, quanto meno, è data al creditore la possibilità di proporre opposizione contro la cessione (es.: nella fusione di società, ex art. 2503 c.c.).
Le tre figure che realizzano il mutamento dal lato passivo del rapporto obbligatorio sono la delegazione (artt. 1268-1271 c.c.), l’espromissione (art. 1272 c.c.) e l’accollo (art. 1273 c.c.).
Nell’ambito di ciascuno di questi tre istituti possono verificarsi due diverse ipotesi:
- il nuovo debitore si aggiunge a quello originario, e si ha così un cumulo di debitori (delegazione cumulativa, espromissione cumulativa, accollo cumulativo);
il nuovo debitore, con il consenso del creditore, si sostituisce a quello originario, liberandolo dall’obbligazione (delegazione liberatoria, espromissione liberatoria, accollo liberatorio). In tali fattispecie, l’ordinamento prevede l’estinzione delle garanzie del credito, salvo il consenso a mantenerle da parte di colui che le ha prestate (art. 1275 c.c.) e la reviviscenza dell’obbligo nei confronti del debitore liberato in caso di invalidità (i.e.: nullità o annullamento) della nuova obbligazione (art. 1276 c.c.).