Anche a seguito della riforma, permangono alcune norme derogatorie per il processo civile che si svolga dinanzi al giudice monocratico, anziché davanti al collegio.

La competenza di tale organo risulta peraltro ampliata dalla riforma che, mediante l’abrogazione dei numeri 5) e 6) dell’art. 50-bis, comma 1, c.p.c., sottrae alla competenza del collegio – e devolve quindi alla competenza del  tribunale monocratico-  le “cause di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché le cause di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi” e le “cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione di legittima”.

Al procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica continuano ad estendersi, in quanto applicabili e non specificamente derogate, le norme previste per il giudizio dinanzi al collegio (art. 281-bis c.p.c.).

Restano invariati anche la facoltà  per il giudice di disporre d’ufficio la prova testimoniale, formulandone i capitoli, quando le parti nell’esposizione dei fatti si siano riferite a persone che appaiano in grado di conoscere la verità (art. 281-ter c.p.c.), ed il potere del giudice istruttore, designato a norma dell’art. 168-bis c.p.c. (nel giudizio di cognizione) o dell’art. 484, comma 2, c.p.c. (nel processo esecutivo), di decidere la causa con tutti i poteri spettanti al collegio (art. 281-quater c.p.c.).

Vengono invece modificate le norme di cui agli artt. 281-quinquies e 281-sexies, rispettivamente dedicate alla “trattazione scritta o mista” e alla “trattazione orale”.

Nell’ambito della prima delle due norme citate, si dispone che, quando la causa è matura per la decisione il giudice fissa davanti a sé l’udienza di rimessione della causa in decisione assegnando alle parti i termini di cui all’art. 189 c.p.c. All’udienza trattiene la causa in decisione e la sentenza è depositata entro i trenta giorni successivi (termine da ritenersi di natura ordinatoria).

Se una delle parti lo richiede, il giudice, disposto lo scambio dei soli scritti difensivi a norma dell’art. 189 numeri 1) e 2)- ossia delle note contenenti la precisazione delle conclusioni e delle comparse conclusionali- fissa l’udienza di discussione orale non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali e la sentenza è depositata entro trenta giorni.

L’art. 281-sexies c.p.c. resta invece invariato nei primi due commi: pertanto, qualora non disponga a norma del precedente art. 281-quinquies c.p.c., il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria.

La riforma aggiunge tuttavia alla norma un ultimo comma, secondo cui al termine della discussione orale il giudice, se non provvede nel senso sopra descritto, deposita la sentenza nei successivi trenta giorni.

In sostanza, quindi, può ritenersi che le modifiche apportate all’art. 281-quinquies c.p.c. siano per lo più di carattere “formale”, ossia motivate non già da innovazioni di carattere sostanziale, quanto piuttosto dalla necessità di adeguamento della predetta norma rispetto alla nuova formulazione dell’art. 189 c.p.c. (e, in particolare, all’introduzione degli scritti difensivi finali “anticipati” rispetto all’udienza di rimessione della causa in decisione). Quanto all’aggiunta dell’ultimo comma di cui all’art. 281-sexies c.p.c., essa appare coerente con l’analoga previsione di cui all’art. 275-bis, ultimo comma, c.p.c. Entrambe le disposizioni – che prevedono la facoltà per il tribunale monocratico o collegiale, all’esito della discussione orale, di non depositare la sentenza in via contestuale, bensì nei sessanta (per il collegio) o trenta (per il giudice monocratico) giorni successivi- appaiono tuttavia scarsamente coerenti con la generale finalità acceleratoria dei processi, che avrebbe dovuto ispirare l’intera riforma.

Infine, anche le norme sui rapporti tra collegio e giudice monocratico (artt. 281-septies, 281-octies e 281-novies c.p.c.) vengono parzialmente innovate.

L’art. 281-septies c.p.c. (“rimessione della causa al giudice monocratico”) prevede che il collegio, quando rileva che una causa, rimessa davanti a lui per la decisione, deve essere decisa dal tribunale in composizione monocratica, pronuncia ordinanza non impugnabile con cui rimette la causa davanti al giudice istruttore perché decida la causa quale giudice monocratico. La sentenza è depositata entro i successivi trenta giorni.

L’art. 281-octies c.p.c. (“rimessione della causa al tribunale in composizione collegiale”) stabilisce invece, in maniera speculare rispetto alla precedente disposizione, che il giudice, quando rileva che una causa, riservata per la decisione davanti a sé in funzione di giudice monocratico, deve essere decisa dal tribunale in composizione collegiale, rimette la causa al collegio per la decisione, con ordinanza comunicata alle parti. Entro dieci giorni dalla comunicazione, ciascuna delle parti può chiedere la fissazione dell’udienza di discussione davanti al collegio, e in questo caso il giudice istruttore procede ai sensi dell’art. 275-bis c.p.c. (i.e.: decisione a seguito di discussione orale davanti al collegio).

Infine, l’art. 281-novies c.p.c. (“connessione”) mantiene ferma la disposizione del primo comma -secondo cui “in caso di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione collegiale e cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione monocratica, il giudice istruttore ne ordina la riunione e, all’esito dell’istruttoria, le rimette, a norma dell’articolo 189, al collegio, il quale pronuncia su tutte le domande, a meno che disponga la separazione a norma dell’articolo 279, secondo comma, numero 5)”- e vede inserito un secondo comma che specifica come alle cause riunite si applichi il rito previsto per la causa in cui il tribunale giudica in composizione collegiale e come restino ferme le decadenze e le preclusioni già maturate in ciascun procedimento prima della riunione.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma