Ulteriore rilevante novità apportata dalla Legge 31 agosto 2022, n. 130 in materia di processo tributario è rappresentata dall’integrale sostituzione del comma 4 dell’art. 7 D.lgs. 546/1992.
Mentre resta fermo il divieto assoluto della prova per giuramento (sia decisorio che suppletorio), viene invece attenuata la preclusione relativa alla prova testimoniale, ammessa seppure soltanto nella forma della testimonianza scritta di cui all’art. 257-bis c.p.c.
Tale tipologia di prova può essere ammessa dalla corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l’accordo delle parti.
Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale.
Queste ultime, infatti, in quanto coperte dalla fede privilegiata propria dell’atto pubblico (art. 2700 c.c.), restano contestabili unicamente mediante lo strumento della querela di falso, e non già attraverso una mera prova testimoniale.
La previsione è destinata a trovare applicazione ai ricorsi notificati a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge 130/2022, e dunque a decorrere dal 16 settembre 2022, senza possibilità di estensione ai giudizi già incardinati a tale data.
Essa sembra tuttavia rivestire una portata innovativa abbastanza limitata, considerato che l’orientamento giurisprudenziale già consolidato limitava il divieto di testimonianza alla sola prova testimoniale da assumere in udienza, con le garanzie del contraddittorio, ammettendo invece l’utilizzo, ai fini della decisione, delle dichiarazioni rese dai privati agli organi dell’Amministrazione finanziaria nella fase amministrativa dell’accertamento, che pertanto già anteriormente alla riforma assumevano rilievo di elementi indiziari, idonei a concorrere alla formazione del convincimento del giudice, unitamente ad altri elementi (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 07 aprile 2017 n. 9080; Cass. civ., sez. V, ord., 16 maggio 2019 n. 13174 e Cass. civ., sez. V, ord., 14 luglio 2021 n. 20033).
L’art. 6 Legge 130/2022 aggiunge inoltre all’art. 7 D.lgs. 546/1992 un comma 5-bis, applicabile a decorrere dall’entrata in vigore della legge (16 settembre 2022) a tutti i giudizi, inclusi quelli instaurati precedentemente a tale data.
La predetta norma codifica l’onere della prova a carico dell’Amministrazione finanziaria (intesa in senso lato), la quale è sempre tenuta a provare in giudizio le violazioni contestate al contribuente con l’atto impugnato.
Il giudice fonda la propria decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni.
Parzialmente diverso è invece il riparto dell’onere della prova nelle cd. “liti da rimborso”: in tal caso, infatti, è il contribuente a dover fornire le ragioni della richiesta di rimborso del proprio credito, qualora quest’ultimo non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati.
Anche sotto tale aspetto, la modifica normativa non appare particolarmente innovativa, essendo già in precedenza consolidato il principio per cui, nelle controversie relative all’impugnazione di un atto di accertamento o di riscossione, l’Amministrazione finanziaria (intesa in senso lato), quale parte attrice in senso sostanziale, era gravata dall’onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa creditoria azionata con l’atto impugnato, in ossequio al generale principio dispositivo e alla norma di cui all’art. 2697 c.c. (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 26 settembre 2008 n. 24201 e Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sez. XLIII, 11 gennaio 2010 n. 1).
Pertanto, l’attuale comma 5-bis dell’art. 7 D.lgs. 546/1992 viene ad assumere più che altro valenza ricognitiva, consacrando in una norma di legge quello che già in precedenza appariva un orientamento giurisprudenziale piuttosto consolidato.
Dott.ssa Cecilia Domenichini
Unicusano- Roma