Allo scopo di rafforzare lo strumento conciliativo, viene completamente riscritto il comma 2-octies dell’art. 15 D.lgs. 546/1992 in materia di spese processuali, con applicazione della nuova norma ai ricorsi notificati a decorrere dal 16 settembre 2022 (data di entrata in vigore della Legge 130/2022).

Resta ferma la previsione secondo cui, in caso di conciliazione, le spese processuali si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione.

Malgrado il nuovo testo normativo continui ad omettere qualsiasi riferimento all’accordo di conciliazione raggiunto fuori udienza, deve ritenersi che tale disposizione- come già avveniva in precedenza- si riferisca tanto alla conciliazione perfezionata in udienza mediante un processo verbale (art. 48-bis e “nuovo” art. 48-bis.1 D.lgs. 546/1992), quanto a quella raggiunta fuori udienza e trasfusa in un accordo conciliativo (art. 48 D.lgs. 546/1992).

Innovativa risulta invece la prima parte della disposizione, secondo cui, quando una delle parti o il giudice abbia formulato una proposta conciliativa, non accettata dall’altra parte senza giustificato motivo, a carico di quest’ultima restano le spese del giudizio maggiorate del 50 per cento, ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata.

Per tutti i giudizi (inclusi quelli già instaurati alla data del 16 settembre 2022), diviene applicabile il disposto del “nuovo” comma 9-bis dell’art. 17-bis D.lgs. 546/1992, secondo cui, in caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione, la soccombenza di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, comporta, per la parte soccombente, la condanna al pagamento delle relative spese di giudizio.

Nell’ottica di una “responsabilizzazione” dei funzionari degli Enti impositori, degli Agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 53 D.lgs. 446/1997, viene altresì inserita la previsione secondo cui la condanna alle spese del giudizio di tali soggetti può assumere rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che abbia immotivatamente rigettato il reclamo o non accolto la proposta di mediazione.

Infine, sempre nell’ottica rafforzativa della conciliazione si colloca l’introduzione dell’art. 48-bis.1 D.lgs. 546/1992 (“Conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria”), applicabile ai ricorsi notificati a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge 130/2022 (16 settembre 2022), e non già ai giudizi pregressi.

La norma prevede che, per le controversie soggette a reclamo ex art. 17-bis D.lgs. 546/1992, la corte di giustizia tributaria, ove possibile, possa formulare alle parti una proposta conciliativa, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione.

La proposta può essere formulata sia fuori udienza che in udienza: nel primo caso, deve essere comunicata a tutte le parti, nel secondo solo a quelle non comparse.

Per il perfezionamento dell’accordo conciliativo, la causa può essere rinviata alla successiva udienza.

In caso di mancato perfezionamento dell’accordo, si procede nella stessa udienza alla trattazione della causa.

La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale, nel quale sono indicate le somme dovute, nonché i termini e le modalità di pagamento: anche la nuova norma, quindi, come già gli artt. 48 e 48-bis D.lgs. 546/1992, adotta un modello “consensuale” di perfezionamento della conciliazione, per il quale non è richiesto il pagamento della somma dovuta (o della prima rata), che dunque costituirà soltanto un adempimento successivo rispetto al perfezionamento dell’istituto deflativo.

Analoga rispetto agli artt. 48 e 48-bis D.lgs. 546/1992 è anche la previsione secondo cui il processo verbale costituisce “titolo” (ma non “titolo esecutivo”) per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

La formulazione della norma, quindi, in maniera del tutto analoga a quanto già avviene per gli artt. 48 e 48-bis D.lgs. 546/1992, non lascia dubbi circa l’applicabilità dell’istituto anche alle cd. “liti da rimborso” (posto che, diversamente non troverebbe alcun significato la previsione secondo cui il processo verbale costituisce titolo per il pagamento delle somme dovute al contribuente).

Sempre in maniera del tutto analoga alle predette norme, la nuova disposizione lascia invece aperta la problematica relativa alla facoltà, per il contribuente, di far apporre la formula esecutiva sul processo verbale di conciliazione di una cd. “lite da rimborso”, in caso di mancato adempimento spontaneo da parte dell’Amministrazione finanziaria, posto che il predetto processo verbale è definito unicamente quale “titolo” (e non quale “titolo esecutivo”) e che nel nostro ordinamento vige il principio di tassatività dei titoli esecutivi, in forza del quale sono tali solo quelli così espressamente definiti dalla legge (art. 474 c.p.c.).

Per quanto riguarda gli effetti processuali della conciliazione proposta dal giudice tributario, essa determina l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, che deve essere dichiarata con sentenza.

La previsione del comma 5 della nuova disposizione si riferisce chiaramente al solo caso di conciliazione totale della controversia.

Pur nel silenzio della norma sul punto, non paiono esservi dubbi sul fatto che, in caso di conciliazione solo parziale della controversia tributaria a seguito della proposta formulata dal giudice tributario, il provvedimento che quest’ultimo dovrà adottare sarà invece un’ordinanza, con un contenuto in parte decisorio (i.e.: dichiarativo della parziale cessazione della materia del contendere) e in parte ordinatorio (i.e.: contenente i provvedimenti necessari per l’ulteriore corso del giudizio, per la parte di controversia non conciliata), stante il divieto di sentenze tributarie non definitive o limitate solo ad alcune domande (art. 35, comma 3, D.lgs. 546/1992).

La nuova disposizione dell’art. 48-bis.1 D.lgs. 546/1992 termina infine con la previsione secondo cui la proposta di conciliazione formulata dal giudice tributario non può costituire motivo di ricusazione o astensione di quest’ultimo.

Anche alla conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria ex art. 48-bis.1 D.lgs. 546/1992 è applicabile il disposto di cui all’art. 48-ter, comma 2, del predetto Decreto: pertanto, anche in tal caso il versamento delle somme dovute o, in caso di rateizzazione, della prima rata, dovrà essere effettuato nel termine di venti giorni dalla sottoscrizione del processo verbale.

In caso di inadempimento da parte del contribuente, il competente ufficio provvederà all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’art. 13 D.lgs. 18 dicembre 1997 n. 471 aumentata della metà ed applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma