Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, sez. II, sent., 03 gennaio 2025 n. 8


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA TOSCANA

SECONDA SEZIONE/COLLEGIO

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ADER), propone appello avverso e per la riforma della Sentenza n. 138/2/2022, emessa dalla Corte di Giustizia di primo grado di Massa Carrara, pronunciata in data 19/12/2022 e depositata in data 30/12/2022, avente ad oggetto l’intimazione di pagamento (Avi) n. XXX, notificata da ADER alla F. B. SRL (codice fiscale) il 01/02/2022, relativo agli anni d’imposta 2004, 2005, 2006, per l’importo di Euro 119.043,11.

L’intimazione di pagamento trae origine dall’atto di cessione d’azienda del 08.06.2006 con il quale la impresa individuale l’I. A. M. S., codice fiscale, cedeva alla società ricorrente F. B. S.r.l., codice fiscale, l’azienda avente ad oggetto l’attività di commercio al dettaglio di generi alimentari di cui alla comunicazione effettuata al Comune di Massa in data 4 giugno 2002 n. 2273.

Il cessionario d’azienda è stato chiamato a rispondere dei debiti della società cedente ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 472 del 1992, comma primo.

In particolare, ADER ha notificato l’intimazione di pagamento impugnata alla società cessionaria F. B. S.r.l. quale responsabile in solido della cedente impresa individuale di M. S., per la riscossione delle seguenti cartelle di pagamento: – cartella n. XXX, a cui sono sottesi crediti IRPEF e IVA 2004, notificata al cedente in data 17/03/2008; cartella n. XXX, a cui sono sottesi crediti IRAP, IRPEF ed IVA 2005, notificata al cedente in data 20/01/2009; – Cartella n. XXX, a cui sono sottesi crediti relativi a imposta di registro anno 2006, notificata al cedente in data 13/10/2009; cartella n. XXX a cui sono sottesi crediti IRPEF 2006, notificata al cedente in data 28/07/2010; cartella n. XXX a cui sono sottesi crediti IRAP, IRPEF e IVA 2006, notificata al cedente in data 27/01/2011; cartella n. XXX a cui sono sottesi crediti relativi a imposta di registro 2005 notificata al cedente in data 21/06/2011.

L’intimazione di pagamento veniva impugnato dalla società, eccependo la nullità della notifica da parte dell’Agenzia della Riscossione dell’atto impugnato; la nullità e/o illegittimità dell’avviso di pagamento per violazione dell’art. 7, comma 1, 2 lett. a), b), c) L. n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del Contribuente) per omessa allegazione; l’omessa notifica degli atti presupposti con conseguente nullità e/o illegittimità dell’avviso di pagamento; l’intervenuta  estinzione del (presunto) credito per maturata prescrizione; l’assenza di responsabilità in capo alla società ricorrente in virtù dell’art. 2, ultimo capoverso, dell’accordo di cessione dell’8/6/2006; la mancata prova della preventiva escussione del patrimonio del soggetto cedente.

In via subordinata si chiedeva la riduzione delle asserite pretese tributarie al valore della cessione ex art. 14 D.Lgs. n. 472 del 1997.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione si costituiva sostenendo la legittimità del proprio operato e chiedendo il rigetto del ricorso.

La Corte di Giustizia di primo grado di Massa Carrara, con la sentenza oggetto del presente appello in parziale accoglimento del ricorso, dichiara nulla l’intimazione di pagamento n. XXX emesso dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione – Agente della Riscossione per la Provincia di Massa Carrara, avente ad oggetto il pagamento di Euro 119.043,11, per l’omessa notifica alla società ricorrente degli atti alla stessa presupposti e dichiara, altresì, l’improcedibilità dell’azione esecutiva per inosservanza dell’obbligo di preventiva escussione del debitore principale.

Condanna parte resistente alla rifusione del 50% delle spese di causa sostenute dalla società “F. B. S.r.l.” che liquida, in tale frazione, in Euro 3.300,00, oltre rimborso delle spese forfettarie, IVA e CPA come per legge, con compensazione tra le parti del residuo.

Propone appello avverso la citata sentenza di primo grado l’ADER, proponendo i seguenti argomentati motivi:

  1. errore in giudicando per errata interpretazione e applicazione dell’art. 25, I comma D.P.R. n. 602 del 1973, con riferimento alla dichiarazione di nullità dell’intimazione di pagamento n. XXX per omessa notifica degli atti presupposti (anche) alla società cessionaria, in qualità di coobbligata;
  2. errata valutazione della documentazione comprovante l’avvenuta escussione del patrimonio della società cedente “l’I. A. di M. S.”.

Conclude con la richiesta della riforma dell’appellata sentenza n. 138/2/2022, confermando la validità dell’intimazione n. XXX, con vittoria di spese.

Si costituisce la società “F. B. S.r.l.” contestando puntualmente alle eccezioni dell’Ufficio e sostenendo il rigetto dell’appello e la condanna del ricorrente alle spese di giudizio.

Motivi della decisione

Preliminarmente si ribadisce, condividendo il recente indirizzo giurisprudenziale di legittimità, quanto già evidenziato dai Giudici di prime cure, che laddove l’agente della riscossione abbia effettuato la notifica per mezzo di un indirizzo PEC non risultante nei pubblici registri (RegInde, INI-Pec e Ipa) non si verifica alcuna nullità della notifica; viene infatti in rilievo il rispetto dei canoni di leale collaborazione e buona fede che informano il rapporto fra Amministrazione e contribuente ed occorre che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica da un indirizzo diverso da quello telematico presente nel registro (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 13/06/2024, n. 16494), pregiudizi non esposti dalla Contribuente.

Sostiene la giurisprudenza di legittimità che in tema di responsabilità solidale, di cui all’ art. 14 del D.Lgs. n. 472 del 199, per i debiti pregressi relativi all’azienda ceduta, soggetto passivo dell’imposta, nei cui confronti deve essere svolta l’attività accertativa, è esclusivamente il cedente, nei cui soli confronti si è realizzato il presupposto impositivo, laddove, correttamente, l’amministrazione finanziaria provvede, nei confronti del cessionario, alla mera iscrizione a ruolo dell’importo non versato dal cedente, in forza della citata responsabilità solidale, senza che sia necessario che la cartella sia preceduta anche da un preventivo atto di accertamento nei suoi confronti. (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 31/03/2022, n. 10377) ed in motivazione si legge nel richiamato indirizzo giurisprudenziale: “… nei confronti del cessionario, non essendo il soggetto passivo, correttamente l’amministrazione finanziaria provvede alla mera iscrizione a ruolo dell’importo non versato dal cedente, in forza della responsabilità solidale configurata dalla previsione di cui al citato art. 14; quel che dunque rileva, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione della cartella di pagamento allo stesso notificato, è che in essa sia riportata la ragione della pretesa, cioè la estensione, a titolo di responsabilità solidale, della richiesta di pagamento del tributo di cui è soggetto passivo il cedente, potendo, sotto tale profilo, ritenersi assolto l’onere di motivazione mediante il mero riferimento alla previsione di cui al citato art. 14 …”; ciò non è avvenuto nella presente fattispecie.

Solo successivamente alla richiesta di pagamento al cessionario, mediante la notifica della cartella di pagamento in cui veniva riportata la ragione della pretesa, cioè l’estensione a titolo di responsabilità solidale, questi veniva a conoscenza dell’inadempimento del debitore principale ed accertato il preventivo tentativo di recupero nei confronti di quest’ultimo avrebbe ottemperato all’obbligazione sorta in via sussidiaria e, in caso di inadempimento anche del cessionario avrebbe trovato fondamento il titolo dell’intimazione di pagamento emesso nei suoi confronti.

Nessuna delle cartelle di pagamento indicate nell’intimazione di pagamento oggetto del presente appello risulta notificata all’appellata Contribuente né in qualità di cessionaria dell’azienda e coobbligata solidale sussidiaria dell’obbligazione della cedente né in nessuna altra forma.

Prive di pregio assumono le doglianze di cui al secondo motivo dell’appello.

La giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 25/07/2024, n. 20853- in motivazione), indirizzo condiviso da questa Corte, sostiene che l”art. 25, D.P.R. n. 600 del 1972, utilizza l’espressione “al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede” al plurale; quindi, si riferisce ad entrambi come destinatari del procedimento; ed usa, inoltre, la disgiuntiva “o”, che segna l’alternatività, quando fissa l’onere, l’inosservanza del quale comporta la decadenza, di notificare la cartella. Il che significa che, quando procede nei confronti del debitore iscritto a ruolo e di uno o più coobbligati, l’agente per la riscossione, notificando la cartella di pagamento all’uno o all’altro (Cass. n. 27713 del 2022, punto 9; Cass. n. 24583 del 2022; Cass. n. 24582 del 2022), evita la decadenza dal potere di riscossione nei confronti di tutti i soggetti passivi, “di modo che da quel momento inizia a decorrere (per tutti costoro) il termine prescrizionale applicabile” (Cass. n. 27713 del 2022, punto 8.1). Secondo i principi generali del processo tributario, quest’esito si verifica non solo quando la notifica della cartella al debitore principale o al coobbligato sia stata tempestiva, ma anche quando la cartella tardivamente notificata non sia stata impugnata dal soggetto legittimato entro il termine di cui all’art. 21 D.Lgs. n. 546 del 1992, consolidandosi, in questo caso, l’azione di riscossione (arg. ex Cass. n. 18448 del 2015) e restando definitivamente preclusa l’eccezione di decadenza che ha natura personale (Cass. n. 25890 del 2015).

Nel caso di specie nessuna cartella di pagamento è stata notificata alla società coobbligata e, pertanto, legittimata ad invocare la prescrizione dell’assunta pretesa da parte dell’Ufficio, che ha avuto notizia dell’inadempimento della debitrice principale, cedente, solo con la notifica dell’impugnata intimazione di pagamento avvenuta il 01.02.2022, oltre undici anni dall’ultima notifica della cartella di pagamento effettuata alla sola cedente.

Per tali motivi la Corte rigetta l’appello promosso dall’Ufficio. Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta l’appello e condanna l’Ufficio a rifondere alla Contribuente le spese di entrambi i gradi di giudizio, liquidate in Euro 7.000,00, oltre accessori di legge.

il 3 gennaio 2025.


COMMENTO – Viene ribadito il principio secondo cui l’eccezione di decadenza ha natura personale e resta definitivamente preclusa dalla mancata tempestiva impugnazione della cartella di pagamento.

Di conseguenza, l’azione di riscossione si consolida non solo quando la notificazione della cartella sia stata tempestiva rispetto ai termini di decadenza di cui all’art. 25 D.P.R. 602/1973, ma anche quando, pur in presenza di una notifica tardiva rispetto a tali termini, il relativo vizio non sia stato eccepito mediante ricorso tributario contro la cartella, proposto entro sessanta giorni dalla sua notificazione (art. 21 D.lgs. 546/1992).

In caso di coobbligazione, la decadenza può essere evitata notificando la cartella di pagamento entro il termine di decadenza di cui all’art. 25 D.P.R. 602/1973 al debitore principale o ad uno qualsiasi degli obbligati in solido: l’utilizzo della disgiuntiva “o” sta infatti a significare che, una volta eseguita tempestivamente la notifica nei confronti anche di uno soltanto di tali soggetti, l’Agente della riscossione evita la decadenza dal potere di riscossione nei confronti di tutti i soggetti passivi.

In altri termini, una volta notificata tempestivamente la cartella nei confronti anche di uno soltanto degli obbligati in solido, la decadenza è definitivamente evitata nei confronti di tutti ed il credito resta soggetto unicamente al termine di prescrizione di volta in volta previsto dalla legge.

Nel caso di specie, l’Agente della riscossione aveva notificato tempestivamente le cartelle di pagamento alla società cedente, obbligata in via principale ed unico soggetto passivo dell’imposta, nei confronti del quale si era svolta l’attività accertativa.

Successivamente, previa infruttuosa esecuzione sulla cedente, l’Agente della riscossione aveva fatto valere la responsabilità sussidiaria della società cessionaria che, a norma dell’art. 14 D.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, risponde, entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda ceduto, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per le sanzioni già irrogate e contestate nel medesimo periodo, ancorché riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.

Dal momento che tra la notificazione dell’ultima cartella di pagamento (eseguita nei confronti della società cedente) e quella dell’intimazione ad adempiere (effettuata nei confronti della società cessionaria ed oggetto di impugnazione) era trascorso un periodo di tempo superiore al termine di prescrizione ordinario decennale (art. 2946 c.c.), il ricorso della società cessionaria deve ritenersi fondato. Trova quindi integrale conferma la statuizione di primo grado, con conseguente rigetto dell’appello dell’Agente della Riscossione, senza che venga fatto cenno, nella motivazione della pronuncia, agli eventuali atti interruttivi della prescrizione posti in essere nei confronti della società cedente successivamente alla notifica delle cartelle di pagamento (quanto meno ai fini della preventiva escussione del patrimonio di quest’ultima, necessaria ai sensi dell’art. 14 D.lgs. 472/1997 per fondare la responsabilità sussidiaria della società cessionaria).

Sebbene la pronuncia in commento sia stata emessa con riferimento al termine di decadenza di cui all’art. 25 D.P.R. 602/1973, il principio di personalità dell’eccezione di decadenza, in essa ribadito, appare ragionevolmente estensibile a qualsiasi termine di decadenza, inclusi quelli prescritti dall’art. 1, commi 161 e 163, Legge 27 dicembre 2006 n. 296 per la notifica dell’avviso di accertamento (i.e.: “entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati”) e per la notifica del titolo esecutivo-ingiunzione fiscale (i.e.: “entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo”).

Pertanto, anche in tali casi, qualora l’eccezione di decadenza non dovesse essere proposta dal contribuente mediante tempestiva impugnazione di tali atti, la stessa dovrebbe successivamente ritenersi preclusa, con conseguente assoggettamento del credito al solo termine di prescrizione previsto ex lege (nel caso dei tributi locali, generalmente quinquennale ex art. 2948, comma 1, n. 4 c.c.).

Avv. Cecilia Domenichini