Cass. civ., sez. V, ord., 04 gennaio 2022 n. 16


Svolgimento del processo

Fatti rilevanti:

  1. – La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 6250/9/2014 del 26 giugno 2014, pubblicata il 21 ottobre 2014, favorevolmente scrutinando, in totale riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma, n. 116/17/13, il gravame della contribuente G.K., ha accolto il ricorso da costei proposto avverso il preavviso di fermo amministrativo, notificatole il 10 aprile 2012, e avverso le presupposte cartelle di pagamento del 22 aprile 2010 e dell’11 gennaio 2011, recanti l’importo di Euro 2.951,33 a titolo di tasse automobilistiche, dovute per gli anni 2004, 2005 e 2006, oltre sanzioni, interessi, compensi e accessori pertinenti.
  2. – L’Agente della riscossione ha proposto ricorso per cassazione mediante atto del 21 aprile 2015.
  3. – G.K. è rimasta intimata.

Motivi della decisione

  1. – La Commissione tributaria regionale ha motivato l’accoglimento del ricorso introduttivo, in riforma della sentenza appellata, osservando: le cartelle di pagamento presupposte sono nulle, in quanto notificate dopo la scadenza dei termini di legge (spiranti il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere eseguito il pagamento del tributo automobilistico); nullo è altresì il preavviso di fermo impugnato, in quanto l’Agente della riscossione non ha offerto la prova delle notificazioni delle cartelle di pagamento presupposte, risultando illeggibili le sottoscrizioni dei consegnatari apposte sui pertinenti avvisi di ricevimento.
  2. – L’Agente della riscossione sviluppa tre motivi di ricorso.

2.1 – Col primo eccepisce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 53 e 56 (rectius: art. 57).

Il ricorrente deduce che la contribuente, col libello introduttivo, si era limitata ad eccepire la omessa notificazione delle cartelle di pagamento presupposte e la prescrizione dei tributi; mentre con l’atto di gravame aveva illegittimamente ampliato il thema decidendum colla introduzione della questione della invalidità delle notificazioni delle cartelle di pagamento.

Soggiunge che la Commissione tributaria regionale ha implicitamente ravvisato la prescrizione dei tributi a dispetto della acquiescenza dell’appellante che non aveva riproposto in appello la relativa questione.

2.2 – Col secondo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26.

La parte deduce di aver legittimante e ritualmente notificato le cartelle di pagamento presupposte, direttamente tramite il servizio postale a mezzo raccomandata nella perfetta osservanza della superiore disposizione; e aggiunge: non sono pertanto richiesti il ministero dell’ufficiale giudiziario e il compimento della formalità della redazione della relazione della notificazione; la notificazione è validamente eseguita colla consegna del plico raccomandato al domicilio del destinatario, documentata dalla sottoscrizione dell’avviso di ricevimento; secondo la giurisprudenza di legittimità è irrilevante la illeggibilità (ritenuta dalla Commissione tributaria regionale) della firma di quietanza apposta sull’avviso di ricevimento, che fa prova fino a querela di falso.

2.3 – Col terzo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 50 e 86, obiettando che la Commissione tributaria regionale ha fatto malgoverno ed erronea applicazione delle ridette disposizioni sulla base dell’erroneo presupposto della invalidità delle notificazioni delle cartelle di pagamento.

  1. – Il ricorso merita accoglimento.

3.1 – E’ assorbente la fondatezza della denunzia della inosservanza del divieto dei nuovi motivi in appello, sancito a pena di inammissibilità, dalla norma di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57 (indicata dal ricorrente con erroneo riferimento al precedente articolo).

3.2 – Per come esposto in narrativa della Commissione tributaria regionale, la eccezione, proposta con l’atto di gravame dalla contribuente, circa la validità delle notificazioni delle cartelle di pagamento presupposte, risulta affatto estranea al novero delle questioni prospettate col libello introduttivo, col quale la ricorrente aveva dedotto esclusivamente “di non aver mai ricevuto le cartelle” (v. la sentenza impugnata, p. 2).

Né peraltro – è appena il caso di aggiungere – in prime cure a seguito della produzione (operata dell’Agente della riscossione) della documentazione pertinente alle notificazioni delle cartelle di pagamento presupposte, la contribuente si è avvalsa della facoltà di proporre motivi aggiunti, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24, commi 3 e 4, allo scopo di contestare la validità delle (documentate) notificazioni delle cartelle, avendo, invece, la parte sollevato la relativa eccezione – tardivamente e inammissibilmente – soltanto con i motivi di appello.

3.3 – Orbene soccorre in proposito il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale “in materia di contenzioso tributario, la proposizione della mera eccezione di inesistenza della notifica (…) costituente il presupposto della cartella impugnata, non può far ritenere acquisito al thema decidendum l’esame di qualsiasi vizio di invalidità del procedimento notificatorio, non ravvisandosi un a relazione di continenza tra l’inesistenza ed i vizi di nullità di tale procedimento, altrimenti derivandone una inammissibile scissione tra il tipo di invalidità denunciato con la formulata eccezione di merito e la specifica deduzione dei fatti sui quali essa si fonda, il cui onere di allegazione ricade esclusivamente sulla parte qualora si facciano valere eccezioni in senso stretto (in applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato l’inammissibilità della deduzione, per la prima volta in appello, di asseriti vizi di nullità della notifica del suddetto atto presupposto, (…) a fronte dell’originaria eccezione di sua omessa notifica sollevata dalla ricorrente)” (Sez. 5, sentenza n. 8398 del 05/04/2013, Rv. 625934 – 01; cui adde Sez. 6 – 5, ordinanza n. 5369 del 02/03/2017, Rv. 643479 – 01, che ha ribadito: “la proposizione della mera eccezione di omessa notificazione (…) dell’atto impositivo non equivale a quella di nullità della notificazione medesima, non sussistendo una relazione di continenza tra l’inesistenza ed i vizi di nullità del procedimento notificatorio” (Sez. 6 – 5, ordinanza n. 5369 del 02/03/2017, Rv. 643479 – 01).

3.4 – Epperò, restando fuori discussione la validità delle notificazioni delle cartelle di pagamento presupposte, sono allora precluse (in difetto della proposizione illis temporibus di tempestive impugnazioni) le connesse questioni della tempestività delle ridette notificazioni e della prescrizione dei tributi.

Affatto erroneo è, di conseguenza, il rilievo della Commissione tributaria regionale della nullità del preavviso di fermo amministrativo sotto il profilo della supposta invalidità delle notificazioni delle cartelle di pagamento presupposte.

3.5 – In conclusione, alla luce del superiore principio di diritto – la Corte lo ribadisce ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, condividendo le ragioni che lo sorreggono, espresse nei pertinenti arresti – il primo motivo di ricorso merita accoglimento, nei sensi indicati, con assorbimento di tutti gli altri motivi; la sentenza impugnata deve essere cassata; e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, mediante rigetto del ricorso introduttivo, stante la inammissibilità della tardiva impugnazione delle cartelle di pagamento presupposte e la infondatezza della impugnazione del preavviso di fermo amministrativo.

  1. – Le spese del presente giudizio, congruamente liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza; mentre quelle dei gradi di merito devono essere compensate in considerazione del consolidarsi in corso di causa del su riportato indirizzo di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei sensi indicati, il primo motivo di ricorso, assorbiti tutti gli altri; cassa la sentenza impugnata; decide la causa nel merito mediante rigetto del ricorso introduttivo; condanna la contribuente intimata al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi oltre rimborso forfetario e accessori di legge; compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi da remoto, il 8 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022


COMMENTO REDAZIONALE– La vicenda in esame trae origine dall’impugnazione di un preavviso di fermo, contestando il quale la contribuente deduceva genericamente “di non aver mai ricevuto le cartelle” sottese, senza meglio specificare tale censura neppure a seguito della produzione in giudizio, da parte dell’Agente della Riscossione, dei referti di notifica delle cartelle.

Una volta respinto il ricorso in primo grado, solo mediante il proprio atto di appello la contribuente si doleva della mancata leggibilità delle sottoscrizioni apposte dai consegnatari sugli avvisi di ricevimento delle cartelle, nonché della notifica di queste ultime oltre il termine di decadenza del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere eseguito il pagamento del bollo automobilistico.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello della contribuente, ma la relativa decisione viene interamente riformata dalla Suprema Corte.

Quest’ultima accoglie infatti il motivo di ricorso, proposto dall’Agente della Riscossione, relativo alla violazione del divieto di nuove domande in appello, sancito dall’art. 57 D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546.

Viene in tal modo ribadito il principio secondo cui la proposizione di una mera eccezione di omessa notificazione dell’atto impositivo non equivale a quella di nullità della notificazione medesima, non sussistendo una relazione di continenza tra l’inesistenza ed i vizi di nullità del procedimento notificatorio (Cass. civ., sez. VI-5, ord., 02 marzo 2017 n. 5369).

Più in dettaglio, la proposizione della mera eccezione di inesistenza della notifica di un atto impositivo non può far ritenere acquisito al thema decidendum l’esame di qualsiasi vizio di invalidità del procedimento di notifica, non ravvisandosi un a relazione di continenza tra l’inesistenza ed i vizi di nullità di tale procedimento.

Diversamente opinando, ne deriverebbe un’inammissibile scissione tra il tipo di invalidità denunciato con la formulata eccezione di merito e la specifica deduzione dei fatti sui quali essa si fonda, il cui onere di allegazione ricade esclusivamente sulla parte, qualora si facciano valere eccezioni in senso stretto (si vedano in senso conforme, ex multis, Cass. civ., sez. V, 05 aprile 2013 n. 8398 e Cass. civ., sez. VI-5, ord., 02 marzo 2017 n. 5369).

In applicazione dei suddetti principi, la Suprema Corte accoglie il ricorso per Cassazione dell’Agente della Riscossione e, non reputando necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide nel merito la causa con rigetto del ricorso introduttivo della contribuente e sua condanna al pagamento delle spese processuali.