Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 18 gennaio 2024, n.1933
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria -Presidente
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere
Dott. CANDIA Ugo – Consigliere
Dott. DI PISA Fabio – Consigliere
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 27217-2019 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’Avvocato …, rappresentata e difesa dall’Avvocato … giusta procura speciale in calce al ricorso – ricorrente –
contro
COMUNE DI CAVAGLIÀ, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato … giusta procura speciale in calce al controricorso e con domicilio digitale eletto presso il suo indirizzo di posta elettronica certificata – controricorrente –
avverso la sentenza n. 225/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE, depositata il 14/2/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/1/2024 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO
Svolgimento del processo
A.A. propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale del Piemonte aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 91/2017 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Biella in rigetto del ricorso proposto avverso avvisi di accertamento IMU 2012-2014 con relative sanzioni, emessi dal Comune di Cavaglià e notificati il 4/5/2016, ed ha da ultimo depositato memoria difensiva;
il Comune resiste con controricorso
Motivi della decisione
1.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione degli artt. 1 e 2 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, dell’art. 23, comma 1 bis, del d.l. n. 207/2008, dell’art. 7 comma 2 bis d.l. n. 70/2011, del d.l. n. 102/2013 conv., e dell’art. 11, lett. k) Regolamento Comunale IMU n. 34/2014, e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia ritenuto l’assoggettabilità all’IMU del terreno della contribuente, destinato esclusivamente ad attività agricola, sulla scorta del suo accatastamento in categoria catastale D/8, che era stata invece erroneamente attribuita dal Comune, e che era stato poi oggetto di richiesta di variazione catastale presentata in data 21/11/2016, nel corso del giudizio di primo grado;
1.2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 44 d.P.R. 29/9/1973, n. d.P.R. 29/9/1973, n. 600, lamentando che la Commissione tributaria regionale abbia ritenuto legittima l’acquisizione, da parte del Comune, “da altri fonti (pubbliche) circa i redditi dichiarati dalla contribuente (ai fini IRPEF)”;
1.3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e violazione dell’art. 7 legge 27 luglio 2000, n. legge 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 3 della legge 7.8.1990 n. 241 e dell’art. D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e lamenta “l’illegittimità degli atti impugnati per difetto di motivazione e per motivazione “per relationem””, come eccepito sin dal primo grado di giudizio;
1.4. con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 12, comma 5m del d.lgs. 18/12/1997, n. 472, per avere la Commissione tributaria regionale omesso di applicare il “principio di concorso di violazioni e continuazione” con riguardo alle sanzioni irrogate dal Comune per omesso versamento IMU nelle annualità 2012 – 2014;
2.1. il primo motivo è infondato;
2.2. invero, come correttamente ritenuto dalla Commissione tributaria regionale, non ha alcuna rilevanza, nel caso in esame, la questione dello svolgimento o meno, nel fabbricato di cui trattasi, di attività diretta alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli in quanto l’esenzione dall’IMU per i fabbricati di tipo rurale segue il criterio della determinazione catastale, nel senso che per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), e solo l’immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 del (convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1-bis, (convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), al che consegue che, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, quest’ultimo restandovi, altrimenti, assoggettato (cfr. Cass. Sez. Un. n. 18565/2009, cui adde, secondo un orientamento del tutto consolidato, Cass., nn. 10283/2019, 11588/2017, 16737/2015, 5167/2014, 19872/2012);
2.3. il punto decisivo allora è che risulta dall’impugnata sentenza e dalle stesse argomentazioni difensive della contribuente che l’immobile di cui è causa non era annoverato nelle categorie catastali sopra mentovate fino all’annualità 2016, quando la contribuente, in corso di causa, risulta aver proposto domanda di variazione catastale;
2.4. al riguardo va altresì evidenziato che l’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993 n. 557, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 novembre 1994 n. 134, e modificato dall’art. 42-bis del D.L. 1 ottobre 2007 n. 159, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 novembre 2007 n. 222, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”;
2.5. in seguito, l’art. 13, comma 14-bis, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 214 ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”;
2.6. altresì, l’art. 1 del D.M. 26 luglio 2012 ha disposto quanto segue: “Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133”;
2.7. l’art. 2, comma 5-ter, del D.L. 31 agosto 2013 n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013 n. 124, ha stabilito altresì quanto segue: “Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”;
2.8. si tratta, infatti di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione – annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc, che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (cfr. Cass. 30 dicembre 2020, n. 29864; Cass., 21 ottobre 2021, n. 29283);
2.9. ciò posto, considerando che neppure la domanda ex art. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, può in nessun caso risalire ad un anno diverso dal 2011 (nel quale sono comprese tanto la data di entrata in vigore del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, quanto la data di entrata in vigore della Legge 22 dicembre 2011 n. 214, di conversione del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201), ne consegue che la domanda di inserimento in catasto di fabbricati rurali con la categoria D/10 nell’anno 2016 non poteva valere per le annualità antecedenti, dovendo escludersi l’efficacia retroattiva dello ius superveniens per le domande presentate successivamente al 30 settembre 2012;
2.11. ne consegue che, in conformità a tale principio, il giudice di appello ha correttamente escluso che l’esenzione dall’IMU potesse venire riconosciuta in ragione del solo carattere di ruralità concretamente rivestito dall’immobile (nel senso, ricordato, di strumentalità all’esercizio dell’attività agricola), a prescindere dal suo classamento catastale;
3.1. va parimenti disatteso il secondo motivo di ricorso;
3.2. in primo luogo, va evidenziato che la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, atteso che la richiesta esenzione è stata negata sul presupposto della mancata iscrizione catastale del carattere di ruralità dell’immobile, e non sulla scorta della mancata qualifica della contribuente quale “coltivatore diretto”;
3.3. per completezza, è comunque opportuno evidenziare che ai sensi dell’art. 11, comma 3, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (richiamato, ai fini IMU, dall’art. 9, comma 7, D.Lgs. 14 marzo 2011 n. D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23) è previsto che “ai fini dell’esercizio dell’attività di liquidazione ed accertamento i comuni possono … richiedere dati, notizie ed elementi rilevanti nei confronti dei singoli contribuenti agli uffici pubblici competenti, con esenzione di spese e diritti”, cosicché il Comune, nell’esercizio dell’attività di accertamento e rettifica, era in ogni caso autorizzato ad accedere ai dati ed alle informazioni disponibili presso il sistema informativo dell’Agenzia delle entrate mediante verifica della dichiarazione dei redditi della contribuente;
4.1. il terzo motivo è inammissibile;
4.2. occorre, in primo luogo, evidenziare che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e ciò non si verifica, in particolare, quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, come nel caso in esame, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (cfr. Cass. n. 20718 del 13/08/2018; Cass. n. 29191 del 06/12/2017; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 20311 del 04/10/2011).
4.3. ciò posto, per completezza è opportuno in ogni caso rilevare che l’omessa pronuncia su un motivo di appello integra la violazione dell’art. 112 c.p.c. e non già l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello, sicché, ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. il motivo deve essere dichiarato inammissibile (cfr. Cass. n. 29952 del 13/10/2022; Cass. n. 10862 del 07/05/2018; Cass. n. 6835 del 16/03/2017);
4.4. nel caso in esame, non è dunque neppure possibile riqualificare la censura come omessa pronuncia, non recando il motivo univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, e lamentando piuttosto la ricorrente la violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360, n.3, c.p.c., ed il vizio di motivazione ex art. 360, n.5, c.p.c.;
5.1. è fondato il quarto motivo di ricorso, con cui si denuncia violazione dell’art. 12, comma 5, D.Lgs. n. 472/1997, per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente rigettato la doglianza subordinata relativa all’applicabilità del cumulo giuridico delle sanzioni;
5.2. non è oggetto di contrasto tra le parti che nel caso di specie si sia in presenza di violazioni identiche riferite ad annualità diverse, avendo il Comune contestato alla contribuente, con tre avvisi di accertamento, il mancato pagamento, per il periodo 2012-2013-2014, dell’IMU;
5.3. in ragione di ciò trova applicazione, quanto alle relative sanzioni, il principio, affermato da questa Corte con riferimento all’ICI, ma applicabile anche all’IMU, secondo cui “in ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive, si applica il regime della continuazione attenuata di cui all’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997, che consente di irrogare un’unica sanzione, pari alla sanzione base aumentata dalla metà al triplo” (cfr. Cass. n. 11432/2022; conf. Cass. n. 22477/2022);
5.4. per come risulta dagli atti (sentenza, ricorso e controricorso) la contribuente nell’impugnare la sentenza di primo grado aveva denunciato l’illegittimità delle sanzioni applicate, tra l’altro, per la mancata applicazione del cumulo ex art 12 d.lgs. n. 472 del 1997;
5.5. in particolare, per effetto dell’art. 12, comma 5, in ipotesi di violazioni riguardanti periodi di imposta diversi, l’Ufficio in sede di notifica dell’atto di irrogazione deve procedere alla ricostruzione di un’unica serie progressiva, che comprende anche le violazioni precedentemente considerate e contestate, e deve tenere conto, nel determinare l’importo della sanzione, di quello già indicato nell’originario atto notificato;
5.6. l’art. 12, comma 5, citato ha introdotto lo stesso principio in campo processuale, stabilendo che quando siano pendenti più giudizi, non riuniti, anche dinanzi a giudici diversi e sempre con riferimento a una serie di violazioni suscettibili di unificazione, il giudice a cui è devoluta la cognizione dell’ultimo degli atti di irrogazione per una delle violazioni coinvolte possa procedere, a seguito di ricognizione di tutte le sentenze intervenute nei singoli processi non riuniti, ad una ricostruzione unitaria, ove ne sussistano i presupposti, dell’intera serie di violazioni, secondo le regole fissate dall’art. 12, rideterminando quindi la sanzione unica applicabile (in senso conforme, circolare del Ministero delle Finanze n. 138 E del 5 luglio 2000 e circolare n. 180 del 1998);
5.7. per effetto di tale disposizione discende che in fase processuale, qualora l’Amministrazione non abbia provveduto all’applicazione del cumulo previsto dall’art. 15 cit., è il giudice che deve provvedere stabilendo il quantum dovuto dal contribuente, risultando evidente che l’attribuzione di tale potere-dovere nelle ipotesi di pendenza di più giudizi, presuppone il suo riconoscimento anche nelle ipotesi in cui i diversi ricorsi sono stati oggetto di riunione, in quanto sarebbe illogico ritenere che il giudice sia chiamato all’opera di quantificazione della sanzione nei termini di cui all’art. 12 cit. nel caso di giudizio non riunito afferente ad una violazione suscettibile di riunione e non lo sia nel caso di unico giudizio, risultando in tale ultima ipotesi di più immediata soluzione circa l’individuazione dell’unica sanzione a cui deve essere sottoposto il contribuente;
5.8. la Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza impugnata in questa sede, ha quindi erroneamente negato l’applicazione del cumulo giuridico invocato dalla contribuente, senza procedere a rideterminare la sanzione complessiva, come richiesto dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997, affermando che “poiché la sanzione è predeterminata dalla legge nella misura del 30% della maggiore imposta non versata, il Comune non aveva alcun margine di discrezionalità circa la relativa commisurazione”;
- la sentenza va, pertanto, cassata in relazione al quarto motivo, respinte le rimanenti censure, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, la quale dovrà procedere a nuovo esame ai fini della rideterminazione delle sanzioni, oltre che alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, respinti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 10 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2024.
COMMENTO: In materia di IMU, non ha alcuna rilevanza la questione dello svolgimento o meno di attività diretta alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli in quanto l’esenzione dall’IMU per i fabbricati di tipo rurale segue il criterio della determinazione catastale, nel senso che per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante solo l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), e solo l’immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1-bis, e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a)