Cass. civ., sez. V, ord., 11.05.2020 n. 8732


Svolgimento del processo – Motivi della decisione

  1. La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate – Territorio di Napoli rettificava in D/8 la categoria catastale di un immobile – destinato ad uso deposito di cereali e sfarinati di origine extracomunitaria facente parte di un complesso asservito al traffico marittimo nel Porto di Napoli in concessione demaniale alla società contribuente che nella denuncia DOCFA era stato ritenuto corretto collocare in E/1, dovendosi l’immobile considerare privo di autonoma redditualità in quanto finalizzato all’attività strettamente collaterale a quella portuale;
  2. Il ricorso era accolto in primo grado, ma la decisione era riformata in appello con la sentenza in epigrafe che riteneva legittima la classificazione in D/8 (e non in E/1) per esercitare la società contribuente un’attività di stoccaggio di cereali e sfarinati di carattere commerciale e del tutto diversa ed autonoma dalla prestazione dei servizi portuali strumentali all’attività di trasporto. Avverso tale sentenza la società contribuente propone ricorso per cassazione con due motivi. Resiste l’Ufficio con controricorso;
  3. La parte ricorrente ha depositato memoria. Il P.G. non ha depositato conclusioni scritte;
  4. Con i due motivi di ricorso la società contribuente censura la sentenza impugnata sia sotto il profilo della violazione di legge (in particolare il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, commi 40, 41, 42), sia sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi, affermando che l’immobile in questione, diversamente da quanto ritenuto dal giudicante, non avesse alcuna autonomia funzionale rispetto al complesso asservito al traffico marittimo nel porto di Napoli e dovesse, quindi, essere classificato nella categoria E/1;
  5. La censura – che sembra inammissibilmente caratterizzata dalla volontà della parte di voler far prevalere la propria ricostruzione esegetica da quella argomenta dal giudicata sulla base del proprio accertamento di fatto – non è fondata in quanto smentita dal costante orientamento di questa Corte secondo cui “l’imposizione ICI sulle aree portuali è fondata sul criterio della funzione (attività libero-imprenditoriale) e non sul criterio di ubicazione, con la conseguenza che il censimento catastale delle stesse impone l’accertamento non già della loro localizzazione, bensì dell’esercizio dell’attività secondo parametri imprenditoriali, restando invece irrilevante l’interesse pubblico al suo svolgimento. (Nella specie, è stato escluso che gli immobili costituenti un terminal portuale adibito al deposito e alla movimentazione di merce, oggetto di concessione demaniale marittima, fossero compresi in categoria E/1 e fossero perciò soggetti all’esenzione ICI di cui del al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. b) ” (Cass. n. 23067 del 2019; v. anche Cass. n. 10674 del 2019: “in tema di ICI, ai fini del classamento di un immobile nella categoria E, come previsto dal D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, conv. dalla L. n. 286 del 2006, è necessario che lo stesso presenti caratteristiche tipologico-funzionali tali da renderlo estraneo ad ogni uso commerciale o industriale, con la conseguenza che le aree portuali non sono classificabili in detta categoria se in concreto destinate a tali finalità. (Nella specie, in applicazione del principio la S.C. ha ritenuto assoggettati ad ICI i locali magazzini utilizzati dalle società imprenditrici “terminaliste”, concessionarie del suolo, per le attività di movimentazione, stoccaggio, deposito, imbarco e sbarco di merci)”);
  6. Peraltro, come recentemente affermato da questa Corte (Cass. n. 599 del 2020), “si deve escludere, per il carattere innovativo che deve essere ad esse riconosciuto, l’applicabilità nella fattispecie delle disposizioni di cui alla L. n. 205 del 2017, art. 1, commi 578 e 579, che riconoscono a decorrere dal 1 gennaio 2020 la possibilità di ottenere, a seguito di specifica istruttoria, la classificazione in E/1 dei depositi allocati in area portuale e strettamente funzionali alle operazioni e servizi portuali di cui alla L.n. 84 del 1994, art. 16”;
  7. Pertanto il ricorso deve essere respinto. La società contribuente va condannata alle spese della presente fase del giudizio, compensate quelle della fase di merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio liquidate in complessivi Euro 5.000,00 oltre spese generali e oneri accessori, compensate quelle della fase di merito.

Ai sensi del D.P.R. n.115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2020


COMMENTO: 

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento, mediante il quale l’Agenzia delle entrate – Territorio di Napoli rettificava la categoria catastale di un immobile  destinato ad uso deposito di cereali e sfarinati di origine extracomunitaria, inserito all’interno di un complesso immobiliare asservito al traffico marittimo nel Porto di Napoli in concessione demaniale alla società contribuente. 

Il predetto immobile, in precedenza  classificato nella categoria catastale E/1 (i.e.: stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei) e pertanto esentato dal pagamento dell’I.C.I. in forza del disposto dell’art. 7, comma 1, lettera b), D.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, si vedeva invece attribuire all’Agenzia del Territorio la diversa categoria catastale D/8 (i.e.: fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni), con conseguente assoggettamento alla predetta imposta.

La società contribuente contestava tale nuova classificazione; il relativo ricorso era accolto in primo grado, ma la decisione veniva riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania.

I giudici di secondo grado ritenevano infatti legittima la classificazione nella categoria catastale D/8, sul presupposto che la società contribuente esercitasse un’attività di carattere commerciale, consistente nello stoccaggio di cereali e sfarinati, del tutto diversa ed autonoma rispetto alla prestazione dei servizi portuali strumentali all’attività di trasporto. 

Contro la predetta sentenza di secondo grado la società contribuente proponeva ricorso per Cassazione affidato a due motivi che, tuttavia, vengono entrambi respinti dall’ordinanza in commento.

Non trova infatti accoglimento la censura, proposta sia sotto il profilo della violazione di legge (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.), sia sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.), secondo cui l’immobile in questione non avrebbe avuto alcuna autonomia funzionale rispetto al complesso asservito al traffico marittimo nel porto di Napoli, e sarebbe stato quindi classificabile nella categoria catastale E/1.

In particolare, la società ricorrente assumeva la violazione dell’art. 2, commi 40, 41 e 42, D.L. 03 ottobre 2006 n. 262, convertito con modificazioni in Legge 24 novembre 2006 n. 286. Tali disposizioni stabiliscono che:

“40.  Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale.

  1. Le unità immobiliari che per effetto del criterio stabilito nel comma 40 richiedono una revisione della qualificazione e quindi della rendita devono essere dichiarate in catasto da parte dei soggetti intestatari, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In caso di inottemperanza, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, agli adempimenti previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701; in tale caso si applica la sanzione prevista dall’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni, per le violazioni degli articoli 20 e 28 dello stesso regio decreto-legge n. 652 del 1939, nella misura aggiornata dal comma 338 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
  2. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche previste dal codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 40 e 41, nonché gli oneri di cui al comma 41”.

Con Provvedimento 2 gennaio 2007 sono state definite le modalità tecniche ed operative per l’accertamento in catasto delle unità immobiliari urbane nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 e per l’autonomo censimento delle porzioni di tali unità immobiliari, destinate ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato, ovvero ad usi diversi, già iscritte negli atti del catasto.

La censura di parte ricorrente non viene accolta, sulla base del costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’imposizione I.C.I. sulle aree portuali è fondata sul criterio della funzione (attività libero-imprenditoriale) e non sul criterio dell’ubicazione, con la conseguenza che il censimento catastale delle stesse impone l’accertamento non già della loro localizzazione, bensì dell’esercizio dell’attività in esse svolta secondo parametri imprenditoriali. Resta invece irrilevante l’interesse pubblico allo svolgimento di tale attività.

In tal senso si era già espressa Cass. civ., sez. V, ord., 17 aprile 2019 n. 10674, secondo cui “In tema di ICI, ai fini del classamento di un immobile nella categoria E, come previsto dall’art. 2, comma 40, del d.l. n. 262 n. 2006, conv. in l. n. 286 del 2006, è necessario che lo stesso presenti caratteristiche tipologico-funzionali tali da renderlo estraneo ad ogni uso commerciale o industriale, con la conseguenza che le aree portuali non sono classificabili in detta categoria se in concreto destinate a tali finalità. (Nella specie, in applicazione del principio la S.C. ha ritenuto assoggettati ad ICI i locali magazzini utilizzati dalle società imprenditrici “terminaliste”, concessionarie del suolo, per le attività di movimentazione, stoccaggio, deposito, imbarco e sbarco di merci)”. 

In senso analogo anche Cass. civ., sez. V, 17 settembre 2019 n. 23067 (“L’imposizione ICI sulle aree portuali è fondata sul criterio della funzione (attività libero-imprenditoriale) e non sul criterio di ubicazione, con la conseguenza che il censimento catastale delle stesse impone l’accertamento non già della loro localizzazione, bensì dell’esercizio dell’attività secondo parametri imprenditoriali, restando invece irrilevante l’interesse pubblico al suo svolgimento. (Nella specie, è stato escluso che gli immobili costituenti un terminal portuale adibito al deposito e alla movimentazione di merce, oggetto di concessione demaniale marittima, fossero compresi in categoria E/1 e fossero perciò soggetti all’esenzione ICI di cui all’art. 7, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 504 del 1992)”.

La giurisprudenza di legittimità ha inoltre escluso che possa valere, in senso contrario, il disposto dell’art. 1, commi 578 e 579, Legge  27 dicembre 2017 n. 205, secondo cui a decorrere dal 1° gennaio 2020 le banchine, le aree portuali scoperte ed i relativi depositi strettamente funzionali alle operazioni ed ai servizi portuali non doganali, anche se affidati in concessione a privati, costituiscono immobili a destinazione particolare, da censire in catasto nella categoria catastale E/1. 

Le predette disposizioni hanno infatti carattere innovativo e pertanto la loro valenza è espressamente limitata al solo periodo decorrente dal 1° gennaio 2020 in poi (Cass. civ., sez. V, ord., 30 dicembre 2019 n. 34657 e Cass. civ., sez. V, ord., 15 gennaio 2020 n. 599). Esse, pertanto, non sono in alcun modo applicabili alla fattispecie controversa ratione temporis.

Il ricorso per Cassazione della società contribuente viene quindi respinto, con integrale conferma della legittimità della classificazione dell’immobile in questione nella categoria catastale D/8.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma