Cass. civ., sez. II, ord., 06.02.2019 n. 3504


Svolgimento del processo

1 Con sentenza 6.7.2015 il Tribunale di Parma ha rigettato l’appello proposto da D.F.C. contro la sentenza del locale Giudice di Pace che aveva a sua volta respinto la sua opposizione contro l’ingiunzione di pagamento di una somma di danaro emessa R.D. n. 639 del 1910, ex art. 2, dalla concessionaria Parma Gestione Entrate spa in relazione ad infrazioni al codice della strada.

2 Contro tale decisione la parte soccombente ricorre per cassazione. Resiste con controricorso la società concessionaria.

Le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1.1 Con il primo motivo la parte ricorrente denunzia violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per difetto di motivazione nonchè per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 27, in combinato con la disciplina prevista dagli artt. 194 e 206 C.d.S., e del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 52 e 53.

1.2 Con un secondo motivo si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 201 C.d.S., n. 4.

Con le citate censure, la parte ricorrente, attraverso una articolata doglianza sulla scorta di richiami normativi e giurisprudenziali, si duole sostanzialmente della ritenuta delegabilità della riscossione di somme derivanti da sanzioni per violazioni del Codice della Strada alle agenzie concessionarie, ritenendo tale delega consentita solo per la riscossione dei tributi locali, tra i quali certamente non rientrano le sanzioni amministrative. La Parma Gestioni, quindi, secondo la tesi della parte ricorrente, non aveva il potere di emettere l’ingiunzione opposta.

2 I due motivi si prestano a trattazione unitaria per l’identità della questione di diritto proposta (possibilità per i Comuni di delegare al concessionario, ai fini del recupero delle somme dovute a titolo di sanzioni per violazioni del codice della strada, la procedura di riscossione coattiva tramite ingiunzione, di cui al R.D. n. 639 del 1910).

Le censure sono inammissibili laddove deducono un motivo non più denunziabile in sede di legittimità (il vizio di motivazione, già denunziabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, oggi non lo è più per effetto della nuova formulazione della norma, applicabile ratione temporis alla presente fattispecie).

Per il resto, le doglianze sono infondate La questione di diritto non è nuova ed è stata affrontata da questa Corte con diverse pronunce, ove si è affermato che ai fini del recupero delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa per violazione delle norme del codice della strada, i Comuni possono avvalersi della procedura di riscossione coattiva tramite ingiunzione, di cui al R.D. n. 639 del 1910, anche affidando il relativo servizio ai concessionari iscritti all’albo di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 53, essendo tale affidamento consentito dal D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2 sexies, del quale non è intervenuta l’abrogazione – pure inizialmente disposta dal D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, conv. con mod. nella L. n. 106 del 2011 – non essendo entrate in vigore le disposizioni cui essa era subordinata (cfr. Sez. 2 -, Ordinanza n. 22710 del 28/09/2017 RV 645567; Sez. 2, Sentenza n. 26736 del 13/11/2017 e, da ultima Sez. 2 Sentenza n. 24722 dell’8/10/2018).

Con le citate pronunce è stato ricostruito il panorama normativo di riferimento nei termini seguenti: la possibilità per i Comuni di avvalersi, per la riscossione dei tributi e delle altre entrate, della procedura di riscossione coattiva tramite l’ingiunzione di cui al R.D. 639/1910 era stata attribuita dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 6, in forza del quale era prevista anche la possibilità di affidare ad altri soggetti la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate (l’art. 52, comma 5, individua tali soggetti).

Questa norma è stata abrogata dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 224, lett. b.

E’ poi intervenuto il decreto legge n. 248/2007 art. 36 comma 2, a norma del quale, “la riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali continua a potere essere effettuata con a) la procedura dell’ingiunzione di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, seguendo anche le disposizioni contenute nel titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili, nel caso in cui la riscossione coattiva è svolta in proprio dall’ente locale o è affidata ai soggetti di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 5, lett. b); b) la procedura del ruolo di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, se la riscossione coattiva è affidata agli agenti della riscossione di cui al D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248”.

Il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, convertito, con modifiche, dalla L. n. 106 del 2011, ha disposto al comma 2, lett. gg septies, che “in conseguenza delle disposizioni di cui alle lett. da gg ter) a gg sexies”…

1) al D.L. 24 settembre 2002, n. 209, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 novembre 2002, n. 265, i commi 2 sexies, 2 septies e 2 octies sono abrogati;

3) il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, è abrogato”.

Tale abrogazione non è poi di fatto avvenuta per effetto di un gioco di rinvii dell’entrata in vigore delle disposizioni a cui era subordinata la abrogazione medesima (v. D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 10, comma 13 octies, e D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, art. 29, comma 5 bis, come convertito dalla legge (“L’abrogazione delle disposizioni previste dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, lett. gg septies), nn. 1) e 3), convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, acquista efficacia a decorrere dalla data di applicazione delle disposizioni di cui alle lett. gg ter) e gg quater), del medesimo comma 2”).

E’ poi intervenuta la legge n. 44/2012 che ha convertito il D.L. n. 16 del 2012: in particolare, l’art. 5, comma 8 bis, ha disposto che “al D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, e successive modificazioni, la lett. gg septies) è sostituita dalla seguente:

gg septies) nel caso di affidamento ai soggetti di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 5, lett. b), la riscossione delle entrate viene effettuata mediante l’apertura di uno o più conti correnti di riscossione, postali o bancari, intestati al soggetto affidatario e dedicati alla riscossione delle entrate dell’ente affidante, sui quali devono affluire tutte le somme riscosse. Il riversamento dai conti correnti di riscossione sul conto corrente di tesoreria dell’ente delle somme riscosse, al netto dell’aggio e delle spese anticipate dal soggetto affidatario, deve avvenire entro la prima decade di ogni mese con riferimento alle somme accreditate sui conti correnti di riscossione nel mese precedente”.

Come si vede il legislatore del 2012 ha inserito alla lett. gg seppie, un testo diverso che non contempla più l’abrogazione del D.L. n. 248 del 2007, art. 36.

Conseguentemente, sempre per effetto del meccanismo descritto (nuova formulazione della lett. gg seppie, e mancata riproduzione delle abrogazioni) è rimasto in vigore il D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2 sexies, (pure destinato, come si è visto, alla soppressione) a norma del quale “i comuni e i concessionari iscritti all’albo di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53, di seguito denominati concessionari, procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, secondo le disposizioni contenute nel titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili”.

Va infine rilevato ma solo per completezza – che la questione di diritto della iscrizione o meno della società concessionaria all’albo di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 53, non risulta mai sollevata nei giudizi di merito e pertanto la Corte di Cassazione non è tenuta ad esaminarla, essendo necessari accertamenti in fatto (tra le varie, Sez. 3 -, Ordinanza n. 27568 del 21/11/2017 Rv. 646645; Sez. 5, Sentenza n. 1435 del 22/01/2013 Rv. 625055; sez. 1, Sentenza n. 25546 del 30/11/2006 Rv. 593077; Sez. 3, Sentenza n. 15422 del 22/07/2005 Rv. 584872 Sez. 3, Sentenza n. 5070 del 03/03/2009 Rv. 606945; Cass. n. 23675/2013).

Tirando le fila di questo complicato percorso ricostruttivo, deve ritenersi corretta la decisione impugnata sulla legittimazione della società concessionaria ad utilizzare lo strumento previsto dal R.D. n. 639 del 2010, e gli sforzi interpretativi della parte ricorrente, per quanto apprezzabili, non sono idonei a sorreggerne una diversa conclusione.

La indiscutibile complessità della ricostruzione normativa in materia e l’assenza di un intervento chiarificatore del giudice di legittimità al momento della proposizione del ricorso costituiscono gravi ed eccezionali ragioni di compensazione delle spese del presente giudizio.

Sussistono le condizioni per il pagamento del doppio contributo unificato.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. Dà atto della sussistenza delle condizioni per il pagamento del doppio contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2019


 

COMMENTO

La vicenda in esame trae origine dal ricorso per Cassazione promosso da un contribuente contro la sentenza di secondo grado che, respingendo l’appello del contribuente medesimo, aveva confermato la pronuncia di prime cure, dichiarando legittima l’ingiunzione fiscale ex art. 2 R.D. 639/1910 emessa dal Concessionario Parma Gestione Entrate S.p.a. in relazione ad alcune sanzioni amministrative per contravvenzioni stradali del Comune di Parma.

Viene respinta la tesi del contribuente, secondo cui l’emissione dell’ingiunzione fiscale ex art. 2 R.D. 639/1910 sarebbe legittima unicamente per la riscossione di entrate tributarie dell’Ente locale, e viene affermato l’opposto principio per cui, per il recupero delle somme dovute a titolo di sanzioni amministrative per contravvenzioni stradali, i Comuni possono avvalersi della procedura di riscossione coattiva tramite ingiunzione fiscale, anche affidando il relativo servizio a società concessionarie (si vedano, in senso conforme, Cass. civ., sez. II, ord., 28.09.2017 n. 22710; Cass. civ., sez. II, 13.11.2017 n. 26736 e Cass. civ., sez. II, 08.10.2018 n. 24722).

Non rileva in contrario l’avvenuta abrogazione (a decorrere dal 1° gennaio 2008) dell’art. 52, comma 6, D.lgs. 446/1997, in quanto tale facoltà continua tutt’oggi ad essere prevista dall’art. 4, comma 2-sexies, D.L. 24.09.2002 n. 209, convertito in Legge 22.11.2002 n. 265, e dall’art. 36, comma 2, D.L. 31.12.2007 n. 248, convertito in Legge 28.02.2008 n. 31.

Sebbene tali norme fossero state formalmente abrogate dall’art. 7, comma 2, lettera gg-septies), D.L. 13.05.2011 n. 70, convertito in Legge 12.07.2011 n. 106 (nel testo previgente), tale abrogazione non è mai divenuta efficace per effetto di un gioco di rinvii dell’entrata in vigore delle disposizioni, alle quali la medesima abrogazione era subordinata. Infine, l’abrogazione delle predette norme è stata anche formalmente espunta dal testo attualmente vigente dell’art. 7, comma 2, lettera gg-septies), D.L. 70/2011 (così come sostituito dall’art. 5, comma 8-bis, D.L. 02.03.2012 n. 16, convertito in Legge 26.04.2012 n. 44).

Il ricorso del contribuente viene quindi interamente respinto; tuttavia, la complessità della ricostruzione normativa e l’assenza di un intervento chiarificatore della Suprema Corte sul punto, al momento della proposizione del ricorso introduttivo, vengono ritenute “gravi ed eccezionali ragioni”, idonee a giustificare la compensazione delle spese di giudizio (art. 92 c.p.c., così come risultante a seguito della pronuncia Corte Costituzionale 19.04.2018 n. 77).

Analoghi principi vengono affermati anche nelle coeve ordinanze Cass. civ., sez. II, 06.02.2019 n. 3505, n. 3506 e n. 3507.

La diversa questione di diritto, relativa all’iscrizione o meno della società concessionaria all’albo di cui all’art. 53 D.lgs. 446/1997, non viene invece esaminata dall’ordinanza in commento, in quanto non precedentemente sollevata dal contribuente nei giudizi di merito. Trattandosi di questione che implica accertamenti di fatto preclusi al Giudice di legittimità, la stessa non risulta suscettibile di esame, qualora dedotta per la prima volta nel giudizio di Cassazione (si vedano, in senso conforme, Cass. civ., sez. III, 22.07.2005 n. 15422; Cass. civ., sez. I, 30.11.2006 n. 25546; Cass. civ., sez. III, 03.03.2009 n. 5070; Cass. civ., sez V, 22.01.2013 n. 1435; Cass. civ., sez. I, 18.10.2013 n. 23675; Cass. civ., sez. III, ord., 21.11.2017 n. 27568, le quali hanno tutte affermato il principio per cui il ricorrente in Cassazione, il quale proponga una determinata questione giuridica, implicante accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione davanti al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima dell’esame nel merito).

La predetta questione risulta invece esaminata e risolta in senso favorevole al Concessionario dalla già menzionata Cass. civ., sez. II, 06.02.2019 n. 3506. Anche in tal caso, la contribuente aveva lamentato la mancata iscrizione della società concessionaria all’albo ex art. 53 D.lgs. 446/1997 al momento dell’accertamento della violazione stradale, con conseguente asserita violazione dell’art. 52, comma 5, lettera b), D.lgs. 446/1997 (così come riformato ad opera dell’art. 1, comma 224, lettera a), Legge 24.12.2007 n. 244), il quale richiede ad oggi che “qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a: 1)  i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53, comma 1”.

A differenza della pronuncia in commento, l’ordinanza Cass. civ. n. 3506/2019 ha affrontato il merito della questione, respingendo la predetta tesi, stante l’applicabilità del testo normativo dell’art. 52, comma 5, lettera b), D.lgs. 446/1997 anteriore alla riforma, il quale disponeva che “qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate, le relative attività sono affidate: 1)  …. alle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale previste dall’articolo 22, comma 3, lettera e), della citata legge n. 142 del 1990, i cui soci privati siano prescelti tra i soggetti iscritti all’albo di cui all’ articolo 53”.

In altri termini, anteriormente alla riforma di cui alla Legge 244/2007 (cd. “Legge finanziaria del 2008”), il requisito dell’iscrizione all’albo ex art. 53 D.lgs. 446/1997 era richiesto unicamente in capo ai soci privati delle società per azioni o a responsabilità limitata, a prevalente capitale pubblico locale, affidatarie dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate locali (anche dette “società miste”). Diversamente, dopo la predetta riforma, è stato previsto il requisito più rigoroso dell’iscrizione all’albo ex art. 53 D.lgs. 446/1997 non solo per i soci privati, ma anche per le stesse “società miste”.

Tale nuova disciplina, tuttavia, opera ai fini del rilascio di nuove concessioni (o del rinnovo delle precedenti) dopo la sua entrata in vigore, mentre, in difetto di una specifica norma transitoria, non fa venire meno le concessioni “in corso”, ossia rilasciate nella vigenza della precedente disciplina e non ancora scadute.

Nel caso di specie, prima dell’entrata in vigore della modifica normativa, non solo la società concessionaria Parma Gestione Entrate S.p.A. era già stata costituita (in data 23.01.2006), ma altresì ad essa era già stato affidato il servizio di riscossione in forza del quale era stata emessa l’ingiunzione fiscale contestata. Irrilevante risulta invece la circostanza che quest’ultima fosse stata emessa nell’anno 2013, poiché il discrimen per l’applicazione della novella legislativa deve essere ancorato non già alla data degli atti di riscossione, ma piuttosto a quella del rilascio delle nuove concessioni dopo la sua entrata in vigore.

In conclusione, quindi, secondo la richiamata ordinanza Cass. civ. n. 3506/2019, la novella normativa non pone un obbligo, al momento della sua entrata in vigore, di iscrizione all’albo ex art. 53 D.lgs. 446/1997 di tutti i Concessionari, ai fini della continuazione delle concessioni preesistenti, ma prescrive unicamente che, al momento della partecipazione a nuove gare, tale iscrizione all’albo sia posseduta non solo dai soci privati, ma anche dalle società miste. Tale conclusione trova conferma nella circostanza che l’art. 32, comma 7-bis, quinto periodo, D.L. 29.11.2008 n. 185, convertito in Legge 28.01.2009 n. 2 – che aveva previsto la decadenza dagli affidamenti per le società (diverse da quelle a prevalente partecipazione pubblica) che non avessero dato corso all’adeguamento finanziario entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della predetta Legge 2/2009- sia stato soppresso dall’art. 42, comma 7-septies, D.L. 30.12.2008 n. 207, convertito con modificazioni in Legge 27.02.2009 n. 14, e non sia quindi mai di fatto divenuto operativo.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma