Tribunale Cosenza Sez. I, Sent., 03-01-2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di COSENZA
Prima Sezione Civile
Il Tribunale di Cosenza, prima sezione civile, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Anna Rombolà, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. 5234 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2019, pendente
TRA
C.F., rappresentato e difeso dall’Avv. D.G., giusta procura in calce all’atto di citazione;
– attore-opponente –
E
Agenzia delle Entrate Riscossione (P.I. (…)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. P.P., giusta procura allegata alla comparsa di costituzione;
– convenuta – opposta-
avente ad oggetto: opposizione ad intimazioni di pagamento.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
C.F. proponeva opposizione avverso le intimazioni di pagamento n.(…) e n. (…), notificate in data 10.12.2019, per il pagamento della complessiva somma di Euro 207.612,39, limitatamente alle cartelle di pagamento n. (…), (…), (…), (…), (…), (…), quanto alla prima intimazione, ed alle cartelle n. (…) e (…), quanto alla seconda intimazione, in ragione della natura dei crediti alle stesse sottesi (multe e ammende, contributi previdenziali), rientranti nella competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria.
A fondamento dell’opposizione deduceva, per un verso, la mancata sottoscrizione delle cartelle da parte del dirigente dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, nonché l’omessa notificazione delle cartelle sottese all’intimazione di pagamento, l’intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti, la decadenza dal diritto alla riscossione per violazione dell’art. 25 D.P.R. n. 602 del 1973 e l’addebito di somme non dovute per maggiorazioni e tassi di interesse.
Concludeva chiedendo che venisse dichiarata la nullità delle intimazioni di pagamento impugnate.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate Riscossione che, in via preliminare, eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione avverso l’intimazione di pagamento in riferimento alle cartelle di pagamento afferenti crediti di natura tributaria; nel merito, contestava la fondatezza dell’opposizione, rilevando che la sottoscrizione degli atti da parte del dirigente dell’Agenzia delle Entrate Riscossione non costituiva requisito previsto ex lege ai fini della validità dell’atto; che le cartelle erano state ritualmente notificate dall’opponente; che, in riferimento alle cartelle nn. (…) e (…), aventi ad oggetto crediti per multe e ammende relative all’anno 2010, non era maturato il termine decennale di prescrizione rispetto alla data di notificazione delle intimazioni di pagamento; che le questioni afferenti l’addebito di somme per maggiorazioni e tassi di interesse non erano ammissibili, dovendo essere proposte in sede di impugnazione avverso le cartelle.
Concludeva chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Espletati gli incombenti di rito, con Provv. del 5 marzo 2020 veniva disposta la sospensione dell’efficacia esecutiva delle intimazioni di pagamento, limitatamente alle cartelle indicate nell’atto introduttivo.
All’udienza cartolare del 27.9.2021, sulle conclusioni precisate dai procuratori delle parti mediante note scritte, la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Si deve premettere che le intimazioni di pagamento sono quegli atti che hanno sostituito gli avvisi di mora e che hanno lo scopo di riattivare il procedimento di riscossione dei crediti pubblici. Ai sensi dell’art. 50 del D.P.R. n. 602 del 1973 il Concessionario della Riscossione (Agenzia delle Entrate Riscossione) non può iniziare la procedura esecutiva se è decorso più di un anno dalla notifica della cartella di pagamento, dovendo in tal caso prima notificare un atto, l’intimazione di pagamento appunto, con cui intima al debitore di procedere al pagamento del debito entro cinque giorni. Soltanto nel caso in cui entro il predetto termine non dovesse essere saldato quanto dovuto, il Concessionario potrà iniziare l’esecuzione forzata del credito erariale (pignoramento ecc.).
Inoltre, alla stregua dei motivi proposti, la domanda deve essere qualificata giuridicamente quale opposizione all’esecuzione, in relazione alle deduzioni volte a far valere la prescrizione del credito, quale fatto estintivo della pretesa creditoria diretto a contestare il diritto di procedere ad esecuzione, e quale opposizione agli atti esecutivi, in riferimento alle questioni attinenti la regolarità del procedimento di notificazione della prodromica cartella di pagamento.
Va, peraltro, osservato che l’intimazione di pagamento costituisce atto autonomamente impugnabile e, allorchè si facciano valere, oltre a vizi propri dell’atto, anche questioni relative all’omessa notifica della cartella esattoriale e si deducano fatti estintivi relativi alla formazione del titolo (come la prescrizione quinquennale del credito), l’opposizione ha la funzione di recuperare l’impugnazione non potuta esercitare avverso la cartella, che costituisce presupposto indefettibile dell’avviso.
Inoltre, nella fattispecie in esame, C.F. ha proposto opposizione avverso le due intimazioni di pagamento n.(…) e n. (…), notificate in data 10.12.2019, limitatamente alle cartelle di pagamento n. (…), (…), (…), (…), (…), (…), quanto alla prima intimazione, ed alle cartelle n. (…) e (…), quanto alla seconda intimazione, relative a crediti per multe e ammende e contributi previdenziali, rientranti nella competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Consegue che, alla stregua delle argomentazioni esposte, va disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione sollevata da Agenzia delle Entrate Riscossione.
Ciò posto, passando all’esame del merito, l’opposizione proposta da C.F. è fondata e merita accoglimento.
Ai fini della qualificazione giuridica, alla stregua dei motivi proposti, la domanda deve essere intesa quale opposizione all’esecuzione, in relazione alle deduzioni volte a far valere la prescrizione del credito, quale fatto estintivo della pretesa creditoria diretto a contestare il diritto di procedere ad esecuzione e quale opposizione agli atti esecutivi, in riferimento alle questioni attinente la regolarità del procedimento di notificazione della cartella di pagamento.
Ciò posto, C.F. ha dedotto di non avere ricevuto la rituale notificazione delle cartelle di pagamento sottese alle due intimazioni impugnate ed ha eccepito l’intervenuta prescrizione dei crediti, in ragione del decorso del termine quinquennale tra le date di asserita notificazione delle cartelle e quella dell’intimazione di pagamento, avvenuta il 10.12.2019.
In materia, la Suprema Corte ha precisato che, in tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, comma 1, seconda parte, del D.P.R. n. 602 del 1973, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve, anche in omaggio al principio di cd. vicinanza della prova, ritenersi ritualmente consegnata, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il contribuente dimostri di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione. (cfr. Cass., Sez. 5 – , Sentenza n. 33563 del 28/12/2018).
Inoltre, la Suprema Corte ha precisato che, in tema di avviso di accertamento, l’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, pur rinviando alla disciplina del codice di procedura civile, richiede, a differenza di quanto disposto dall’art. 139, comma 2, c.p.c., anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa quale adempimento essenziale della notifica che sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle imposte (cfr. Cass. Civ., n. 2868 del 3.2.2017).
In particolare, l’art.60 D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, per le notifiche degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, fa espresso rinvio alle norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile ma ha previsto specifiche modifiche, nel caso la notifica venga eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle imposte, prevedendo che il messo deve fare sottoscrivere dal consegnatario l’atto o l’avviso ovvero deve indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto e, nel caso il consegnatario non sia il destinatario dell’atto o dell’avviso, prevedendo alla lett. b) bis, che il messo consegni o depositi la copia dell’atto da notificare in busta sigillata, su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo deve dare notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata. Secondo l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità – basato sulle pronunce della Corte Costituzionale n. 258 del 22 novembre 2012 relativa all’art. 26, comma 3 (ora 4), del D.P.R. n. 602 del 1973 e n. 3 del 2010 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione – il tenore letterale della disposizione configura la raccomandata informativa come un adempimento essenziale del procedimento di notifica, sicchè è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa, non essendone sufficiente la sola spedizione (cfr. anche Cass. Civ., Sez. 5, Sentenza n. 25079 del 26/11/2014).
Orbene, nella fattispecie in esame, in riferimento alle due cartelle nn. (…), (…), la convenuta Agenzia delle Entrate Riscossione, all’atto della costituzione in giudizio, non ha prodotto la documentazione necessaria a comprovarne l’avvenuta notificazione nei confronti del debitore opponente, non essendovi in atti la relata di notifica e/o l’avviso di ricevimento della raccomandata a.r., come previsto dall’art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 prescrive l’onere per l’esattore di conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione di notifica o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta (cfr. Cass. n. 3036 del 21/1/2016; Cass. n. 16949 del 24/07/2014);
Secondo quanto riconosciuto dalla Suprema Corte (cfr. Cass., n. 6913 del 21.2.2017), l’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale, contenente tutti gli elementi essenziali per Identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria. Ne consegue che esso – munito della dichiarazione di conformità all’originale resa dal collettore delle imposte – costituisce idonea prova dell’entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale ivi indicata, sicchè il concessionario non è obbligato ad allegare la copia integrale della cartella di pagamento, ma che resta, comunque, tenuto a fornire la prova della regolare notificazione della cartella di pagamento, mediante la produzione della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento della raccomandata a.r..
Quanto, invece, alle cartelle n. (…), (…), (…), (…), (…) e (…) dagli avvisi di ricevimento delle raccomandate allegate al fascicolo di parte convenuta risulta che le stesse siano state notificate tra il 7.2.2012 ed il 28.2.2014, sicchè, avuto riguardo alla data di notificazione delle intimazioni di pagamento (10.12.2019) risulta maturato il termine di prescrizione quinquennale, in assenza dell’allegazione di atti interruttivi del termine prescrizionale.
In merito, va osservato che, sulla scorta di quanto espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, “Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo” (Cass. Sez. Un. n. 23397 del 17.11.2018; cfr. anche Cass. Civ., n. 11760 del 3.5.2019: La mancata impugnazione della cartella di pagamento nel termine di decadenza previsto dalla legge produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. conversione del termine di prescrizione breve – eventualmente previsto – in quello ordinario decennale, di cui all’art. 2953 c.c.).
Alla stregua delle argomentazioni esposte, deve dichiararsi l’inesistenza della notificazione delle cartelle nn. (…), (…) e l’intervenuta prescrizione dei crediti oggetto delle cartelle nn. (…), (…), (…), (…), (…) e (…).
In conclusione, l’opposizione proposta da C.F. deve essere accolta, con conseguente declaratoria di invalidità dell’intimazione di pagamento n.(…) notificata in data 10.12.2019, limitatamente alle cartelle di pagamento n. (…), (…), (…), (…), (…) e (…) e dell’intimazione di pagamento n. (…), limitatamente alle cartelle n. (…) e (…).
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, nella misura indicata in dispositivo, in applicazione dei parametri minimi previsti dal D.M. n. 55 del 2014, in relazione allo scaglione di valore compreso tra Euro 5.200,01 ed Euro 26.000,00, con esclusione della fase istruttoria attesa la natura documentale del giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:
1) accoglie l’opposizione proposta da C.F. e, per l’effetto, dichiara l’invalidità dell’intimazione di pagamento n.(…) notificata in data 10.12.2019, limitatamente alle cartelle di pagamento n. (…), (…), (…), (…), (…) e (…) e dell’intimazione di pagamento n. (…), limitatamente alle cartelle n. (…) e (…);
2) condanna l’Agenzia delle Entrate Riscossione al pagamento, in favore di C.F. delle spese del giudizio, liquidate in Euro 195,00 per esborsi ed in Euro 1.618,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario spese generali in misura del 15%, cpa ed iva come per legge, da distrarre in favore del procuratore antistatario ex art. 93 c.p.c..
Così deciso in Cosenza, il 23 dicembre 2021.
Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2022.
COMMENTO REDAZIONALE – in questa sentenza di merito è ribadito il principio, di carattere generale espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, “secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo” (Cass. Sez. Un. n. 23397 del 17.11.2018; cfr. anche Cass. Civ., n. 11760 del 3.5.2019: La mancata impugnazione della cartella di pagamento nel termine di decadenza previsto dalla legge produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. conversione del termine di prescrizione breve – eventualmente previsto – in quello ordinario decennale, di cui all’art. 2953 c.c.).