Cass. civ., Sez. V, ord., 23 maggio 2025, n. 13786
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta da
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere rel.
Dott. NARDIN Maura – Consigliere
Dott. CANDIA Ugo – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28222/2019 R.G. proposto da
A.A. (Omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato G. P. (Omissis); – ricorrente –
contro
Comune di Avellino (Omissis), in persona del Sindaco p.t., con domicilio eletto in R, (Omissis), presso lo studio dell’avvocato R. P. (Omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati B.M. (Omissis), G. S. d.M. (Omissis) e A. B. (Omissis); – controricorrente –
avverso la sentenza n. 1583, depositata il 21 febbraio 2019, della Commissione tributaria regionale della Campania;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025, dal Consigliere dott. Liberato Paolitto.
Svolgimento del processo
- – con sentenza n. 1583, depositata il 21 febbraio 2019, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello proposto da A.A., così confermando il decisum di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di avvisi di accertamento emessi in relazione alla TARSU (anni 2011 e 2012), alla TARES (anno 2013) ed alla TARI (anni 2014 e 2015) dovute dal contribuente;
1.1 – il giudice del gravame ha rilevato che:
– doveva essere “scrutinato l’unico motivo di doglianza la cui proposizione è da ritenersi ammissibile (ossia quello sul difetto di motivazione degli atti impositivi), essendo gli altri gravami assolutamente generici, in quanto inidonei a far comprendere gli errori di cui sarebbe affetta la sentenza di primo grado.”;
– detto motivo di appello era, però, infondato “in quanto gli atti suddetti, seppur sinteticamente e in maniera effettivamente non del tutto perspicua, indicano i dati catastali, categoria immobiliare, metratura, numero dei componenti e tariffa applicata agli immobili tassati, di guisa che il contribuente è messo in grado eventualmente di contestare la correttezza dei calcoli e/o la debenza del tributo”;
- – A.A. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;
– il Comune di Avellino resiste controricorso.
Motivi della decisione
- – il ricorso risulta articolato sui seguenti motivi:
1.1 – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza deducendo che il giudice del gravame aveva “omesso di trattare in pubblica udienza i motivi di appello” (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 34), per di più pronunciando in difetto del previo avviso di trattazione (D.Lgs. n. 546, cit., art. 31);
1.2 – il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., espone la denuncia di motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, nonché di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, deducendo il ricorrente che:
– col motivo di appello era stata svolta la censura di difetto di motivazione degli avvisi di accertamento che non recavano specificazioni in ordine alla quota fissa ed alla quota variabile, alla tassazione delle pertinenze, alle riduzioni tariffarie cui il contribuente avrebbe avuto diritto e che esponevano un’errata composizione (in nr. di 6) del nucleo familiare (composto di 3 unità, così come risultante all’Ente in relazione alla tassazione di altra unità immobiliare);
– a fronte di siffatte censure lo stesso giudice del gravame aveva rilevato che gli avvisi di accertamento risultavano motivati “sinteticamente e in maniera effettivamente non del tutto perspicua”, così che la rilevata compiutezza motivazionale degli atti impositivi risultava, in effetti, contraddittoria con detti rilievi e, dunque, insufficientemente motivata;
– il giudice del gravame – nel rilevare la genericità dei residui motivi di appello che (in tesi) non recavano contestazione del “merito della pretesa tributaria” – era incorso in “una palese violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.” in quanto esso esponente non si era limitato a contestare “la genericità e l’insufficienza dello schema riepilogativo contenuto negli atti impositivi” ma aveva (anche) espressamente precisato, nel merito della pretesa impositiva, “cosa era stato omesso di indicare… e cosa era stato viceversa erroneamente conteggiato”, rinviando, per tali profili, ai riscontri probatori offerti;
- – il primo motivo – dal cui esame consegue l’assorbimento del secondo motivo di ricorso – è fondato e va accolto;
2.1 – secondo un consolidato principio di diritto espresso dalla Corte, nel processo tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. n. 546 del 1992, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato dall’art. 61 del medesimo decreto, adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, così che l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata (Cass., 21 maggio 2020, n. 9345; Cass., 11 luglio 2018, n. 18279; Cass., 1 dicembre 2017, n. 28843; Cass., 29 gennaio 2016, n. 1786; Cass., 14 maggio 2013, n. 11487; Cass. Sez. U., 22 giugno 2011, n. 13654; Cass., 28 agosto 2000, n. 11229);
– si è, peraltro, precisato (anche) che qualora accerti la nullità della sentenza impugnata, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31, in ordine al difetto di comunicazione alle parti dell’avviso di trattazione del ricorso in pubblica udienza, la Cassazione può pronunciare nel merito della causa, con decisione sostitutiva, ove non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto e debba essere risolta una questione di mero diritto (Cass., 21 luglio 2022, n. 22890; Cass., 31 ottobre 2018, n. 27837; Cass., 30 dicembre 2014, n. 27496);
2.2 – nella fattispecie, per come emerge dal diretto esame del fascicolo di ufficio telematico, risulta omessa la comunicazione relativa all’avviso di trattazione che, in effetti, risulta inviato (solo) al Comune di Avellino dietro comunicazione PEC del 3 dicembre 2018;
– e risulta, altresì, che con l’atto di appello la parte aveva richiesto la discussione del ricorso in pubblica udienza;
– il contenuto della gravata sentenza, sopra ripercorso, e le questioni poste col secondo motivo di ricorso, postulano, poi, accertamenti in fatto non consentiti alla Corte, accertamenti che involgono – oltreché lo specifico contenuto motivazionale degli atti impositivi – la stessa interpretazione dell’atto di appello e delle censure ivi poste;
- – l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia.
P.Q.M.
La Corte
– accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;
– cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2025.
COMMENTO REDAZIONALE– Nel processo tributario la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell’art. 31 D.lgs. 546/1992 (applicabile anche ai giudizi di appello, in relazione al richiamo operato dall’art. 61 del medesimo Decreto), adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio. Pertanto, l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione determina la nullità della sentenza comunque pronunciata.
Tale nullità ex art. 31 D.lgs. 546/1992 non impedisce alla Suprema Corte di pronunciare nel merito della causa, con decisione sostitutiva, tutte le volte in cui non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto e debba essere risolta una questione di mero diritto.
Tuttavia, nel caso di specie, poiché le questioni poste con il secondo motivo di ricorso richiedevano accertamenti in fatto non consentiti alla Suprema Corte, quale giudice di mera legittimità, la sentenza di appello viene annullata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per un nuovo esame della controversia, inclusa la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.