Cass. civ., sez. I, sent., 26 settembre 2024 n. 25713
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PARISE Clotilde – Presidente
Dott. VAROTTI Luciano – Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere Rel.
Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 24686/2023 r.g. proposto da:
Milano Serravalle – Milano Tangenziali Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, per procura speciale in calce al ricorso dall’Avv. -ricorrente –
contro
ICA – Imposte Comunali Affini Spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. …….. – controricorrente –
E
Comune di Gropello Cairoli -intimato-
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, n. 1449/2023, depositata in data 5 maggio 2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Consigliere Luigi D’Orazio;
Svolgimento del processo
1.In data 28/12/2020 l’ICA (Imposte Comunali Affini Srl), quale società concessionaria del servizio di accertamento e riscossione del Canone di occupazione degli spazi e aree pubbliche (COSAP) del Comune di Gropello Cairoli (PV), notificava a Milano Serravalle -Milano Tangenziali Spa (d’ora in poi MSMT) sei avvisi di accertamento recanti la richiesta di pagamento dell’importo complessivo di Euro 61.564,00, a titolo di canone non versato per gli anni dal 2015 al 2020, oltre ad interessi e sanzioni.
Il pagamento era richiesto per l’occupazione di aree ricadenti nel comune di Gropello Cairoli e, in particolare, per l’occupazione di un’area, ricadente nel Comune, attuata mediante l’edificazione di un “sovrappasso”, con il quale era stato sopraelevato un tratto dell’autostrada A/7 (Milano Serravalle) per consentire la viabilità nella via Don Motti.
- La MSMT Spa agiva dinanzi al Tribunale di Pavia contro l’ICA e nei confronti del Comune al fine di ottenere l’annullamento o la disapplicazione e/o la dichiarazione di inefficacia degli avvisi di pagamento, ritenendo di non essere obbligato al pagamento del COSAP per l’insussistenza dei presupposti applicativi o, in subordine, per la sussistenza di una causa di esenzione.
Tale esenzione era sia soggettiva, per la qualità di organismo di diritto pubblico di essa attrice, sia oggettiva per la natura di bene asservito ad un pubblico servizio del manufatto.
Inoltre, la MSMT rilevava che non dovevano essere applicate le sanzioni per le “obiettive condizioni di incertezza sull’ambito di applicazione delle norme” e, comunque, che l’importo delle stesse fosse rideterminato “in base ai principi del cumulo giuridico e della continuazione”.
- Il Tribunale rigettava le domande di MSMT.
Il Tribunale reputava inammissibile il motivo di doglianza introdotto da MSMT solo con la memoria istruttoria di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c. ed attinente al preteso difetto di proprietà in capo al Comune dello spazio occupato.
Inoltre, rilevava l’inesistenza delle tassative cause di esenzione dall’obbligo di corresponsione del COSAP previste alla legge, non essendovi peraltro incertezza interpretativa sulle norme, non ricorrendo i presupposti per l’applicazione della disciplina della continuazione al trattamento sanzionatorio.
- Con il primo motivo di appello MSMT si doleva della “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (circa l’erronea qualificazione di una “mera difesa” in termini di “eccezione”) e dell’art. 2697 c.c. (circa il riparto dell’onere della prova tra attore e convenuto)”.
La società appellante riteneva che il Tribunale avesse errato nel non dare ingresso alla questione, prospettata con la memoria istruttoria, concernente il difetto di titolarità dell’area occupata in capo al Comune, questione da qualificarsi come mera difesa della società, attrice solo in senso formale.
L’avviso di accertamento contestato doveva considerarsi, infatti, atto impositivo/estrattivo di natura amministrativa e sarebbe l’ente impositore, nel giudizio avente ad oggetto la contestazione del rapporto, ad assumere la veste sostanziale di attore, con gli oneri conseguenti di allegazione prova.
L’onere della prova della proprietà in capo al Comune, presupposto del potere impositivo, non sarebbe stato assolto dalla parte convenuta, che ne era onerata in quanto attrice in senso sostanziale.
Anzi, la stessa società nel giudizio di primo grado avrebbe offerto la prova dell’appartenenza dell’area occupata al demanio statale non a quello comunale.
Con il secondo motivo di impugnazione l’appellante MSMT deduceva “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n. 507/1993 (che individua le condizioni per poter fruire dell’esenzione soggettiva dal pagamento del COSAP)”.
Per l’appellante la sentenza di prime cure era erronea per non aver riconosciuto l’operatività dell’esenzione. Ciò, in quanto la costruzione e la gestione dell’autostrada quale infrastruttura destinata a beneficio della collettività e realizzata sulla base di una concessione statale integravano l’esenzione prevista dalla norma. Trattavasi, peraltro, della gestione dell’autostrada da parte di un organismo di diritto pubblico, seppure con la forma giuridica di una società per azioni.
Con il terzo motivo d’appello MSMT lamentava la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 507 /1993 (che individua le condizioni per poter fruire dell’esenzione oggettiva dal pagamento del COSAP).
La norma citata stabiliva che erano esenti dalla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche le “occupazioni con impianti adibiti ai servizi pubblici nei casi in cui ne sia prevista, all’atto della concessione o successivamente, la devoluzione gratuita al Comune o alla Provincia al termine della concessione medesima”.
Con il quarto motivo di impugnazione MSMT deduceva la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10, comma 3, della legge n. 212/2000 nonché dell’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997”.
Ciò perché l’art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, stabiliva che le sanzioni non erano irrogate quando la violazione dipendeva da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria.
- La Corte d’Appello di Milano rigettava il gravame con sentenza n. 1449 del 5/5/2023.
In particolare, con riferimento al primo motivo di gravame, la Corte territoriale confermava la decisione del Tribunale.
La società aveva imperniato la propria contestazione degli avvisi di accertamento sulla sussistenza delle esenzioni, ma ciò implicava “la titolarità del potere impositivo e risultava, quindi, logicamente incompatibile con la volontà di contestare la proprietà comunale dell’area”.
A fronte della ricostruzione del contenuto della domanda giudiziale, il primo giudice avrebbe correttamente ritenuto, anche in considerazione della contumacia del Comune, che la questione della proprietà comunale dell’area “non fosse controversa”, negando ingresso alla contestazione “tardivamente introdotta con la memoria istruttoria di Milano Serravalle”.
La Corte territoriale respingeva anche il secondo motivo di impugnazione, evidenziando che “(l)a concessione per la costruzione e la gestione dell’autostrada… non vale ad attribuire alla società concessionaria la natura di ente pubblico ai fini del riconoscimento dell’esenzione prevista dalla norma invocata e non vale ad escludere il fine di lucro che la concessionaria (illegittimamente) persegue”.
Pure il terzo motivo era reputato non fondato, in quanto la norma citata, ossia l’art. 49, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 507 del 1993, fa riferimento esclusivamente alla esenzione spettante nei casi in cui sia previsto, all’atto della concessione o successivamente, che gli impianti adibiti ai servizi pubblici siano devoluti gratuitamente al Comune o alla provincia al termine della concessione.
La motivazione del Tribunale, che aveva escluso l’esenzione, si fondava sul “dato testuale della norma”, che prevedeva, appunto, la devoluzione gratuita stabilita in favore di comune o provincia.
Non vi era spazio per una interpretazione costituzionalmente orientata, in presenza di un dato testuale inequivoco. Del resto, la stessa appellante individuava una ragione giustificatrice della previsione della devoluzione ai soli enti locali, stante la presenza di altra norma che prevedeva l’esenzione soggettiva in favore dello Stato, sicché nessuna ingiustificata disparità di trattamento si poteva ravvisare.
L’esenzione, dunque, spettava, sia soggettivamente che oggettivamente, nei casi nei quali veniva il rilievo l’interesse pubblico, riferibile allo Stato od ad un ente pubblico territoriale, e non essendo invece riconosciuta in favore di un soggetto privato che operava con fini di lucro.
Il quarto motivo era ritenuto non fondato in quanto, poiché si era in presenza del COSAP, che non era un tributo, non potevano trovare applicazione le disposizioni specifiche riguardanti le sanzioni amministrative tributarie di cui all’art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000 e all’art. 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997.
Per la Corte territoriale, indipendentemente dalla applicabilità della norma invocata alla COSAP che non era un tributo, non ricorreva comunque alcuna incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme.
La parte del motivo relativo alla violazione dell’art. 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997 (concorso di violazioni e continuazione) non era in alcun modo specificata, “non essendo indicate nell’atto di appello le ragioni per le quali sarebbe erronea la decisione del Tribunale che ha escluso l’applicazione della disciplina della continuazione”. Tali ragioni erano state esposte dall’appellante “solo nella comparsa conclusionale”.
- Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Milano Serravalle-Milano Tangenziali Spa (MSMT), depositando anche memoria scritta.
- Ha resistito con controricorso l’ICA – Imposte Comunali Affini Spa, depositando anche memoria scritta.
- È rimasto intimato il Comune di Gropello Cairoli.
Motivi della decisione
- Con il primo motivo di ricorso la società deduce la “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 112 e 116 c.p.c. (circa l’erronea qualificazione di una “mera difesa” in termini di “eccezione” nonché circa l’erronea interpretazione di una domanda processuale) e dell’art. 2697 c.c. (circa il riparto dell’onere della prova tra attore e convenuto), con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.”.
In particolare, ad avviso della ricorrente, è erronea l’affermazione della Corte d’Appello, confermativa di quella di prime cure, nella parte in cui ha dichiarato inammissibile l’eccezione di carenza di titolarità della strada (Via Don Motti) in capo al Comune di Gropello Cairoli.
Ciò, in quanto – nella prospettazione del giudice di appello – “il Tribunale bene avrebbe fatto a non pronunciarsi in merito alla sussistenza del diritto di proprietà in capo al Comune, tenuto conto che la relativa eccezione sarebbe stata formulata dalla Società soltanto a partire dalla memoria istruttoria ex art. 183, comma 6, n. 2, del c.p.c., depositata il 21 settembre 2021”.
Il ragionamento svolto dalla Corte territoriale, a favore della declaratoria di inammissibilità pronunciata dal Tribunale di Pavia, poggia sulla considerazione che la società Milano Serravalle (nell’atto di citazione) avrebbe imperniato le proprie difese “sulla domanda di esenzione da COSAP”.
Tuttavia, tale difesa – a parere della Corte territoriale –”presupponeva) la titolarità del potere impositivo in capo al Comune e, come tale, sarebbe incompatibile con la “volontà di contestare la proprietà comunale dell’area””.
La questione relativa alla “titolarità” dell’area in capo al Comune sarebbe stata dunque “non controversa”.
Di conseguenza, il Tribunale avrebbe legittimamente negato ingresso alla contestazione, “tardivamente introdotta con la memoria istruttoria di Milano Serravalle”.
In realtà, ad avviso della ricorrente, erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto sussistente la non contestazione della proprietà della strada in capo al Comune. La ricorrente sottolinea che “non si comprende come la Corte d’Appello abbia potuto desumere la (asserita) volontà di non contestare la proprietà della strada dalla formulazione della domanda di esenzione”.
Oggetto dell’impugnazione sono gli avvisi di accertamento impo-esattivo di cui all’art. 1, comma 792 della legge n. 160 del 2019, con i quali ICA ha portato a conoscenza di Milano Serravalle la pretesa del Comune con riferimento al canone pluriennale dovuto a titolo di COSAP.
L’avviso di accertamento costituisce il “veicolo di accesso” al giudizio di impugnazione-merito, avente ad oggetto, non già il provvedimento amministrativo, bensì “il sottostante rapporto sostanziale controverso”.
Pertanto, l’ente impositore assume la veste di attore in senso sostanziale, mentre la società assume la veste di convenuto in senso sostanziale.
Di conseguenza, il concessionario/convenuto è, in realtà, attore in senso sostanziale, con evidenti riflessi in tema di riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c.
Spetta, dunque, sull’ente impositore l’onere di provare l’effettiva titolarità del rapporto controverso. E ciò “indipendentemente dal contenuto dell’atto di citazione e dal tipo di “domande” formulate dall’attore in senso formale”.
Il Comune, allora, avrebbe dovuto dimostrare in sede processuale la propria posizione giuridica con riguardo alla sussistenza della qualità di “proprietario della strada”.
Peraltro, non era in alcun modo tardiva la contestazione (in ordine alla mancanza di titolarità della strada in capo al Comune) contenuta nella memoria istruttoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c., trattandosi di “mera difesa” e non di eccezione in senso stretto (si cita sul punto Cass., Sez. U., 16/2/2016, n. 2951).
Del resto, la società Milano Serravalle aveva contestato la titolarità della strada nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c., in quanto, a seguito di due accertamenti, e soprattutto della consultazione del catasto strade, era emerso “che via Don Motti fa parte del Demanio statale e non del Demanio comunale (come attestato nella relazione tecnica sottoscritta dal responsabile dell’Ufficio Espropri della Milano Serravalle, dott. A.A. allegata sub all. n. 1 alla seconda memoria istruttoria depositata nel giudizio di primo grado)”.
Inoltre, una richiesta di chiarimenti era stata inviata via pec, in data 22/7/2022, ad Anas, che rispondeva affermando: “via Don Motti – in mancanza di un provvedimento di declassificazione – non può essere di proprietà del Comune”.
- Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 507/1993 (che individua le condizioni per poter fruire dell’esenzione soggettiva dal pagamento del COSAP), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, del c.p.c.”.
Ad avviso della Corte d’Appello la concessione per la costruzione della gestione dell’autostrada non vale ad attribuire alla società concessionaria natura di ente pubblico ai fini del riconoscimento dell’esenzione prevista dalla norma invocata e non vale ad escludere il fine di lucro che la concessionaria persegue e che giustifica il diverso trattamento rispetto al soggetto pubblico ai fini dell’esenzione dall’imposta della TOSAP o del COSAP.
In realtà, però, tale motivazione contrasterebbe con la formulazione dell’art. 49, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 507 del 1993. Dalla formulazione letterale di tale disposizione emergerebbe che l’esenzione soggettiva si verifica quando il concessionario agisca quale “mero sostituto” dell’ente pubblico.
L’esenzione soggettiva opera quando il concessionario, previa autorizzazione amministrativa, agisce “in luogo” dell’ente pubblico. Tra l’altro, la società Milano Serravalle è a tutti gli effetti un organismo di diritto pubblico, che, pur avendo la forma giuridica di una società per azioni, esercita, in realtà, funzioni pubbliche ad essa
trasferite dalla regione Lombardia e/o dal Ministero delle infrastrutture a mezzo di plurimi atti concessori.
- Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49, comma 1, lettera e) del D.Lgs. n. 507 del 1993 (che individua le condizioni per poter fruire dell’esenzione oggettiva dal pagamento del COSAP), con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.”.
La Corte d’Appello ha negato la sussistenza dei presupposti per l’esenzione oggettiva di cui all’art. 49, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 507 del 1993, rilevando che la norma “ammette l’esenzione in caso di devoluzione gratuita delle opere in favore di Comuni e Province, ma non anche in favore dello Stato”.
Ad avviso della ricorrente, invece, l’esenzione oggettiva spetta alla società in presenza di due condizioni:1) che l’occupazione avvenga con impianti adibiti a servizi pubblici;2) l’atto di concessione preveda la devoluzione gratuita al demanio pubblico (oltre che a quello comunale e provinciale) delle opere realizzate al termine della concessione medesima (retrocessione gratuita).
Sarebbe, invece, irrazionale ritenere non assoggettabile a COSAP gli impianti gratuitamente devolvibili al demanio comunale e provinciale, assoggettando invece a COSAP soltanto gli impianti gratuitamente devolvibili al demanio statale.
La disposizione citata dovrebbe essere interpretata in modo costituzionalmente orientato, includendo nell’area di esenzione sia agli impianti gratuiti devolvibili al demanio comunale provinciale, sia agli impianti gratuitamente devolvibili al demanio statale.
In caso contrario, si verificherebbe una disparità di trattamento da concessionari comunali e provinciali e concessionari statali.
- Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente si duole della “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.”. In realtà, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, ad avviso della ricorrente non si è considerato che l’incertezza normativa è stata determinata dal comportamento tenuto dallo stesso Comune, che “non ha mai preteso il pagamento del COSAP sui cavalcavia autostradali e non ha giammai notificato alcun atto impositivo”.
- Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione al par. 4.2. dell’atto di appello (concernente la domanda di applicazione dei criteri del cumulo giuridico e della continuazione di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997), con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.”.
La Corte d’Appello, sul punto, ha ritenuto inammissibile il motivo d’appello concernente la violazione dei principi del cumulo giuridico e della continuazione, in quanto l’appellante ha esposto le ragioni del motivo soltanto nella comparsa conclusionale.
La ricorrente sottolinea che la sentenza di prime cure ha respinto la domanda di rideterminazione delle sanzioni rilevando che “l’art. 8 della legge n. 689/1981 prevede che la sanzione più grave aumentata fino al triplo possa essere irrogata nei soli casi di concorso formale, non trovando quindi applicazione la disciplina della continuazione di cui all’art. 81, 2 comma, cod. pen. (cfr. ex multis, Cass. civ., Sez V, sent. n. 10126 del 11/4/2019)”. Nell’atto di appello la società ha impugnato tale capo della sentenza di primo grado sostenendo che, in materia di COSAP, sono applicabili i medesimi principi giuridici della TOSAP, e quindi anche l’art. 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997. Di conseguenza, avrebbe dovuto trovare applicazione il principio della continuazione. Pertanto, il quarto motivo di appello presentava i requisiti di specificità di cui all’art. 342 c.p.c. In sede di comparsa conclusionale la società si era limitata a illus p procedimento da seguire ai fini della rideterminazione della sanzione unica per gli anni di imposta dal 2015 al 2020. L’applicabilità dell’istituto della continuazione troverebbe fondamento nella circolare ministeriale n. 1/DF del 20/1/2009, per la quale “l’analogia delle fattispecie impositive ha indotto il legislatore a disporre… che i criteri di determinazione del COSAP sono applicabili anche alla TOSAP dovuta per le occupazioni in questione ed a fissare, quindi, delle regole che non possono in alcun modo essere modificate dagli enti locali”. Peraltro, la recente sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 8628 del 2020, depositata il 7/5/2000, ha precisato che, a partire dall’entrata in vigore dell’art. 63 del D.Lgs. n. 446 del 1997, il COSAP mutua finalità sostanziale e, in gran parte, disciplina dalla TOSAP.
- Il primo motivo di impugnazione è fondato, con assorbimento dei restanti motivi.
6.1. Deve premettersi che questa Corte, a sezioni unite (Cass., Sez. U., 16 febbraio 2016, n. 2951), ha tracciato la linea di demarcazione tra la legittimazione ad agire e la titolarità del diritto fatto valere in giudizio.
La legittimazione ad agire in giudizio, ai sensi dell’art. 81 c.p.c., spetta a chiunque faccia valere nel processo un diritto “assumendo” di esserne titolare, sicché la parte è il soggetto “che in proprio nome domanda o il soggetto contro il quale la domanda, sempre in proprio nome, è proposta”, utilizzando la tesi della “prospettazione”, nel senso che al fine di valutare la sussistenza della legittimazione ad agire, deve valutarsi “la domanda, nella quale l’attore deve affermare di essere titolare del diritto dedotto in giudizio”.
La titolarità del diritto che la parte ha prospettato come proprio attiene, invece, al “merito della causa”. La legittimazione ad agire manca ogni volta in cui dalla stessa “prospettazione” della domanda emerga che il diritto vantato in giudizio non appartiene all’attore. La titolarità del diritto sostanziale attiene invece al merito della causa, quindi alla fondatezza della domanda.
La carenza di legittimazione ad agire può essere rilevata d’ufficio dal giudice, e, allo stesso modo, anche la titolarità del diritto fatto valere in giudizio può essere rilevata d’ufficio dal giudice anche se risultante dagli atti di causa (Cass., Sez. U., n. 2951 del 2016; Cass., sez. 3, 15/5/2018, n. 11744; Cass., sez. 3, 27/6/2018, n. 16904).
La questione della titolarità del diritto può essere negata dal convenuto con una mera difesa e cioè con una presa di posizione negativa che, contrariamente alle eccezioni in senso stretto, non è soggetta a decadenza ex art. 167 c.p.c. Pertanto, la questione della titolarità del diritto può essere sollevata d’ufficio dal giudice.
6.2. Inoltre, è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che l’onere della prova in ordine alla titolarità attiva o passiva del rapporto e, quindi, con riferimento alla fondatezza della domanda, spetta all’attore (Cass., sez. 6-3, 20/12/2017, n. 30545; Cass., sez. 3, 12/2/2021, n. 3765; Cass., sez. 3, 27/6/2018, n. 16904; Cass., sez. 3, 15/5/2018, n. 11744).
Infatti, si è chiarito che la circostanza che la questione attenga al merito significa che rientra nel tema della fondatezza della domanda e della verifica della sussistenza del diritto fatto valere in giudizio, “ma non significa che la relativa prova gravi sul convenuto e che la difesa con la quale il convenuto neghi la sussistenza della titolarità costituiscono eccezione, tantomeno in senso stretto”; Cass., Sez. U., n. 2951 del 2016, paragrafo 25).
Si può dunque concludere nel senso che la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, del rapporto di diritto sostanziale dedotto in giudizio è un elemento costitutivo della domanda che attiene al merito della decisione, sicché p all’attore allegarla e provarla, con la conseguenza che le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso, hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, ferme le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto, non rilevabili dagli atti. Di conseguenza la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado se risultante dagli atti di causa (Cass. n. 7477 del 2020).
6.3. Deve precisarsi, pur nella consapevolezza che il COSAP non rientri nell’ambito dei tributi, come invece la TOSAP, che il giudizio di opposizione e di contestazione dell’avviso di accertamento impo-esattivo ricalca il giudizio tributario, che è un giudizio di impugnazione-merito.
Del resto, nel processo tributario, a carattere impugnatorio, l’oggetto del giudizio è perimetrato, da un lato, dai presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento dell’atto impositivo sottoposto a ricorso, assumendo l’Ufficio la veste di attore in senso sostanziale, in quanto la pretesa impositiva è quella risultante dall’atto impugnato sia sul piano del petitum che su quello della causa petendi, e dall’altro dalle contestazioni sollevate dal contribuente con i motivi articolati nel ricorso introduttivo di primo grado (in tal senso Cass., sez. 5, 24 febbraio 2022, n. 6289; Cass., sez. 5, 26 maggio 2022, n. 17189; Cass., sez. 5, 27 giugno 2019, n. 17231).
Pertanto, non v’è dubbio che l’onere di dimostrazione della titolarità del suolo al di sopra del quale è stato costruito il “sovrappasso” era in capo al Comune, attore in senso sostanziale, anche se convenuto in senso formale.
6.4. La contestazione sulla assenza di titolarità della proprietà della strada in capo al Comune è stata tempestivamente sollevata dalla società con la memoria istruttoria di cui all’art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c.
Ed infatti si è chiarito che la valutazione della condotta processuale del convenuto, agli effetti della non contestazione dei fatti allegati dalla controparte, deve essere correlata al regime delle preclusioni che la disciplina processuale connette all’esaurimento della fase entro la quale è consentito ancora alle parti di precisare e modificare, sia allegando nuovi fatti – diversi da quelli indicati negli atti introduttivi – sia revocando espressamente la non contestazione dei fatti già allegati, sia ancora deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte (Cass., sez. 6-2, 2/12/2019, n. 31402); ne deriva che nel procedimento sommario di cognizione, fino alla sua eventuale conversione in rito ordinario con la fissazione dell’udienza di trattazione di cui all’art. 183 c.p.c., non può rinvenirsi né letteralmente, né sistematicamente, alcuna non prevista preclusione (Cass., sez. 3, 9 settembre 2021, n. 24415).
Posto che le contestazioni possono rilevare non indistintamente, ma solo per fatti ritenuti noti alla parte, e, logicamente, non anche per i fatti ad essa ignoti (Cass., 13 febbraio 2013, n. 3576; Cass., 18 luglio 2016, n. 14652; Cass., 4 gennaio 2019, n. 87; Cass., 31 agosto 2020, n. 18074), è stato confermato l’orientamento di legittimità, condiviso dal Collegio, secondo cui “nessuna norma prevede la preclusione della prima udienza per le contestazioni e, anzi, il sistema delle decadenze induce a concludere che, quale asserzione, essa possa considerarsi inibita esclusivamente alla definizione delle correlative facoltà e dunque, nel rito ordinario, nei termini ex art. 183, sesto comma, c.p.c.” (Cass., sez., 3, 9 settembre 2021, n. 24415; Cass., 2 dicembre 2019, n. 31402).
Resta fermo che l’onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l’allegazione dei medesimi e, considerato che l’identificazione del tema della decisione dipende in pari misura dall’allegazione e dall’estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l’onere di contribuire alla fissazione del thema decidendum opera identicamente rispetto all’una o all’altra delle parti in causa, sicché, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica e, dunque, idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte (Cass., sez., 1, 19/4/2024, n. 10629; Cass., sez. 3, 19 ottobre 2016, n. 21075; per la necessità della specificità delle allegazioni della parte cfr. Cass., sez. 6-3, 23 marzo 2022, n. 9439).
6.5. Nella specie, come si è detto, con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c., la società ha specificamente contestato l’assenza di titolarità da parte del Comune in ordine alla via Don Motti (cfr. atto di appello “la Società – nel corso dei rilievi istruttori ed a fronte dell’assenza di documentazione prodotta agli atti del giudizio di primo grado da parte del Concessionario in ordine alla proprietà della strada di via Don Motti – ha: effettuato dei propri accertamenti in merito all’effettiva titolarità della strada da parte del Comune: all’esito di tali accertamenti e – in particolare – a seguito della consultazione del c.d. catasto strade, è emerso che via Don Motti fa parte del Demanio statale e non del Demanio comunale – come attestato nella relazione tecnica sottoscritta dal responsabile dell’Ufficio Espropri della Milano Serravalle, dott. A.A. Porzio -allegata sub all. n. 1 alla seconda memoria istruttoria depositata nel giudizio di primo grado”).
La Corte di merito, nel dichiarare inammissibile l’eccezione sollevata dall’odierna ricorrente di carenza di titolarità della strada (Via Don Motti) in capo al Comune di Gropello Cairoli, non si è attenuta ai principi di cui si è detto.
- La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, per il riesame della controversia alla luce dei principi suesposti. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 settembre 2024
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2024
COMMENTO REDAZIONALE – Malgrado il COSAP (a differenza della TOSAP) non costituisca un tributo, il giudizio di opposizione avverso il relativo avviso di accertamento assume carattere impugnatorio, del tutto analogo a quello del processo tributario.
Pertanto il Comune, seppure convenuto in senso formale, assume la qualità di parte attrice in senso sostanziale, tenuta a provare i fatti costitutivi della propria pretesa creditoria.
Nel caso di specie, la società contribuente aveva specificamente contestato l’assenza di titolarità, da parte del Comune, sulla strada interessata dalla costruzione del “sovrappasso” in relazione al quale veniva richiesto il COSAP. Pertanto, il Comune era onerato della relativa dimostrazione, nel caso di specie non fornita.
Viene quindi annullata la sentenza di secondo grado che aveva dichiarato inammissibile l’eccezione, tempestivamente sollevata dalla società contribuente nella memoria istruttoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c., relativa all’assenza di titolarità della strada in capo al Comune, con rinvio al giudice di appello per un nuovo esame nel merito in conformità ai suddetti principi.