Tribunale di Milano, sez. I, 23 febbraio 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
PRIMA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Serena Nicotra
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5708/2020 promossa da:
Z.X. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. C.G.F. e dell’avv. P.S. ((…)) VIALE …………….. MILANO, elettivamente domiciliato in ………………MILANO presso il difensore avv. C.G.F., ATTORE
contro
COMUNE DI MILANO (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. M.A. e dell’avv. A. M.R. ((…)) VIA ………, MILANO; B. A. ((…)) VIA ……. MILANO; M.I. ((…)) VIA ………….. MILANO; P. A.((…)) ……………. MILANO; , elettivamente domiciliato in VIA ………….MILANO presso il difensore avv. M. A., CONVENUTO
Svolgimento del processo- Motivi della decisione
Preliminarmente si rileva l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità per tardività della proposizione del ricorso svolta dal Comune di Milano.
Sul punto si richiama la recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 758 del 12 gennaio 2022), che ha affermato “nei procedimenti disciplinati dal D.Lgs. n. 150 del 2011, per i quali la domanda va proposta nelle forme del ricorso e che, al contrario siano introdotti con citazione, il giudizio è correttamente instaurato ove quest’ultima sia notificata tempestivamente, producendo gli effetti sostanziali e processuali che le sono propri, ferme restando decadenze e preclusioni maturate secondo il rito erroneamente prescelto dalla parte; tale sanatoria piena si realizza indipendentemente dalla pronunzia dell’ordinanza di mutamento del rito da parte del giudice, ex art. 4 del D.lgs. n. 150 del 2011 cit., la quale opera solo “pro futuro”, ossia ai fini del rito da seguire all’esito della conversione, senza penalizzanti effetti retroattivi, restando fermi quelli, sostanziali e processuali, riconducibili all’atto introduttivo, sulla scorta della forma da questo in concreto assunta e non di quella che avrebbe dovuto avere, avendo riguardo alla data di notifica della citazione, quando la legge prescrive il ricorso, o, viceversa, alla data di deposito del ricorso, quando la legge prescrive l’atto di citazione”. Il caso in esame rientra nel paradigma delineato da tale sentenza, che per l’appunto si riferiva ad opposizione recuperatoria avverso cartella di pagamento per sanzioni derivanti dalla violazione del codice della strada, proposta con atto di citazione anziché con ricorso ex art. 7 D.lgs. n. 150 del 2011.
L’atto di citazione è stato portato alla notifica il 16.1.2020, e quindi entro il termine di 30 giorni dalla notifica dell’ingiunzione da parte del Comune.
Venendo al merito, l’unico motivo di opposizione svolto dalla parte riguarda l’omessa notifica dei verbali di accertamento costituenti il titolo posto a base dell’ingiunzione.
Il Comune, in sede di costituzione, ha prodotto la documentazione attestante la notifica di tutti i citati verbali di accertamento.
In particolare, dall’esame della documentazione emerge che tutte le notifiche sono state eseguite a mezzo posta presso l’indirizzo dell’opponente in Civitanova Marche e si sono tutte perfezionate secondo il meccanismo della compiuta giacenza previsto dall’art. 8 L. n. 890 del 1982.
Il Comune ha prodotto per ogni relata di notifica l’avviso di ricevimento della raccomandata e l’avviso attestante l’immissione nella cassetta della posta della raccomandata di avviso del deposito.
Nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c., l’opponente ha contestato la assenza di prova della notificazione dei verbali e la invalidità della notificazione eseguita dopo il 5 giugno 2015, in considerazione del trasferimento di residenza dell’opponente in Milano, come risultante dallo stesso certificato di residenza prodotto dal Comune.
Orbene, in relazione al primo profilo, si rileva che la documentazione prodotta dal Comune sub allegato 3 – costituita da schermata indicante tutti i riferimenti relativi al singolo verbale di accertamento (quali numero del verbale, data, luogo, descrizione della condotta, del numero di targa) e delle modalità di contestazione del verbale, con menzione del numero della raccomandata spedita e dell’esito, nonché da tutte le relate di notifica, attestanti la spedizione delle singole raccomandate da parte di mittente individuato come ” Verbali – Polizia Locale Milano” – va ritenuta idonea ai fini della prova della riferibilità delle notifiche ai singoli verbali allegati.
L’attore ha poi genericamente disconosciuto la conformità delle copie all’originale ai sensi dell’art. 2719 cod. civ. il che non è sufficiente a togliere ogni efficacia probatoria della copia fotostatica prodotta la mera contestazione della conformità all’originale, qualora, come nel caso in esame, essa non sia accompagnata da indicazioni sulle specifiche difformità contestate (cfr. in tal senso Cass.civ. ord 23902/2017 e 23426/2020). In ogni caso il Comune ha prodotto in Cancelleria gli originali degli avvisi di ricevimento.
Con riferimento al secondo aspetto, si rileva che, come risulta dal certificato di residenza prodotto, Z.X. risulta avere trasferito la residenza da C. M. a M. a decorrere dal 5 giugno 2015 (doc. 2 convenuto).
La maggior parte dei verbali di accertamento risultano notificati alla parte nei mesi di marzo, aprile e maggio 2015 presso l’indirizzo di Civitanova Marche, con conseguente validità della notifica, trattandosi dell’effettivo luogo di residenza della parte.
Vi sono poi 11 verbali che risultano notificati successivamente a tale data, ovvero il numero 787038 notificato il 22/06/2015; il n. 652293 notificato il 07/06/2015, il n. 855665 notificato il 06/07/2015; il numero 855880 notificato il 06/07/2015; il n. 821054 notificato il 29/06/2015; il n. 807739 notificato il 29/06/2015; il n. 908332 notificato il 17/07/2015 ; il n. 1021511 notificato il 30/07/2015; il n. 288333 notificato l’08/06/2015; il n.966167 notificato il 24/07/2015 ; il n. 303750 notificato 23/07/2015.
In relazione a tali verbali, la notifica non risulta validamente eseguita, in quanto svolta in luogo diverso dalla residenza dell’attore.
Al riguardo, come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, in base all’art. 247 reg. esec. nuovo codice, approvato con D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, in caso di cambio di residenza non è posto a carico dell’interessato un onere di attivarsi per l’annotazione al P.R.A; al contrario tale norma prevede che la comunicazione al P.R.A. del cambio di residenza, una volta che sia ritualmente dichiarato dal proprietario all’anagrafe comunale, va effettuato d’ufficio a cura della pubblica amministrazione (cfr. Cass.civ. sez.. 2, 9 luglio 2009 n. 16185, Cass. civ. sez. U, 9 dicembre 2010 n. 24851).
Pertanto, poiché come emerge dal certificato anagrafico, il cambio di residenza risulta dichiarato dalla parte a far data dal 5.6.2015, e considerato che non vi sono allegazioni né risulta provato che il luogo della notifica corrispondesse al domicilio della parte, le citate notifiche vanno considerate nulle, in quanto eseguite in violazione dell’art. 139 c.p.c..
Alla luce di tali rilievi, va quindi annullata l’ingiunzione nella parte in cui si riferisce al credito portato dai citati verbali, ammontante alla complessiva somma di € 4.549,28, comprensivo di sanzioni e maggiorazioni ex art. 27 L. n. 689 del 1981.
Ne deriva che, in parziale accoglimento dell’opposizione, va disposto l’annullamento dell’ingiunzione limitatamente al credito di cui ai citati verbali di accertamento, mentre va accertata la sussistenza del residuo credito portato dall’ingiunzione pari a € 20.279,72.
Tenuto conto dell’esito del giudizio, che vede una parziale soccombenza reciproca, va disposta la compensazione delle spese del giudizio nella misura del 50%, ponendo a carico dell’opponente, data la sua prevalente soccombenza in ragione dell’accertamento di una parte consistente del credito, l’obbligo di rifondere al Comune il residuo 50% delle spese.
La liquidazione delle spese va effettuata in applicazione del D.M. n. 55 del 2014, con riferimento al valore del credito accertato e con riduzione dei valori medi per la fase istruttoria e decisoria, tenuto conto del fatto che non si è proceduto ad istruttoria e dell’attività difensiva svolta.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:
-in parziale accoglimento dell’opposizione svolta da Z.X., annulla l’ingiunzione di pagamento n. (…) notificata dal Comune di Milano in data 17.12.2019, in relazione ai seguenti verbali di accertamento (n.(…), n. (…), n. (…) n. (…), n. (…) n. (…), n. (…), n. (…) n. (…) n.(…) n. (…)), ammontanti al complessivo importo di € 4.549,28, accertando la legittimità dell’ingiunzione per tutti gli altri verbali e la conseguente sussistenza del minore credito di €20.279,72;
– compensa nella misura del 50% le spese di lite e condanna Z.X. alla rifusione in favore del Comune di Milano del residuo 50% delle spese, che liquida, già al netto della compensazione, in € 1607,50 per compensi, oltre spese generali ed oneri riflessi.
Così deciso in Milano il 22 febbraio 2022.
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2022.
COMMENTO – La pronuncia in commento fa applicazione del principio, recentemente fissato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. civ., Sezioni Unite, 12 gennaio 2022 n. 758, già commentata su questa Rivista), secondo cui, nei procedimenti disciplinati dal D.lgs. 1° settembre 2011 n. 150, quando una controversia sia erroneamente instaurata con il rito ordinario di cognizione, anziché con il rito del lavoro, il giudizio è correttamente instaurato se l’atto di citazione sia notificato entro il termine di decadenza prescritto dalla legge, indipendentemente dal provvedimento giudiziale di mutamento del rito ex art. 4 D.lgs. 150/2011.
Quest’ultimo opera infatti solo pro futuro, ossia ai fini del rito da seguire all’esito della conversione, senza penalizzanti effetti retroattivi.
Pertanto, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono in base al rito concretamente seguito dall’opponente (ancorché in modo erroneo), e non in base a quello che si sarebbe dovuto seguire.
Tale conclusione si giustifica alla luce della progressiva de-formalizzazione dei riti operata dal D.lgs. 150/2011 il quale, pur stabilendo un rito cd. “preferenziale” per ogni tipologia di controversia ivi disciplinata, risulta tuttavia ispirato un principio di tendenziale “fungibilità tra i riti”, in quanto tutti di per sé idonei a garantire il diritto di difesa delle parti ed il contraddittorio processuale.
Pertanto, nei procedimenti “semplificati” disciplinati dal D.lgs. 150/2011, nel caso in cui l’atto introduttivo sia erroneamente proposto mediante atto di citazione, anziché mediante il ricorso prescritto dalla legge, il procedimento è correttamente instaurato se l’atto di citazione sia notificato tempestivamente (i.e.: entro il termine di decadenza prescritto dalla legge).
Nella specie, la parte opponente aveva provveduto alla notifica dell’atto di citazione entro il termine di decadenza (prescritto dall’art. 7, comma 3, D.lgs. 150/2011) di trenta giorni dalla notifica dell’ingiunzione fiscale impugnata, evitando così qualsiasi decadenza, a nulla rilevando la circostanza che le successive attività di deposito dell’atto in Cancelleria ed iscrizione a ruolo della causa fossero avvenute oltre tale termine.
Tale effetto di cd. “sanatoria piena” risulta peraltro applicabile unicamente ai procedimenti “semplificati” disciplinati dal D.lgs. 150/2011. Al di fuori di tale ambito, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno invece ritenuto applicabile l’opposto principio della cd. “sanatoria dimidiata”, in base al quale l’errore sulla forma dell’atto introduttivo (nella specie: opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia, erroneamente instaurata mediante atto di citazione, anziché mediante ricorso ex art. 447-bis c.p.c.) deve ritenersi fatale, a meno che entro il termine di opposizione non venga compiuto anche l’adempimento del deposito dell’atto (in tal senso, Cass. civ., Sezioni Unite, 13 gennaio 2022 n. 927).
In applicazione del principio di cd. “sanatoria piena” applicabile all’erronea scelta del rito in una delle controversie di cui al D.lgs. 150/2011, la pronuncia in commento respinge quindi l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’opposizione, che era stata sollevata dal Comune di Milano.
Nel merito, l’opposizione viene accolta solo parzialmente, ossia limitatamente ai verbali di accertamento notificati dopo il trasferimento di residenza del contribuente dal precedente indirizzo di Civitanova Marche al nuovo indirizzo di Milano.
Anche sul punto, la pronuncia in commento fa applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui, in base all’art. 247 D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (“Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada”), in caso di trasferimento di residenza non è posto a carico dell’interessato alcun onere di attivarsi per l’annotazione al Pubblico Registro Automobilistico, in quanto tale norma prevede che la comunicazione al Pubblico Registro Automobilistico del cambio di residenza, una volta che sia ritualmente dichiarato dal proprietario all’anagrafe comunale, debba essere effettuato d’ufficio a cura della Pubblica Amministrazione (si vedano, in senso conforme, Cass. civ. sez. II, 9 luglio 2009 n. 16185 e Cass. civ., Sezioni Unite, 9 dicembre 2010 n. 24851).
In applicazione di tale principio, vengono annullati unicamente i verbali di accertamento notificati presso il precedente indirizzo di Civitanova Marche successivamente alla data del 05 giugno 2015, alla quale il contribuente aveva comunicato all’anagrafe comunale il proprio trasferimento di residenza in Milano, non essendosi le relative notificazioni perfezionate nel luogo vincolato prescritto dall’art. 139 c.p.c.
Viceversa, i verbali di accertamento notificati anteriormente a tale data vengono ritenuti validi, con conseguente conferma dell’ingiunzione fiscale impugnata limitatamente ad essi. In particolare, non trova accoglimento il generico disconoscimento della conformità delle copie prodotte rispetto agli originali, sia per l’avvenuta esibizione in giudizio di questi ultimi, sia per la genericità del disconoscimento, da ritenersi tamquam non esset qualora la parte che lo opera non indichi in modo preciso e dettagliato le difformità lamentate (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. VI-3, ord., 11 ottobre 2017 n. 23902; Cass. civ., sez. V, ord., 26 ottobre 2020 n. 23426; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 27 novembre 2020 n. 27181 e Cass. civ., sez. V, ord., 18 gennaio 2022 n. 1324).
Stante la parziale reciproca soccombenza, le spese di giudizio vengono compensate per metà e poste per l’altra metà a carico dell’opponente, in ragione del principio di prevalente soccombenza.
Dott.ssa Cecilia Domenichini
Unicusano-Roma