Cass. civ., sez. II, ord., 25 gennaio 2024 n. 2415


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARRATO Aldo – Presidente

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere – Rel.

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18689/2021 R.G.

proposto dalla:

PROVINCIA DI TERAMO, elettivamente domiciliata in presso lo studio dell’avvocato Z. A. (omissis), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato D. G. (omissis);                                                                                                                                                                              – ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato A. F. (omissis) che lo rappresenta e difende;                                  – controricorrente –

avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 640/2021, depositata il 28/04/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere DIANORA POLETTI.

Svolgimento del processo

– con sentenza n. 640/2021, la Corte di appello di L’Aquila, riformando la sentenza del Tribunale di Teramo n. 625/2019, annullò l’ordinanza ingiunzione n. (omissis) del 30 dicembre 2014, con la quale la Provincia di Teramo aveva irrogato la sanzione amministrativa di Euro 266.600,00 a carico di A.A. per avere trasportato materiale in violazione dell’articolo 186 del d.lgs. n. 152 del 2006;

– avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la Provincia di Teramo sulla base di quattro motivi;

– A.A. ha resistito con controricorso;

– il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ;

– il Sostituto Procuratore Generale, in persona del dott. Corrado Mistri, ha depositato conclusioni scritte, ai sensi del citato art. 380-bis. 1. c.p.c., chiedendo l’accoglimento del ricorso;

– il difensore del controricorrente ha depositato il certificato di morte dello stesso sopravvenuta, nelle more, in data 30.06.2023;

– in prossimità dell’udienza, i difensori di entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

– va dichiarata la cessazione della materia del contendere in ragione del decesso del ricorrente A.A., avvenuta in data 30.6.2023, come risultante dal certificato di morte prodotto dal difensore (circostanza confermata anche dalla Provincia controricorrente nelle sua memoria difensiva finale);

– secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la morte dell’autore della presunta violazione comporta, quale espressione del principio di personalità della sanzione amministrativa, l’inefficacia dell’ordinanza – ingiunzione e l’estinzione dell’obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria irrogata;

– tale obbligazione, infatti, ai sensi dell’art. 7 della L. n. 689 del 1981, non si trasmette agli eredi, con la conseguente inefficacia dell’adottata ordinanza – ingiunzione e la correlata cessazione della materia del contendere, la cui declaratoria può essere effettuata anche in sede di legittimità, ove il decesso sia documentato ex art. 372 c.p.c. (ex multis, Cass. n. 3505 del 6/02/2023Cass. n. 16747 del 24/05/2022Cass. n. 27650 del 30/10/2018Cass. n. 6737 del 7/04/2016Cass. n. 5880 del 13/03/2007);

– quanto alle spese di lite, la cessazione della materia del contendere conseguente alla morte dell’autore della violazione non dà luogo ad alcuna regolamentazione, poiché non possono essere applicati i principi della soccombenza e della causalità propri della soccombenza virtuale o potenziale in quanto l’erede succede nel processo ma non nel lato passivo del rapporto giuridico sanzionatorio che ne forma l’oggetto sostanziale, sicché trova applicazione l’art. 8, comma 1, del D.P.R. n. 115 del 2002, in base al quale ciascuna parte anticipa e sostiene le proprie (Cass. n. 16747 del 24/05/2022n. 29577 del 22/10/2021).

– In definitiva, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, senza alcuna regolamentazione in ordine alle spese del presente giudizio e senza che trovi, altresì, applicazione la disciplina sull’attestazione delle condizioni per il versamento del raddoppio del contributo, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara cessata la materia del contendere per sopravvenuta estinzione dell’obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria irrogata nei confronti del ricorrente.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione, in data 18 gennaio 2024.


COMMENTO REDAZIONALE –Ai sensi dell’art. 7 Legge 689/1981, l’obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria irrogata mediante ordinanza-ingiunzione non si trasmette in alcun caso agli eredi, in applicazione del principio di personalità della sanzione amministrativa.

Pertanto, la morte dell’autore della presunta violazione comporta sempre e comunque l’inefficacia dell’ordinanza – ingiunzione e l’estinzione dell’obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria.

Il giudizio eventualmente instaurato per l’impugnazione dell’ordinanza – ingiunzione, che irroga la sanzione amministrativa, deve quindi estinguersi per cessazione della materia del contendere.

Tale principio è applicabile anche nel giudizio di legittimità, a condizione che il decesso del presunto autore della violazione sia documentato ai sensi dell’art. 372 c.p.c.

La declaratoria di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, conseguente alla morte dell’autore della violazione, impedisce qualunque statuizione sulle spese di giudizio, non potendo essere applicati i principi della soccombenza e della causalità, propri della soccombenza virtuale o potenziale, in quanto l’erede succede nel processo, ma non nel lato passivo del rapporto giuridico sanzionatorio che ne forma l’oggetto sostanziale.

Pertanto, trova applicazione l’art. 8, comma 1, del D.P.R. n. 115/2002 (Testo unico sulle spese di giustizia), in base al quale ciascuna parte anticipa e sostiene le proprie spese.

Per le medesime ragioni, neppure può farsi luogo all’attestazione delle condizioni per il versamento del raddoppio del contributo, se dovuto.