Cass. civ., sez. V, sent., 07 novembre 2025 n. 29570


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta da:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Relatore

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere

Dott. PENTA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13775/2024 R.G. proposto da:

SGR Spa, rappresentato e difeso dall’Avv. D. S. M. ((Omissis))                                                                              – ricorrente –

contro

COMUNE DI SAVIGNANO SUL PANARO, rappresentato e difeso dall’avvocato Z. M. ((Omissis))   – controricorrente –

nonché contro

Srl UNIPERSONALE                                                                                                                                                       – intimato –

avverso la SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO EMILIA ROMAGNA n. 337/2024 depositata il 12/04/2024.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/05/2025 dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI.

Svolgimento del processo

  1. Con la sentenza indicata in epigrafe è stato rigettato l’appello della società contribuente P. SGR Spa, con conferma della decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso avverso l’ingiunzione di pagamento, per IMU, oltre interessi e sanzioni;
  2. ricorre in Cassazione la contribuente con cinque motivi di ricorso, come integrati da successiva memoria;
  3. Il Comune di Savignano sul Panaro, con le controdeduzioni, integrate anche da memoria, ha chiesto di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso, in quanto infondato;
  4. la Procura Generale della Cassazione, sostituto procuratore generale Stanislao De Matteis, ha depositato conclusioni scritte, ribadite in udienza, per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso o per il rigetto.
  5. La società A. Srl unipersonale è rimasta intimata.
  6. Le parti in udienza si riportano alle loro conclusioni.

Motivi della decisione

  1. Il ricorso risulta infondato e deve respingersi, con la condanna al pagamento delle spese e con il raddoppio del contributo unificato.
  2. Con il primo motivo la ricorrente prospetta la motivazione apparente della sentenza impugnata (violazione degli art. 11, costituzione, 36, D.Lgs. 546/1992, e 132 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.).

In tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost. art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta: “In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d. L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni in concilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali” (Sez. 1 – , Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120 – 01); in tale grave forma di vizio non incorre la sentenza impugnata, laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di appello hanno affrontato tutti i motivi di gravame e motiva in modo tale da evidenziare le ragioni della decisione.

La sentenza in esame affronta il problema della legittimazione di A. Srl, concessionaria del Comune di Savignano sul Panaro, in relazione alla procedura di riscossione di tributi comunali. Inoltre, evidenzia l’assenza di presupposti per l’interruzione del processo per la messa in liquidazione di P. F. Spa

Non sussiste, quindi, nessun vizio radicale della motivazione della sentenza impugnata.

  1. Con il secondo motivo la ricorrente prospetta una violazione di legge, art. 36, quarto comma, e 57, comma 6-bis, D.Lgs. 58 del 1998, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. (violazione dell’autonomia patrimoniale del Fondo comune di investimento).

Per la ricorrente solo il fondo comune di investimento deve rispondere del pagamento dell’IMU sugli immobili; la società di gestione del fondo immobiliare (Il Vignola) non è soggetto passivo dell’imposta, che deve essere pagata dal Fondo immobiliare. Inoltre, dal 27 febbraio 2022 il Fondo veniva sottoposto a procedura di liquidazione giudiziale con sentenza del Tribunale di Milano.

Deve premettersi che l’atto impugnato è l’ingiunzione di pagamento fondata sui precedenti avvisi di accertamento non impugnati, definitivi, come evidenziato dalla sentenza impugnata: “i crediti IMU nei confronti della P. F. Spa sono già definitivi e non più controvertibili”. Con il ricorso in Cassazione non si contesta la definitività degli accertamenti.

Del resto, l’ingiunzione è impugnabile solo per vizi propri, nell’ipotesi di omessa impugnazione dell’avviso di accertamento (Cass. N. 31172/2022 e Cass. Sez. 2, 05/11/2020, n. 24757, Rv. 659668 – 01).

La questione, pertanto, è preclusa.

Tuttavia si deve rilevare – per completezza – che i fondi comuni di investimento sono privi di un’autonoma soggettività giuridica: “I fondi comuni d’investimento (nella specie, fondi immobiliare chiusi), disciplinati nel D.Lgs. n. 58 del 1998, e succ. mod., sono privi di un’autonoma soggettività giuridica, ma costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio; pertanto, in caso di acquisto nell’interesse del fondo, l’immobile che ne è oggetto deve essere intestato alla società promotrice o di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia” (Cass. Sez. 1, 08/05/2019, n. 12062, Rv. 653911 -01; vedi anche Cass. Sez. 2, 18/03/2025, n. 7201, Rv. 673998 – 01).

Come logica conseguenza, la società di gestione è tenuta a pagare l’Imu: “I fondi comuni d’investimento (nella specie, fondi immobiliari chiusi), disciplinati dal D.Lgs. n. 58 del 1998 e succ. mod., non sono soggetti passivi dell’imposta municipale gravante sugli immobili che ne fanno parte, in quanto detti fondi sono privi di un’autonoma soggettività giuridica e costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio, la quale è tenuta al pagamento dell’IMU” (Cass. Sez. 5, 09/03/2023, n. 7116, Rv. 667341 – 01; vedi anche Cass. Sez. 5, 22/12/2024, n. 33895, Rv. 673261 – 01).

  1. Con il terzo ed il quarto motivo la ricorrente prospetta violazione di legge (art. 57, comma 3-bis, D.Lgs. N. 58 del 1988, 83, 91 D.Lgs. 385 del 1993 e 221 D.Lgs. n. 14 del 2019; art. 53 della costituzione, art. 1, comma 734 L. 160/2019, in relazione all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ.).

I motivi si trattano congiuntamente per evidente connessione logica. Gli stessi sono, comunque assorbiti, in particolare il terzo motivo, per quanto detto sul primo motivo di ricorso.

Per completezza deve comunque evidenziarsi che nessuna doppia imposizione sussiste in quanto (è pacifico) risulta solo una ammissione del credito IMU al passivo della procedura concorsuale. Il debito Imu risulta, come visto in precedenza, un obbligo della società di gestione e non del fondo comune di investimento (la questione dell’ammissione al passivo nella procedura concorsuale non riguarda questa controversia; infatti, con l’ammissione al passivo non può ritenersi estinta la relativa obbligazione, fino al pagamento).

Il motivo non risulta inammissibile, come prospettato dalla Procura Generale in quanto nella memoria la ricorrente specifica il relativo motivo, come proposto anche nei giudizi di merito.

  1. Con il quinto motivo la ricorrente prospetta una violazione di legge, in relazione alla mancata interruzione del processo (art. 40, D.Lgs. 546/1992, 157, 300 e 360, n. 1, n. 4, cod. proc. civ.).

La ricorrente evidenzia che il fondo Vignola è stato messo in liquidazione giudiziale e la perdita di capacità di stare in giudizio di una delle parti comportava l’interruzione del processo; la ricorrente era in giudizio solo in quanto gestore del fondo Vignola.

Il motivo è infondato; l’interruzione del processo deve disporsi solo quando la parte processuale è colpita dagli eventi previsti dalla norma; il fondo Vignola, sottoposto a procedura concorsuale, non è parte del giudizio; la parte è solo la contribuente P. SGR Spa.

La stessa è il soggetto passivo dell’imposta IMU per quanto detto nell’analisi del secondo motivo di ricorso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2025.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2025.


COMMENTO REDAZIONALE– La vicenda in esame trae origine dall’impugnazione, da parte di una società di gestione del risparmio, di un’ingiunzione fiscale IMU, fondata su quattro prodromici avvisi di accertamento non impugnati.

La società ricorrente sosteneva la mancanza della propria soggettività passiva ai fini del tributo in questione, in quanto l’IMU sarebbe stata dovuta unicamente dal fondo di investimento, dotato di autonomia patrimoniale.

L’assunto della società contribuente viene ritenuto inammissibile nel rito e, in ogni caso, infondato anche nel merito.

Sotto il primo aspetto, assume rilievo la circostanza che l’ingiunzione di pagamento opposta fosse stata preceduta da quattro avvisi di accertamento divenuti definitivi per mancata tempestiva impugnazione.

Viene quindi ribadito il consolidato principio secondo cui, nell’ipotesi di omessa impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto, l’ingiunzione è impugnabile unicamente per vizi propri. Ciò in quanto l’ingiunzione fiscale segue il mancato pagamento dell’avviso di accertamento e non lo sostituisce: di conseguenza, una volta che l’avviso di accertamento è divenuto definitivo per mancata tempestiva impugnazione, il rapporto giuridico tributario deve considerarsi esaurito e non più contestabile e la successiva ingiunzione fiscale non integra quindi un atto impositivo, ma unicamente un atto liquidatorio (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. VI-5, ord., 24 maggio 2017 n. 13132; Cass. civ., sez. V, ord., 18 aprile 2019 n. 10896; Cass., sez. VI-2, ord., 18 giugno 2020 n. 11794; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 16 febbraio 2021 n. 3952; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 13 gennaio 2022 n. 884 e Cass. civ., sez. V, ord., 21 ottobre 2022 n. 31172).

Pertanto, ogni questione relativa alla debenza del credito deve considerarsi preclusa.

La pronuncia in commento osserva tuttavia come le contestazioni della società contribuente sarebbero risultate infondate anche nel merito.

Infatti, i fondi comuni di investimento (nella specie, fondi immobiliare chiusi), disciplinati nel D.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 e successive modifiche, sono privi di un’autonoma soggettività giuridica e costituiscono unicamente patrimoni separati della società di gestione del risparmio che li gestisce. Pertanto, in caso di acquisto nell’interesse del fondo, l’immobile che ne è oggetto deve essere intestato alla società promotrice o di gestione, la quale ne ha la titolarità formale, è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia e, di conseguenza, è altresì tenuta a pagare l’IMU (si vedano, in senso conforme, Cass. civ., sez. V, ord., 09 marzo 2023 n. 7116; Cass. civ., sez. V, ord., 22 dicembre 2024 n. 33895 e Cass. civ., sez. V, ord., 20 ottobre 2025 n. 27854, quest’ultima già commentata su questa Rivista).