Cass. civ., sez. V, sent., 21 marzo 2024 n. 7665
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere – Rel.
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere
Dott. CANDIA Ugo – Consigliere
Dott. DI PISA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28116/2016 R.G. proposto da:
@1Ti@ di B.B. & C Sas, elettivamente domiciliato in ROMA LARGO DELLA GANCIA, 1, presso lo studio dell’avvocato O.F. (Omissis) che lo rappresenta e difende – ricorrente –
contro
Ama Spa, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CALDERON DE LA BARCA, 87C/OAMA, presso lo studio dell’avvocato S.S. (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato L. F. (Omissis) – contro ricorrente –
avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. ROMA n. 2384/2016 depositata il 27/04/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere GIACOMO MARIA STALLA.
udito il Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Uditi i difensori delle parti presenti.
Svolgimento del processo
- @1Ti@ Sas propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, in parziale accoglimento dell’appello di AMA, ha ritenuto legittimo (salva la riduzione tariffaria del 60%, ai sensi dell’articolo 12, comma 5°, del Regolamento Tari del Comune di Roma n. 56 del 2010) l’avviso di accertamento da AMA notificatole per Tarsu – Tari dal 2006 al 2011. Ciò con riguardo all’esercizio commerciale (abbigliamento – pelletteria) da @1Ti@ gestito all’interno del porto turistico di Roma (Ostia Lido) dato in concessione ad ATI Roma Spa, e poi alla Porto Turistico di Roma Srl.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:
– AMA aveva legittimazione a pretendere il pagamento della tassa rifiuti sull’area in questione, dal momento che tale legittimazione poteva venire meno soltanto in presenza di specifici accordi tra l’autorità marittima e gli enti impositori di riferimento che escludessero la competenza in materia del Comune di Roma (e quindi di AMA);
– nella specie sussisteva in effetti un “Piano di raccolta dei rifiuti” approvato dalla competente autorità, il quale specificava (Capitolo III) che non rientravano nella disciplina convenzionale i rifiuti derivanti dallo spazzamento delle strade e dalle aree pubbliche interne all’area portuale, così che da esso doveva desumersi che l’esclusione della competenza comunale (AMA) concerneva esclusivamente i rifiuti prodotti dalle unità di diporto e non anche quelli degli esercizi commerciali interni all’area;
– sulla base dell’ordinanza n. 24 del 2009, di approvazione del Piano raccolta dei rifiuti prodotti dalle unità di diporto, discendeva dunque che AMA mantenesse la legittimazione a pretendere la tassa rifiuti sugli esercizi commerciali siti nel porto turistico, in quanto ricompresi nel regime di privativa comunale;
– tuttavia, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti all’interno dell’area portuale non era stato, negli anni in questione, svolto da AMA, bensì da imprese private contrattualmente legate alla società concessionaria di gestione del porto;
– da ciò derivava che:”in conclusione, tenuto conto della citata delibera n. 24 del 2009 e sussistendo le condizioni previste dall’articolo 5 della deliberazione n. 56 del 2010 del Comune di Roma (e dall’articolo 5, comma 5°, decreto legislativo n. 182 del 2003) per escludere l’obbligo del conferimento dei rifiuti in regime di privativa comunale e, quindi, il pagamento della relativa tariffa, la stessa tariffa (come per gli oneri accessori e le sanzioni) deve essere ridotta del 60% ai sensi dell’articolo 12, comma 5° del Regolamento Tari del Comune di Roma n. 56 del 2010 in quanto il servizio, per quanto istituito ed attivato, non risulta essere svolto da Ama”.
Resiste con controricorso AMA.
Motivi della decisione
2.1 Con il primo motivo di ricorso @1Ti@ Sas lamenta – ex art.360, co. n.4, cod. proc. civ. – nullità della sentenza per violazione dell’obbligo motivazionale ex articolo 132 cod. proc. civ. “dato il carattere apparente della motivazione”.
Ciò perché la Commissione Tributaria Regionale aveva, dapprima riconosciuto la natura demaniale dell’area portuale di competenza statale con conseguente sottrazione della medesima al generale obbligo di conferimento dei rifiuti in regime di comunale (con conseguente mancato espletamento del servizio da parte di AMA), salvo poi inspiegabilmente affermare la legittimazione attiva di quest’ultima e del Comune di Roma, seppure con l’indicata riduzione tariffaria.
2.2 Il motivo è infondato.
Va premesso che il vizio denunciato deve essere valutato alla luce della disciplina dell’ art.360, co. n. 5 cod. proc. civ., come introdotta dal d.l. 83/12 convertito con modificazioni nella legge 134/12; disciplina in base alla quale la sentenza può oggi essere impugnata, in sede di legittimità, non più per “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia” (previgente formulazione del n. 5 dell’articolo 360 in esame), bensì nei ben più ristretti limiti dell’ “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
In ordine a tale nuova formulazione – applicabile anche al ricorso per cassazione proposto avverso sentenze del giudice tributario – si è affermato (Cass. Sez. U, n. 8053 – 8054 del 07/04/2014) che: “la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (così, in seguito, Cass. n. 12928/14; Cass. ord. n. 21257/14; Cass. 2498/15 ed innumerevoli altre).
Ciò premesso, non si ritiene che la sentenza in oggetto sia nulla per sostanziale assenza di motivazione, sub specie di insanabile ed inconciliabile sua contraddizione interna.
Valutata nel suo complesso, la motivazione in esame espone una ragione decisoria chiara ed univoca, insita nel fatto che, pur a fronte della natura demaniale dell’area, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti in quest’ultimo rientrava nel regime generale di privativa comunale.
La Commissione Tributaria Regionale si fa carico dell’adozione del menzionato piano di raccolta rifiuti e, segnatamente, di quanto in esso stabilito al Capitolo III, per giungere poi alla conclusione – sufficientemente chiara ed in linea con il decisum – nel senso che tale piano di raccolta concerneva esclusivamente i rifiuti prodotti dalle unità di diporto, in modo tale da, esso stesso, puntualizzare “la titolarità del potere impositivo comunale (AMA) in tema di tariffa dei rifiuti urbani esclusi dal suo ambito di operatività” e, dunque, (nell’interpretazione datane dal collegio regionale), la permanenza del regime di privativa per i rifiuti di origine commerciale, cioè non derivanti dalle unità di diporto ormeggiate.
Su questa premessa concettuale si rende evidente che la, pur contorta, affermazione contenuta nell’ultimo periodo della parte motiva della sentenza, deve essere riferita alla circostanza che l’obbligo del conferimento dei rifiuti in regime di privativa comunale andava appunto escluso per i soli rifiuti contemplati dal piano di raccolta e, dunque, per i soli rifiuti di origine diportista; da qui l’affermazione della legittimazione AMA in ordine alla raccolta dei rifiuti invece rivenienti dalle unità commerciali operanti nell’area portuale, anche se nella rilevata riduzione di tariffa.
Non si verte, in definitiva, di un dissidio logico e giuridico interno insanabile e tale da rendere incomprensibile il ragionamento seguito dal giudice territoriale, invece riconducibile – nei termini indicati – a complessiva compattezza e coerenza interna.
3.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art.360, co. n.4, cod. proc. civ. – nullità della sentenza per violazione degli articoli 57 D.Lgs. 546/92 e 345 cod. proc. civ. Per avere la Commissione Tributaria Regionale dato ingresso e fondato la propria decisione su eccezioni (la permanenza del regime di privativa comunale sull’area portuale; l’estraneità dei rifiuti diversi da quelli prodotti dalle unità di diporto rispetto al menzionato “piano di raccolta”) che dovevano considerarsi inammissibili perché nuove, in quanto opposte da AMA – rimasta contumace in primo grado – per la prima volta in appello.
3.2 Il motivo è destituito di fondamento.
Ricorre in proposito il costante indirizzo secondo cui: “in tema di contenzioso tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall’art. 57, comma secondo, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, riguarda l’eccezione in senso tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o estintiva della pretesa fiscale, ma non limita la possibilità dell’Amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio, perché le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta, eccezione in senso tecnico” (Cass. n. 14486/13, così Cass. n. 3338/11 e numerose altre).
Con pari fermezza si è stabilito (Cass. n.17921/21; Cass. n. 29568/18 ed altre) anche il principio per cui, nella peculiarità sul punto del rito tributario rispetto a quello civile ordinario: “ai sensi dell’art. 58, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, la parte può produrre in appello prove documentali, anche se preesistenti al giudizio di primo grado e pure se, in quest’ultimo giudizio, era rimasta contumace”.
Ora, nel caso di specie è dirimente osservare come – secondo quanto riferito dalla stessa parte ricorrente nell’esposizione della presente doglianza – AMA si fosse costituita in appello per svolgere mere argomentazioni difensive, e non eccezioni in senso tecnico.
Ciò perché essa fondò il proprio atto di gravame su una diversa interpretazione del dato legislativo e del piano di raccolta dell’autorità portuale, così da contrastare l’interpretazione che invece di questi elementi era stata resa dalla Commissione Tributaria Provinciale.
Va dunque qui riscontrato come si vertesse essenzialmente di argomentativamente sollecitare ed indirizzare, nella direzione voluta, l’attività di applicazione ed interpretazione normativa da parte del giudice – costituente il proprium della giurisdizione – sulla base appunto di considerazioni di natura essenzialmente tecnico – giuridica, come tali di certo non precluse dal divieto di novità in appello, riferibile – come detto – alle eccezioni in senso stretto e non rilevabili d’ufficio. Né risulta che la Commissione Tributaria Regionale, nell’accogliere l’appello di AMA, si sia basata (oltre che sulla condivisione della ricostruzione normativa così proposta dalla parte appellante) sulla prima deduzione in giudizio di fatti materiali nuovi e rilevanti, avendo anzi essa reso la propria decisione in un contesto istruttorio e fattuale sostanzialmente immutato rispetto al primo grado.
4.1 Con il terzo motivo di ricorso si lamenta – ex art.360, co. n.3, cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 5, comma 4°, decreto legislativo n. 182 del 2003 e 10 del Regolamento Tari del Comune di Roma.
Per avere la Commissione Tributaria Regionale (contraddittoriamente) affermato la legittimità dell’avviso di accertamento in questione, senza considerare che:
– l’articolo 10 del Regolamento Tari del Comune di Roma, approvato con delibera consiliare n. 56 del luglio 2010, escludeva espressamente
dalla Tari i locali e le aree prive dell’obbligo di ordinario conferimento dei rifiuti in regime di privativa comunale “a causa di norme legislative o regolamentari”;
– nel caso di specie, l’esenzione derivava dal fatto che per il porto turistico di Roma era stato adottato, ex articolo 5 comma 4° decreto legislativo n. 182 del 2003, il Piano di raccolta dei rifiuti (allegato sub n.3) al ricorso); Piano elaborato dalla Capitaneria di Porto e da questa approvato con deliberazione n. 24 del 2009 previa intesa con la Regione Lazio, come da delibera di ratifica del Presidente della Regione n. 345 del aprile 2009;
– il Piano di raccolta dei rifiuti così adottato (anche successivamente richiamato dalla Regione Lazio, come da deliberazione della Giunta n. 867 del 2014) non riguardava soltanto i rifiuti delle unità di diporto, ma anche quelli rinvenienti dalle unità commerciali operanti all’interno dell’area portuale, come desumibile dalla puntuale previsione in esso, quale oggetto di esclusione dalla privativa comunale, anche dei rifiuti denominati “garbage”, ivi classificati con i relativi codici CER (carta e cartone, vetro, imballaggi misti, rifiuti di cucine e mense, plastica, metallo);
– si verteva dunque di piena assimilazione quali – quantitativa ai rifiuti diportistici (esonerati dalla privativa) dei rifiuti urbani non speciali né pericolosi.
4.2 Il motivo è infondato.
Va in proposito richiamato il consolidato indirizzo di questa corte di legittimità (tra le altre, Cass. nn. 23583/09, 10104/12, 31058/18, 17030/21, 17092/21, 34251/21, 5667/23) in base al quale: “Nell’ambito dell’area portuale, intesa come spazio territoriale nel quale svolge i suoi compiti l’Autorità portuale, l’attività di gestione dei rifiuti appartiene alla competenza di quest’ultima, che non si limita al servizio di pulizia all’interno del porto, ma è tenuta, ai sensi dell’art. 62, comma 5, del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dell’art. 21, comma 8, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e dell’art. 6, comma 1, lett. c), della legge 28 febbraio 1994, n. 84, ad attivare il relativo servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti fino alla discarica. Ne consegue che, in relazione a detta attività, deve escludersi la competenza dei Comuni, che sono pertanto privi di ogni potere impositivo ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non essendo detto potere configurabile in favore di un soggetto diverso da quello che espleta il servizio” (Cass. n. 23583/09 cit., successivamente più volte ribadita).
Da ciò si evince che, in tanto il regime ordinario e generale di privativa comunale Tarsu può essere superato, in quanto risulti istituita nell’area di interesse un’autorità portuale (artt. 2 co. 2° e 6 legge 84/1994), come tale investita ex lege dalla competenza in materia di rifiuti; per contro, nessuna competenza di questo tipo e, pertanto, nessuna deroga dal suddetto regime di privativa, può affermarsi in presenza di sola autorità marittima (art.2 co. 3, 14 legge 84/1994 ed art. 16 cod. nav.).
Più in particolare, si è ancora recentemente stabilito (Cass. n. 5667/23 cit.) che: “nelle aree portuali per le quali non sia stata istituita l’Autorità portuale ai sensi dell’art. 6, commi 1 e 8, della l. n. 84 del 1994, l’attività di gestione dei rifiuti ivi prodotti rientra nella competenza dei Comuni, ai quali, pertanto, è riservato il potere impositivo ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani; ne consegue che nessuna competenza al riguardo (neppure in via suppletiva) può riconoscersi all’Autorità marittima, alla quale è riservato soltanto il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui dei carichi navali, a norma degli artt. 8 e 10 del D.Lgs. n. 182 del 2003“.
Si è anche affermato (Cass. n.5568/23) che: “In tema di raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti in area portuale, va esclusa la privativa del Comune e il correlato diritto al pagamento del tributo nel caso in cui tale attività rientri nella competenza esclusiva dell’Autorità portuale, mentre la competenza comunale permane per la gestione dei rifiuti nello spazio territoriale in cui svolge i suoi compiti l’Autorità marittima.”
I passaggi fondamentali di questo indirizzo possono così riassumersi:
– nell’ambito dell’area portuale, intesa come spazio territoriale nel quale svolge i suoi compiti l’Autorità portuale, l’attività di gestione dei rifiuti appartiene alla competenza di quest’ultima, che non si limita al servizio di pulizia all’interno del porto, ma è tenuta, ai sensi dell’art. 62, comma 5, del D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507, dell’art. 21, comma 8, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, e dell’art. 6, comma 1, lett. c, della Legge 28 febbraio 1994 n. 84, ad attivare il relativo servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti fino alla discarica;
– in relazione a detta attività, deve conseguentemente escludersi la competenza dei Comuni, che sono pertanto privi di ogni potere impositivo ai fini della TARSU, non essendo detto potere configurabile in favore di un soggetto diverso da quello che espleta il servizio, e ciò quand’anche il servizio sia stato di fatto prestato dall’amministrazione comunale;
– nel senso indicato depongono le seguenti fonti normative: – l’art. 62, comma 5, comma 5, del D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507, che dichiara “esclusi dalla tassa i locali e le aree scoperte per i quali non sussiste l’obbligo dell’ordinario conferimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati in regime di privativa comunale per effetto di norme legislative o regolamentari, di ordinanze in materia sanitaria, ambientale o di protezione civile ovvero di accordi internazionali riguardanti organi di Stati esteri”; – l’art. 21, comma 8, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, che, nel disciplinare le competenze dei Comuni in materia di rifiuti solidi urbani, dichiara che: “Sono fatte salve le disposizioni di cui all’art. 6, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e relativi decreti attuativi”; – l’art. 6, comma 1, lett. c, della Legge 28 febbraio 1994 n. 84, che istituisce le Autorità Portuali nei principali porti nazionali, con il compito, tra l’altro, di “affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle operazioni portuali di cui all’art. 16, individuati con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione (…)”; – l’art. 1 del D.M. 14 novembre 1994, che precisa: “I servizi di interesse generale nei porti, di cui all’art. 6, comma 1, lettera c), della legge 28 gennaio 1994, n. 84, da fornire a titolo oneroso all’utenza portuale sono così identificati: (…) B) Servizi di pulizia e raccolta rifiuti. Pulizia, raccolta dei rifiuti e sversamento a discarica relativa agli spazi, ai locali e alle infrastrutture comuni e presso i soggetti terzi (concessionari, utenti, imprese portuali, navi). Derattizzazione, disinfestazione e simili. Gestione della rete fognaria. Pulizia e disinquinamento degli specchi acquei portuali”;
– in caso di mancata istituzione dell’Autorità portuale, non si ravvisa alcuna competenza suppletiva dell’Autorità marittima (investita di competenze amministrative su operazioni e servizi portuali, ovvero su concessioni demaniali di spazi e banchine: artt. 16 e 18 l. 84/1994) in materia di tassazione dei rifiuti solidi urbani prodotti nell’ambito portuale, che resta quindi per regola generale riservata in regime di privativa al Comune interessato;
– rientra invece nella competenza dell’Autorità portuale o, in mancanza, dell’Autorità marittima, il diverso servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui dei carichi navali, servizio per il quale il Comune non ha, in effetti, alcuna potestà impositiva a norma degli artt. 8 e 10 del D.Lgs. 24 giugno 2003 n. 182 (in attuazione della Direttiva n. 2000/59/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 27 novembre 2000 in materia di impianti portuali di raccolta per i rifiuti delle navi e residui del carico) (v. Cass., Sez. 6°-5, 26 gennaio 2022, n. 2242).
Orbene, venendo al caso di specie, si osserva – con riguardo alla situazione ratione temporis vigente – che l’art. 6, comma 1, della Legge 28 gennaio 1994 n. 84 ha istituito le Autorità portuali nei porti di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo, Ravenna, Savoia, Taranto, Trieste e Venezia. Successivamente sono state istituite le Autorità portuali di Piombino (D.P.R. 20 marzo 1996), Gioia Tauro (D.P.R. 16 luglio 1998), Salerno (D.P.R. 23 giugno 2000), Olbia e Golfo degli Aranci (D.P.R. 29 dicembre 2000), Augusta (D.P.R. 12 aprile 2001), Trapani (D.P.R. 2 aprile 2003) e Manfredonia (art. 4, comma 65, della Legge 24 dicembre 2003 n. 350).
Come è evidente, tale elenco non contempla il porto (turistico) di Ostia – Lido, presso il quale c’è solo una delegazione di spiaggia facente capo alla Capitaneria di Porto sedente in Fiumicino (autorità marittima, non portuale).
Ne consegue che in difetto di Autorità portuale (ed in difetto di competenza suppletiva dell’autorità marittima) non si era, quindi, verificata la condizione di esclusione del potere impositivo generale da parte del Comune di Roma attraverso AMA.
È evidentemente sulla base di questo contesto normativo, come su ricostruito ed interpretato da questa Corte di legittimità, che deve essere apprezzato il Piano Raccolta dei rifiuti dedotto in giudizio, siccome: – adottato dalla Capitaneria di Porto (dunque da un’autorità priva, per le indicate ragioni, di competenza in materia di rifiuti portuali di origine commerciale); – avente la precipua finalità di evitare gli scarichi in mare dei rifiuti dei natanti secondo la Dir. 2000/59/CE, come attuata dal D.Lgs. 182/03 art. 5.4; – idoneo a convenzionalmente disciplinare solo quei rifiuti (da esso definiti “garbage”) assimilati a quelli di origine “commerciale” con i relativi codici, ma pur sempre originati dalle singole “unità”, cioè dai singoli natanti ormeggiati; – di rango disciplinare subvalente rispetto al compendio normativo su richiamato.
- Ne segue il rigetto del ricorso.
Le spese di lite vengono compensate in ragione del sopravvenire al ricorso del su riportato indirizzo interpretativo.
P.Q.M.
La Corte
– rigetta il ricorso;
– compensa le spese;
– v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data 28 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2024.
COMMENTO – La pronuncia in commento ribadisce le differenti conseguenze, sulla privativa comunale in materia di gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, che derivano dall’istituzione, sull’area di interesse, di una vera e propria Autorità portuale (o Autorità di Sistema Portuale) oppure di una semplice Autorità marittima.
Qualora sia istituita un’Autorità portuale o un’Autorità di Sistema Portuale, solo quest’ultima è tenuta ad attivare il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti fino alla discarica.
Ne consegue, per esclusione, che la predetta attività è completamente sottratta alla competenza dei Comuni, che normalmente agiscono invece in questo ambito in regime di privativa.
Per tale motivo, in caso di istituzione sull’area in questione di un’Autorità portuale o (a decorrere dall’entrata in vigore dell’art. 7, comma 1, D.lgs. 04 agosto 2016 n. 169, che ha interamente “riscritto” l’art. 6 Legge 28 gennaio 1994 n. 84) di un’Autorità di Sistema Portuale, i Comuni sono privi di ogni potere impositivo. Quest’ultimo infatti, in presenza di un prelievo qualificabile come tassa (quale pacificamente è quella sui rifiuti, nelle varie denominazioni susseguitesi nel tempo), non può competere ad un soggetto diverso da quello che espleta il servizio.
Pertanto, in conclusione, la competenza delle Autorità portuali o delle Autorità di Sistema Portuale in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti si pone in totale e completa alternativa rispetto a quella dei Comuni.
In tal senso appaiono significative le disposizioni di cui all’art. 62, comma 5, D.lgs. 507/1993, che esclude dalla tassa le situazioni sottratte al regime di privativa comunale, e di cui all’art. 21 D.lgs. 22/1997 che, nell’indicare le competenze dei Comuni in materia, mantiene ferme le competenze attribuite alle Autorità portuali, oggi divenute Autorità di Sistema Portuale.
Ai fini della sussistenza dell’obbligazione tributaria, non può neppure essere attribuito rilievo alla circostanza che il Comune abbia svolto “di fatto” il servizio di gestione dei rifiuti, poiché il potere impositivo deve trovare la propria fonte necessariamente nella legge e non può, pertanto, rinvenirsi in ragione dello svolgimento di una mera attività di fatto da parte di un soggetto a cui la legge stessa non assegna la relativa competenza funzionale (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 06 novembre 2009 n. 23583; Cass., sez. VI-5, 19 giugno 2012 n. 10104; Cass. civ., sez. VI-5, 16 giugno 2021 n. 17092; Cass. civ., sez. VI-5, 15 novembre 2021 n. 34251 e Cass., sez. VI-5, 26 gennaio 2022 n. 2242).
Neppure rileva, in senso contrario, la questione procedurale relativa al difetto di piena ed integrale operatività in concreto delle Autorità di Sistema Portuale (cd. “ADSP”), nonostante la loro avvenuta formale istituzione.
La norma che ha istituito le Autorità di Sistema Portuale è infatti entrata immediatamente in vigore, senza alcun differimento di operatività conseguente alla mancata conclusione del procedimento di delimitazione delle rispettive aree demaniali (si veda, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 19 gennaio 2024 n. 2058).
Pertanto, in conclusione, la circostanza che sull’area in questione sia stata istituita un’Autorità Portuale o un’Autorità di Sistema Portuale esclude in radice qualsiasi competenza del Comune in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché qualsiasi potestà impositiva dello stesso.
Diversamente, in caso di mancata istituzione dell’Autorità portuale, non sussiste alcuna competenza suppletiva in materia di gestione e raccolta dei rifiuti da parte dell’Autorità marittima.
Quest’ultima è investita di competenze amministrative su operazioni e servizi portuali, ovvero su concessioni demaniali di spazi e banchine (artt. 16 e 18 Legge 28 gennaio 1994 n. 84).
Rientra inoltre nella competenza dell’Autorità portuale o, in mancanza, dell’Autorità marittima, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui dei carichi navali, servizio sul quale il Comune non ha alcuna potestà impositiva, a norma degli artt. 8 e 10 D.Lgs. 24 giugno 2003 n. 182.
L’Autorità marittima non è invece dotata di alcuna competenza in materia di tassazione dei rifiuti solidi urbani prodotti nell’ambito portuale, che resta quindi, secondo la “regola” generale, riservata in regime di privativa al Comune.
In applicazione di tale principio, dal momento che nel porto turistico di Ostia – Lido non risultava istituita ratione temporis un’Autorità portuale, ma solo un’Autorità marittima (i.e.: delegazione di spiaggia facente capo alla Capitaneria di Porto sedente in Fiumicino), non si era verificata la condizione di esclusione del potere impositivo generale da parte del Comune di Roma, attraverso la propria Concessionaria AMA.
Viene quindi respinto il ricorso per Cassazione proposto dalla società contribuente, con conferma della legittimità dell’avviso di accertamento emesso da AMA per TARSU – TARI relativa alle annualità dal 2006 al 2011, stanti la mancata istituzione nell’area in questione di un’Autorità portuale e il difetto di competenza suppletiva dell’Autorità marittima.
Dott.ssa Cecilia Domenichini
Unicusano-Roma