Cass. pen., sez. I, (21 febbraio 2024) 09 aprile 2024 n. 14670


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta da:

Dott. ROCCHI Giacomo – Presidente –

Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere

Dott. MASI Paola – Relatore –

Dott. CURAMI Micaela Serena – Consigliere

Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A. nato il Omissis

avverso l’ordinanza del 25/05/2023 del GIP TRIBUNALE di VASTO

udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA MASI;

lette le conclusioni del Procuratore generale, nella persona del sostituto Paola Filippi, che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

  1. Con ordinanza emessa in data 25 maggio 2023 il Tribunale di Vasto, quale giudice dell’esecuzione, ha revocato la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità applicata ad A.A. con la sentenza emessa in data 05 aprile 2016 dal giudice per le indagini preliminari di Vasto, divenuta irrevocabile in data 16 aprile 2019, di condanna per il reato di cui all’art. 186codice della strada.

Il giudice ha rilevato che, secondo la nota depositata dall’UEPE di Pescara in data 30 gennaio 2023, il A.A. non aveva mai svolto il lavoro di pubblica utilità così disposto, senza fornire alcuna giustificazione; ha pertanto revocato tale sanzione sostitutiva, ripristinando le sanzioni irrogate.

  1. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso A.A., per mezzo del suo difensore avv. Alessandro Orlando, articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod.proc.pen. in relazione all’art. 186, comma 9-bis, codice della strada.

L’ordinanza impugnata è errata, perché l’autorità giudiziaria non ha dato impulso alla esecuzione della sanzione sostitutiva, e il ricorrente non ha mai ricevuto alcun invito a svolgere il lavoro sostitutivo. L’UEPE ha asserito, nella sua nota, di non essere riuscito a prendere contatto con il condannato, ma tutte le notificazioni relative al processo penale sono state a lui validamente effettuate, e si ignora con quali modalità l’UEPE abbia compiuto ì suoi tentativi di contatto. Peraltro l’UEPE, se realmente avesse incontrato difficoltà, avrebbe potuto incaricare le forze di polizia di rintracciare l’interessato, o contattare il suo legale di fiducia. Inoltre, non risulta che l’UEPE abbia fissato un termine per l’inizio del lavoro, per cui deve applicarsi la giurisprudenza di legittimità secondo cui, in mancanza di tale fissazione, il condannato non è tenuto ad avviare il relativo procedimento.

  1. Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi inammissibilità del ricorso, per genericità e manifesta infondatezza.

Motivi della decisione

  1. Il ricorso è fondato, nei termini sotto precisati, e deve essere accolto.
  2. La sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, prevista dall’art. 186, comma 9-bis, D.Lgs. n. 285/1992, è disposta dal giudice della cognizione, che può indicare nella sentenza anche le specifiche modalità di svolgimento dell’attività alternativa, e la sua esecuzione è demandata all’UEPE, a cui spetta la verifica del corretto svolgimento di tale attività ma anche, se necessario, la determinazione delle sue modalità esecutive, a partire dall’ente presso cui svolgerla.

Questa Corte ha, però, stabilito che “In tema di guida in stato di ebbrezza, ove sia stata operata la sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilità, è onere dell’autorità giudiziaria – e non del condannato – l’avvio del procedimento finalizzato allo svolgimento dell’attività lavorativa individuata. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che aveva revocato la sanzione sostitutiva sulla base della sola inerzia del condannato senza verificare se il pubblico ministero avesse avviato la fase esecutiva con la notifica all’interessato dell’ordine di esecuzione e la contestuale ingiunzione ad attenersi a quanto prescritto in sentenza)” (Sez. 1, n. 15861 del 17/09/2020, dep. 2021, Rv. 281189; Sei:. 1, n. 7172 del 13/01/2016, Rv. 266618). La ragione di tale decisione è che, proprio per consentire all’UEPE di svolgere la sua attività di controllo e verifica, esso deve essere informato sia dell’inizio dell’esecuzione della sanzione sostitutiva, sia delle sue concrete modalità, ed il condannato non è, pertanto, tenuto ad iniziare direttamente tale esecuzione senza l’impulso dell’autorità, bensì è onere dell’UEPE convocare l’interessato e concordare con lui, e con l’ente di riferimento, lo svolgimento del lavoro. La correttezza di tale argomentazione è dimostrata dalla concreta configurazione di questa particolare misura alternativa, che demanda al giudice della cognizione il potere di comminarla, e di determinarne le modalità esecutive, senza alcun onere in capo al condannato, che può anche astenersi dal richiederla (dovendo solo non opporsi ad essa), e non è comunque tenuto ad indicare l’ente o la struttura presso cui svolgerla. E’ pertanto irrilevante il fatto che il giudice avesse già stabilito le modalità di svolgimento del lavoro sostitutivo, avendo egli esercitato il potere conferitogli dalla norma, che non incide, però, sugli oneri che possono essere attribuiti al condannato.

Non può pertanto, in assenza di una disposizione normativa, essere attribuito al condannato l’onere di dare inizio all’esecuzione della sentenza, anche perché tale onere contrasterebbe con l’iter procedurale che il codice di rito stabilisce per la fase esecutiva di ogni provvedimento di condanna, che ha sempre inizio dietro impulso del pubblico ministero, e quindi dell’autorità giudiziaria. E’, infatti, il pubblico ministero che, ai sensi dell’art. 655 cod.proc.pen., cura l’esecuzione dei provvedimenti di condanna, ed è il pubblico ministero che, ai sensi dell’art. 5 del decreto del Ministero della Giustizia del 26 marzo 2001 (che ha stabilito le norme per determinare le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità applicato in base al D.Lgs. n. 274/2000), ha il compito di eseguire la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.

  1. Il giudice dell’esecuzione non può, pertanto, valutare come inottemperante il comportamento del soggetto condannato alla pena sostitutiva, ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, del codice della strada, solo sulla base del suo mancato attivarsi per dare inizio al lavoro sostitutivo, equivalendo tale decisione all’attribuzione, a suo carico, di un onere insussistente. Il giudice avrebbe dovuto verificare se alla sentenza di condanna fosse stata data esecuzione, dal pubblico ministero o dallo stesso UEPE, convocando il condannato e determinando in concreto la data di inizio del lavoro sostitutivo, e le modalità del suo svolgimento.

Il ricorrente sostiene di non avere mai ricevuto alcuna convocazione, né alcun provvedimento che stabilisse l’inizio dell’esecuzione della sanzione sostitutiva, e nel provvedimento impugnato non è indicato quali accertamenti siano stati svolti dal giudice per verificare in quali modi e con quali atti si sia dato impulso, da parte dell’autorità, all’esecuzione della condanna in questione. Risulta, pertanto, che tale sanzione sia stata revocata solo a seguito della presunta inerzia del condannato, che non è però rilevante, né può giustificare tale revoca, non incombendo sullo stesso l’onere di dare avvio al procedimento esecutivo.

  1. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vasto per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vasto.

Così deciso il 21 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2024.


COMMENTO REDAZIONALE – La vicenda in commento prende l’avvio dall’impugnazione dell’ordinanza del Giudice dell’esecuzione, che aveva revocato la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, irrogata dal Giudice per le indagini preliminari ad un condannato per guida in stato di ebbrezza, ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, Codice della Strada.

A fondamento della revoca, veniva posta la constatazione che il condannato non aveva mai neppure iniziato a prestare il lavoro di pubblica utilità, senza addurre alcuna ragione giustificativa: da ciò doveva conseguire la revoca della pena sostitutiva e l’applicazione della pena principale.

La predetta ordinanza viene tuttavia annullata, in applicazione del principio (già in precedenza affermato dalla giurisprudenza di legittimità) secondo cui non è onere del condannato, bensì dell’Autorità giudiziaria, avviare il procedimento finalizzato allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità.

In assenza di una disposizione normativa, non può essere addossato al condannato l’onere di dare inizio all’esecuzione della sentenza, anche perché tale onere contrasterebbe con l‘iter procedurale che il Codice di procedura penale stabilisce per la fase esecutiva di ogni provvedimento di condanna, che ha sempre inizio dietro impulso del Pubblico Ministero, e quindi dell’Autorità giudiziaria.

Non rileva, in senso contrario, il fatto che il giudice della cognizione avesse già stabilito le modalità di svolgimento del lavoro sostitutivo, avendo egli esercitato il potere conferitogli dalla norma, che non incide, però, sugli oneri che possono essere attribuiti al condannato.

In conclusione, non può essere valutato come inottemperante il comportamento del soggetto condannato alla pena sostitutiva, ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, Codice della Strada, solo sulla base della sua mancata attivazione per dare inizio al lavoro sostitutivo, poiché ciò equivarrebbe all’attribuzione, a suo carico, di un onere insussistente. 

Prima di procedere alla revoca della pena sostitutiva, il giudice dell’esecuzione avrebbe quindi dovuto verificare se alla sentenza di condanna fosse stata data esecuzione da parte del Pubblico Ministero o, quanto meno, del cd. “Ufficio per l’esecuzione penale esterna” (U.E.P.E.), che avrebbe dovuto convocare il condannato e determinare in concreto la data di inizio del lavoro sostitutivo e le modalità del suo svolgimento.

In mancanza di ciò, l’ordinanza di revoca della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità risulta illegittima e viene pertanto revocata.