Il soggetto attivo dell’IMU (così come disciplinata dalla Legge 27 dicembre 2019 n. 160) è il Comune con riferimento agli immobili la cui superficie insiste, interamente o prevalentemente, sul territorio del Comune stesso.

L’imposta non si applica agli immobili di cui il Comune è proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento, quando la loro superficie insiste interamente o prevalentemente sul suo territorio.

In caso di variazioni delle circoscrizioni territoriali dei Comuni, si considera soggetto attivo il Comune nell’ambito del cui territorio risultano ubicati gli immobili al 1° gennaio dell’anno cui l’imposta si riferisce.

I soggetti passivi dell’imposta sono i possessori di immobili, intendendosi per tali il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi.

E’ inoltre soggetto passivo di imposta il genitore assegnatario della casa familiare a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì (ai soli fini dell’imposta) il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario dei figli.

Nel caso di concessione di aree demaniali, il soggetto passivo è il concessionario.

Per gli immobili (anche da costruire o in corso di costruzione) concessi in locazione finanziaria, il soggetto passivo è il locatario, a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

In presenza di più soggetti passivi con riferimento ad un unico immobile, ognuno è titolare di un’autonoma obbligazione tributaria; nell’applicazione dell’imposta si tiene conto degli elementi soggettivi ed oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso, anche nei casi di applicazione delle esenzioni o delle agevolazioni.

E’ riservato allo Stato il gettito dell’IMU derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota dello 0,76%. Tale riserva non si applica agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D posseduti dai Comuni e che insistono sul rispettivo territorio.

Le attività di accertamento e riscossione relative agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D sono svolte dai Comuni, ai quali spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

La base imponibile dell’imposta è costituita dal valore degli immobili.

Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione e rivalutate al 5% ai sensi dell’art. 3, comma 48, Legge 23 dicembre 1996 n. 662, i seguenti moltiplicatori:

  1. 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;
  2. 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;
  3. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;
  4. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;
  5. 65 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;
  6. 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

Le variazioni della rendita catastale intervenute in corso d’anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori o, se antecedente, dalla data di utilizzo.

Sono inoltre previste particolari modalità di calcolo della base imponibile per gli immobili non iscritti in catasto.

La base imponibile è ridotta del 50%:

  1. per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all’art. 10 D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (cd. Codice dei beni culturali e del paesaggio);
  2. per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del Testo unico di cui al DPR 28 dicembre 2000 n. 445, che attesti la dichiarazione di inagibilità o inabitabilità del fabbricato da parte di un tecnico abilitato. Ai fini dell’applicazione di tale riduzione, i Comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione;
  3. per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che il contratto sia registrato e che il comodante possieda una sola abitazione in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato. Il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante, oltre all’immobile concesso in comodato, possieda nello stesso Comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. In caso di morte del comodatario, il beneficio si estende al coniuge di quest’ultimo in presenza di figli minori.

I commi 748-755 disciplinano l’aliquota dell’imposta, prevedendo che:

  • l’aliquota di base per l’abitazione principale classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 e per le relative pertinenze è pari allo 0,5 per cento, con facoltà per il Comune, con deliberazione del Consiglio comunale, di aumentarla di 0,1 punti percentuali o di diminuirla fino all’azzeramento (comma 748); sono tuttavia previste alcune detrazioni per il periodo dell’anno durante il quale si protrae la destinazione ad abitazione principale (comma 749);
  • l’aliquota di base per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all’art. 9, comma 3-bis, D.L. 30 dicembre 1993 n. 557, convertito con modificazioni in Legge 26 febbraio 1994 n. 133, è pari allo 0,1 per cento ed i Comuni possono solo ridurla fino all’azzeramento (comma 750);
  • fino all’anno 2021, l’aliquota di base per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e gli stessi non siano locati, è pari allo 0,1 per cento; i Comuni possono aumentarla fino allo 0,25 per cento o diminuirla fino all’azzeramento (comma 751);
  • a decorrere dal 1° gennaio 2022, i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e gli stessi non siano locati, sono invece del tutto esenti dall’IMU (comma 751);
  • l’aliquota di base per i terreni agricoli è pari allo 0,76 per cento, con facoltà per i Comuni, previa deliberazione del Consiglio Comunale, di aumentarla fino all’1,06 per cento o di diminuirla fino all’azzeramento (comma 752);
  • l’aliquota di base per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D è pari allo 0,86 per cento, di cui la quota dello 0,76 per cento è riservata allo Stato; i Comuni, con deliberazione del Consiglio comunale, possono aumentarla sino all’1,06 per cento o diminuirla fino al limite dello 0,76 per cento (comma 753);
  • per gli immobili diversi dall’abitazione principale e da quelli di cui ai commi da 750 a 753, l’aliquota di base è pari allo 0,86 per cento; i Comuni, con deliberazione del Consiglio comunale, possono aumentarla sino all’1,06 per cento o diminuirla fino all’azzeramento (comma 754);
  • a  decorrere dall’anno 2020 i Comuni, con espressa deliberazione del Consiglio comunale, pubblicata sul sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze, possono aumentare ulteriormente l’aliquota massima dell’1,06 per cento di cui al comma 754 sino all’1,14 per cento, in sostituzione della maggiorazione del tributo per i servizi indivisibili (TASI) di cui all’art. 1, comma 677, Legge 27 dicembre 2013 n. 147, nella stessa misura applicata per l’anno 2015 e confermata fino all’anno 2019. Negli anni successivi, invece, i Comuni possono unicamente ridurre la maggiorazione, restando esclusa qualsiasi possibilità di variazione in aumento (comma 755).

A decorrere dall’anno 2021, i Comuni possono diversificare le aliquote di cui ai commi da 748 a 755, in deroga all’art. 52 D.lgs. 446/1997, esclusivamente con riferimento alle fattispecie individuate con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, da adottare entro 180 giorni dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2020, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, che si pronuncia entro 45 giorni dalla data di trasmissione (trascorsi i quali, il Decreto può in ogni caso essere adottato).

Inoltre i Comuni, anche quando non intendano diversificare le aliquote rispetto a quelle indicate dai commi da 748 a 755, devono comunque redigere una delibera di approvazione delle aliquote stesse. Tale redazione deve essere effettuata accedendo all’applicazione disponibile nel Portale del federalismo fiscale che consente, previa selezione della fattispecie di interesse del Comune tra quelle individuate con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di elaborare il prospetto delle aliquote, il quale forma parte integrante della delibera stessa. 

La delibera approvata senza il prospetto è improduttiva di effetti.

Con il medesimo decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze sono inoltre stabilite le modalità di elaborazione e successiva trasmissione del prospetto delle aliquote al Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

In caso di discordanza tra il prospetto delle aliquote e le disposizioni contenute nel regolamento di disciplina dell’imposta, prevale quanto stabilito nel prospetto.

Sono esenti dall’imposta i terreni agricoli:

  1. posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 D.lgs. 29 marzo 2004 n. 99, iscritti alla previdenza agricola, comprese le società agricole di cui all’art. 1, comma 3, D.lgs. 99/2004, indipendentemente dalla loro ubicazione;
  2. ubicati nei Comuni delle isole minori di cui all’allegato A Legge 28 dicembre 2001 n. 448;
  3. ad immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile;
  4. ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell’art. 15 Legge 27 dicembre 1977 n. 984, sulla base dei criteri individuati dalla Circolare del Ministero delle Finanze n. 9 del 14 giugno 1993.

Sono esenti dall’imposta, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte:

  1. gli immobili posseduti dallo Stato e dai Comuni, nonché gli immobili posseduti nel proprio territorio dalle Regioni, dalle Province, dalle Comunità montane, dai Consorzi fra detti Enti, dagli enti del Servizio Sanitario Nazionale, destinati esclusivamente a compiti istituzionali;
  2. i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali E/1 e E/9 (i.e.: stazioni per servizi di trasporto terrestri, marittimi o aerei; edifici a destinazione particolare, non compresi nelle categorie precedenti del punto E);
  3. i fabbricati con destinazione ad usi culturali  di cui all’art. 5-bis DPR 29 settembre 1973 n. 601;
  4. i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto, purché compatibili con gli artt. 8 e 19 Costituzione, e le loro pertinenze;
  5. i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli artt. 13, 14, 15 e 16 del Trattato Lateranense sottoscritto l’11 febbraio 1929 e reso esecutivo con legge 27 maggio 1929 n. 810;
  6. i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l’esenzione dall’imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
  7. gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), D.lgs. 504/1992 e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella medesima lettera i). Si tratta degli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lettera c), DPR 22 dicembre 1986 n. 917 (i.e.: enti pubblici e privati diversi dalle società; trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale; organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato) e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, di religione o di culto. Sono esclusi dall’esenzione gli immobili posseduti da partiti politici, che restano comunque assoggettati all’imposta, indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’immobile.

Per le abitazioni locate a canone concordato di cui alla Legge 09 dicembre 1998 n. 431, l’imposta, determinata applicando l’aliquota “residuale” di cui al comma 754, è ridotta al 75 per cento.