Cass. civ., Sez. V, Ord. 25 febbraio 2021, n. 5156


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30244 del ruolo generale dell’anno 2014 proposto da:

… s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. …, presso il cui studio in …, è elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 2952/35/2014, depositata in data 12 maggio 2014;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio 2020 dal Consigliere Triscari Giancarlo.

Svolgimento del processo

Che:

dalla esposizione in fatto della pronuncia censurata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a … s.p.a., società operante nell’attività di commercio di articoli di abbigliamento e sportivi, un avviso di accertamento con il quale aveva accertato, relativamente all’anno di imposta 2004, una indebita detrazione dell’Iva in quanto aveva detratto l’intero ammontare dell’Iva sugli acquisti senza calcolare il pro rata per la cessione della partecipazione nella società … s.p.a., dalla stessa fatturata in esenzione; avverso il suddetto atto impositivo la società contribuente aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma che lo aveva rigettato; avverso la suddetta pronuncia la società contribuente aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: l’assunzione e la cessione delle partecipazioni detenute nella società … s.p.a. risultava diretta a realizzare l’oggetto sociale, come emergeva dalle previsioni statutarie e non poteva dirsi estranea all’attività di impresa esercitata in quanto funzionale alla stessa; l’operazione di cessione della partecipazione azionaria costituiva un prolungamento diretto permanente e necessario dell’attività imponibile per affermazione della stessa società contribuente, la quale aveva motivato nel senso di una finalità industriale della gestione delle partecipazioni in società che operavano nell’ambito della produzione e del commercio di prodotti sportivi; le suddette operazioni finanziarie non potevano, quindi, essere qualificate come accessorie o occasionali;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso la società Orizzonti Luminosi s.p.a. affidato a un unico motivo di censura, illustrato con successiva memoria;

l’Agenzia delle entrate ha deposito atto denominato di costituzione con il quale ha dichiarato di costituirsi al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione;

con ordinanza comunicata il 21 novembre 2019 questa Corte aveva disposto il rinvio a nuovo ruolo, invitando le parti a depositare memoria sulla questione della valenza, nel presente giudizio, dell’istanza di adesione alla definizione agevolata depositata dalla ricorrente nell’ambito del ricorso iscritto al n. R.G. 30243/2014, esaminato nella medesima adunanza;

parte ricorrente ha, quindi, depositato nota autorizzata del 10 dicembre 2019 con la quale ha evidenziato che la domanda di definizione agevolata non era riferibile alle somme iscritte a ruolo relative al giudizio in esame ed ha, quindi, chiesto fissarsi l’udienza di trattazione del presente giudizio;

si rende, quindi, necessario procedere all’esame del motivo di ricorso proposto dalla ricorrente.

Motivi della decisione

Che:

con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis, per non avere esaminato tutte le questioni sollevate dalla ricorrente con l’atto di appello dirette a evidenziare che la stessa, a prescindere dalla previsione statutaria, non aveva mai effettuato, nè prima nè dopo la cessione, altre alienazioni di partecipazioni, sicché l’operazione in esame aveva natura occasionale;

in particolare, si evidenzia che il giudice del gravame ha erroneamente assimilato l’assunzione di partecipazioni sociali con la loro cessione, nonostante il fatto che tale ultima attività non rientrava nell’oggetto sociale della società e, inoltre, che, ai fini dell’applicazione dell’art. 19-bis, cit., non assumeva rilievo il dato formale dell’attività indicata nello statuto come oggetto sociale, ma quello sostanziale, sicchè doveva farsi riferimento all’attività concretamente svolta;

il motivo è fondato;

il giudice del gravame ha argomentato, al fine di valutare se l’attività di cessione delle partecipazioni azionarie costituisse prestazione occasionale o meno, facendo specifico riferimento alla riconducibilità sia dell’attività di assunzione che di cessione in considerazione di quanto risultante dalle previsioni statutarie;

da tale considerazione di fondo, ha fatto discendere che la cessione della partecipazione azionaria costituiva una modalità, diretta e necessaria, di realizzazione dell’attività di impresa svolta, in particolare ha evidenziato quanto affermato dalla stessa società contribuente circa la “finalità industriale della gestione delle partecipazioni in società che operavano nell’ambito della produzione e del commercio di prodotti sportivi” e ne ha fatto conseguire la considerazione che la cessione in partecipazione costituiva, nel caso di specie, “un prolungamento diretto permanente e necessario dell’attività imponibile”;

in sintesi, la pronuncia in esame ha valutato la questione della riconducibilità della cessione della partecipazione sociale alla luce del contenuto dell’oggetto sociale e ne ha fatto conseguire la considerazione che tale operazione costituisse il prolungamento diretto, permanente e necessario dell’attività esercitata;

in primo luogo, va osservato, con riferimento all’affermazione in sentenza secondo cui è in relazione all’oggetto sociale che deve valutarsi la riconducibilità dell’operazione all’attività di impresa, che questa Corte (Cass. civ., 13 febbraio 2017, n. 7654) ha ribadito il principio, già in precedenza affermato, (Cass. 9 marzo 2016, n. 4613; 14 marzo 2014, n. 5970; 13 novembre 2013, n. 25475) secondo cui, per verificare se una determinata operazione attiva rientri o non nell’attività propria di una società, ai fini dell’inclusione nel calcolo della percentuale detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti, occorre avere riguardo non già all’attività previamente definita dall’atto costitutivo come oggetto sociale, ma a quella effettivamente svolta dall’impresa, in quanto, ai fini dell’imposta, rileva il volume d’affari del contribuente, costituito dall’ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi compiute, e, quindi, l’attività in concreto esercitata;

sicché, non correttamente il giudice del gravame ha ritenuto di potere fare esclusivo riferimento all’oggetto sociale al fine di valutare la riconducibilità dell’operazione nell’ambito dell’attività di impresa della società, dovendo invece indagare quale fosse l’attività concretamente esercitata;

in secondo luogo, con specifico riferimento alla questione se la cessione di partecipazione azionaria possa essere considerata o meno fuori campo Iva, va osservato che la Corte di giustizia (causa C-502/2017, C&D Foods acquisition ApS) ha precisato che non ha la qualità di soggetto passivo Iva, ai sensi dell’art. 9 della direttiva 2006/112, né il diritto a detrazione, in base all’art. 168 di tale direttiva, una società il cui unico oggetto consista nell’acquisizione di partecipazioni in altre società senza interferire direttamente o indirettamente nella gestione di queste ultime. Difatti, il mero acquisto e la mera detenzione di azioni non costituiscono, di per sé, un’attività economica ai sensi della direttiva 2006/112, che conferisce al soggetto che le abbia effettuate la qualità di soggetto passivo, dato che tali operazioni non comportano lo sfruttamento di un bene volto alla produzione di introiti aventi carattere di stabilità, dal momento che l’unico reddito risultante da dette operazioni è costituito dall’eventuale profitto al momento della vendita delle azioni di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 29 ottobre 2009, SKF, C-29/08, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 ottobre 2018, Ryanair, C-249/17, punto 16);

la Corte ha, quindi, affermato che solo i versamenti che costituiscono il corrispettivo di un’operazione o di un’attività economica sono inclusi nell’ambito di applicazione dell’IVA, il che non vale per i versamenti risultanti dalla semplice proprietà di un bene, come i dividendi o altri profitti derivanti dalle azioni (sentenza del 29 ottobre 2009, SKF, C-29/08, punto 29 e giurisprudenza ivi citata) e che ciò non vale, tuttavia, qualora la partecipazione finanziaria in un’altra società sia accompagnata da un’interferenza diretta o indiretta nella gestione della società in cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni, fatti salvi i diritti che il soggetto che effettua la partecipazione detiene nella sua qualità di azionista o socio, ove siffatta interferenza implichi il compimento di operazioni soggette all’IVA ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2006/112, quali la prestazione di servizi amministrativi, contabili e informatici (v., in tal senso, sentenza del 29 ottobre 2009, SKF, C-29/08, punto 30 e giurisprudenza ivi citata);

risulta, peraltro, dalla giurisprudenza della Corte che le operazioni relative ad azioni o partecipazioni in una società rientrano nella sfera di applicazione dell’Iva quando vengono effettuate nell’ambito di un’attività commerciale di negoziazione di titoli, al fine di realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società in cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni, o quando costituiscono il prolungamento diretto, permanente e necessario dell’attività imponibile (sentenza del 29 ottobre 2009, SKF, C-29/08, punto 31 e giurisprudenza ivi citata);

in sostanza, solo entro certi limiti l’attività di acquisizione di partecipazioni azionarie può costituire un’attività economica rilevante ai fini Iva, cioè solo laddove la stessa è svolta per realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni o quando costituisce il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile;

i principi sopra indicati hanno evidenti ricadute ai fini della definizione della presente controversia, in quanto si pone la questione di stabilire se e in che misura possa ritenersi che le attività di cessione delle partecipazioni azionarie possano essere ritenute, a loro volta, “prolungamento diretto permanente e necessario dell’attività imponibile”, come ritenuto dal giudice del gravame;

va quindi osservato, che l’attività di cessione delle partecipazioni azionarie conseguente alla attività di acquisizione delle medesime partecipazioni può essere ritenuta non occasionale solo laddove sia accertato che, a sua volta, questa ultima attività sia svolta per realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società in cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni, o quando costituisce il prolungamento diretto, permanente e necessario dell’attività imponibile;

nel caso di specie, come visto, la pronuncia censurata ha valutato l’attività della società unicamente sulla base dell’esame dell’oggetto sociale, senza, tuttavia, verificare in concreto, indicando gli elementi specifici di valutazione da cui trarre le ragioni di convincimento, se l’operazione di acquisizione della partecipazione azionaria in esame era stata effettuata al fine di realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni o se costituiva il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile, sicchè la stessa risulta viziata per non avere compiuto una corretta sussunzione della fattispecie nel paradigma normativo della previsione normativa in esame;

deve, quindi, essere affermato il seguente principio di diritto: “Le operazioni di cessione relative ad azioni o partecipazioni in una società non rientrano nella sfera di applicazione dell’Iva, salvo che sia accertato che sono state effettuate nell’ambito di un’attività commerciale di acquisizione di titoli per realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni o che costituiscono il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile”;

ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza con rinvio alla Commissione tributaria regionale, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso e cassa la sentenza censurata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021


COMMENTO: Le operazioni di cessioni relative ad azioni o partecipazioni in una società non rientrano nella sfera di applicazione dell’IVA, salvo che sia accertato che sono state effettuate nell’ambito di un’attività commerciale di acquisizione di titoli per realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione della società di cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni o che costituiscono il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile.