Tribunale Roma, sez. II, Sent. 20 dicembre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
Seconda Sezione Civile
Il giudice, Corrado Cartoni,
ha emesso la seguente
SENTENZA
nelle cause civili di appello riunite, iscritte al n. 70581 ed al n. 70615 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2019, poste in decisione all’udienza del 26.5.2022 e vertenti
tra
B.B., elettivamente domiciliata in …, presso lo studio dell’Avv… che la rappresenta e difende per procura in atti, – appellante –
e
Prefettura di Roma, in persona del prefetto pro-tempore, – appellato – contumace –
Svolgimento del processo
Con citazione ritualmente notificata (r.g. n. 70581/19), B.B. proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di Pace n. 16939/19 depositata il 17.7.2019, con la quale era rigettata l’opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 0372280 del 5.10.2018 dell’importo di Euro 2.582,28 emessa per la violazione dell’art.1 bis del D.Lgs. n.66 del 1948.
L’appellante lamentava la violazione e la falsa applicazione degli artt.3 e 4 L. n.689 del 1981 per l’assenza di prova in ordine alla sussistenza dell’illecito, la violazione dell’art. 14 della stessa legge, per mancata prova in ordine all’identificazione della ricorrente e mancata contestazione immediata, e l’illegittimità del verbale di accertamento.
La prefettura non si costituiva.
Con successiva citazione (r.g. n. 70615/19) era introdotto identico appello.
Riuniti i due giudizi, all’udienza del 26.5.2022 l’appellante concludeva per la riforma della sentenza impugnata e l’annullamento della sanzione amministrativa ed il giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini di cui all’art.190, primo comma, c.p.c.
Motivi della decisione
L’appello merita accoglimento per un motivo che si presenta assorbente.
Come è noto, in materia di opposizione ad ordinanza-ingiunzione grava sull’amministrazione l’onere di provare l’esistenza degli elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, dell’illecito (da ultimo Cass. civ. Sez. II Ord., 08/10/2018, n. 24691).
La prefettura aveva quindi lo specifico onere probatorio di produrre tutta la documentazione relativa al procedimento sanzionatorio.
In particolare la prefettura avrebbe dovuto depositare gli atti relativi alla presunta infrazione o violazione per consentire a questo giudice di verificare o meno la fondatezza delle doglianze avanzate dal ricorrente, con la conseguenza che la mancata produzione degli atti del procedimento costituisce un elemento di giudizio già di per sé idoneo a far ritenere fondato il ricorso.
La fondatezza del ricorso in assenza di produzione degli atti del procedimento da parte dell’ente irrogatore della sanzione è ancora di più evidente quando non consenta la verifica delle specifiche eccezioni dell’opponente, che possono essere accolte o meno solo in base all’esame dei suddetti atti.
Ne consegue che l’omessa produzione degli atti del procedimento induce a ritenere presuntivamente che la violazione sia inesistente e che le doglianze del ricorrente siano fondate: “In tema di sanzioni amministrative, il termine di dieci giorni prima dell’udienza di comparizione, fissato dall’art.23, comma 2, della L.689 del 1981, per il deposito da parte dell’amministrazione dei documenti relativi all’infrazione ed alla sua contestazione, non ha natura perentoria, onde il deposito dei documenti oltre tale termine non implica alcuna decadenza, mancando nella norma una simile comminatoria, nè producendo alcuna decadenza lo stesso mancato deposito di detti documenti nel corso del giudizio, salvo l’accoglimento dell’opposizione nelle ipotesi in cui l’opponente possa dimostrare la fondatezza dei motivi di opposizione solo sulla base di tali documenti, costituendo in tali ipotesi il mancato deposito un elemento presuntivo di giudizio in ordine alla fondatezza del ricorso” (Cass. civ., sez. I, 17 gennaio 1998, n. 373); “Il soggetto che propone opposizione contro ordinanza-ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria, mentre ha l’onere di eccepire i vizi del provvedimento non rilevabili d’ufficio, quale la mancanza della preventiva contestazione, non ha anche l’onere di porre in essere in atto – al fine di fornire la prova del vizio fatto valere – un’attività processuale diretta all’acquisizione di quegli stessi documenti, quali la copia del rapporto e gli atti relativi all’accertamento della violazione e alla sua contestazione immediata o mediante notificazione, che l’autorità che ha emesso il provvedimento ha il dovere – onere (indipendentemente dalla sua costituzione in giudizio) di allegare al processo, a seguito del relativo ordine impartito dal pretore con il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione, a norma dell’art. 23, comma 2, della L. n.689 del 1981. D’altra parte, specie nelle ipotesi in cui l’opponente può dimostrare le proprie eccezioni solo sulla base degli atti suddetti, la loro mancata produzione da parte dell’autorità opposta non può non costituire un decisivo elemento di giudizio, idoneo a suffragare presuntivamente la sussistenza del fatto sul quale l’opponente ha fondato l’eccezione.” (Cass. civ., sez. I, 8 agosto 1996, n. 7296).
A tale regola deve inoltre coordinarsi il principio, già sancito dall’art. 23, comma 12, della L. n. 689 del 1981 ed oggi ribadito dall’art. 6, 11 comma, del D.Lgs. n. 150 del 2011, in base al quale: “Il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente”.
Nella fattispecie parte ricorrente contesta di essere autrice dell’illecito ed il verbale di contestazione del 20.10.2015 nulla dice sulle modalità di identificazione della ricorrente, né la prefettura ha prodotto idonea documentazione in tal senso, in quanto l’affermazione contenuta nella comparsa di risposta in primo grado secondo la quale l’identificazione sarebbe avvenuta “a seguito della visione della documentazione dei filmati relativi alla vicenda di cui trattasi” è rimasta prova di qualsiasi riscontro probatorio.
Non è, dunque, dimostrata, per tutto quanto sopra esposto, la commissione dell’illecito da parte di B.B..
Ne consegue, in accoglimento del gravame, l’annullamento del provvedimento opposto.
Le spese di entrambi i giudizi seguono la soccombenza.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando come giudice di appello:
- a) accoglie l’appello; b) annulla la sentenza impugnata; c) accoglie l’opposizione; d) annulla il provvedimento opposto; e) condanna la Prefettura di Roma, in persona del prefetto pro-tempore, al pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado che liquida in Euro 600,00 per compensi ed Euro 80,00 per spese, oltre iva, cpa ed ulteriori accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore; f) condanna la Prefettura di Roma, in persona del prefetto pro-tempore, al pagamento delle spese processuali del giudizio di appello che liquida in Euro 1.000,00 per
compensi ed Euro 180,00 per spese, oltre iva, cpa ed ulteriori accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2022.
Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2022.
COMMENTO: In materia di opposizione ad ordinanza-ingiunzione grava sull’amministrazione l’onere di provare l’esistenza degli elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, dell’illecito (da ultimo Cass. civ. Sez. II Ord., 08/10/2018, n. 24691).
Inoltre, in tema di sanzioni amministrative, il termine di dieci giorni prima dell’udienza di comparizione, fissato dall’art.23, comma 2, della L.689 del 1981, per il deposito da parte dell’amministrazione dei documenti relativi all’infrazione ed alla sua contestazione, non ha natura perentoria, onde il deposito dei documenti oltre tale termine non implica alcuna decadenza, mancando nella norma una simile comminatoria, nè producendo alcuna decadenza lo stesso mancato deposito di detti documenti nel corso del giudizio, salvo l’accoglimento dell’opposizione nelle ipotesi in cui l’opponente possa dimostrare la fondatezza dei motivi di opposizione solo sulla base di tali documenti, costituendo in tali ipotesi il mancato deposito un elemento presuntivo di giudizio in ordine alla fondatezza del ricorso(Cass. civ., sez. I, 17 gennaio 1998, n. 373). Il soggetto che propone opposizione contro ordinanza-ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria, mentre ha l’onere di eccepire i vizi del provvedimento non rilevabili d’ufficio, quale la mancanza della preventiva contestazione, non ha anche l’onere di porre in essere in atto – al fine di fornire la prova del vizio fatto valere – un’attività processuale diretta all’acquisizione di quegli stessi documenti, quali la copia del rapporto e gli atti relativi all’accertamento della violazione e alla sua contestazione immediata o mediante notificazione, che l’autorità che ha emesso il provvedimento ha il dovere – onere (indipendentemente dalla sua costituzione in giudizio) di allegare al processo, a seguito del relativo ordine impartito dal pretore con il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione, a norma dell’art. 23, comma 2, della L. n.689 del 1981. D’altra parte, specie nelle ipotesi in cui l’opponente può dimostrare le proprie eccezioni solo sulla base degli atti suddetti, la loro mancata produzione da parte dell’autorità opposta non può non costituire un decisivo elemento di giudizio, idoneo a suffragare presuntivamente la sussistenza del fatto sul quale l’opponente ha fondato l’eccezione. (Cass. civ., sez. I, 8 agosto 1996, n. 7296).
A tale regola, secondo il Tribunale, deve inoltre coordinarsi il principio, già sancito dall’art. 23, comma 12, della L. n. 689 del 1981 e ribadito dall’art. 6, 11 comma, del D.Lgs. n. 150 del 2011, in base al quale: “Il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente”.