Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, sez. VII, 29 luglio 2024 n. 4955


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO

SETTIMA SEZIONE

riunita in udienza il 08/04/2024 alle ore 09:30 con la seguente composizione collegiale:

FORTUNATO VINCENZO, – Presidente

POLITO MARIA TERESA, – Relatore

LOSTORTO VALENTINA, – Giudice

in data 08/04/2024 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

– sull’appello n. 4811/2022 depositato il 22/09/2022

proposto da

Congregazione Suore Oblate Del Ss Bambino Gesu’ – (…) difeso da avv. M. M. – (…)       ed elettivamente domiciliato presso …………..@ordineavvocatiroma.org

contro

Comune di Roma , ………          elettivamente domiciliato presso dre.contenzioso@pec.comune.roma.it

Avente ad oggetto l’impugnazione di:

– pronuncia sentenza n. 1024/2022 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale ROMA sez. 17 e pubblicata il 31/01/2022

Atti impositivi:

– AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IMU 2013

a seguito di discussione in pubblica udienza

Richieste delle parti: Omissis

Ricorrente/Appellante: (Trascrizione delle eventuali richieste ammesse dal Presidente)

Resistente/Appellato: (Trascrizione delle eventuali richieste ammesse dal Presidente)

Svolgimento del processo

Con la sentenza n. 1024/2022, la Sezione n. della Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettava il ricorso presentato dalla Congregazione delle Suore Oblate del Bambino Gesù avverso l’avviso di accertamento n. (…), emesso dal Comune di Roma Capitale e relativo all’IMU dell’anno 2013, concernente vari immobili di sua proprietà, con il quale era stato richiesto il pagamento di Euro 68.633,19 a titolo di differenza d’imposta, oltre alle spese di notifica, sanzioni ed interessi per un totale di Euro 134.383,24. In particolare, i primi giudici osservavano che erano da disattendere, perché infondate, le eccezioni della ricorrente in ordine ai vizi di notificazione dell’atto impugnato, e che l’agevolazione invocata dalla contribuente è prevista solo per gli immobili assoggettati a “vincolo diretto”, in quanto di interesse storico e artistico, secondo quanto stabilito dall’art. 3 della L. n. 1089 del 1939, circostanza non provata con riguardo agli immobili oggetto dell’accertamento. Da cui scaturiva il rigetto del ricorso con condanna della ricorrente al rimborso delle spese del giudizio.

Avverso la decisione ha interposto appello la Congregazione delle Suore Oblate del Bambino Gesù sulla base dei motivi di seguito indicati.

Con il primo motivo evidenzia la violazione e/o falsa applicazione delle norme del processo notificatorio; erroneità e/contraddittorietà e/o illogicità della sentenza di primo grado in ordine all’inesistenza e/o nullità e/o illegittimità e/o inefficacia della notificazione dell’avviso di accertamento, per violazione delle norme del processo notificatorio. Il Giudice di primo grado si è limitato a ribadire la regolarità della notifica dell’avviso di accertamento, ancorché eseguita direttamente dall’ente locale a mezzo del servizio postale. Mentre andava evidenziata l’assoluta inesistenza e nullità della notifica degli avvisi di accertamento, stante, altresì, la carenza di legittimazione del soggetto notificante, A.R. spa, in quanto l’art. 14 della L. n. 890 del 1982 richiama un potere di notifica riservato alla sola Amministrazione finanziaria.

In via subordinata, nel merito ha eccepito, con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 10 D.Lgs. n. 1992 del 504, l’erroneità e/o contraddittorietà e/o illogicità e/o omessa motivazione della sentenza di primo grado in merito alla presunta sussistenza del presupposto dell’omessa dichiarazione IMU, in quanto la medesima fattispecie omissiva è stata sollevata nei confronti del medesimo ricorrente, con riferimento agli stessi immobili, rispetto a diversi anni di imposta e la sanzione può essere applicata una sola volta. Al riguardo si fa notare che la prevalente giurisprudenza, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, afferma che “la sanzione per omessa dichiarazione ICI può essere applicata una sola volta e non può essere irrogata per ogni annualità accertata (fra le tante si veda Comm. Trib. Reg. per il Lazio, Sezione 1, sentenza del 14/01/2014 n. 71 e-Sezione 2, sentenza n. 93/2010).

Infatti, come stabilito dal comma 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 472 del 1997, ai fini dell’applicazione della sanzione unica, di cui al comma 5, è sempre necessario che le violazioni relative a più periodi di imposta siano di carattere formale. Pertanto, la prevalente giurisprudenza tributaria conferma che la semplice omissione della dichiarazione … comporterà l’applicazione delle sanzioni solo per il primo anno ed il semplice pagamento del dovuto per gli anni successivi in quanto la dichiarazione costituisce per il Comune un atto necessario per la conoscenza dei dati sui quali quantificare il tributo dovuto.

In via subordinata, nel merito, con il terzo motivo, ha sottolineato l’erroneità e/o contraddittorietà e/o illogicità della sentenza di primo grado, circa la presunta insussistenza del vincolo di interesse storico artistico, l’erroneità della sentenza circa la valutazione del materiale probatorio prodotto dalla ricorrente e la conseguente violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. In particolare si richiama l’attenzione sulla circostanza che nei nulla osta del 30/07/2003 e del 18/11/2003, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo riconosce che il compendio immobiliare è sottoposto “a tutela monumentale ai sensi dell’art. 5 del D.L. n. 490 del 1999” e nel nulla osta del 22.01.1999, lo stesso Ministero ha fatto riferimento alla sussistenza del vincolo ex L. n. 1089 del 1939.

La presenza del vincolo fa sì che ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. n. 504 del 1992, il bene possa usufruire dell’agevolazione IMU. D’altra parte, il riconoscimento dell’agevolazione è dato dalla necessità di tenere conto non della sussistenza di un riconoscimento diretto o meno del vincolo, ma dei costi di manutenzione e delle limitazioni che i proprietari degli immobili appartenenti alla tipologia considerata dalla norma agevolativa debbono affrontare, nell’interesse pubblico alla conservazione dei beni culturali (Corte Costituzionale n. 346/2003). La base imponibile per il calcolo dell’imposta per gli immobili di interesse storico/culturale deve essere ridotta del 50%.

Per le ragioni sopra esposte, l’appellante ha chiesto l’annullamento, anche parziale, dell’avviso di accertamento impugnato e, in via subordinata, l’annullamento delle sanzioni irrogate, in considerazione del legittimo affidamento ingenerato con le dichiarazioni Ministeriali nei confronti della contribuente.

In previsione dell’odierna udienza la difesa dell’appellante ha depositato una memoria difensiva, nella quale ha ribadito gli assunti dell’atto di impugnazione.

Sottolinea che l’accertamento del presupposto per l’invocato beneficio fiscale, ossia la natura storico-artistica dei beni oggetto di causa, è stato acclarato anche per annualità anteriori al decreto di riconoscimento del 2018 da ben tre pronunce della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, di cui due già coperte dall’efficacia di res judicata (sentenza n. 5721/2022, relativa all’avviso di accertamento TASI 2014; sentenza n. 14173/2021, relativa all’avviso di accertamento IMU per l’anno 2014; e sentenza n. 10948/2022 , relativa al 2015).

Le precedenti sentenze sfavorevoli alla contribuente citate in primo grado dal Comune di Roma Capitale sono state oggetto di appello e i relativi processi sono pendenti.

L’appellante ha sottolineato che oltre alle suddette circostanze, si evidenzia come la stesso Comune di Roma Capitale ha ritenuto la natura storico-artistica degli immobili oggetto di accertamento, come dimostrato dai depositati avvisi di accertamento IMU e TASI relativi all’annualità 2016, che, ancorché anteriori al provvedimento adottato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Segretariato Regionale per il Lazio del 15 giugno 2028, riconoscono, che tutti gli immobili in questione oggetto di accertamento, sono sottoposti a vincolo storico-artistico (come comprovato dalla “X” nella casella di riferimento “immobili storici”) ed in base a tale circostanza è stata calcolata l’imposta con le agevolazioni di legge; tale comportamento concludente dell’Amministrazione, valutabile anche ai sensi dell’art. 115 c.p.c. non può che deporre in favore della sussistenza del vincolo con le conseguenti agevolazioni fiscali.

All’odierna pubblica udienza, i difensori delle parti costituite hanno esposto le loro ragioni richiamandosi agli scritti difensivi depositati in atti.

La causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

La prima questione da esaminare, nell’ambito del primo motivo di appello, è quella sollevata da Roma Capitale con l’eccezione di inammissibilità, visto che il profilo della mancata legittimazione della società A.R. Spa è stato proposto dall’appellante per la prima volta in appello, in tal modo, stante il disposto dell’art. 57 D.Lgs. n. 546 del 1992, tale motivo è inammissibile visto che la norma preclude in appello la proposizione di motivi nuovi. Ma in generale l’appellante, con il primo motivo, censura la legittimità della notifica, così come rilevato anche nell’originario ricorso dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata. Tale motivo, seppure ammissibile si presenta infondato. Invero, l’avviso di accertamento in questione è stato notificato a mezzo posta, sicché si applicano le disposizioni sul servizio postale e non quelle di cui alla L. n. 890 del 1982, in tal modo non è richiesta la compilazione della relazione di notificazione (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28872 del 12/11/2018).Non sono, pertanto, pertinenti le osservazioni della contribuente in ordine ad asseriti vizi della procedura notificatoria. Inoltre, non trattandosi di notificazione inesistente, vale il principio del raggiungimento dello scopo di cui all’art. 156 c.p.c., avendo l’interessata presentato ricorso avverso l’atto materialmente ricevuto.

Deve essere integralmente accolto, invece, il terzo motivo, concernente il diritto alla riduzione dell’imposta per essere gli immobili in questione di interesse storico-artistico. Invero, l’art. 13, comma 3, del D.L. n. 201 del 2011, prevede la riduzione al 50% della base imponibile per gli immobili di interesse storico-artistico, di cui all’art. 10, comma 1, del D.Lgs. n. 42 del 2004 (ove è stabilito che “sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”).

Orbene, il complesso immobiliare composto dagli immobili oggetto dell’accertamento esaminato è stato dichiarato di interesse storico-artistico, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del D.Lgs. n. 42 del 2004 con atto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 15 giugno 2018. Ma va considerato che detto provvedimento, secondo la previsione legislativa, attesta l’esito della “verifica” di detta qualità, cioè del riscontro della sussistenza dell’interesse storico-artistico degli immobili, sicché non ha valore costitutivo, diversamente dalla “dichiarazione” di interesse culturale di cui all’art. 13 del menzionato d.lgs., visto che ai sensi dell’art. 10, c 1, D.Lgs. n. 42 del 2004, la proprietà dei beni in questione è di un ente ecclesiastico per cui essi sono beni culturali ” ex se ” a prescindere dall’atto formale di riconoscimento. Per altro il vincolo è già menzionato espressamente dal Ministero dei beni ed attività culturali in precedenti atti, richiamati dall’appellante, in tal modo il fatto che tale verifica sia avvenuta solo successivamente all’anno cui si riferisce l’accertamento impugnato non produce effetto, trattandosi di una connotazione oggettiva dell’immobile, preesistente al riscontro formale della sua sussistenza e quindi, idonea a radicare il diritto alla riduzione dell’IMU dovuta per l’anno in questione.

Su tale interpretazione l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è costante avendo avuto modo di osservare che “… In tema di ICI, per il patrimonio culturale di proprietà pubblica (e di quei soggetti indicati all’art. 10, c. 1, D.Lgs. n. 42 del 2004) è previsto un sistema di tutela reale, in quanto vige la presunzione d’interesse storico artistico di tali beni ex art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 42 del 2004, senza necessità di un preesistente formale provvedimento amministrativo, atteso che, pur richiedendo l’effettiva sussistenza dell’interesse culturale del bene attraverso una verifica a cura del Ministero competente, il provvedimento positivo così adottato ha carattere meramente ricognitivo, in funzione dell’assolvimento di esigenze di certezza dei rapporti giuridici, in ispecie di quelli tributari”(Cass., Sez. 5, sent. n. 19878 del 05/10/2016; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 12307 del 17/05/2017; Cass Sez. 5, ordinanza n. 16818 del 15/06/2021).

In considerazione delle ragioni sopra esposte, l’avviso di accertamento impugnato va parzialmente annullato per non aver considerato la riduzione del 50% spettante per tutti gli immobili in questione (tutti ricompresi nell’indicato avviso, come si evince dai riferimenti ai relativi dati catastali in esso riportati).

L’accoglimento del terzo motivo di appello spiega effetti anche con riferimento al secondo motivo di gravame.

Al riguardo va rilevato, in primo luogo, che effettivamente dall’atto impugnato si evince che per un rilevante numero degli immobili considerati non vi era stata la dichiarazione IMU. Né l’appellante ha dimostrato che quanto indicato dal Comune non rispondesse al vero, non avendo obiettato sul punto.

Inoltre, nessun dubbio si può nutrire sul fatto che l’obbligo di dichiarazione permanga nel tempo. Infatti, secondo la costante giurisprudenza di legittimità formatasi in tema di ICI, ma applicabile anche all’IMU, l’obbligo “… di dichiarare il possesso degli immobili (o di denunciare le variazioni di quelli già dichiarati) non cessa allo scadere del termine stabilito dal legislatore con riferimento all’inizio del possesso (o, per gli immobili posseduti all’1 gennaio 1993, del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 1992) ma permane finché la dichiarazione (o la denuncia di variazione) sia presentata, configurandosi, in caso di inosservanza, un’autonoma violazione per ogni anno d’imposta … infatti, poiché la presentazione della dichiarazione produce effetto (in mancanza di variazioni) anche per gli anni successivi e tale effetto può ovviamente verificarsi solo in presenza e non in assenza di una dichiarazione, la violazione del relativo obbligo non ha natura istantanea e non si esaurisce con la mera violazione del primo termine fissato dal legislatore, sicché, ove la dichiarazione sia stata omessa in relazione ad un’annualità d’imposta, l’obbligo non viene meno in relazione all’annualità successiva ed ogni annualità deve essere sanzionata …”. (Cass., Sez. 5, ordinanza n. 14399 del 09/06/2017,; conf. Cass. Sez. 5, ordinanza n. 8199/2021).

Quindi, ricorrono i presupposti per l’applicazione della sanzione per l’omessa dichiarazione IMU.

E’ però, necessario vedere quale deve essere l’importo della sanzione. Infatti, poiché la contribuente ha provveduto al pagamento dell’imposta nella misura dovuta (tenendo conto della riduzione dell’imponibile del 50%, spettante per le ragioni illustrate in precedenza), deve trovare applicazione il disposto dell’art. 14, comma 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992, che prevede la sanzione minima di Euro 51,00 se “… l’omissione o l’errore attengono ad elementi non incidenti sull’ammontare dell’imposta…”. In tal senso è anche la giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 5, ordinanza n. 16056/2021).

In considerazione di ciò, la sanzione per l’omessa dichiarazione IMU va ridotta alla misura di Euro 51,00.

Va precisato, ancora, che con riferimento alla sanzione per omessa dichiarazione IMU può trovare applicazione il cumulo giuridico di cui all’art. 12, comma 5, del D.Lgs. n. 472 del 1997, come costantemente ritenuto dalla Corte di cassazione (“… In tema di ICI, l’omessa presentazione della dichiarazione per più periodi, fino al regolare adempimento, oltre a comportare l’applicabilità delle sanzioni per ciascuna annualità, non osta all’applicazione del regime della continuazione previsto dall’art. 12, comma 5, D.Lgs. n. 472 del 1997, venendo in rilievo condotte che, traducendosi nel reiterato ostacolo alla determinazione dell’imponibile ed alla liquidazione dell’imposta con riferimento allo stesso tributo, sono tra loro oggettivamente e strettamente collegate.” (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 18447 del 30/06/2021; Cass., Sez. 5, sent. n. 18230 del 16/09/2016,).

Per effetto di tali considerazioni, va, comunque, affermato il diritto della contribuente, in relazione alla sanzione per omessa dichiarazione IMU per l’anno 2013 come rideterminata, all’applicazione del cumulo giuridico da parte del giudice che provvederà in ordine alle altre annualità oggetto di processi ancora pendenti, ai sensi dell’art. 12, comma 5, del D.Lgs. n. 472 del 1997 (ove è stabilito che “… Se più atti di irrogazione danno luogo a processi non riuniti o comunque introdotti avanti a giudici diversi, il giudice che prende cognizione dell’ultimo di essi ridetermina la sanzione complessiva tenendo conto delle violazioni risultanti dalle sentenze precedentemente emanate.”).

Le considerazioni fino ad ora esposte, comportano il rigetto della subordinata questione incentrata sulla richiesta di esclusione della sanzione di cui trattasi, dato che tale richiesta si fonda sull’asserito affidamento della contribuente ingenerato dall’Ente impositore, mentre la sanzione de qua è derivante dall’omessa dichiarazione IMU, riguardo alla cui obbligatorietà non poteva sussistere alcun dubbio o erroneo convincimento.

Per tutti i motivi illustrati l’appello va parzialmente accolto nei termini in precedenza enunciati e, conseguentemente, il Comune di Roma Capitale dovrà procedere alla rideterminazione del dovuto, tenendo conto della riconosciuta riduzione del 50% della base imponibile e della riduzione della sanzione per l’omessa dichiarazione.

L’accoglimento soltanto parziale delle ragioni della contribuente induce alla totale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio accoglie parzialmente l’appello nei termini di cui in motivazione. Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’8 aprile 2024.


COMMENTO REDAZIONALE –Viene confermato il principio secondo cui, in tema di ICI, per il patrimonio culturale di proprietà degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti è previsto un sistema di tutela reale, in quanto vige la presunzione d’interesse storico artistico di tali beni ex art. 12, comma 1, D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), senza necessità di un preesistente formale provvedimento amministrativo.

Infatti, pur richiedendo l’effettiva sussistenza dell’interesse culturale del bene attraverso una verifica a cura del Ministero competente, il provvedimento positivo così adottato ha carattere meramente ricognitivo, in funzione dell’assolvimento di esigenze di certezza dei rapporti giuridici, in particolare di quelli tributari.

In applicazione di tale principio, trova accoglimento il motivo di appello dell’ente ecclesiastico volto ad ottenere la riduzione del 50% della base imponibile IMU applicabile ad un immobile appartenente al suo patrimonio culturale.

A ciò non è di ostacolo la circostanza che la verifica del Ministero per i beni e le attività culturali sia avvenuta solo successivamente all’anno cui si riferisce l’accertamento impugnato, trattandosi di una connotazione oggettiva dell’immobile, preesistente al riscontro formale della sua sussistenza e, quindi, idonea a radicare il diritto alla riduzione dell’IMU dovuta per l’anno oggetto di accertamento.