Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, sez. XXVIII, 20 maggio 2024, n. 1907


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA PUGLIA

VENTIOTTESIMA SEZIONE/COLLEGIO

Sentenza

Svolgimento del processo

Il sig. XXXXXXX , rappresentato e difeso dal rag. XXXXXXX , elettivamente domiciliato presso il suo studio in XXXXXXX al XXXXXXX civico X, come da procura in atti, conveniva in giudizio presso la CTP di Taranto, la XXXXXXX S.p.A. e il Comune di XXXXXXX per l’annullamento dell’ingiunzione n. XXXXXXX del 18.3.2016 di Euro 3.497,00 oltre interessi e spese di notifica, notificata il 30.3.2016 e relativa alla TARSU 2012.

All’esito del giudizio, la CTP di Taranto, sez. III, con sentenza n. 1986 del 14.9.2017, depositata il 13.10.2017, accoglieva il ricorso e condannava le parti resistenti al pagamento delle spese di lite.

Il Comune di XXXXXXX, rappresentato e difeso dal dirigente del Settore Tributi, dott.ssa XXXXXXX, domiciliato presso la sede municipale in XXXXXXX X, con atto di appello notificato al contribuente e alla XXXXXXX S.p.A. nei rispettivi domicili eletti presso i propri difensori il 10.4.2018, depositato il 30.4.2018, impugna la sentenza dei giudici di prime cure per i seguenti motivi:

  1. falsa applicazione ed interpretazione del D.Lgs. n. 163 del 2006;
  2. violazione e falsa applicazione dell’ art. 72, comma 1, del D.Lgs. n. 507 del 1993;
  3. errata applicazione della condanna alle spese.

Conclude per la riforma della sentenza gravata, per il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente e per la conferma dell’ingiunzione di pagamento, con condanna a carico del contribuente appellato del pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Il sig. XXXXXXX , rappresentato e difeso dal rag. XXXXXXX, si è costituito in giudizio con controdeduzioni depositate il 16.1.2020 sostenendo la legittimità della sentenza di primo grado per i seguenti motivi:

  1. sul rinnovo e successiva proroga del contratto di concessione del servizio di riscossione tributi del Comune di XXXXXXX;
  2. sull’illegittimità dell’ingiunzione poiché non preceduta dalla notifica di un avviso di accertamento;
  3. giudicato favorevole al ricorrente.

Ripropone, in devoluzione, le domande e le eccezioni formulate in primo grado non esaminati dal giudice di prime cure poiché assorbite:

  1. inesistenza giuridica della notifica dell’ingiunzione a mezzo raccomandata;
  2. inesistenza giuridica dell’ingiunzione per assenza del visto di esecutività e di sottoscrizione del funzionario responsabile del tributo;
  3. nullità dell’atto opposto per omessa attivazione del contraddittorio endoprocedimentale;
  4. inesistenza giuridica dell’ingiunzione per mancanza di firma;
  5. mancata indicazione del responsabile del procedimento. Violazione dell’ art. 7L. n. 212 del 2000;
  6. vizio di motivazione. Violazione degli artt. 717L. n. 212 del 2000 e dell’ art. 3 L. n. 241 del 1990;
  7. illegittimità della delibera comunale inerente alle tariffe Tarsu per violazione degli artt. 6169, comma 2, D.Lgs. n. 507 del 1993nonché del Regolamento comunale Tarsu.

Conclude per la conferma della sentenza impugnata e, in subordine, nell’ipotesi di accoglimento dell’appello, per la dichiarazione di non debenza delle somme pretese con l’ingiunzione per tutti i motivi proposti con il ricorso introduttivo, come riproposti in appello per devoluzione.

Con condanna al pagamento delle spese e competenze di causa, oltre accessori di legge, del doppio grado di giudizio da distrarsi in favore del difensore antistatario e con condanna alla restituzione delle somme che l’appellato fosse eventualmente tenuto a corrispondere nelle more dl giudizio a fronte di azioni esecutive.

La XXXXXXX S.p.A., Concessionaria per la riscossione, in persona del rappresentante legale pro tempore XXXXXXX, elettivamente domiciliata in XXXXXXX in Viale XXXXXXX, presso lo studio della dott. ssa XXXXXXX che la rappresenta e difende giusta procura in atti, si è costituita in giudizio con controdeduzioni depositate il 18.10.20218, associandosi all’appello proposto dal Comune di XXXXXXX, concludendo per l’accoglimento dell’appello, per la riforma della sentenza impugnata e conferma dell’atto opposto.

Con vittoria di spese di lite del doppio grado di giudizio.

All’udienza odierna, in camera di consiglio, il Collegio ha deciso come da dispositivo.

Motivi della decisione

L’appello proposto dal Comune di XXXXXXX è infondato e va rigettato.

La Corte ritiene di poter definire la controversia sulla base della “ragione più liquida” (principio processuale desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost.), e cioè della questione di più agevole soluzione (anche se logicamente subordinata), senza dover esaminare previamente le altre; ciò perché si impone, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che – da un lato – comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, e – d’altro lato – sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’ art. 276 c.p.c. (Cass. S.U. n. 26373/2008Cass. S.U. n. 6826/2010Cass. S.U. n. 23542/2015Cass. n. 36314/2019).

Ci si riferisce alla questione prospettata nel secondo motivo di appello riferito alla “violazione e falsa applicazione dell’ art. 72, comma 1, del D.Lgs. n. 507 del 1993“.

Sostiene l’appellante che il giudice di primo grado ha ritenuto illegittima l’ingiunzione n. XXXXXXX del 18.03.2016 perché non preceduta dal prodromico avviso di accertamento così come disposto dall’ art. 1, comma 161, L. n. 296 del 2006.

Tale statuizione, secondo l’appellante è palesemente infondata in fatto e diritto in quanto, con l’ingiunzione impugnata è stato richiesto al contribuente il pagamento della TARSU ordinaria per l’anno 2012 liquidata direttamente dall’Ente sulla base della denuncia presentata dallo stesso eseguendo un calcolo puramente matematico.

Evidenzia che la Corte di Cassazione con sentenza n. 3184/2018 ha avuto modo di chiarire che: “l’art. 72 del D.Lgs. n. 507 del 1993 comma 1, in tema di tassa rifiuti, consente ai Comuni di procedere direttamente alla liquidazione della tassa senza necessita di adottare e notificare un accertamento, soltanto nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base dei ruoli dell’anno precedente, cioè sulla base di dati già acquisiti e non soggetti ad alcuna modifica o variazione, in forza pertanto di un’operazione matematica. …”.

Sottolinea che l’ingiunzione fiscale è stata legittimamente emessa dal concessionario in forza della lista di carico redatta dall’Ente sulla base dei dati acquisiti (denuncia del contribuente) e risultanti dal ruolo dell’anno precedente, pertanto in forza di un credito certo, liquido ed esigibile così come attestato dal Funzionario Responsabile dei servizio con l’apposizione del visto di esecutorietà ai sensi dell’ art. 52 comma 5 lettera d) del D.Lgs. n. 446 del 1997 nonché ai sensi dell’art. 11 del Regolamento delle Entrate del Comune di XXXXXXX.

L’appellato rileva preliminarmente che, sul punto, la difesa del Comune di XXXXXXX è stata formulata per la prima volta solo con l’atto di appello; pertanto, è inammissibile poiché priva il contribuente di un grado di giudizio in cui far valere le proprie difese.

Evidenzia, inoltre, che l’ art. 1, comma 161, L. n. 296 del 2006 dispone: “Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato”. u00C8 chiaro che la norma prevede l’obbligo di notifica di un avviso di accertamento non solo in presenza di “omesse dichiarazioni” ma anche laddove vi siano “omessi versamenti”, i quali presuppongono evidentemente una pregressa denuncia.

Il motivo è infondato per le motivazioni di seguito esplicitate.

Il contribuente insiste sulla necessità dell’invio di un motivato avviso di accertamento a fronte dell’omesso versamento del tributo, atto prodromico nel caso di specie carente.

Osserva il Collegio che il D.Lgs. n. 507 del 1993art. 72, comma 1, in tema di tassa sui rifiuti, consente ai Comuni di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo, senza necessità di adottare e notificare un avviso di accertamento, soltanto nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base dei ruoli dell’anno precedente, cioè sulla base di dati ed elementi già acquisiti, e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, in forza pertanto di una operazione puramente automatica.

La Suprema Corte ha già avuto modo di statuire che, “Dall’esame di questa disposizione emerge chiaramente che il presupposto della sua applicazione e, quindi, del riconoscimento ai Comuni di tale facoltà – che costituisce pur sempre, nel panorama normativo, una eccezione, come tale non suscettibile di applicazioni estensive (Cass. n. 19165 del 2004) – risiede nel fatto che i dati relativi all’iscrizione a ruolo dell’anno precedente, utilizzati per la liquidazione, possano considerarsi acquisiti, cioè definitivi, risultando o dalla stessa dichiarazione del contribuente o da un accertamento dell’Ufficio divenuto inoppugnabile. La liquidazione diretta, proprio per il suo carattere di eccezionalità, richiede quindi, da un lato, l’identità dei dati utilizzati con quelli dell’anno precedente, dall’altro la stabilità o definitività degli stessi, nel senso che non devono essere né incerti né contestati. L’incertezza del dato utilizzato a seguito della contestazione dell’utente comporta, viceversa, la necessità dell’adozione dell’avviso di accertamento, dovendo l’Amministrazione esplicitare, ai sensi dell’art. 70, le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dai dati ed elementi indicati nella dichiarazione” (Cass. n. 23582/2009n. 22248/2015).

Pertanto, nella fattispecie laddove l’importo dovuto fosse stato determinato sulla base dei dati contenuti nella denuncia presentata dal contribuente, come sostenuto dal Comune appellante, non era necessaria l’emissione di un prodromico avviso di accertamento per la riscossione coattiva della Tarsu 2012.

Osserva il Collegio che l’art.7, comma 5-bis aggiunto dall’ articolo 6, comma 1, della L. 31 agosto 2022, n. 130, dispone: “L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni…”, ribadendo in maniera circostanziata, l’onere probatorio gravante in giudizio sull’amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio ( Cassazione civile sez. trib. – 27/10/2022, n. 31878; Cassazione civile sez. trib. 30/03/2023, n. 8956).

Nella fattispecie rileva il Collegio che, il Comune impositore si è limitato ad affermare: “…con l’ingiunzione n. XXXXXXX del 18.3.2016 è stato chiesto al contribuente il pagamento della TARSU ordinaria per l’anno 2012 liquidata direttamente dall’Ente sulla base della denuncia presentata dal contribuente eseguendo un calcolo puramente matematico…”, ma non ha fornito la prova, pur essendo onerato, dell’avvenuta presentazione da parte del contribuente della denuncia ai fini dell’applicazione della Tarsu, con il deposito di copia della stessa. Tra l’altro nell’ingiunzione impugnata non risulta né indicata e né richiamata la denuncia del contribuente cui il Comune sostiene essere stata presentata.

Pertanto, la mancanza della prova da parte del Comune appellante dell’avvenuta presentazione da parte del contribuente della denuncia ai fini dell’applicazione della Tarsu (prova che avrebbe reso fondata la pretesa avanzata con l’ingiunzione impugnata), comporta l’illegittimità dell’atto impugnato e, pertanto, va annullato.

Da ciò ne deriva l’infondatezza del motivo che rende superfluo l’approfondimento degli altri motivi ed eccezioni, come formulati delle parti, che rimangono assorbiti.

In definitiva, per le motivazioni esposte, l’appello proposto dal Comune di XXXXXXX è infondato e va rigettato con conferma della sentenza impugnata e, per l’effetto, l’ingiunzione n. XXXXXXX del 18.3.2016 va annullata per illegittimità.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Puglia, Sezione XXVIII di Taranto, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta, conferma la sentenza impugnata e annulla l’ingiunzione n. XXXXXXX del 18.3.2016.

Condanna il Comune di XXXXXXX al pagamento delle spese del presente grado giudizio, che liquida in Euro 1.200,00 oltre IVA e accessori di legge, se dovuti, in favore dell’appellato sig. XXXXXXX con distrazione al suo difensore, rag. XXXXXXX, dichiaratosi antistatario.

Bari il 20 maggio 2024.


COMMENTO REDAZIONALE- Si controverte dell’applicazione della norma di cui all’art. 72, comma 1, D.lgs. 15 novembre 1993 n. 507 che, in tema di TARSU, consente ai Comuni di procedere direttamente alla liquidazione della tassa, senza necessità di adottare e notificare un accertamento, soltanto nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base dei ruoli dell’anno precedente, ossia sulla base di dati già acquisiti e non soggetti ad alcuna modifica o variazione, in forza di un’operazione matematica.

Si tratta di una disposizione derogatoria rispetto alla regola generale, che impone la preventiva notifica di un avviso di accertamento (art. 70 D.lgs. 507/1993): la stessa, pertanto, non è suscettibile di interpretazione analogica o estensiva.

I presupposti per la sua applicazione sono costituiti dall’identità dei dati utilizzati con quelli dell’anno precedente e dalla loro stabilità o definitività, nel senso che gli stessi devono derivare o da un accertamento dell’Ufficio divenuto inoppugnabile o dalla dichiarazione del contribuente medesimo, rispetto alla quale non siano intervenute modificazioni.

Nel caso di specie, il Comune aveva dedotto di avere tratto i dati utilizzati proprio dalla dichiarazione del contribuente, senza tuttavia produrla in giudizio, e senza che neppure l’ingiunzione fiscale oggetto di impugnazione ne facesse menzione.

Per tale motivo, non viene ritenuto assolto, da parte dell’Amministrazione comunale, l’onere probatorio sulla stessa incombente ai sensi dell’art. 7, comma 5-bis, Legge 31 agosto 2022 n. 130, con conseguente conferma della sentenza di primo grado, che aveva annullato l’ingiunzione fiscale opposta.