Cass. civ., sez. V, ord., 08.10.2020 n. 21714


Svolgimento del processo

CHE:

Avverso e per l’annullamento della cartella di pagamento n. (OMISSIS), emessa nei suoi confronti dall’Equitalia Sud S.p.A. e causalmente ascritta ad omesso o inesatto versamento dell’IRPEF per le annualità 2006 e 2007, F.A. adiva gli organi di giurisdizione tributaria, assumendo (in estrema sintesi) la giuridica inesistenza o comunque la nullità delle notificazioni degli avvisi di accertamento prodromici alla cartella opposta.

L’impugnativa veniva disattesa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta con decisione poi confermata, a seguito di gravame del contribuente, dalla sentenza n. 334/46/13 resa in data 8 ottobre 2013 dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli.

Ricorre per cassazione F.A., affidandosi a tre motivi; resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Entrate.

Motivi della decisione

CHE:

  1. Va innanzitutto rilevato, ai fini del preliminare vaglio di ammissibilità del ricorso, come la gravata sentenza sia connotata da una duplicità di rationes decidendi, distinte ed autonome, ciascuna delle quali, isolatamente apprezzata, giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata.

Invero, la Corte territoriale fonda il proprio convincimento: (a) sulla accertata regolarità delle notifiche degli avvisi di accertamento prodromici all’opposta cartella, effettuate a mezzo del servizio postale; (b) sull’onere, non assolto dal contribuente, di impugnare, congiuntamente alla cartella, anche gli avvisi a questa presupposti.

Ambedue le argomentazioni sono adeguatamente censurate dal ricorrente il quale deduce, con doglianze tutte riferite all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3:

– la giuridica inesistenza delle notificazioni degli avvisi di accertamento in discorso, siccome effettuate a mezzo del servizio postale, quindi secondo un “modello operativo diverso da quello prescritto dalla legge in materia di avvisi di accertamento, imperniato sulle norme del codice di procedura civile, incluso l’art. 140 c.p.c. ” (primo motivo);

– la nullità delle notifiche degli avvisi di accertamento in quanto eseguite a mezzo del servizio postale ma non perfezionate per mancata produzione degli avvisi di ricevimento delle raccomandate di comunicazione di avvenuto deposito (c.d. C.A.D.) del plico, previste in caso di temporanea irreperibilità del destinatario (secondo motivo);

– la giuridica ammissibilità, rimessa alla opzionale facoltà del contribuente, della impugnazione giurisdizionale della sola cartella di pagamento, quale atto consequenziale o derivato, con la deduzione dell’invalidità della notifica dell’avviso di accertamento, quale atto presupposto (terzo motivo).

  1. E’ opportuno muovere, per le considerazioni in appresso esposte, dall’esame del secondo motivo di ricorso.

Risulta, sul punto, pacifico (ed altresì asseverato per tabulas dagli atti allegati al ricorso introduttivo) come la notifica di ambedue gli avvisi di accertamento oggetto del contendere sia avvenuta a mezzo del servizio postale ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890; del pari incontroverso è che i relativi plichi non sono stati consegnati dall’addetto al recapito per temporanea assenza del destinatario (nonché delle persone abilitate a riceverli), di poi depositati presso l’ufficio postale (e non ritirati entro il termine di dieci giorni); gli avvisi di ricevimento recano altresì l’annotazione dell’agente postale di avvenuta spedizione (con data e numero della missiva) della raccomandata di comunicazione di avvenuto deposito (C.A.D.).

L’andamento della vicenda ora narrato rende dirimente, ai fini della soluzione della controversia, acclarare in quale modo vada giudizialmente provata la regolarità del procedimento notificatorio compiuto a mezzo posta nell’ipotesi della c.d. irreperibilità relativa del destinatario, situazione nella quale la L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, fa obbligo all’operatore postale di dare notizia al destinatario del compimento delle relative formalità e del deposito del piego presso l’ufficio postale “mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento”.

Su detta questione si registrano (come peraltro già segnalato dall’Ufficio del Massimario) decisioni di segno difforme e divergente nella giurisprudenza di legittimità.

2.1. Secondo un primo avviso (formatosi proprio in relazione ad atti di accertamento tributario), la notificazione a mezzo posta, qualora l’agente postale non possa recapitare l’atto, si perfeziona, per il destinatario, trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata contenente l’avviso della tentata notifica e la comunicazione di avvenuto deposito del piego presso l’ufficio postale, sicché, ai fini della sua ritualità, è richiesta, L. n. 890 del 1982 ex art. 8, la sola prova della spedizione della missiva raccomandata c.d. C.A.D. (che si evince dal numero della raccomandata di spedizione indicata sull’avviso di ricevimento) e non anche della sua avvenuta ricezione (in questo ordine di idee, Cass. 30/01/2019, n. 2638, Rv. 652274-01; Cass. 31/05/2018, n. 13833, non massimata; Cass. 14/11/2017, n. 26945, non massimata; Cass. 10/03/2017, n. 6242, Rv. 643481-01; Cass. 15/02/2017, n. 4043, non massimata).

L’opinione trae alimento, valorizzandone il significato sistematico, dal disposto precettivo dell’ultimo periodo del citato art. 8, comma 4, a mente del quale “la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata” di comunicazione dell’avviso di deposito del piego.

Con tale espressa e puntuale previsione – si argomenta – in caso di irreperibilità temporanea del destinatario dell’atto il legislatore ha inteso correlare, in via assoluta e generale (in tal senso deponendo l’utilizzo della locuzione “comunque”), il perfezionamento dell’iter notificatorio a mezzo posta all’evento “spedizione” (e non già ricezione) della c.d. C.A.D., e precisamente al decimo giorno successivo all’invio della raccomandata; con la fattispecie complessa costituita dalla spedizione della C.A.D. e dal decorso del tempo prescritto, si realizza, per chiara opzione positiva, la conoscenza legale dell’atto ad opera del destinatario, rilevante (salva un’anteriore conoscenza effettiva, conseguita con il materiale ritiro del piego prima del trascorrere dei dieci giorni: L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 5) quale dies a quo per l’esplicazione delle attività difensive legate all’atto notificato (ad esempio, per l’impugnativa giurisdizionale dell’atto impositivo tributario: Cass. 30/12/2015, n. 26088, Rv. 638051-01; Cass. 11/05/2012, n. 7324, Rv. 622910-01).

Il meccanismo così configurato dall’art. 8 rappresenta, dunque, una declinazione, peculiare e specifica, della più generica nozione di “conoscenza legale” che segna, giusta l’art. 149 c.p.c., il perfezionamento della notifica postale dal lato del destinatario, nella consapevolezza che, per comprensibili esigenze di funzionalità, il sistema delle notificazioni a mezzo posta non può indefettibilmente esigere la concreta conoscenza dell’atto ad opera del destinatario (cioè a dire la materiale consegna o il ritiro del piego da parte dello stesso) ma postula invece come sufficiente l’ingresso dell’atto nella sfera di conoscibilità del soggetto notificato nei modi predeterminati dalla legge.

Si richiama quanto autorevolmente chiarito da Cass., Sez. U., 01/02/2012, n. 1418, secondo cui la disposizione in parola “realizza contemperandoli – due diversi e contrapposti interessi: quello del notificante, acché sia comunque assicurato un termine finale per il perfezionamento del procedimento di notificazione dallo stesso promosso, spirato il quale, appunto, “la notificazione si ha per eseguita” anche in mancanza di ritiro del piego depositato da parte del destinatario, che pertanto, da tale momento, “ha la legale conoscenza dell’atto”; quello del notificato – nei casi, di cui allo stesso art. 8, comma 2, di mancato recapito del piego – a disporre di un termine ragionevole per il ritiro dello stesso presso l’ufficio postale preposto alla consegna, dal momento che la previsione di tale termine risponde al fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell’atto notificatogli”.

In questa prospettiva, l’avviso di ricevimento (quello presentato dall’ufficiale giudiziario o dal messo notificatore all’ufficio postale, unitamente alla busta chiusa contenente l’atto da notificare) è documento idoneo e ad un tempo sufficiente a dare prova della ritualità del procedimento notificatorio, siccome estrinseca ed assevera (con l’efficacia fidefacente tipicamente propria delle attestazioni dell’ufficiale postale) gli elementi costitutivi della relativa fattispecie perfezionativa: l’infruttuoso tentativo di consegna dell’atto per temporanea assenza del destinatario (e per mancanza o inidoneità di persone abilitate alla ricezione), l’affissione alla porta d’ingresso (o l’immissione nella cassetta della corrispondenza) di avviso di tentata notifica e di deposito del plico in ufficio, la spedizione (completa dei dati identificativi: numero di missiva, data di invio) di identico avviso a mezzo lettera raccomandata indirizzata al destinatario, il mancato ritiro del plico nel termine di dieci giorni dalla data di spedizione (o l’effettivo ritiro, ove avvenuto prima dello spirare di detto termine).

Non si ritiene invece necessaria la dimostrazione della ricezione della C.A.D. ad opera del destinatario, ovvero la produzione del secondo avviso di ricevimento, quello concernente la raccomandata informativa: siffatta comunicazione, tenuto conto del suo contenuto (riferito unicamente alle attività svolte dall’agente postale, senza alcuna notizia sull’intrinseco dell’atto notificato), configura soltanto una modalità di rafforzamento dell’iter notificatorio già perfezionatasi.

2.2. Ad opposte conclusioni perviene altro orientamento, emerso più di recente nella giurisprudenza di legittimità, compendiato dal principio di diritto per cui “in tema di notificazione a mezzo posta, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio nel caso di irreperibilità relativa del destinatario deve avvenire attraverso l’esibizione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (c.d. C.A.D.), in quanto solo l’esame di detto avviso consente di verificare che il destinatario abbia avuto effettiva conoscenza del deposito dell’atto presso l’ufficio postale e che ne sia stato pertanto tutelato il diritto di difesa” (è questa la massima ufficiale di Cass. 21/02/2019, n. 5077, Rv. 652953-01, da ritenere la pronuncia capofila dell’orientamento, seguita poi da Cass. 20/06/2019, n. 16601, Rv. 654241-01, e da Cass. 05/03/2020, n. 6363, non massimata).

Alla dichiarata ricerca di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8 in disamina, quest’approccio ermeneutico reputa “imprescindibile” per il vaglio di regolarità della notifica, l’esibizione in giudizio anche dell’avviso di ricevimento relativo alla raccomandata contenente la C.A.D., “in considerazione del fatto che solo la verifica dell’effettivo e corretto inoltro di tale avviso di ricevimento a cura dell’ufficiale postale consente di acquisire la prova che sia stata garantita al notificatario l’effettiva conoscenza dell’avvenuto deposito dell’atto presso l’ufficio postale”.

Premesso che “le garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario, perch sia assicurata una reale tutela al diritto di difesa riconosciuto dall’art. 24 Cost., devono essere ispirate ad un criterio di effettività” si evidenzia che “dall’avviso di ricevimento, e dalle annotazioni che l’agente postale appone su di esso quando lo restituisce al mittente, può emergere che la raccomandata non è stata consegnata perché il destinatario risulta trasferito, oppure deceduto o, ancora, per altre ragioni le quali comunque rivelano che l’atto in realtà non è pervenuto nella sfera di conoscibilità dell’interessato e che, dunque, l’effetto legale tipico, a tale evento ancorato, non si è prodotto”.

L’ulteriore adempimento processuale gravante sul notificante (ed il conseguente controllo giudiziale) è postulato, implicitamente ma inequivocabilmente, dalla previsione normativa che impone la spedizione della C.A.D. con raccomandata non semplice (come invece stabilito da altre norme: art. 139 c.p.c., comma 3) bensì corredata da avviso di ricevimento (assoggettato peraltro alle disposizioni del regolamento postale ordinario), il quale deve pertanto essere allegato all’originale dell’atto, a pena di nullità della notifica.

In tale impostazione, il (non posto in dubbio) perfezionamento della notifica per il destinatario con il decorso di dieci giorni dalla spedizione della raccomandata della C.A.D. degrada ad “effetto provvisorio o anticipato, destinato a consolidarsi con l’allegazione dell’avviso di ricevimento, le cui risultanze possono confermare o smentire che la notifica abbia raggiunto lo scopo cui era destinata”.

Attraverso il descritto percorso argomentativo (compiutamente esplicitato nella parte motiva di Cass. n. 5077 del 2019, da cui sono tratti i passaggi pedissequamente riprodotti) si giunge dunque, in via di esegesi, a plasmare per l’ipotesi di temporanea irreperibilità del destinatario una disciplina tendenzialmente uniforme circa la prova del perfezionamento della notifica a mezzo del servizio postale e della notifica con consegna dell’ufficiale giudiziario ex art. 140 c.p.c. (come inteso dal diritto vivente giurisprudenziale).

  1. L’illustrato contrasto nella giurisprudenza delle sezioni semplici rende non più differibile un pronunciamento della Corte nella sua più tipica espressione di organo della nomofilachia.

La questione di diritto rappresentata appare inoltre, ad avviso del Collegio, di massima di particolare importanza, in ragione degli assai incidenti (ed immediatamente percepibili) riverberi di natura pratico-applicativa da essa generati: sia sufficiente, al riguardo, por mente all’estesissimo perimetro operativo delle regole in tema di notifica postale tracciato dalla stessa L. n. 890 del 1982, ben trascendente il mero ambito degli atti di imposizione fiscale (e degli altri atti da notificare al contribuente) ed inclusivo invece della generalità degli atti “in materia civile, amministrativa e penale” ogni qual volta, per necessità positiva o per opzione, l’ufficiale notificatore si avvalga del servizio postale.

Ricorrono le condizioni per la rimessione del ricorso al Primo Presidente perché valuti ex art. 374 c.p.c., comma 2, l’opportunità di un’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

P.Q.M.

La Corte dispone la rimessione degli atti al Primo Presidente per la valutazione sull’opportunità della assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite per la risoluzione della questione illustrata in motivazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020


COMMENTO – State l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale e la natura di questione di massima di particolare importanza, viene rimessa al Primo Presidente per la valutazione dell’opportunità dell’assegnazione alle Sezioni Unite della Suprema Corte la questione relativa alla necessità di produzione dell’avviso di ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito (C.A.D.) per provare il valido perfezionamento del procedimento notificatorio eseguito a mezzo posta, nei casi di irreperibilità relativa del destinatario.

Sul punto, si registrano infatti due opposti orientamenti.

Secondo il primo, più risalente nel tempo, tale produzione non sarebbe indispensabile, in quanto la notifica a mezzo posta per irreperibilità relativa del destinatario (ossia per assenza dello stesso e per mancanza, incapacità o rifiuto dei consegnatari abilitati a ricevere il piego in sua vece) si avrebbe comunque per perfezionata decorsi dieci giorni dalla spedizione della C.A.D.

In tal senso, il predetto orientamento valorizza il disposto dell’art. 8, comma 4, ultimo periodo, Legge 20 novembre 1982 n. 890, secondo cui “la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata” che contiene la comunicazione dell’avviso di deposito del piego presso l’ufficio postale. In particolare, l’utilizzo dell’avverbio “comunque” lascerebbe intendere come l’avvenuto perfezionamento della notifica sia correlato all’evento “spedizione” della raccomandata (e, in particolare, al decorso di dieci giorni da tale evento), e non già all’evento “ricezione”.

Secondo il predetto indirizzo, pertanto, il valido perfezionamento della notifica a mezzo posta per irreperibilità relativa del destinatario potrebbe ritenersi provato anche senza necessità della produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della C.A.D., poiché il Legislatore avrebbe dato rilievo unicamente alla fattispecie complessa costituita dalla spedizione della raccomandata e dall’avvenuto decorso del periodo di tempo prescritto dalla norma (i.e.: dieci giorni dalla spedizione), ricollegando alla stessa un’ipotesi di conoscenza legale dell’atto notificato. Conseguentemente, la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della C.A.D. assumerebbe un valore meramente confermativo dell’iter notificatorio già perfezionatosi (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. VI-5, ord., 15.02.2017 n. 4043; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 10.03.2017 n. 6242; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 14.11.2017 n. 26945; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 31.05.2018 n. 13833 e Cass. civ., sez. V, ord., 30.01.2019 n. 2638).

Secondo un diverso e più recente orientamento, invece, la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della C.A.D. sarebbe sempre necessaria per provare l’avvenuto valido perfezionamento del procedimento notificatorio a mezzo posta, nei casi di irreperibilità relativa del destinatario.

Tale indirizzo si fonda sulla considerazione che l’art. 8, comma 4, Legge 890/1982 richieda per la comunicazione di avvenuto deposito (C.A.D.) una raccomandata con avviso di ricevimento, attribuendo quindi rilievo alla prova dell’effettiva ricezione di tale raccomandata, e non solo alla sua spedizione (secondo quanto invece avviene in base ad altre norme, quali l’art. 139 c.p.c. o l’art. 7 Legge 890/1982, che richiedono la spedizione di una raccomandata “semplice”, ossia priva di avviso di ricevimento).

Pertanto, in base a tale secondo e più recente orientamento, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio nel caso di irreperibilità relativa del destinatario deve avvenire necessariamente attraverso l’esibizione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), in quanto solo l’esame di detto avviso consente di verificare che il destinatario abbia avuto effettiva conoscenza del deposito dell’atto presso l’ufficio postale e che ne sia stato pertanto tutelato il diritto di difesa (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 21.02.2019 n. 5077; Cass. civ., Sezione lavoro, ord., 20.06.2019 n. 16601 e da Cass. civ., sez. VI-lavoro, ord., 05.03.2020 n. 6363).

Secondo tale impostazione, il perfezionamento della notifica per il destinatario con il decorso di dieci giorni dalla spedizione della raccomandata contenente la C.A.D., previsto dall’art. 8, comma 4, ultimo periodo, Legge 890/1982, degraderebbe ad “effetto provvisorio o anticipato, destinato a consolidarsi con l’allegazione dell’avviso di ricevimento, le cui risultanze possono confermare o smentire che la notifica abbia raggiunto lo scopo cui era destinata“.

Stante l’esistenza del predetto contrasto, l’ordinanza interlocutoria in commento sollecita pertanto una pronuncia delle Sezioni Unite sulla prospettata questione di diritto. Ciò tanto più, considerato che la stessa risulta di massima di particolare importanza, in ragione degli effetti pratico-applicativi da essa generati, non limitati all’ambito degli atti di imposizione fiscale notificati al contribuente, ma al contrario estesi alla generalità degli atti “in materia civile, amministrativa e penale” ogni qual volta l’ufficiale notificatore, per necessità normativa o per scelta, si avvalga del servizio postale.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma